L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 451.

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice, ma un gestore degli interessi del beneficiario, eventualmente dotato di poteri di rappresentanza nei limiti dei poteri conferiti dal decreto di nomina, tra i quali non rientra – nel rito ratione temporis applicabile – quello di rappresentarlo nel giudizio di impugnazione del decreto di apertura dell’amministrazione, diritto che spetta personalmente al beneficiario.

Ordinanza|8 gennaio 2024| n. 451. L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

Data udienza 29 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Amministrazione di sostegno – Procedimento camerale – Costituzione dei parenti – Non configurabilità come parti processuali – Esclusione del litisconsorzio necessario – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio Presidente

Dott. PARISE Clotilde Consigliere

Dott. TRICOMI Laura Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia Consigliere

Dott. RUSSO Rita E. A Consigliere-Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9072/2023 R.G. proposto da:

Fr.As., avvocato, rappresentata e difesa dall’avvocato FR.AL., indirizzo PEC: …;

-ricorrente-

Contro

Ce.Da., rappresentato e difeso dell’avvocato TO.GI., pece: …;

-controricorrente nei confronti

Ce.El., in persona dell’amministratore di sostegno avv. VE.GR. rappresentata e difesa come da autorizzazione del Giudice Tutelare del Tribunale di Vicenza del 10.04.2023 dell’avvocato CI.PA., PEC: …

-Controricorrente ricorrente incidentale;

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VICENZA;

-intimato-

avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 317/2022 depositata il 14/02/2023 .

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Consigliere RITA E. A. RUSSO.

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

FATTO

RILEVATO CHE

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza ha proposto ricorso per la nomina di amministratore di sostegno in favore di Ce.Da. In primo grado, si costituivano formalmente in giudizio Ci.Se. (parente di terzo grado) e Fe.Gi. (nipote); nessuno si costituiva per Ce.El., che però presenziava, in persona del suo già nominato amministratore di sostegno ad alcune udienze. Con decreto di data 30.4 3.5.2022, il Giudice Tutelare del Tribunale di Vicenza ha nominato amministratore provvisorio di Ce.Da. l’avv. Fr.As., soggetto diverso da quello indicato dal Ce. Avverso tale decreto il Ce.Da. ha proposto reclamo, chiedendo la revoca della misura o la nomina quale amministratore di sostegno di Re.Mo.. Nel giudizio si costituiva l’avv. Fr.As. e anche l’amministratrice di sostegno di Ce.El., sorella di Ce.Da., in nome e per conto. La Corte ha accolto il reclamo revocando la nomina, sul rilievo che Ce.Da. è affetto da invalidità ma comunque capace di intendere e di volere di provvedere ai propri interessi e ha condannato alle spese le reclamate. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’avv. Fr.As. affidandosi a tre motivi. Si è costituita proponendo ricorso incidentale Ce.El., rappresentata dalla sua amministratrice di sostegno avv. Grillo. Si è costituito con controricorso Ce.Da. La ricorrente ha depositato memoria.

La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 29 novembre 2023.

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

MOTIVI

RITENUTO CHE

1.Il ricorso principale proposto dall’avv. Fr., già nominata amministratore provvisorio di Ce.Da. è fondato sull’interesse a contestare la condanna alle spese di giudizio e si articola su tre motivi come appresso riassunti.

1.1.- Con il primo motivo di ricorso si lamenta si sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c. la nullità del provvedimento impugnato per difetto di integrità del contraddittorio, poiché non risulta agli atti del fascicolo del reclamo la notifica effettuata ai parenti Ci.Se. e Fe.Gi. costituitisi in primo grado.

1.-2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art .360 n. 3 c.p.c. la violazione di norme di diritto. La ricorrente deduce che ella nella sua qualità di amministratore provvisorio nominato nel giudizio n. 3843/21 del Tribunale di Vicenza, non rivestiva nel giudizio di reclamo la qualità di “parte reclamata”, e quindi come tale non poteva essere condannata alle spese di lite; deduce di non aver preso posizione in ordine al reclamo, né chiesto la conferma della propria nomina, limitandosi solo ad evidenziare che a suo avviso era necessario al signor Ce.Da. un ausilio, vista l’età, ma che comunque poteva ben individuarsi anche se del caso anche nella figura diRe.Mo. già designato sia in primo grado.

