Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 21 maggio 2018, n. 12468.
La massima estrapolata:
La reiterazione dei vincoli scaduti preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi, oltre il limite temporale consentito, e’ riconducibile a un’attivita’ legittima della P.A., la quale e’ tenuta a svolgere una specifica ed esaustiva indagine sulle aree incise, tenendo conto delle loro caratteristiche in concreto (ubicazione, accessibilita’, sviluppo edilizio in atto, esistenza di collegamenti, vincoli ambientali ecc.), al fine di determinare nell’atto medesimo in via presuntiva e poi di liquidare un indennizzo in misura non simbolica, che ripaghi il proprietario della diminuzione del valore di mercato o delle possibilita’ di utilizzazione dell’area rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali essa era concretamente o anche solo potenzialmente vocata; a tali accertamenti provvede la Corte d’appello nei casi in cui la liquidazione sia omessa dalla P.A. o sorgano contestazioni sulla misura dell’indennizzo liquidato in favore del proprietario.
Ordinanza 21 maggio 2018, n. 12468
Data udienza 6 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere
Dott. cirese Marina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13473/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Comune di Pachino, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 804/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 15/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2018 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA
I sig.ri (OMISSIS) convennero in giudizio il Comune di Pachino e ne chiesero la condanna al pagamento di un’adeguata indennita’ per la reiterazione, decretata dal commissario ad acta in data 19 ottobre 2004, del vincolo scaduto preordinato all’esproprio sulle aree di loro proprieta’, site nel Comune di Pachino, contrada (OMISSIS), apposto con Decreto Assessoriale Regione Siciliana 12 febbraio 1988, n. 176 per la costruzione di un tratto di strada, giudicando del tutto inadeguata l’indennita’ determinata dal commissario in Euro 1243,50 per ogni anno di operativita’ del vincolo.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 15 maggio 2012, ha rigettato la domanda per “mancata prova di alcun danno effettivamente subito dagli attori”; ha rilevato che l’indennita’ in questione e’ dovuta solo se la reiterazione del vincolo abbia causato un danno effettivo che, nella specie, i proprietari del terreno vincolato non avevano dimostrato, consistente nel mancato uso normale del bene, nella riduzione della sua utilizzazione o nella diminuzione del prezzo di mercato rispetto alla situazione giuridica antecedente all’apposizione del vincolo.
Avverso questa sentenza i sig.ri (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, cui si e’ opposto il Comune di Pachino.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato nullita’ della sentenza impugnata, per non avere rilevato il giudicato sull’esistenza del danno indennizzabile, riferibile alla sentenza del Tar Sicilia, sez. di Catania, n. 1284 del 2001, e per non essersi la Corte di merito pronunciata sull’entita’ del danno.
Il motivo e’ infondato, non ravvisandosi alcun giudicato sull’esistenza del danno nella citata sentenza del Tar, la quale, per quanto e’ possibile comprendere dal brano trascritto in ricorso, ha solo ordinato al Comune di Pachino di emettere un provvedimento motivato di reiterazione del vincolo o, in alternativa, di indicare un nuova destinazione urbanistica dei terreni. Ne’ assume rilievo il riferimento contenuto nella stessa sentenza alla previsione del giusto indennizzo nel caso di reiterazione dei vincolo, ipotesi questa solo eventuale, trovandosi il procedimento in una fase ancora iniziale e anteriore alla stessa adozione del provvedimento di reiterazione del vincolo.
Con il secondo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 39 per avere preteso, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, la prova specifica del fallimento di trattative per la vendita di terreni, in realta’, incommerciabili, tenuto conto che essi potrebbero essere espropriati in ogni momento per la costruzione di una strada, nonche’ per avere preteso la prova dell’impossibilita’ di coltivarli; contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di merito, il danno dovrebbe ritenersi presunto per effetto della reiterazione del vincolo ed essere parametrato alla comprovata vocazione edificatoria dei terreni, inseriti dallo strumento urbanistico in zona urbanizzata e di assestamento edilizio all’interno del piano particolareggiato di (OMISSIS).
Il motivo e’ fondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto non provato il danno lamentato dall’attore per la reiterazione del vincolo scaduto, preordinato all’esproprio, non avendo egli dimostrato il fallimento di trattative intercorse con aspiranti compratori ne’ che i terreni fossero in precedenza coltivati, al fine di rendere credibile la doglianza di non poterli piu’ coltivare, e generico l’assunto di non poterli piu’ liberamente commerciare finche’ fosse durato il vincolo, in ragione della circostanza, evidenziata in ricorso, che potrebbero essere in ogni momento espropriati.
