Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3409.

La massima estrapolata:

Non produce alcun effetto di revoca dei benefici dell’agevolazione l’acquisto di “prima casa” con indicazione in atto di un valore catastale inferiore a quello che risulterebbe applicando gli ordinari criteri di legge. Questo in quanto l’errata indicazione del dato formale non assume valenza sostanziale e l’Amministrazione potrà comunque determinare in via definitiva la base imponibile conseguente alla corretta determinazione della rendita e poi riscuotere la differenza di imposta.

Ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3409

Data udienza 20 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 24294-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 128/2014 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA, depositata il 24/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/11/2018 dal Consigliere Dott.ssa CASTORINA ROSARIA MARIA.

RITENUTO IN FATTO

Con atto registrato il 3.7.2009 (OMISSIS) acquistava una porzione di immobile in Orvieto con atto di compravendita nel quale chiedeva l’applicazione delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa nonche’ che la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, fosse costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 52, commi 4 e 5, in Euro 81.000,00, indipendentemente dal corrispettivo pattuito.
All’esito del controllo l’Agenzia delle entrate notificava un avviso di rettifica e liquidazione d’imposta con sanzioni con il quale veniva riscontrato che il fabbricato acquistato al momento del rogito era fornito solo di rendita catastale cd “proposta” ai sensi del Decreto Ministeriale n. 701 del 1994e che alla richiesta di tassazione sulla base imponibile ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 52, commi 4 e 5, non era stata aggiunta la cd richiesta di valutazione automatica, prevista dal Decreto Legge n. 70 del 1988, articolo 12 e successive modificazione.
Impugnato l’avviso, la CTP di Terni, con sentenza n. 106/02/12 accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando dovute le sole imposte, con sanzioni ed interessi, relative all’intervenuta maggiorazione di rendita dell’immobile compravenduto.
La CTR dell’Umbria, con sentenza n. 128/04/14 depositata il 24.2.2014 respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di impugnazione.
Il contribuente resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia delle entrate assume violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articoli 51 e 52, in combinato disposto con il Decreto Legge n. 70 del 1988, articolo 12 e della L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 497, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto che trattandosi di vendita di immobile provvisto di rendita catastale “proposta”, la parte poteva avvalersi della cd “valutazione automatica” anche senza invocare espressamente l’applicazione dell’articolo 12 citato.
2. La censura non e’ fondata. La singolarita’ della vicenda non giustifica la rimessione alla pubblica udienza giacche’ la soluzione cui il collegio ritiene di pervenire richiede la applicazione di principi interpretativi collaudati.
Il Testo Unico 26 aprile 1986, n. 131, articolo 52, comma 4, prevedeva un parametro di riferimento valutativo automatico. La norma citata disponeva infatti che “non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, ne’ i valori o corrispettivi della nuda proprieta’ e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli articoli 47 e 48….(omissis)”. Successivamente, con decreto ministeriale 11 novembre 1989, questi moltiplicatori sono stati elevati rispettivamente a settantacinque volte per i terreni e a 100 volte per i fabbricati.
3. In considerazione del fatto che non tutti i beni immobili, se pur correttamente dichiarati in catasto, risultavano iscritti negli atti catastali e a volte sono privi della rendita, il legislatore ha emanato il Decreto Legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni nella L. 13 maggio 1988, n. 154, articolo 12, comma 1, estende la facolta’ di avvalersi della “valutazione automatica” anche agli immobili ancora privi di rendita, purche’ regolarmente dichiarati in catasto. Difatti, tale particolare procedura, consente al contribuente, che ne faccia richiesta, in ordine ad un immobile non ancora censito, la determinazione della definitiva base imponibile in funzione della rendita catastale che sara’ attribuita dall’Agenzia del Territorio ed il pagamento dell’eventuale maggiore imposta dovuta, senza sanzioni, in un momento successivo all’atto di compravendita.
4. La L. 13 maggio 1988, n. 154, articolo 12, ed in particolare il comma 1, detta degli obblighi a carico di quei contribuenti che vogliono avvalersi, per la determinazione dell’imponibile dell’automatismo citato, qualora il reddito di riferimento non risulti ancora iscritto negli atti catastali. Detti obblighi consistono, ai fini che qui interessano, nella dichiarazione espressa nell’atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni portate dall’art.12 in esame e nell’allegazione alla domanda di voltura di una specifica istanza per l’attribuzione della rendita catastale, riportante gli estremi dell’atto o della dichiarazione di successione, nonche’ gli identificativi degli immobili oggetto di trasferimento.
5. Con il Decreto Legge 20 giugno 1996, n. 323, e’ stata introdotta una notevole semplificazione della procedura, consentendo al contribuente di avvalersi della “rendita proposta” elaborata tramite la procedura informatica denominata Docfa. Con l’entrata in vigore della procedura Docfa e’ divenuta obbligatoria l’immediata attribuzione di una rendita catastale proposta dal tecnico professionista incaricato in sede di accatastamento iniziale o di variazione successiva. Pertanto, a seguito di questa modifica procedurale, il sistema catastale, proprio al fine di una maggiore certezza dei rapporti giuridici e delle eventuali ripercussioni in ambito impositivo, e’ strutturato in modo tale che tutti gli immobili iscritti in catasto siano immediatamente provvisti di rendita catastale. L’alternativa possibile con riferimento al singolo immobile iscritto sara’ unicamente che ci sia stata attribuzione di rendita definitiva o attribuzione di rendita proposta da un tecnico professionista in attesa di conferma o rettifica a cura dell’Ufficio.
