Corte di Cassazione, sezione quinta penale,
Sentenza 20 novembre 2019, n. 47048.
Massima estrapolata:
La restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza (nella specie, udienza dibattimentale di primo grado), integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in assenza, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non è configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per
Sentenza 20 novembre 2019, n. 47048
Data udienza 12 luglio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CATENA Rossella – Presidente
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta Mar – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/04/2018 della CORTE APP.SEZ.MINORENNI di POTENZA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MATILDE BRANCACCIO;
udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;
udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), in sostituzione, che si riporta ai motivi e deposita, per conto dell’avv. (OMISSIS), nota spese, decreto di ammissione al gratuito patrocinio e attestazione iscrizione all’albo dei difensori per il patrocinio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe, la Corte d’Appello di Potenza, Sezione Minorenni, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Potenza il 25.1.2017 con cui (OMISSIS), all’epoca minorenne, e’ stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 50 di multa per il reato di tentato furto in abitazione, aggravato dalla violenza sulle cose e commesso in concorso con (OMISSIS), maggiorenne e giudicato separatamente.
L’azione delittuosa veniva interrotta prima della sua consumazione per l’intervento della vittima, proprietario della suddetta abitazione, (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso l’imputato, tramite il difensore avv. (OMISSIS), deducendo due motivi.
2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce violazione di legge per inosservanza delle norme di cui all’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 179 c.p.p..
La difesa rileva che il Tribunale ha indebitamente disatteso la richiesta di rinvio dell’udienza avanzata in data 25.1.2017, in ragione del sopravvenuto stato di detenzione agli arresti domiciliari dell’imputato per altra causa e che il relativo motivo d’appello e’ stato disatteso dai giudici di secondo grado) adducendo l’erronea motivazione basata sul fatto che questi avrebbe avuto l’onere di richiedere tempestivamente l’autorizzazione a comparire in udienza, onere che, se non osservato, determina l’insussistenza del legittimo impedimento a comparire e delle ragioni giustificatrici di rinvio.
Ed invece, la Corte di cassazione ha riconosciuto in casi analoghi la sussistenza del legittimo impedimento a comparire, poiche’ non incombe alcun onere sull’imputato. Inoltre, l’obbligo di disporre la traduzione, sanzionato a pena di nullita’ assoluta, sussisteva nel caso di specie proprio in capo al Tribunale ai cui atti gia’ era presente, prima dell’udienza citata, l’attestazione dello stato di detenzione dell’imputato, inglobata nella relazione di aggiornamento dei servizi sociali; tale documento si allega al ricorso.
2.2. Il secondo argomento di censura attiene alla violazione dell’articolo 512 c.p.p. e articolo 6 CEDU, nonche’ al vizio di motivazione mancante o manifestamente illogica) quanto alla acquisizione delle dichiarazioni rese in denuncia dalla persona offesa, ritenuta in avanzato stato d’eta’ e affetta da grave patologia oculare, sicche’ non in grado di svolgere un riconoscimento in aula durante il processo.
Tali circostanze erano gia’ note precedentemente al giudizio, tanto da far ritenere prevedibile la non ripetibilita’ delle citate dichiarazioni rese in denuncia e, pertanto, necessario ricorrere all’incidente probatorio gia’ in fase di indagini.
Cio’ non e’ stato fatto ed al ricorrente e’ stato precluso l’ascolto in dibattimento del teste d’accusa con violazione dei diritti di difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato quanto al primo motivo, che attiene ad un profilo preliminare ed assorbente.
2. La difesa ha eccepito esattamente la mancata traduzione dell’imputato, nonostante la rappresentazione del suo stato di sottoposizione agli arresti domiciliari, risultante dagli atti, e, comunque, l’espressa volonta’ del ricorrente, manifestata all’udienza del 25.1.2017 tramite il difensore, di partecipare al processo personalmente nonostante la sua condizione detentiva.
2.1. Sul tema, una pronuncia delle Sezioni Unite e una parte degli orientamenti di legittimita’ ritengono, condivisibilmente, che la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non e’ configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (Sez. 4, n. 18455 del 30/1/2014, P., Rv. 261562).
Le Sezioni Unite, dal canto loro, si sono pronunciate sul tema sia nell’ambito del giudizio dibattimentale che in materia di rito camerale d’appello; nell’impugnazione instauratasi su un giudizio svoltosi con rito abbreviato.
