Azione revocatoria ordinaria introdotta da creditore chirografario

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 26 novembre 2019, n. 30736.

La massima estrapolata:

In tema di azione revocatoria ordinaria introdotta da creditore chirografario, ove l’atto dispositivo abbia ad oggetto un bene gravato da ipoteca, l’idoneità dello stesso ad integrare l'”eventus damni” va valutata in modo diverso a seconda che l’azione esecutiva sia stata o meno già introdotta. Nel primo caso, infatti, occorre verificare la concreta possibilità di soddisfazione del creditore chirografario nel potenziale conflitto con quello ipotecario, avuto riguardo all’entità della garanzia reale; nell’altro, invece, è sufficiente una prognosi futura sul rischio di riduzione della garanzia patrimoniale del medesimo creditore chirografario, legato all’eventualità della cessazione o del ridimensionamento dell’ipoteca.

Ordinanza 26 novembre 2019, n. 30736

Data udienza 3 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7101-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA quale mandataria di (OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5002/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), basandosi su tre motivi, illustrati con memoria, ricorre per la cassazione della sentenza n. 5002/20017 emessa dalla Corte d’Appello di Roma, depositata il 21/07/2017.
Resiste con controricorso, illustrato con memoria, (OMISSIS), mandataria di (OMISSIS) S.r.L..
(OMISSIS) espone in fatto di essere stata citata in giudizio, dinanzi al Tribunale di Latina, nel maggio 2005, da (OMISSIS) S.p.A., mandataria di (OMISSIS) S.p.A., per sentir dichiarare la nullita’ e l’invalidita’ per simulazione e in subordine l’inefficacia, ex articolo 2901 c.c., dell’atto con cui aveva alienato a (OMISSIS) s.r.l., una casa di campagna di circa 60 mq con annessi deposito e terreno agricolo.
Il Tribunale di Latina, con sentenza n. 2550/12, accoglieva la domanda ex articolo 2901 c.c., ritenendo sussistenti il credito vantato dalla Banca nei confronti dell’odierna ricorrente e di (OMISSIS), amministratore pro-tempore della (OMISSIS) S.R.L., in forza della fideiussione bancaria da essi prestata a garanzia dei debiti della (OMISSIS) S.r.l., il pregiudizio alle ragioni creditorie, la conoscenza, da parte della debitrice e del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato al diritto del creditore.
La sentenza veniva impugnata da (OMISSIS) e da (OMISSIS), ritenendo inesistente un atto pregiudizievole per la banca creditrice, perche’ (OMISSIS) aveva acquistato l’immobile per svolgervi un’attivita’ ricettiva, perche’ sull’immobile venduto era iscritta ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario accollato in sede di stipula dell’atto di vendita dalla societa’ acquirente, perche’ faceva difetto la consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, perche’ il prezzo pattuito era congruo in relazione al valore di mercato ed al corrispettivo versato per acquistare l’immobile, perche’ era stato provato l’avvenuto pagamento, tramite assegno emesso il 23 dicembre 2003, dell’importo di Euro 26.248,23, utilizzato dall’alienante per il pagamento di alcuni debiti scaduti, perche’ la sentenza conteneva una contraddizione tra dispositivo e motivazione.
La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, rigettava il gravame.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (OMISSIS) adduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 2901, 1376 e 2811 c.c. e della giurisprudenza della Corte intestata in materia.
Lo sforzo deduttivo della ricorrente e’ tutto proteso a dimostrare che il giudice d’Appello avrebbe dovuto applicare quella giurisprudenza di questa Corte, la quale, partendo dal presupposto che l’azione revocatoria opera a tutela dell’effettivita’ della responsabilita’ patrimoniale del debitore, invoca per il creditore chirografario l’applicazione dello stesso criterio valevole per il creditore ipotecario, il quale ha interesse ad agire ex articolo 2901 c.c. solo se risulti, sulla scorta di un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, che l’atto di disposizione faccia venir meno o ridimensioni la garanzia ipotecaria.