La Corte di merito ha mostrato cosi’ di attingere alle categorie concettuali proprie della responsabilita’ civile, per avere preteso dall’attore la prova rigorosa del danno (ingiusto) e del nesso causale con la condotta della pubblica amministrazione, in mancanza della quale ha escluso la possibilita’ di riconoscere un’adeguata indennita’ per la reiterazione del vincolo scaduto, pur essendo superato il periodo di durata (tollerabile) fissato dalla legge.
Questo approccio ermeneutico trova talora un parziale e indiretto riscontro nella giurisprudenza amministrativa. In alcune sentenze si afferma che l’ordinamento non impone l’indicazione di un’indennita’ nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio, poiche’ la sua spettanza sarebbe del tutto eventuale e andrebbe accertata sulla base dell’istanza dell’interessato, che puo’ attivare un procedimento nel corso del quale ha l’onere di provare la “entita’ del danno effettivamente prodotto”, quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla Corte d’appello (Cons. di Stato, sez. 4, n. 2234 e 6936 del 2009). Ed anche le sentenze che affermano che il provvedimento di reiterazione di un vincolo a contenuto espropriativo debba contenere “a pena di illegittimita’” la previsione dell’indennita’ spettante al proprietario, correlata al rinnovo del vincolo stesso, sottolineano “l’evidente differenza” tra la previsione indennitaria quale requisito di legittimita’ dell’atto amministrativo pianificatorio e l’asserzione di un obbligo di corrisponderla, il quale “postula E…) la previsione di criteri per la sua determinazione, senza i quali l’asserzione dell’obbligo di corrispondere l’indennita’ rimarrebbe comunque un ordine assolutamente astratto ed indeterminato e pertanto ineseguibile” (Cons. di Stato, sez. 4, n. 1021 del 2013).
Il Collegio ritiene opportune alcune puntualizzazioni per un corretto inquadramento dell’istituto in esame, dopo avere premesso che i profili attinenti alla spettanza e al pagamento dell’indennita’ per i vincoli scaduti e reiterati, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 9 riguardano questioni di carattere patrimoniale, devolute alla cognizione della giurisdizione civile (in tal senso, Cons. di Stato, sez. 4, n. 4143 del 2013, in linea con Cass., sez. un., n. 11097 del 2006).
E’ necessario interpretare l’esito ermeneutico che trapela dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica del 2001, articolo 39 con il quale il legislatore e’ intervenuto in materia, in coerenza con le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999, la quale ha evidenziato che “l’esigenza di un intervento legislativo sulla quantificazione e sulle modalita’ di liquidazione dell’indennita’ non esclude che – anche in caso di persistente mancanza di specifico intervento legislativo determinativo di criteri e parametri per la liquidazione delle indennita’ – il giudice competente sulla richiesta di indennita’, una volta accertato che i vincoli imposti in materia urbanistica abbiano carattere espropriativo nei sensi suindicati, possa ricavare dall’ordinamento le regole per la liquidazione di obbligazioni indennitarie, nella specie come obbligazioni di ristoro del pregiudizio subito dalla rinnovazione o dal protrarsi del vincolo”.
Da queste essenziali indicazioni si desume che la reiterazione dei vincoli scaduti, preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi, e’ considerata legittima, purche’ sia riconosciuta una indennita’ che ripaghi i proprietari della diminuzione del valore di scambio o di utilizzabilita’ dei loro beni, individuando in tal modo, nella pur legittima attivita’ della P.A., l’esistenza in linea di principio di un pregiudizio non tollerabile dal singolo, nel rispetto dell’articolo 42 Cost., comma 3, e per questo indennizzabile sulla base di un meccanismo sostanzialmente automatico (Cass. n. 8530 del 2010) che e’ tipico della responsabilita’ da atto legittimo e distante dalle tecniche di tutela proprie della responsabilita’ civile da atto illegittimo. Se ne ha conferma nello stesso articolo 39 che, al comma 2, prevede che, di regola, “negli atti che determinano gli effetti di cui al comma 1” (impositivi della reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio o sostanzialmente espropriativo) debba essere prevista la corresponsione dell’indennita’; in mancanza, l’autorita’ che ha disposto la reiterazione e’ “tenuta a liquidare l’indennita’, entro il termine di due mesi dalla data in cui abbia ricevuto la documentata domanda di pagamento ed a corrisponderla (…)”.