In conseguenza di questa evoluzione del sistema catastale, nel contesto dell’articolo 12 e’ stato introdotto il comma 2-bis in forza del quale, relativamente agli immobili con rendita proposta, la cd. valutazione automatica veniva subordinata unicamente alla dichiarazione in atto di volersene avvalere.
6. L’esigenza di fare emergere i corrispettivi reali, anche agli effetti dell’accertamento delle imposte sui redditi, ha determinato il legislatore a compiere una ulteriore modifica nella disciplina sostanziale dell’imposta di registro introducendo il cd. prezzo-valore quale sistema opzionale di determinazione della base imponibile.
Ed infatti, con la L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 497, si e’ disposto che “in deroga alla disciplina di cui all’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d), u.p., per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attivita’ commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e’ costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi del citato testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, dell’articolo 52, commi 4 e 5, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito”.
E’ evidente che la disciplina del cd. prezzo-valore e’ incentrata sul presupposto che l’immobile sia fornito di una rendita rispetto alla quale operare la determinazione del valore.
Il punto da analizzare e’ dunque se il sistema del prezzo valore trovi applicazione anche con riferimento agli immobili con attribuzione di rendita proposta con la procedura Docfa.
7. Secondo l’attuale sistema catastale la rendita “proposta” dal tecnico professionale appare visualizzabile con la dicitura rendita “non definitiva” per mancato decorso del termine annuale. L’immobile cui e’ riconducibile una rendita con tale indicazione e’ in concreto munito di una rendita che solo eventualmente sara’ rettificata dagli Uffici competenti.
Sembra, pertanto, poco coerente con la ratio della riforma introdotta con il regime del prezzo-valore non ammettere che anche gli immobili con attribuzione di rendita non definitiva possano in se’ accedere a tale regime.
8. Nell’ottica di tale ricostruzione per l’accesso al beneficio appare superflua – laddove l’immobile acquistato sia fornito della sola rendita catastale “proposta” nelle forme del Decreto Ministeriale n. 701 del 1994 e pertanto non risulti ancora “validata” – la domanda di attribuzione della rendita catastale secondo quanto continua a disporre il Decreto Legge n. 70 del 1988, articolo 12, comma 2-bis.
Detta ultima norma stabilisce – come gia’ evidenziato – che per gli immobili forniti di rendita catastale solo proposta ai fini della valutazione automatica di cui al TUR, articolo 52, comma 4, il contribuente debba formulare apposita istanza di attribuzione di rendita catastale nell’atto.
Ritiene il Collegio irrilevante l’osservanza del regole formali stabilite dall’articolo 12, comma 2-bis citato se alla cessione dell’immobile abitativo, fornito di rendita solo proposta e non validata, si accompagni, come nella specie, la richiesta di applicazione del “prezzo-valore”.
9. La L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 497, e’ norma successiva rispetto a quella del Decreto Legge n. 70 del 1988 e soprattutto e’ espressione di un sistema di regole piu’ ampio, che supera il limite formale segnato dalla norma del Decreto Legge 70 del 1988, articolo 12, comma 2-bis. La circostanza che nell’atto di cessione si faccia richiesta di applicazione del meccanismo del “prezzo-valore” infatti deve intendersi essa stessa quale richiesta di attribuzione della rendita catastale (che diverra’) definitiva.
10. Si osservi che il Decreto Legge n. 223 del 2006 ha aggiunto al TUR articolo 52, comma 5-bis, il quale ha previsto che “le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dalla L. n. 266 del 2005, articolo 1, comma 497”.
In base a tale norma un atto per il quale e’ stato richiesto il prezzo valore potra’ essere oggetto di rettifica fiscale esclusivamente in quattro distinte ipotesi: mancata indicazione di corrispettivo, occultazione di corrispettivo, mancata attestazione delle somme pattuite e errata liquidazione in base alla rendita.
Mentre la mancata indicazione in atto del corrispettivo e l’occultazione del corrispettivo determineranno la decadenza dal regime e la mancata attestazione delle somme comportera’ la decadenza dal regime se il corrispettivo e’ inferiore al valore, nell’ipotesi di errata liquidazione del valore in base alla rendita, non si verifichera’ la decadenza dal regime, ma la riliquidazione del valore.
Pertanto, l’indicazione in atto di un valore catastale per ipotesi inferiore a quello tabellare’, e cioe’ inferiore a quello che risulterebbe applicando gli ordinari criteri di legge non costituisce causa d’impedimento all’accesso al beneficio di che trattasi.
Anche l’AF con risoluzione 9 luglio 2009, n. 176/E, ha rilevato la idoneita’ della mera richiesta di applicazione del prezzo-valore e la irrilevanza della individuazione del valore esposto in atto per dichiarazione della parte acquirente, nel segno di un processo culturale di valorizzazione in senso sostanziale delle regole applicabili.
A una conclusione diversa potrebbe pervenirsi solo attribuendo al dato formale, della necessaria richiesta in atto della attribuzione di rendita ai sensi dell’articolo 12, una valenza sostanziale cosi’ ignorando un quadro giuridico radicalmente mutato, rispetto al tempo in cui detta previsione e’ stata introdotta.
La definitiva determinazione della rendita influira’ sulla determinazione della base imponibile, e quindi legittimera’ l’ufficio a riscuotere la differenza di imposta, se la rendita definitivamente attribuita risultera’ maggiore di quella presunta o proposta, assunta in un primo momento ai fini della tassazione.
Essendo il valore catastale definitivo “base imponibile” – l’ufficio dovra’ riscuotere unicamente l’imposta calcolata sulla differenza tra il valore originariamente tassato e quello successivamente determinato, con i relativi interessi, ma senza penalita’, e soprattutto senza che rilevi, anche in questo caso, il maggiore corrispettivo pattuito o valore reale dichiarato.
La sentenza della CTR appare dunque corretta.
Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2300,00 oltre accessori e rimborso spese generali.

Avv. Renato D’Isa

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