La conseguenza che la Corte d’Appello avrebbe dovuto trarne e’ che, considerando l’esposizione debitoria della odierna ricorrente, l’importo delle ipoteche iscritte sul bene alienato e il prezzo di vendita del medesimo, l’immobile non poteva svolgere alcuna funzione di garanzia per il creditore, cosi’ da risultare non ricorrente alcun pregiudizio per le sue ragioni di credito derivanti dalla vendita del bene.
In sintesi, la ricorrente, incassando dalla alienazione dell’immobile una parte di prezzo, avrebbe incrementato e non diminuito il proprio patrimonio: il bene aveva un valore di Euro 170.000,00, erano state iscritte ipoteche sullo stesso per Euro 300.000,00, dalla vendita erano stati ricavati Euro 26.000,00 in contanti entrati nel patrimonio della debitrice.
Piu’ specificamente, l’errore del giudice a quo, ad avviso della ricorrente, e’ consistito nell’applicazione di una giurisprudenza da ritenere inconferente nel caso di specie – per tre ragioni: a) il pregiudizio dell’atto di disposizione di un bene gravato da ipoteche deve essere valutato caso per caso; b) stante l’accollo da parte dell’acquirente del mutuo della dante causa per Euro 150.000,00, a fronte del corrispettivo della vendita determinato in Euro 175.000,00, egli non avrebbe potuto perdere la proprieta’ di quanto pagato per un debito altrui; c) la banca creditrice, non potendo ottenere la revocazione del contratto di compravendita, avrebbe dovuto chiedere, in subordine, il riconoscimento di un suo credito, a carico del terzo, per la somma di Euro 26.000,00 oltre all’accollo del mutuo – ovvero in conflitto con altra giurisprudenza di legittimita’ e, come tale, richiedente la rimessione alle Sezioni unite.
2. Con il secondo motivo la ricorrente assume, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c., n. 1 e articolo 2729 c.c..
La tesi di (OMISSIS) e’ che la Corte territoriale, una volta esclusa la simulazione della vendita, in ragione del fatto che l’acquirente si era accollato il mutuo, avrebbe dovuto escludere che (OMISSIS) fosse a conoscenza delle condizioni economiche della sua dante causa, perche’, al momento in cui era stato posto in essere l’atto dispositivo, non si era manifestata ancora alcuna forma di dissesto economico della societa’ di cui era socio insieme con l’odierna ricorrente, quindi, egli non era in grado di prevedere fatti che si sarebbero verificati solo successivamente e tra soggetti con cui non era in relazione.
3. Con il terzo motivo la ricorrente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, imputa alla sentenza gravata la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c..
(OMISSIS) insiste sul fatto che le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria devono ricorrere all’atto del compimento dell’atto dispositivo. In quel momento non sussisteva, a suo avviso, alcun pregiudizio per la banca creditrice, dal momento che l’odierna ricorrente garantiva con fideiussione un debito della societa’ cui partecipava, la societa’ fino a quel momento aveva regolarmente fatto fronte ai suoi pagamenti, quando ella aveva garantito con fideiussione la societa’ debitrice disponeva di un reddito cospicuo, il volume d’affari della societa’ garantita era elevato, la banca creditrice, accettando la fideiussione, aveva fatto affidamento su altri suoi cespiti e non sull’immobile gravato da ipoteche per un importo superiore al suo valore di mercato.
In aggiunta, la ricorrente contesta che sia rimasto privo di riscontro il fatto che la somma di Euro 26.248,33 sia stata impiegata per far fronte a debiti scaduti.
4. I tre motivi possono essere esaminati unitariamente, perche’ sono accomunati dall’asserito difetto, al momento della sua stipulazione, delle condizioni richieste dall’articolo 2901 c.c. per ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto dispositivo.
L’eventus damni consiste nel pericolo attuale di un danno futuro dipendente dalla lesione dell’interesse del creditore alla conservazione della garanzia generica del credito. Per integrarne i presupposti non e’ necessario che ricorra una effettiva diminuzione del patrimonio del debitore – altrimenti non si spiegherebbe per quale ragione l’azione revocatoria possa essere esperita sol perche’ il debitore sostituisca beni facilmente aggredibili con altri piu’ difficili da sottoporre all’eventuale e futura azione esecutiva del creditore – ne’ che il debitore si renda insolvente.