1.-3.- Con il terzo motivo di ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 la violazione di norme di diritto in relazione art 91 c.p.c. La ricorrente deduce che ella non poteva essere condannata in proprio al pagamento delle spese di lite, quando ha interagito nella sua qualità di amministratrice di sostegno e quindi di ausiliaria del Giudice tutelare del Tribunale.

2.- Il ricorso incidentale proposto dall’avv. Grillo n.q. di ammnistrative di Ce.El., è anch’esso fondato sull’interesse a contestare la condanna alle spese di giudizio e si articola su tre motivi come appresso riassunti.

2.1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n.3 c.p.c. in relazione all’art. 91 c.p.c., art. 100 c.p.c. e 417 c.c. La parte deduce che nel procedimento di volontaria giurisdizione per nomina di un amministratore di sostegno le parti non agiscono quali portatori di un interesse proprio ma a tutela dell’interesse dell’amministrando, ritenuto non in grado di provvedere autonomamente ai propri interessi, e, quindi, i parenti del beneficiario e/o l’amministratore del beneficiario, che intervengono volontariamente in via necessariamente adesiva, non possono mai risultare soccombenti.

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2.2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta l’erronea condanna alle spese in provvedimento avente natura formalmente cautelare. La parte deduce che il decreto provvisorio di nomina dell’amministratore adottato dal Giudice Tutelare è un provvedimento avente natura formalmente cautelare disposto in situazioni di urgenza e necessità col quale non è possibile far luogo alla condanna alle spese di lite. I provvedimenti provvisori adottati dal giudice tutelare, come la nomina di un amministratore di sostengo provvisorio, ai sensi dell’art. 405 c.c. sono provvedimenti cautelari adottati in pendenza della lite, aventi essenzialmente natura provvisoria, destinati a rimanere assorbiti nella decisione di merito. Essi conservano comunque caratteristiche proprie sia rispetto al procedimento cautelare sia rispetto a quello camerale ex art. 739 c.p.c., quindi si è ritenuto che siano ad essi estensibili le considerazioni svolte in riferimento ai provvedimenti cautelari adottati in corso di causa. La conseguenza è che la Corte di appello, investita del reclamo avverso il decreto ex art. 720-bis c.p.c., non deve provvedere a liquidare le spese del procedimento, che costituisce una fase cautelare incidentale del giudizio principale.

2.3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la errata o impropria qualifica di parte reclamata nel giudizio d’appello n. 317/22 VG attribuita in capo all’avv. Veronica Grillo quale amministratrice di Ce.El., Deduce che l’avv. Grillo si era costituita, per conto e a difesa della sig.ra Ce.El., nel reclamo, in base all’autorizzazione ricevuta dal Giudice tutelare di Vicenza, per via della funzione pubblica attribuitale dalla legge, quale amministratore di sostegno e quindi ausiliaria del giudice. Difetta, pertanto (come del resto nel caso dell’avv. Fr.As., amministratrice provvisoria dell’amministrando) anche nell’avv. Grillo Veronica, quale amministratrice della sig.ra Ce.El., la titolarità passiva della domanda di reclamo, quale aveva titolo per intervenire volontariamente e necessariamente ad adiuvandum (della Procura) nel procedimento.

