Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 marzo 2024| n. 7469.
L’annullamento del contratto far valere il vizio in via di eccezione non è soggetta ai limiti di prescrizione
Ove ricorra un vizio che comporti l’annullamento del contratto, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, l’art. 1442, ultimo comma, cod. civ. consente a chi sia convenuto per la esecuzione dello stesso di far valere il vizio in via di eccezione: tale eccezione, non tendente alla eliminazione dell’atto asseritamente viziato, ma all’unico fine, di paralizzare la pretesa della controparte all’adempimento, non è soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento e può perciò essere sollevata in ogni tempo.
Ordinanza|20 marzo 2024| n. 7469. L’annullamento del contratto far valere il vizio in via di eccezione non è soggetta ai limiti di prescrizione
Data udienza 26 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto – Invalidità del contratto – Annullabilità del contratto – Deduzione di annullabilità di contratto in via di eccezione – Ammissibilità – Portata.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere – Rel.
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 25206/2021 proposto da:
Di.Ca., rappresentata e difesa dagli avvocati AN. CO. e GI. BA. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma, (…) Pec: …
– ricorrente –
contro
Ci.Da., Ci.Fa.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 493/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata l’11/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Cons. ANNA MOSCARINI;
L’annullamento del contratto far valere il vizio in via di eccezione non è soggetta ai limiti di prescrizione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. del 28/1/2015 Di.Ca., unica erede di Ma.Ca., convenne in giudizio davanti al Tribunale di Ravenna Ci.Da. e Ci.Fa., quali eredi di Eg.Ci., e Ni.Ca. al fine di ottenere dai convenuti, ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’adempimento dell’atto di transazione stipulato in data 22/12/2010 con cui le parti, già in controversia davanti alla Corte d’Appello di Bologna, avevano individuato, tramite frazionamento catastale, l’area edificabile in Comune di F trasferita ad Eg.Ci. dalla proprietaria Ma.Ca. con l’impegno del Eg.Ci. di rimborsare alla Di.Ca. gli importi versati a titolo di ICI e IMU;
istituitosi il contraddittorio con gli eredi del Eg.Ci., rimasto contumace il Castellari, il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 6/4/2017, accertò e dichiarò -in attuazione di quanto riconosciuto dalla Corte d’Appello di Bologna sulla validità ed efficacia della transazione, intesa quale negozio di accertamento dei confini tra il fondo rimasto in proprietà Di.Ca. e quello trasferito al Eg.Ci. – l’esatta individuazione del fondo e condannò i convenuti al rimborso in favore di Di.Ca. della somma da questa versata a titolo di ICI pari ad Euro 8.192,49 oltre interessi;
a seguito di appello dei Ci. la Corte d’Appello di Bologna con sentenza pubblicata in data 11/3/2021, lo ha accolto e per l’effetto ha rigettato le domande di Di.Ca. compensando in parte le spese del doppio grado; per quanto ancora di interesse, ha ritenuto validamente proposta l’eccezione di annullamento del contratto di transazione formulata dagli appellanti in applicazione dell’art. 1442, ult. co. c.c., dunque in forza del principio quae temporalia adagendum perpetua ad excipiendum, ed ha confermato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’annullamento ai sensi dell’art. 1442, ult. co. c.c. può essere opposto in via d’eccezione, da chi sia convenuto per l’esecuzione del contratto, senza limiti di tempo, e dunque anche in appello ai sensi dell’art. 345, co. 2 c.p.c.