La pronuncia Sez. U, n. 37483 del 26/9/2006, Arena, Rv. 234600, cui sostanzialmente si conforma la giurisprudenza delle Sezioni semplici poc’anzi richiamata, ha espressamente stabilito che la detenzione dell’imputato per altra causa (nel caso di specie si trattava di detenzione carceraria, ma la pronuncia non fa distinzione del caso degli arresti domiciliari), che sia sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non e’ configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (successivamente conformi, tra le altre, Sez. 6, n. 2300 del 10/12/2013, dep. 2014, Deda, Rv. 258246; Sez. 4, n. 19130 del 14/10/2014, dep. 2015, Di Rocco, Rv. 263490; Sez. 2, n. 8098 del 10/2/2016, Moccia, Rv. 266217; Sez. 4, n. 1871 del 3/10/2013, dep. 2014, Santamaria, Rv. 258177; cfr. anche Sez. 5, n. 48911 del 1/10/2018, N., Rv. 274160 che, aderendo al principio enunciato dalle Sezioni Unite Arena, ha precisato, tuttavia, che puo’ legittimamente procedersi in contumacia dell’imputato -detenuto agli arresti domiciliari per altra causa- quando tale condizione non emerga dagli atti e l’imputato, o il suo difensore, non si siano diligentemente attivati per darne comunicazione all’autorita’ giudiziaria procedente, che, dunque, sia ignara dello status; conforme in precedenza Sez. 5, n. 42888 del 5/6/2014, S., Rv. 260677).
La seconda sentenza del massimo collegio di legittimita’, intervenuta sul tema generale dell’impedimento dell’imputato a comparire in ragione del sopravvenuto stato detentivo – nella specie si trattava di un soggetto agli arresti domiciliari per altra causa, proprio come nell’ipotesi sottoposta al Collegio – con riferimento al giudizio camerale d’appello su impugnazione di una pronuncia emessa con rito abbreviato, ha operato una distinzione, secondo che si verta in una ipotesi di tal fatta rispetto al caso in cui l’impedimento dell’imputato, per il sopravvenire dello stato detentivo, attenga al giudizio ordinario (cfr. Sez. U, n. 35399 del 24/6/2010, F., Rv. 247835).
Nel giudizio ordinario, secondo la motivazione della sentenza n. 35399 del 2010, deve sempre essere assicurata, in mancanza di un inequivoco rifiuto, la presenza dell’imputato; quindi, in virtu’ della norma generale fissata dall’articolo 420-ter c.p.p., qualora l’imputato non si presenti, e in qualunque modo risulti (o appaia probabile) che l’assenza e’ dovuta ad assoluta impossibilita’ di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, spetta al giudice disporre, anche d’ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, senza che sia necessaria una qualche richiesta dell’imputato in tal senso. Pertanto, qualora l’imputato sia detenuto o agli arresti domiciliari o comunque sottoposto a limitazione della liberta’ personale che non gli consente la presenza in udienza, poiche’ in tali casi e’ in re ipsa la presenza di un legittimo impedimento, il giudice, in qualunque modo e in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della liberta’, anche senza una richiesta dell’imputato, deve d’ufficio, rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell’imputato, a meno che, ovviamente, non vi sia stato un rifiuto dell’imputato stesso di assistere all’udienza (articolo 420-quinquies).
Cio’ perche’, specialmente in un processo a carattere accusatorio, la partecipazione dell’imputato al processo e’ condizione indefettibile per il regolare esercizio della giurisdizione, afferendo al fondamentale diritto di difesa, che puo’ solo essere oggetto di una rinuncia da parte del suo titolare attraverso una non equivoca manifestazione di volonta’ abdicativa in tale senso.
Nel giudizio camerale di appello, invece, non vige la regola che l’imputato detenuto non ha alcun onere di comunicare al giudice il suo stato di detenzione – sicche’, se tale stato di per se’ comunque risulti (o appaia probabile), cio’ determina l’obbligo del giudice di rinviare l’udienza e di disporre la traduzione, salvo esplicita rinunzia a comparire bensi’ vige proprio la regola opposta, ossia che l’imputato detenuto ha l’onere di comunicare al giudice di appello la sua volonta’ di comparire.
Nel giudizio ordinario, va sempre assicurata la presenza dell’imputato, salvo che questi inequivocamente vi rinunzi, mentre nel giudizio camerale di appello la presenza dell’imputato non e’ necessaria e va quindi assicurata soltanto se questi manifesti la volonta’ di voler comparire, potendo “altrimenti presumersi la sua rinunzia ad essere presente (cfr. Corte EDU, Grande Camera, 18.10.2006, Hemii c. Italia).
Nel giudizio camerale, pertanto, il legittimo impedimento, ivi compreso quello costituito dallo stato di detenzione, e’ irrilevante e non produce effetti se l’imputato non adempia l’onere legislativamente impostogli di comunicare al giudice il suo impedimento e la sua volonta’ di essere presente.