3. I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente poiché propongono censure analoghe, si rivelano infondati.

3.1.- Preliminarmente, con riguardo alla integrità del contraddittorio

nel giudizio innanzi alla Corte d’appello. Nella procedura per la istituzione di un’amministrazione di sostegno, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell’amministrazione (Cass. civ. sez. I, 05/06/2013, n.14190); non è, pertanto, configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soggetti partecipanti al giudizio innanzi al Tribunale (Cass. n. 17032 del 25/07/2014). Nel rito, come da disciplina anteriore alla riforma operata con il D.lgs. 149/2022, che qui si applica, trova luogo un procedimento camerale cui, secondo il disposto dell’art. 720-bis c.p.c. ratione temporis vigente, non sono neppure applicabili tutte le disposizioni del procedimento per interdizione, ma solo quelle espressamente richiamate e in quanto compatibili. La circostanza che alcuni parenti si siano costituiti in primo grado non comporta la necessità di integrare il contraddittorio nei loro confronti nel successivo grado di reclamo in appello, poiché il procedimento per la nomina di amministratore di sostegno, come recentemente affermato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. 21985/2021) è un procedimento pur sempre riconducibile ai procedimenti di volontaria giurisdizione, ancorché connotato da proprie garanzie interne, ben più accentuate rispetto a quelle concesse dal semplificato procedimento camerale di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., che ne fanno un unicum nel codice di procedura civile; tanto che l’attuale previsione di cui all’art. 473-bis.58 c.p.c., pur estendendo al procedimento per la nomina di amministratore di sostegno tutte le regole proprie del procedimento di interdizione e inabilitazione, tiene fermo il rito camerale e la clausola di compatibilità. La posizione del parente che, ove si costituisca, diventa quella di contraddittore processuale e quindi condannabile alle spese in caso di soccombenza, non è tuttavia mai la posizione di “parte” cioè di un avente titolarità di un proprio diritto soggettivo da agitare in giudizio né la titolarità di un interesse riflesso, ma solo quella di soggetto, per un verso legittimato a presentare l’istanza, per altro verso idoneo a fornire utili informazioni al fine di ricostruire meglio le esigenze e i bisogni del beneficiario e quindi fornire al giudice gli elementi necessari per decidere se l’amministrazione deve essere aperta e come deve essere modellata.

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

3.2.- Questo Collegio non intende discostarsi dalla precedente giurisprudenza delle sezioni unite (Cass. sez. un. n. 4250/2020) secondo la quale l’intervento dei parenti nel giudizio di interdizione va inquadrato “nell’ambito dell’intervento volontario a carattere necessariamente adesivo”, ma solo precisare che questo accostamento enunciato dalle sezioni unite in termini di vicinanza e non di identità della fattispecie non comporta la sussistenza di un litisconsorzio necessario processuale ex 331 c.p.c., per due ordini di ragioni. La citata sentenza delle sezioni unite riguarda il giudizio di interdizione, che segue regole sue proprie e non il procedimento per l’apertura di un’amministrazione di sostegno che, nel regime normativo ratione temporis vigente, in parte se ne discosta tanto che solo le regole espressamente richiamate dall’art 720-bis c.p.c. si applicano ad esso, e in quanto compatibili. Inoltre, deve tenersi conto della problematica concretamente affrontata dalle sezioni unite perché, con quella pronuncia già richiamata, è stato detto che la posizione dell’intervenuto va inquadrata “nell’ambito dell’intervento volontario a carattere necessariamente adesivo” per sottolineare che non è neppure in astratto concepibile l’introduzione di domande nuove o diverse sì che gli interventori non possono mai ampliare il thema decidendum. Da questo accostamento pertanto, non può trarsi la conclusione che l’intervento dei parenti sia a tutti gli effetti un vero e proprio intervento ex art. 105 c.p.c. perché l’intervento adesivo dipendente si ha quando una parte, senza in alcun modo ampliare il thema decidendum e, dunque, senza proporre domande ulteriori, manifesta l’interesse alla vittoria di una delle parti in causa, perseguendo la finalità ultima di non subire gli effetti riflessi di una sentenza sfavorevole. E’quindi necessario che sussista in capo al terzo medesimo un interesse proprio, che giustifichi l’adesione alle ragioni di una delle parti in causa e, specificamente, un interesse non di mero fatto, bensì giuridicamente qualificato, determinato dalla necessità di impedire la ripercussione, nella propria sfera giuridica, delle eventuali conseguenze dannose derivanti da effetti riflessi o indiretti del giudicato (in arg. Cass. 25/02/2022, n.6357; Cass. 30/12/2016, n.27528). E’ da escludere che questo interesse si configuri nei parenti chiamati a interloquire con il giudice tutelare nel procedimento per l’apertura dell’amministrazione di sostegno perché la nomina o meno di un amministratore non comporta effetti neppure indiretti nella loro sfera giuridica. Pertanto, seppure la costituzione dei parenti è assimilabile all’intervento adesivo dipendente, sotto il profilo della loro non legittimazione ad ampliare il thema decidendum, tale non è sotto il profilo della costituzione di un litisconsorzio processuale (si veda in arg. Cass. n. 6357 del 25/02/2022) perché non vi è un interesse personale a influire sull’esito della lite, e anzi in verità non vi è neppure una lite. Lo stesso legislatore del 2022, peraltro, nel riformare il rito applicabile alla interdizione e inabilitazione, e nel disporre che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applichino in quanto compatibili le norme che regolano il processo per la interdizione, offre una indicazione in tal senso, dal momento che l’articolo 473-bis.56 c.p.c. dispone che la sentenza che provvede sulla domanda di interdizione o di inabilitazione (e quindi anche sulla apertura dell’amministrazione di sostegno) sia impugnabile dai soggetti legittimati a proporre la domanda anche se non hanno partecipato al giudizio; pertanto, i parenti che partecipano al primo grado di giudizio – anche eventualmente costituendosi – ben possono essere soggettivamente diversi da quelli che promuovono il secondo grado di giudizio.