avverso la sentenza Di.Ca. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;
gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede; il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
L’annullamento del contratto far valere il vizio in via di eccezione non è soggetta ai limiti di prescrizione
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo – violazione dell’art. 1442, co. 4° c.c. e degli artt. 375, co.1 n. 4, 377, 1441 co. 1 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.- la ricorrente lamenta che la Corte bolognese ha omesso di considerare che, nel caso di annullabilità del contratto per incapacità di una parte ai sensi dell’art. 375 c.c., gli unici soggetti legittimati a proporre sia l’azione di annullamento sia la relativa eccezione sono soltanto quelli previsti dall’art. 377 c.c., dunque il tutore, il minore o i suoi eredi o aventi causa sicché, essendo stato l’atto del tutore compiuto in assenza di autorizzazione del Tribunale, l’azione poteva essere proposta solo da Di.Ca.; ne consegue che la sentenza è errata nella parte in cui ha attribuito agli appellanti la legittimazione ad eccepire la annullabilità del contratto di transazione per incapacità della parte, ed è altresì errata nella parte in cui non ha ritenuto che l’eccezione fosse soggetta al termine delle preclusioni;
con il secondo motivo di ricorso -violazione dell’art. 1442 co. 4 c.c. artt. 112 e 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. – la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, pur consapevole della differenza tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto, ha omesso di qualificare l’eccezione di annullamento del contratto quale eccezione in senso stretto, così dando luogo ad una motivazione soltanto apparente;
con il terzo motivo di ricorso – violazione dell’art. 1442, co. 4° c.c. e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – la ricorrente lamenta che la Corte del merito, omettendo di qualificare l’eccezione di annullamento quale eccezione in senso stretto si è posta in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui sono eccezioni in senso stretto quelle che la legge riserva a soggetti determinati ovvero a quei soggetti l’espressione della cui volontà è strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva, classico caso l’eccezione corrispondente ad una azione costitutiva; essendo l’azione di annullamento del contratto un’azione costitutiva, il giudice avrebbe dovuto ritenere la corrispondente eccezione una eccezione in senso stretto;
con il quarto motivo di ricorso – violazione dell’art. 1442, co. 4 c.c. e degli artt. 112 e 702 bis co. 4, 345, co. 2 e 359 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.- lamenta che il giudice ha ritenuto proponibile per la prima volta in appello l’eccezione di annullabilità del contratto, così venendo meno alle preclusioni e decadenze previste dalla legge;
i motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati;
va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co., c.p.c. là dove pone a fondamento dele mosse censure atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente riportarli nel ricorso (es., l'”atto di transazione sottoscritto il 22.12.2012″, il “ricorso ex art. 702 bis depositato il 28.1.2015”, quanto eccepito dai “sigg.ri Da. e Ci.Fa.” nell’atto di costituzione in primo grado di giudizio);
deve ulteriormente porsi in rilievo, quanto al merito, che la corte di merito, nel ritenere che i convenuti per l’esecuzione del contratto possono eccepire in ogni tempo l’annullabilità del medesimo, senza soggiacere a termini di prescrizione, si è conformata alla previsione testuale dell’art. 1442, ult. co. c.c., come costantemente interpretata da questa Corte;
occorre, pertanto, dare continuità al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui “Ove ricorra un vizio che comporti l’annullamento del contratto, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, l’art. 1442, ultimo comma, cod. civ. consente a chi sia convenuto per l’esecuzione dello stesso di far valere il vizio in via di eccezione: tale eccezione, non tendente alla eliminazione dell’atto asseritamente viziato, ma all’unico fine di paralizzare la pretesa della controparte all’adempimento, non è soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento e può perciò essere sollevata in ogni tempo” (Cass. L, 11182 del 29/7/2002; Cass. 3, n. 10638 del 26/6/2012, Cass., 3, n. 12083 del 10/6/2015) e quindi anche in appello a norma dell’art. 345, 2° co. c.c. (Cass., 3, n. 1682 del 1989, Cass., 2, n. 1027 del 28/1/1995, Cass., 1, n. 384 del 10/1/2018); l’art. 1442, ult. co. c.c. recepisce, infatti, il principio secondo cui “quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum”, e quindi consente a chiunque sia convenuto per l’esecuzione del contratto di poter, senza dover intraprendere un’autonoma azione di annullamento e senza limiti temporali, senza dunque soggiacere ai termini delle preclusioni, opporre in via di eccezione l’annullabilità del contratto;
così anche nell’azione di annullamento del contratto per incapacità della parte, considerato il richiamo espresso previsto dall’art. 1441 c.c. all’art. 377 c.c., vale, in assenza di limitazioni specifiche previste dalla legge per sollevare la relativa eccezione, la regola generale fissata dall’art. 1442, ult. co. c.c. e quindi la parte convenuta per l’esecuzione del contratto, può opporre in ogni tempo; dunque, anche in appello e anche se è prescritta l’azione di annullamento, l’eccezione di incapacità del tutore per mancata autorizzazione dell’atto dispositivo da parte del giudice tutelare;
orbene, di tali principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero corretta applicazione, in particolare là dove, nel fare espresso richiamo alla massima della sentenza Cass., Sez. Un., n. 1027/1995, ha precisato “Ciò solo se diretta a conseguire il rigetto della domanda proposta dalla controparte in forza del medesimo negozio e non anche un’autonoma pronuncia giudiziale affermativa di quella invalidità”, ratio rimasta invero (quantomeno non idoneamente) censurata dall’odierna ricorrente;
all’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso;
non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione perché le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede;
L’annullamento del contratto far valere il vizio in via di eccezione non è soggetta ai limiti di prescrizione
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile il 26 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2024.
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