Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 20 luglio 2018, n. 19359.
La massima estrapolata:
Anche a seguito di accertamento penale presso la sede lavorativa, se il materiale viene utilizzato a fini fiscali, deve essere redatto un pvc ad hoc da notificare alla società.
Ordinanza 20 luglio 2018, n. 19359
Data udienza 7 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere
Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 6097 del ruolo generale dell’anno 2014, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.to (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 106/49/2013, depositata in data 10 ottobre 2013, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2018 dal Relatore Cons. Dott. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che
– con sentenza n. 106/49/2013 depositata in data 10 ottobre 2013 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva parzialmente – limitatamente alle imposte Irap e Iva l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 355/41/2011 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva respinto il ricorso proposto dalla detta societa’ avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. del 24 giugno 2009 della Guardia di Finanza di Lecco, aveva contestato alla contribuente, per l’anno di imposta 2005, ai fini Irpeg e Irap, l’indebita deduzione di quote di ammortamento e l’indebita detrazione di Iva in relazione ad operazioni- ritenute oggettivamente inesistenti- di fornitura di beni strumentali fatturate dalla (OMISSIS) s.r.l.;
– avverso la sentenza della CTR, la Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui, con controricorso, resiste la (OMISSIS) s.r.l., articolando ricorso incidentale in tre mezzi;
– la (OMISSIS) s.r.l. ha depositato memoria insistendo preliminarmente nell’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per tardivita’ della notifica e, nel merito, per l’accoglimento del ricorso incidentale;
– il ricorso e’ stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., comma 2, e dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, introdotti dal Decreto Legge 31 agosto 2016, n. 168, articolo 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che:
-con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 19, comma 1, articolo 21, comma 7, articoli 28, 30 e 37 dell’articolo 2697 c.c. per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto illegittima la ripresa a tassazione della differenza pari al credito Iva disconosciuto – in quanto considerato non detraibile per essere relativo a supposte operazioni inesistenti pur essendo stato l’intero credito Iva esposto nella dichiarazione dell’anno 2005 interamente utilizzato mediante riporto nella dichiarazione dell’anno successivo;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del TUIR nonche’ dell’articolo 2697 c.c., per avere il giudice a quo erroneamente ritenuto deducibili i costi, ai fini l’Irap, sulla assunta mancata estensibilita’ dell’indeducibilita’ dei “costi da reato” Decreto Legge n. 16 del 2012, ex articolo 8 ad una imposta che, in quanto colpisce un indice di capacita’ contributiva differente dal reddito, ha un presupposto impositivo diverso dalle imposte dirette;
– preliminarmente, questo Collegio rileva l’inammissibilita’ – peraltro, eccepita nel controricorso – del ricorso principale per tardivita’ della notifica;
– questa Corte, a sezioni unite, gia’ con la sentenza n. 17352 del 2009, ripercorrendo le posizioni emerse progressivamente nella giurisprudenza negli anni precedenti, aveva affermato esplicitamente il principio secondo il quale “In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facolta’ e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avra’ effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreche’ la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie”;
– sul concetto di “termine ragionevolmente contenuto” entro il quale dovesse essere ripresa la procedura notificatoria, sono nuovamente intervenute, con un recente arresto, le Sezioni Unite (n. 14594 del 2016), secondo le quali “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestivita’ gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla meta’ dei termini indicati dall’articolo 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”;
– l’attivita’ del richiedente, quindi, da “onere” passa a “dovere”, cosi’ chiarendo definitivamente il contenuto dei compiti del notificante; inoltre viene quantificato il termine “ragionevolmente contenuto”, che viene determinato – in una prospettiva ordinaria (tenuto conto che, in fondo, si tratta di rinnovare una sola delle attivita’ per le quali il termine complessivo e’ riconosciuto) – nella meta’ dei termini ex articolo 325 c.p.c., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni. E’ conservata invero, ne’ poteva essere diversamente, la facolta’ per l’interessato di dimostrare che tale dilazione e’ insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato (Cass. n. 5974 del 2017);
