Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 28 maggio 2019, n. 23470.
La massima estrapolata:
Ai fini della confisca facoltativa della vettura utilizzata per il trasporto di sostanza stupefacente, è necessaria la sussistenza di un collegamento stabile del veicolo con l’attività criminosa, che dia vita ad un rapporto funzionale desumibile anche dall’impiego di manipolazioni, di particolari accorgimenti insidiosi o di modifiche strutturali strumentali per l’occultamento o il trasporto di droga, non rilevando, in tal caso, che le parti del veicolo modificate conservino la funzionalità originaria, in modo da continuare a potere essere utilizzate anche per finalità non delittuose. (Fattispecie in cui è stata accertata una modifica al vano portaoggetti del veicolo per occultare la droga).
Sentenza 28 maggio 2019, n. 23470
Data udienza 24 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Torre Annunziata del 19 giugno 2018
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alessandro M. Andronio;
letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dr. Spinaci Sante, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza di patteggiamento del 19 giugno 2018, il Gip del Tribunale di Torre Annunziata ha applicato ad (OMISSIS) la pena di anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa e la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, perche’, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17 della stessa legge, illecitamente deteneva complessivi gr. 59,93 netti di sostanza stupefacente di tipo cocaina, con un principio attivo pari al 76,14%, occultata nel vano portaoggetti dell’autovettura opportunamente modificato.
Il giudice di primo grado ha, inoltre, ordinato la confisca e la devoluzione all’erario della somma di denaro in sequestro, atteso che lo stesso era detenuto dall’imputato proprio nel momento in cui avveniva il trasporto di droga e quindi, le circostanze del ritrovamento della somma, nonche’ il complessivo importo della stessa, consentivano di affermare che il denaro fosse collegato all’attivita’ di spaccio.
Il Tribunale ha disposto, infine, la confisca e la vendita dell’autovettura in sequestro, in quanto intestata all’imputato e modificata per l’occultamento dello stupefacente (dal verbale, infatti, emerge che vi era stata una modifica del vano portaoggetti).
2. – Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di ricorso, la difesa censura la violazione dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis e articolo 240 c.p., in punto di confisca dell’autovettura.
Secondo la difesa, il giudice ha errato nel disporre la confisca dell’auto in quanto la sostanza e’ stata ritrovata nel vano portaoggetti della macchina dove nessuna modifica era stata effettuata; infatti, la Polizia stradale non avrebbe prodotto fotografie o altri elementi in tal senso. Secondo la difesa, neppure l’imputazione menzionava tale modifica, limitandosi ad affermare che la sostanza era nascosta nel vano portaoggetti.
2.2. – Con un secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis e articolo 240 c.p., in punto di confisca della somma di denaro.
A parere della difesa, il Gip avrebbe confiscato il denaro sequestrato ritenendo che la circostanza che l’imputato possedesse il denaro nel momento in cui deteneva la sostanza stupefacente fosse la prova che lo stesso fosse collegato all’attivita’ di spaccio; nesso in realta’ non sussistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso e’ inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di ricorso, riferito alla confisca del veicolo, e’ inammissibile.
Preliminarmente e’ opportuno richiamare la giurisprudenza di questa Corte relativa alla confisca di autovettura utilizzata per il trasporto di stupefacente destinata allo spaccio secondo cui e’ necessario un collegamento stabile con l’attivita’ criminosa, che esprima con essa un rapporto funzionale (ex plurimis, sez. 6, n. 24756 del 1/03/2007, Muro Martinez Losa, Rv. 236973; Sez. 4, n. 43937 del 20/09/2005, Curraj, Rv. 232732), collegamento desumibile anche dall’impiego di manipolazioni, di particolari accorgimenti insidiosi o di modifiche strutturali al mezzo, strumentali per l’occultamento o il trasporto di droga (ex multis, sez. 4, n. 13298 del 30/01/2004, Pani, Rv. 227886; Sez. 6, n. 34088 del 06/07/2003, Lomartire, RV. 226687; Sez. 4, n. 9937 del 29/02/2000, Iliadis, Rv. 217376), non rilevando in tal caso l’eventualita’ che tali oggetti conservino anche la funzionalita’ originaria e restino utilizzabili per finalita’ non delittuose (Sez. 6, n. 1158 del 08/07/2004, Sulika, Rv. 229983).
Nel caso di specie, a fronte delle generiche censure della difesa, deve rilevarsi come emerga con chiarezza, dal verbale di sequestro e dall’imputazione, la modifica effettuata al vano portaoggetti usato per occultare lo stupefacente oggetto di sequestro.
3.2. – Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla confisca della somma di denaro, e’ inammissibile per genericita’.
La difesa si limita, sul punto, a formulare mere asserzioni, che non tengono conto del chiaro nesso tra il denaro e il reato, in considerazione della significativa circostanza del rinvenimento del denaro stesso in possesso del ricorrente nel momento del trasporto della droga.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
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