Assegno di mantenimento ed attitudine al lavoro proficuo dei coniugi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 giugno 2022| n. 18820.

Assegno di mantenimento ed attitudine al lavoro proficuo dei coniugi.

Sussiste il diritto dell’ex-moglie a ricevere l’assegno di mantenimento in quanto risulta provata l’assenza di un’effettiva attitudine lavorativa della donna con un richiamo al fatto notorio (nella specie la residenza della donna in Calabria, notoriamente caratterizzata da elevata percentuale di disoccupati e dalla larga diffusione del precariato negli impieghi), all’età e alla mancanza di un titolo di studio.

Ordinanza|10 giugno 2022| n. 18820. Assegno di mantenimento ed attitudine al lavoro proficuo dei coniugi.

Data udienza 7 aprile 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Famiglia – Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento – Attitudine al lavoro proficuo dei coniugi – Effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita – Valutazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale – Valutazione concreta da parte del giudice – Cass. n. 24049 del 2021 – Differenza del reddito tra marito e moglie – Impossibilità per la moglie di trovare un’occupazione – Corresponsione dell’assegno

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 8219-2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), con procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata presso l’avvocato (OMISSIS) dal quale e’ rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE presso la CORTE APPELLO di CATANZARO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2411/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 17/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 07/04/2022 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO CAIAZZO.

RILEVATO

che:
Su ricorso di (OMISSIS), il Tribunale di Crotone, con sentenza del 13.12.17, cosi’ statuiva: pronunciava la separazione personale dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS); revocava il contributo al mantenimento a carico di (OMISSIS) a favore dei due figli, ormai maggiorenni, e a favore della (OMISSIS); revocava l’assegnazione della casa coniugale. Il Tribunale osservava, inoltre, che entrambe le domande di addebito erano infondate.
La (OMISSIS) proponeva appello; resisteva (OMISSIS), proponendo appello incidentale sull’addebito.
Con sentenza del 17.12.19, la Corte territoriale accoglieva l’appello principale, ponendo a carico del (OMISSIS) la somma mensile di Euro 150,00 a titolo di mantenimento della (OMISSIS), dichiarando inammissibile il ricorso incidentale, osservando che: l’incidentale configurava domanda nuova perche’ basata su fatti diversi e generici; non era stato provato che l’appellante lavorasse in nero; non era stata provata una stabile convivenza della donna con terza persona; non era emersa la possibilita’ di un’effettiva capacita’ lavorativa dell’appellante, la quale non aveva mai lavorato, priva di titoli di studi, e consideratane l’eta’ di 48 anni; quest’ultima aveva diritto al mantenimento poiche’ la condizione economica complessiva dell’appellato era migliore.
(OMISSIS) ricorre in cassazione con unico motivo. (OMISSIS) resiste con controricorso.
RITENUTO
che:
L’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., e dell’articolo 115 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che la (OMISSIS) non avesse una concreta attitudine lavorativa, tenuto conto anche del dato notorio della difficolta’ di trovare lavoro in Calabria, in quanto non emergevano fatti di comune esperienza sulla questione lavorativa, mentre la stessa appellante aveva diritto di ricevere il reddito di cittadinanza.
Il motivo e’ infondato.
Al riguardo, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto sussistere il diritto dell’ex-moglie di ricevere l’assegno di mantenimento, senza una prova positiva dell’impossibilita’ di quest’ultima di procurarsi i mezzi adeguati per vivere autonomamente, per ragioni oggettive, avendo escluso la effettiva attitudine lavorativa della (OMISSIS) con un richiamo al fatto notorio, di cui pero’ non vi sarebbe riscontro, all’eta’ e alla mancanza di titolo di studio.
Va osservato che, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacita’ di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilita’ di svolgimento di un’attivita’ lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass., n. 5817 del 2018).
In materia di separazione dei coniugi, grava sul richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacita’ di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali, poiche’ il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’articolo 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non puo’ estendersi fino a comprendere cio’ che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo (Cass., n. 20866 del 2021).
E’ stato altresi’ rilevato che, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacita’ di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, dovendosi verificare la effettiva possibilita’ di svolgimento di un’attivita’ lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, senza limitare l’accertamento al solo mancato svolgimento di un attivita’ lavorativa e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass., n. 24049 del 2021).
Ora, nel caso concreto, la sentenza impugnata, dopo aver escluso in fatto sia il lavoro in nero ascritto alla donna, sia la convivenza con altro uomo (ritenute in primo grado), ha negato con un giudizio di merito, incensurabile in questa sede, che la donna avesse una concreta possibilita’ di reperire occasioni di lavoro basandosi su una pluralita’ di fattori (eta’, inesperienza lavorativa, l’attuale e notoria situazione del mercato del lavoro in Calabria, caratterizzata da elevata percentuale di disoccupati e dalla larga diffusione del precariato negli impieghi).
Pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto che la (OMISSIS) avesse assolto l’onere della prova su di lei incombente circa la sussistenza di una situazione di concreta impossibilita’ di svolgere attivita’ lavorativa retribuita, alla luce dei vari elementi probatori acquisiti, come suesposto.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’articolo 115 c.p.c., puo’ essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi, riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.
Analogamente, la violazione dell’articolo 116 c.p.c., e’ idonea a integrare il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4, denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ rubricato “della valutazione delle prove” (Cass., n. 5009 del 2017; Cass. n. 6231 del 2018).
Inoltre, la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioe’ attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass., n. 17313 del 2020; Cass. n. 26769 del 2018; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 26366 del 2017).
Infine, va evidenziato che la doglianza afferente al fatto che la controricorrente potesse aver diritto al reddito di cittadinanza, quale elemento preclusivo dell’assegno di mantenimento, e’ inammissibile in quanto avente ad oggetto questione nuova, che risulta dagli atti introdotta per la prima volta in sede di legittimita’.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 1500,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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