La previsione dell’indennita’ nel provvedimento di reiterazione del vincolo costituisce un momento essenziale del procedimento amministrativo, in funzione dello scopo di questo che e’ di consentire la concreta erogazione al proprietario del dovuto ristoro, senza necessita’ di ricorrere al giudice. Si spiega in tal modo perche’ la suddetta previsione sia a pena di illegittimita’ dell’atto di reiterazione del vincolo, non solo (e non tanto) perche’ essa serva ad accantonare le somme necessarie al futuro pagamento della indennita’ di espropriazione (Cons. di Stato, sez. 4, n. 4019 del 2005), o genericamente a dimostrare la capienza delle disponibilita’ finanziarie della P.A., o a rendere concreta la volonta’ della P.A. di provvedere effettivamente alla realizzazione dell’opera pubblica (Cons. di Stato, sez. 4, n. 2418 del 2014).
E’ comprensibile quindi che, nell’adozione del provvedimento reiterativo, la P.A. sia tenuta a svolgere una specifica ed esaustiva indagine sulle singole aree, finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze, pubbliche e private (Cons. di Stato, sez. 4, n. 1465 del 2013), tra le quali e’ compresa la valutazione degli oneri economici connessi al pagamento dell’indennita’, la quale dev’essere predeterminata quantomeno in via presuntiva, proprio perche’ “commisurata all’entita’ del danno effettivamente prodotto” (articolo 39, comma 1, cit.). Terminologia quest’ultima che indica la necessita’ di una attenta valutazione del caso concreto per riconoscere ai privati un ristoro che deve essere “non necessariamente integrale o equivalente al sacrificio, ma neppure simbolico per una serie di pregiudizi, che si possono verificare a danno del titolare del bene immobile colpito, (…) commisurato o al mancato uso normale del bene, ovvero alla riduzione di utilizzazione, ovvero alla diminuzione del prezzo (locativo o di scambio) rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione che ha imposto il vincolo” (Corte cost. n. 179 del 1999).
La diminuzione del prezzo di mercato, locativo o di scambio, e’ oggetto di un accertamento tecnico cui sono tenuti la P.A., gia’ nella fase di reiterazione del vincolo, e poi il giudice, che e’ investito della domanda del privato nei casi in cui la P.A. non vi provveda o vi provveda in misura ritenuta inadeguata. Analogo accertamento deve riguardare anche altri eventuali pregiudizi – che di regola si manifestano anch’essi in una riduzione del valore di mercato suscettibili di essere arrecati all’immobile, in caso di ridotta possibilita’ di utilizzazione rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali l’immobile era concretamente o anche solo potenzialmente vocato, non rilevando, ad esempio, che il terreno non fosse stato coltivato in passato, come invece ritenuto nella specie dalla Corte di merito, essendo sufficiente che possa concretamente esserlo (seppur tenendo conto degli oneri economici connessi alla riconversione del terreno).
La sentenza impugnata e’ incorsa, in definitiva, in falsa applicazione dell’indicato parametro normativo e la motivazione e’ del tutto omessa e perplessa sul contenuto decisorio della stessa, non comprendendosi se la sentenza abbia rigettato in toto la domanda indennitaria (come sembra emergere dalla motivazione) o solo quella riferita ad un importo superiore a quello determinato dal commissario ad acta, ma in tale secondo caso non sono chiare le ragioni per le quali la Corte di merito avrebbe ritenuto implicitamente satisfattivo l’importo liquidato dal commissario.
In conclusione, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e’ cassata con rinvio alla Corte di merito, che dovra’ fare applicazione del seguente principio di diritto: la reiterazione dei vincoli scaduti preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi, oltre il limite temporale consentito, e’ riconducibile a un’attivita’ legittima della P.A., la quale e’ tenuta a svolgere una specifica ed esaustiva indagine sulle aree incise, tenendo conto delle loro caratteristiche in concreto (ubicazione, accessibilita’, sviluppo edilizio in atto, esistenza di collegamenti, vincoli ambientali ecc.), al fine di determinare nell’atto medesimo in via presuntiva e poi di liquidare un indennizzo in misura non simbolica, che ripaghi il proprietario della diminuzione del valore di mercato o delle possibilita’ di utilizzazione dell’area rispetto agli usi o alle destinazioni ai quali essa era concretamente o anche solo potenzialmente vocata; a tali accertamenti provvede la Corte d’appello nei casi in cui la liquidazione sia omessa dalla P.A. o sorgano contestazioni sulla misura dell’indennizzo liquidato in favore del proprietario.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo e accoglie il secondo motivo di ricorso, in relazione al quale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese.
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