Se questa e’ la regola generale, tuttavia le Sezioni Unite hanno aggiunto che, nell’ipotesi del rito camerale d’appello, la manifestazione di volonta’ dell’imputato detenuto non e’ soggetta ad alcun limite temporale rigido e prefissato, ma deve, comunque, essere considerata tardiva e non efficace quando sia stata fatta in un momento tale che, nel singolo caso concreto, non vi sia piu’ possibilita’ di effettuare la traduzione per l’udienza. In tal caso, invero, puo’ ritenersi che l’onere di comunicare la volonta’ di comparire non sia stato validamente adempiuto e che, pertanto, difetti il presupposto necessario perche’ abbia rilievo l’impedimento dell’imputato e perche’ il giudice abbia l’obbligo di assicurarne la presenza.
Non potrebbe invece, riscontrarsi un inadempimento dell’onere (con le dette conseguenze) allorche’ vi sia stata una oggettiva impossibilita’ di effettuare prima la comunicazione (come, ad esempio, quando la detenzione intervenga nell’immediata prossimita’ dell’udienza). In questo caso, cosi’ come in quello in cui la traduzione, pur oggettivamente possibile, non e’ avvenuta per disguidi o ritardi dell’amministrazione, dovra’ essere disposta la traduzione per una successiva udienza.
La sentenza in esame precisa ancora, infine, che, dato il diritto fondamentale dell’imputato detenuto di essere presente nell’udienza in cui si decide della sua responsabilita’ e del trattamento sanzionatorio, i principi enunciati devono essere interpretati ed applicati in modo rigido, sia nel senso che la richiesta potra’ ritenersi tardiva soltanto allorche’, in concreto, non vi sia possibilita’ pratica di assicurare la presenza in udienza dell’appellante, sia nel senso che il giudice, qualora ritenga intempestiva la richiesta, deve dar conto, con adeguata e congrua motivazione, delle specifiche ragioni per le quali, in quel determinato caso non era possibile effettuare la traduzione dell’imputato in udienza, prendendo in considerazione tutte le specifiche circostanze del caso concreto, quali, ad esempio, il tipo di limitazione della liberta’ personale, il luogo in cui l’imputato si trova ristretto, e cosi’ via (ad esempio, le Sezioni Unite evidenziano come diverso e’ il caso in cui l’imputato sia detenuto in carcere in un’altra citta’ da quello in cui sia agli arresti domiciliari nella stessa citta’, sicche’ diversa deve essere la valutazione circa la eventuale tardivita’ della richiesta).
2.2. Il Collegio non ignora che, con riferimento alla fattispecie in esame, analoga, come detto, a quella esaminata dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 35399 del 2010, benche’ afferente, a differenza di quest’ultima, ad un giudizio dibattimentale, esiste una diversa opzione, enunciata anche di recente da alcune sentenze della Corte di cassazione, secondo cui sussisterebbe un onere dell’imputato, sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa di chiedere tempestivamente l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per il tempo necessario (Sez. 5, n. 6540 del 10/12/2018, D., Rv. 275498; Sez. 2, n. 7286 del 15/11/2018, Traini, Rv. 275608; Sez. 5, n. 30825 del 1/7/2014, Mondolo, Rv. 262402; Sez. 6, n. 36384 del 25/6/2014, B., Rv. 260620; in precedenza, Sez. 2, n. 21529 del 24/4/2008, Rosato, Rv. 240107; Sez. 5, n. 44922 del 14/11/2007, Gentile, Rv. 238505; Sez. 4, n. 28558 del 13/5/2005, Bruschi, Rv. 232436; Sez. 5, n. 7369 del 15/11/2002, dep. 2003, Giannone, Rv. 224859; Sez. 5, n. 13184 del 2/2/2001, Piemonte, Rv. 218391; Sez. 6, n. 7319 del 30/4/1997, Prinno, Rv. 209739; Sez. 1, n. 5606 del 22/5/1996, Mannino, Rv. 204859).
A sostegno di questa tesi si e’ affermato, nel corso degli anni e nelle diverse pronunce, che gli arresti domiciliari (o altre limitazioni della liberta’) non costituirebbero una situazione di “assoluta impossibilita’ di comparire” perche’ l’imputato potrebbe chiedere al giudice competente la rimozione dell’impedimento ed avrebbe, quindi, l’onere di rivolgersi a tale giudice e che, ai sensi dell’articolo 22 disp. att. c.p.p., comma 1, e’ il giudice della cautela o il magistrato di sorveglianza ad avere il potere di autorizzare l’allontanamento o disporre l’accompagnamento o la traduzione, mentre il giudice che procede non ha la disponibilita’ dello stato di liberta’ del soggetto. Inoltre, si sostiene che i principi enunciati dalle Sezioni Unite nella pronuncia “Arena” del 2006 valgono per lo stato di detenzione ordinaria ma non per gli arresti domiciliari, in relazione ai quali non e’ configurabile un obbligo dell’autorita’ giudiziaria di disporre la traduzione (cfr. sentenza n. 36384 del 2014).