4.- Sulla condanna alle spese delle parti costituite nel giudizio di reclamo.

4.1.- Premesso quanto sopra esposto, e cioè che i soggetti che si costituiscono nel giudizio per la nomina di un amministratore di sostegno non sono parti in senso proprio, in quanto non sono portatori di un interesse personale come in effetti affermano sia la ricorrente principale che la ricorrente incidentale deve verificarsi se nella specie si possa parlare di soccombenza di una di esse. I parenti sono soggetti legittimati ad agire, sia pure non nel proprio interesse ma in quello del beneficiando, e cioè soggetti che sono legittimati a presentare richieste di adozione di provvedimenti che possono anche essere fortemente invasivi della sfera giuridica e personale del beneficiario e comportare limitazioni di capacità. Essi sono dunque contraddittori processuali, vale a dire soggetti nei confronti dei quali viene dichiarata l’esistenza/inesistenza di una situazione giuridica altrui. La soccombenza si connota nel nostro ordinamento, da un punto di vista formale, nella difformità tra la richiesta e il contenuto della pronuncia del giudice, anche in base al principio di causalità: risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa o dalla resistenza dell’avversario, cioè del soggetto che ha causato la lite (o l’ha prolungata, resa più complessa), condannando alla rifusione delle spese il soggetto che con il suo comportamento extraprocessuale o processuale quale il dare inizio al giudizio o il resistere in forme o con argomenti non rispondenti al diritto abbia dato causa alla controversia o al suo protrarsi (Cass. 19456/2008; Cass. 13430/2007; Cass. 25141/2006; Cass. n. 21823/2021; Cass. n. 7625/2010).

Ora, è pur vero che la procedura in questione è stata promossa dal Pubblico Ministero, ma nel giudizio di reclamo promosso dal beneficiario hanno resistito, da un lato, un soggetto (la sorella, per il tramite della sua amministratrice) che riveste la qualità di legittimato a promuovere la procedura, e dall’altro un soggetto (il nominato amministratore provvisorio avv. Fratta) che non aveva neppure legittimazione a proporre impugnazione, come appresso si dirà; ed entrambe hanno proposto argomenti disattesi dalla Corte di merito. Pertanto, entrambe hanno contribuito al protrarsi del giudizio, pur se il P.M. era il primo contraddittore anche in sede di reclamo; esse hanno certamente aggravato con la loro posizione di resistenza il procedimento di reclamo, proponendo tesi, argomenti ed anche eccezioni in senso proprio, rispetto ai quali il Ce.Da. ha dovuto difendersi. Quanto al resto, si osserva quanto segue.