Proprio perche’ non postula un pregiudizio attuale e certo del creditore medesimo, derivante da uno stato effettivo di insolvenza del debitore, bastando anche il semplice pericolo di insolvenza, e, cioe’, l’eventualita’ che il patrimonio del debitore non offra adeguate garanzie per il soddisfacimento del credito (Cass. 27/06/1977, n. 2761), la motivazione con cui la Corte d’Appello ha giustificato la dichiarazione di inefficacia dell’atto dispositivo non merita alcuna censura. E’ vero infatti che, secondo questa Corte, “in materia di revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorche’ di entita’ tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore” “non esclude la connotazione di quell’atto come l’eventus damni, atteso che la valutazione tanto della idoneita’ dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualita’ del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria” (cosi’, da ultimo, in motivazione, Cass. 8/08/2018, n. 20671; nello stesso senso anche Cass. 12/03/2018, n. 5860; Cass. 25/05/2017, n. 13172, Cass. 10/06/2016, n. 11892).
E’ stato opportunamente chiarito, del resto, che “condizione essenziale della tutela revocatoria in favore del creditore e’ il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilita’, peraltro, non e’ necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosita’” (Cass. 29/03/1999, n. 2971); deve, allora, riconoscersi che una “situazione di pericolo e’ tale in relazione alla sua potenzialita’ cagionatrice di un evento dannoso futuro”, sicche’ “la sua esistenza necessariamente va apprezzata proiettandosi con un giudizio prognostico verso il futuro”, donde “non e’ possibile apprezzarla compiendo una valutazione che si correli al momento dell’atto dispositivo e dunque alla possibile incidenza in quel momento della garanzia ipotecaria esistente ma non ancora fatta valere e della quale dunque non e’ dato conoscere se e come in futuro incidera’” (Cass. 10/06/2016, n. 11892).
Alla base del ragionamento fatto proprio dalla ricorrente vi e’ la pronuncia n. 16464 del 15/07/2009 che ebbe ad affermare che: “A norma dell’articolo 2901 c.c., comma 1, il presupposto dell’azione revocatoria costituito dal pregiudizio alle ragioni del creditore si riferisce anche al pericolo di danno, la cui valutazione e’ rimessa alla concreta valutazione del giudice; ne consegue che, ove oggetto dell’azione revocatoria sia un atto di compravendita di un bene gia’ ipotecato, se ad agire e’ un creditore chirografario, il pregiudizio deve essere specificamente valutato – nella sua certezza ed effettivita’ – con riguardo al potenziale conflitto tra il creditore chirografario e il creditore garantito da ipoteca, e quindi in relazione alla concreta possibilita’ di soddisfazione del primo con riguardo all’entita’ della garanzia reale del secondo.
Il principio e’ stato ribadito da Cass. 22/05/2015, n. 25733, secondo cui, qualora l’azione sia proposta da un creditore chirografario rispetto alla compravendita di un bene ipotecato, l’eventus damni va valutato con riguardo al potenziale conflitto tra l’attore, creditore chirografario, ed il creditore ipotecario, in relazione alla concreta possibilita’ di soddisfazione del primo rispetto all’entita’ della garanzia reale del secondo.