– nella concreta vicenda, a fronte del deposito della sentenza impugnata in data 10 ottobre 2013 – con conseguente scadenza del termine ultimo per la notificazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 327 c.p.c., comma 1, (nel testo vigente ratione temporis) alla data del 10 aprile 2014 – risulta dagli atti: a) che il ricorso per cassazione era stato inoltrato tempestivamente per la notifica, in data 28 febbraio 2014, a (OMISSIS) s.r.l., rapp.ta e difesa dall’avv.to (OMISSIS) con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS), mediante spedizione di copia conforme a mezzo del servizio postale; b) che il plico non era stato ivi consegnato in quanto il destinatario era risultato “trasferito”, come attestato dall’agente postale in data 4.3.2014; c) che l’Agenzia delle entrate aveva ripreso il processo notificatorio con spedizione, a mezzo posta, del ricorso, in data 28 maggio 2014, a (OMISSIS) s.r.l., rapp.ta e difesa dall’avv.to (OMISSIS) presso lo studio in (OMISSIS) (domicilio eletto) nonche’ presso lo studio in (OMISSIS); d) che il plico era stato ricevuto dalla contribuente in data 29 maggio 2014 presso lo studio in (OMISSIS) (domicilio eletto) nonche’ in data 3 giugno 2014 presso lo studio in (OMISSIS);
– il mancato esito positivo del primo tentativo di notifica, dunque, non e’ dipeso da una causa imputabile alla parte richiedente, la quale, tuttavia, non ha dimostrato di avere riattivato la procedura notificatoria entro il trentesimo giorno dalla conoscenza dell’esito negativo del primo tentativo di notifica;
– in mancanza di prova da parte dell’Ufficio di circostanze eccezionali, il ricorso principale va dichiarato inammissibile, stante la spedizione, a mezzo posta, del ricorso, in data 28 maggio 2014, oltre il termine ultimo per la proposizione dello stesso ai sensi dell’articolo 327 c.p.c.;
– con il primo motivo di ricorso incidentale, la (OMISSIS) s.r.l. denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 52, comma 6, Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 33, comma 1, nonche’ della L. n. 4 del 1929, articolo 24, per avere il giudice di appello erroneamente escluso la violazione del principio del contraddittorio, avuto riguardo alla redazione di un “rapporto investigativo” relativo ad “accessi per acquisizione dei documenti” nell’ambito di un procedimento penale, senza considerare che, al termine della verifica della Direzione Regionale delle Entrate, non era stato redatto alcun processo verbale di constatazione e che i rilievi erano stati raccolti in un “rapporto investigativo” mai notificato alla societa’ ma semplicemente allegato al p.v.c. della Guardia di Finanza;
– con il secondo motivo di ricorso incidentale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 2697 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto, da un lato, provata da parte dell’Ufficio l’inesistenza delle operazioni fatturate e, dall’altro, non assolta la prova contraria a carico della contribuente della effettiva fornitura alla societa’ contribuente dei beni oggetto delle fatture emesse dalla (OMISSIS) s.r.l.;
– con il terzo motivo di ricorso incidentale, la (OMISSIS) s.r.l. denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la omessa pronuncia, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., in ordine alla eccepita illegittimita’ della ripresa, ai fini Ires, per effetto della L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4 bis, nella formulazione introdotta con il Decreto Legge n. 16 del 2012, articolo 8, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 44 del 2012;
– ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, “se l’impugnazione principale e’ dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia”;
– in presenza di impugnazione incidentale tardiva (qual e’ quella in esame), sia sorto l’interesse alla sua proposizione dalla sentenza impugnata o dalla impugnazione proposta dall’altra parte, la stessa perde ogni efficacia, qualora – per qualsiasi motivo – sia dichiarata inammissibile l’impugnazione principale (Cass. n. 3862 del 2004);
– in conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale; le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore alla rifusione in favore della (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli altri oneri di legge.
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