4.2.- L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice; è un gestore degli interessi del beneficiario, eventualmente dotato di poteri di rappresentanza nei limiti dei poteri conferiti dal decreto e tra questi poteri non rientra nel rito ratione temporis vigente quello di rappresentarlo nel giudizio di impugnazione del decreto di apertura di amministrazione, diritto che spetta personalmente al beneficiario; e infatti, l’art. 720-bis ratione temporis vigente non richiama l’art. 718 c.p.c. (legittimazione alla impugnazione del tutore e curatore) mentre richiama l’art. 716 c.p.c. (conservazione della capacità processuale, anche per le impugnazioni); non è nemmeno il garante degli interessi pubblici sottesi al procedimento perché lo è, invece, il Pubblico Ministero. Pertanto, nel momento in cui l’avv. Fr.As.si è costituita, lo ha fatto in proprio e ha rappresentato una propria posizione personale (e cioè che il Ce.Da. avesse bisogno di un amministratore), tesi respinta dalla Corte; sicché la medesima è soccombente. Altrettanto respinte sono state le tesi e le eccezioni, e tra queste l’eccezione di incompetenza, proposte innanzi alla Corte da Ce.El., rappresentata dalla sua amministratrice. Deve qui precisarsi che l’avv. Grillo non è stata condannata in proprio, a differenza dell’avv. Fratta, ma in quanto amministratrice di Ce.El.

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4.3.- La circostanza che si trattasse di un decreto di nomina di un amministratore provvisorio e non definitivo non ha rilievo, poiché il provvedimento è stato ritenuto reclamabile dalla Corte d’appello e idoneo ad incidere sui diritti della parte, anche personalissimi (trattamenti sanitari, dati personali); del resto anche la nomina di un amministratore definitivo non avrebbe attitudine al giudicato, posto che il decreto è sempre modificabile dal Giudice tutelare; nel procedimento per la nomina di un amministratore di sostegno, come affermato dalle citate sezioni unite del 2021, deve guardarsi non già al contenitore ma al contenuto, tenendo conto che l’amministrazione di sostegno si configura come un istituto nel cui contenitore sono riunite ed unificate fattispecie che secondo il sistema previgente erano considerate tra loro ontologicamente diverse; e che prevede rimedi e forme di tutela, anch’essi radicalmente nuovi. L’unicità del nuovo istituto che combina in sé tratti disciplinari tradizionali con elementi del tutto innovativi, impedisce quindi di pervenire ad una soluzione di carattere unitario, valida per tutti i casi indistintamente, non potendosi quindi risolvere le varie problematiche che possano insorgere in nome della generalizzata applicazione delle norme del procedimento camerale ovvero di quello a cognizione ordinaria, imponendosi piuttosto soluzioni differenziate a seconda delle varie fattispecie per le quali è richiesta la procedura di sostegno ovvero in relazione al contenuto del provvedimento emesso dal Giudice tutelare. Per queste ragioni, è legittima la condanna alle spese delle odierne parti ricorrenti (principale e incidentale), considerando che: i) il provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno era limitativo della capacità, e fortemente avversato dall’interessato; ii) tanto l’odierna ricorrente principale che la ricorrente incidentale hanno resistito al reclamo proposto dall’interessato a difesa dalla sua sfera di libertà ed autodeterminazione, ribadendo la necessità dell’amministrazione, e che né l’una né l’altra sono investite da alcuna funzione pubblica, a differenza del Pubblico Ministero istante. Ne consegue sia il rigetto del ricorso principale che di quello incidentale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in favore di Ce.Da., compensandole tra la ricorrente principale e la ricorrente incidentale.

L’amministratore di sostegno non è un ausiliario del giudice

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente principale a rifondere le spese del giudizio di legittimità a Ce.Da. che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Condanna la ricorrente incidentale a rifondere le spese del giudizio di legittimità a Ce.Da. che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Compensa interamente le spese del giudizio di legittimità tra la ricorrente principale e la ricorrente incidentale. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuti. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 29/11/2023.

Depositato in cancelleria l’8 gennaio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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