In entrambi i casi, a differenza di quello per cui e’ causa, l’alienazione aveva riguardato un bene sottoposto gia’ ad esecuzione e la revocatoria era stata esercitata da un creditore che era intervenuto nella procedura esecutiva; in tal caso, allora, la valutazione “prognostica” richiesta non avrebbe, effettivamente, alcuna ragione d’essere, avendo essa come presupposto che la garanzia ipotecaria “non sia ancora fatta valere”, donde l’impossibilita’ di “conoscere se e come in futuro incidera’”. In altri termini, in presenza di azione esecutiva gia’ esercitata dal creditore ipotecario, e’ destinato effettivamente ad operare il principio, richiamato dalla ricorrente, secondo cui “il pregiudizio deve essere specificamente valutato – nella sua certezza ed effettivita’ – con riguardo al potenziale conflitto tra il creditore chirografario e il creditore garantito da ipoteca, e quindi in relazione alla concreta possibilita’ di soddisfazione del primo con riguardo all’entita’ della garanzia reale del secondo” (Cass. 29/08/2019), n. 21783). Ove cosi’ non sia, come opportunamente osservato da questa Corte, considerato che non solo il danno effettivo, ma anche il pericolo di danno integra i presupposti per agire ex articolo 2901 c.c., deve riconoscersi che il pericolo di danno “e’ tale in relazione alla sua potenzialita’ cagionatrice di un evento dannoso futuro”, percio’ il giudice, chiamato a verificarne la ricorrenza, “deve tenere conto dell’incertezza esistente al momento dell’atto di disposizione sull’an e sul quantum in cui la garanzia ipotecaria potra’ essere fatta valere e tanto rende potenzialmente danneggiata e, percio’, messa in pericolo, la garanzia patrimoniale di un creditore chirografario di fronte ad un’alienazione del bene”; vieppiu’ ove si ricordi che l’azione revocatoria ha una finalita’ cautelare e conservativa del diritto di credito (Cass. 28/02/2019, n. 5806; Cass. 29/08/2019, n. 21783).
La Corte d’appello, peraltro, non solo ha chiarito la ragione per cui ha ritenuto di aderire all’orientamento da ultimo richiamato, ma ha introdotto un argomento che non e’ stato raggiunto dalle argomentazioni difensive del ricorso: la mancanza della prova che (OMISSIS) non fosse in grado di pagare i ratei di mutuo fondiario.
Quanto alla conoscenza da parte di (OMISSIS) della condizione patrimoniale dell’odierna ricorrente, quest’ultima omette di considerare, nella formulazione della sua censura, che la Corte d’Appello l’ha ritenuta evidente in ragione del fatto che ella e l’amministratore delegato della societa’ acquirente erano conviventi e soci in affari nonche’ entrambi fideiussori della societa’ debitrice (OMISSIS).
Tali fatti noti che hanno costituito il presupposto fattuale del ragionamento inferenziale svolto dalla sentenza impugnata non sono stati contestati dalla ricorrente, la quale si e’ limitata ad una generica censura, non solo non introdotta, come avrebbe dovuto essere, attraverso la deduzione della violazione dell’articolo 2729 c.c., circa il corretto uso della praesumptio hominis, ma anche priva di contestazione degli elementi di fatto da cui la Corte e’ partita per risalire al fatto ignoto, si’ da incrinare la ricorrenza dell’inferenza probabilistica proprio sulla scorta della dissonanza degli elementi probatori rispetto alla presunzione.
E’ pacifico in giurisprudenza che nessun errore giuridico sia ravvisabile nella determinazione del giudice di merito di valorizzare, come fonti del proprio convincimento, risultanze di prova presuntiva, essendo questa una prova completa, alla quale il giudice puo’ far ricorso, anche in via esclusiva, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, di controllarne l’attendibilita’ e di scegliere, tra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti piu’ idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione, a condizione che, avvalendosi di tale discrezionalita’ valutativa, il giudice risalga al fatto ignoto quale conseguenza assolutamente necessaria o solo ragionevolmente possibile del fatto noto, il quale, “in quanto fondamento dell’illazione (…) deve possedere i caratteri della certezza e della concretezza”, deve cioe’ trattarsi di “un fatto pacificamente affermato dalle parti o accertato dal giudice” (Cass. 15/04/1994, n. 35939).
Quanto alla sopravvenienza delle difficolta’ economiche della ricorrente/alienante rispetto al momento in cui fu stipulato l’atto di disposizione, si tratta di argomentazione che non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata e che non e’ supportata dagli opportuni riferimenti probatori.
Neppure e’ stata efficacemente censurata la parte della motivazione in cui la Corte distrettuale ha negato che fosse stato provato l’impiego del contante ricavato dalla vendita per estinguere i debiti scaduti, atteso che la ricorrente si e’ limitata ad affermare di aver provato nel corso dell’istruttoria di aver utilizzato la somma suddetta a tale scopo, pretendendo con questa apodittica affermazione di sconfessare quanto ritenuto dal giudice a quo.
5. Il ricorso, pertanto, non merita accoglimento.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
7. Si da’ atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della ricorrente l’obbligo del pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di quella controricorrente, liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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