Tuttavia, le piu’ recenti pronunce, successive alla sentenza delle Sezioni Unite n. 35399 del 2010, non si sono confrontate con gli argomenti ed i principi enunciati dal massimo collegio nomofilattico nella motivazione di tale decisione, che ha chiaramente affermato come la suddetta opzione giurisprudenziale non possa essere condivisa e collida con i principi generali enunciati sul tema della Sezioni Unite nella sentenza “Arena” del 2006 (che ha escluso – nel giudizio ordinario – che l’imputato detenuto abbia un onere di chiedere al giudice competente la rimozione dell’impedimento o di comunicare al giudice che procede la sua volonta’ di essere presente, avendo rilievo soltanto il fatto che il giudice abbia comunque conoscenza di una obiettiva situazione di impedimento e la mancanza di una esplicita rinunzia a comparire).
Ebbene, a giudizio del Collegio, e’ del tutto condivisibile l’affermazione delle Sezioni Unite del 2010, che ritiene non sia possibile subordinare l’esercizio di un diritto fondamentale, come quello di partecipare al processo, ad oneri che non siano espressamente previsti da una disposizione legislativa e che, nei casi di restrizione della liberta’ personale diversi dalla detenzione in carcere, afferma sussista ugualmente un legittimo impedimento, giuridico se non materiale, che non si differenzia dall’impedimento costituito dalla detenzione in carcere.
Ne’ puo’ ritenersi che, in tal caso, l’impedimento non sarebbe piu’ legittimo ed assoluto solo perche’ l’imputato potrebbe chiedere l’autorizzazione o l’accompagnamento o la traduzione al giudice competente.
Chi viene ammesso al regime degli arresti domiciliari, infatti, si trova, pur sempre, in stato di detenzione, cioe’ di privazione della liberta’ personale e puo’ lasciare il luogo di arresto domiciliare solo previa autorizzazione del magistrato competente o per disposizione dello stesso che deve, in tal caso, ordinarne la traduzione.
Pertanto, se il giudice ha tempestiva conoscenza del fatto che l’imputato trovasi – per altro procedimento penale – in stato di arresti domiciliari, non puo’ dichiararne la contumacia, ma deve disporne la traduzione in aula (Sez. U, n. 35399 del 2010, par. 10; Sez. 1, n. 5164 del 5/3/1990, Tortora, Rv. 183950; vedi anche, sul tema della conoscenza aliunde dello stato detentivo da parte del giudice che fonda la necessita’ di disporre la traduzione dell’imputato, Sez. 1, n. 13593 del 13/2/2001, Mormone, Rv. 218806; Sez. 2, n. 41252 del 7/11/2002, Vallese, Rv. 223498; Sez. 4, n. 5834 del 14/2/1991, Mereu, Rv. 187279).
I suddetti principi valgono sia nel caso si verta in tema di giudizio ordinario che per il giudizio camerale di appello ex articolo 599 c.p.p..
2.3. Nella fattispecie sottoposta al Collegio, applicando i principi appena ripercorsi, il Tribunale per i minorenni di Potenza aveva avuto cognizione dello stato di sopravvenuta sottoposizione dell’imputato agli arresti domiciliari, in virtu’ dell’espressa indicazione del difensore in tal senso fornita all’udienza dibattimentale del 25.1.2017 (ed a prescindere dall’eventuale conoscenza di tale dato gia’ in atti da parte del Tribunale, come sostenuto dalla difesa), e avrebbe potuto disporne la traduzione o l’autorizzazione a recarsi in udienza, stante la manifestata volonta’ di partecipazione. Deve ribadirsi, pertanto, che la restrizione dell’imputato agli arresti domiciliari per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non e’ configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento.
3. La sentenza impugnata, dunque, essendo stata pronunciata in adesione all’orientamento di legittimita’ che il Collegio non condivide perche’ configgente con il percorso ricostruttivo operato sulla base delle pronunce delle Sezioni Unite gia’ richiamate, deve essere annullata senza rinvio in accoglimento del primo motivo di ricorso, in cui rimane assorbito il secondo argomento difensivo; dovra’ essere disposto, altresi’, l’annullamento anche della sentenza di primo grado, con trasmissione degli atti al Tribunale per i Minorenni di Potenza, essendosi determinata una nullita’ assoluta del giudizio in quella fase.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza di appello e la sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni di Potenza e dispone la trasmissione degli atti a quest’ultimo per il giudizio.
Motivazione semplificata.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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