Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7007.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

L’accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes, si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione, nel caso in cui la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra.

Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7007. Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Data udienza 6 marzo 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Assicurazione danni RC – Responsabilità medica – Interpretazione del contratto di assicurazione – Particolare rilevanza delle dichiarazioni precontrattuali dell’assicurato.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere Rel.

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al 4506-2022 R.G. proposto da

Ri. NATIONAL INSURANCE COMPANY (EUROPE) LIMITED, (…), nella persona dei rispettivi rappresentanti indicati in atti, rappresentati e difesi dall’avvocato DI. MA. AN., presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;

– ricorrente –

nonché sul ricorso proposto da

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI A S L , nella persona del rappresentante indicato in atti, rappresentata e difesa dall’avvocato VE. CL., presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;

– ricorrente in via incidentale –

– resistente al ricorso principale –

contro

Co.Gu., rappresentato e difeso dall’avvocato PA. PI. MA., presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;

– controricorrente ad entrambi i ricorsi –

Di.To., rappresentato e difeso dall’avvocato PA. AN., presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;

– controricorrente al ricorso della Asl –

nonché contro

Re. MUTUA ASSICURAZIONI, Pa.Lu., An.Se., To.Fe.

– intimati –

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

FATTI DI CAUSA

1. Pa.Lu. e Sp.An., in qualità di figlio e moglie e, come tali, eredi e prossimi congiunti di Pa.Ga., deceduto il 2-6-2004 presso il presidio ospedaliero di P (ove era stato trasferito dall’Ospedale di T , nel quale era stato sottoposto, tra l’1-4-2004 ed il 28-5-2004, a sei interventi chirurgici), dopo essersi costituiti come parti civili nel procedimento penale n. 531-08 R.G.N.R. (svoltosi davanti al Tribunale di Avezzano nei confronti, tra altri, di An.Se., Co.Gu., To.Fe. e Di.To. e conclusosi con sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato di omicidio colposo), instauravano un giudizio civile nei confronti dei suddetti medici in servizio, all’epoca dei fatti, presso l’Ospedale di A e nei confronti della Asl A -S -L , chiedendo la condanna solidale dei convenuti al risarcimento sia dei danni patiti dal loro dante causa, sia di quelli a essi conseguiti in proprio per la perdita del rapporto parentale con il prossimo congiunto.

La Asl ed il To.Fe. chiamavano in causa, per esserne manlevati in forza di contratti di assicurazione della responsabilità civile, rispettivamente la Qbe Insurance (Europe) ltd e la Re. Mutua di Assicurazioni.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Di.To. contestava la domanda attorea e in via subordinata, senza effettuare alcuna chiamata in causa, avanzava domanda di manleva nei confronti della stessa Qbe.

La Asl spiegava altresì (anche mediante apposito atto di chiamata in causa), nei confronti degli altri convenuti, domanda riconvenzionale trasversale, onde essere da essi tenuta indenne, in caso di accoglimento della domanda attorea e previo accertamento e graduazione delle responsabilità a ciascuno ascrivibili.

Anche l’An.Se. chiedeva, in via subordinata, l’accertamento del grado di responsabilità di ciascuno dei convenuti, mentre il Co.Gu. domandava, subordinatamente al rigetto della domanda attorea, che la Asl fosse condannata in via esclusiva, tenendo indenni i propri dipendenti medici convenuti, al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Avezzano con sentenza non definitiva (più correttamente: parziale) n. 833-2016, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione e la giurisdizione della Corte dei Conti sulla domanda proposta dalla Azienda Unità Sanitaria Locale nei confronti di An.Se., Di.To., Co.Gu. e To.Fe.; e, regolate le spese processuali tra le suddette parti, disponeva per la prosecuzione del giudizio con separata ordinanza, nella cui motivazione rilevava in premessa la inammissibilità, perché proposte con comparse di costituzione tardivamente depositate, delle “domande riconvenzionali” avanzate dai convenuti Co.Gu., nei confronti della Asl, e Di.To., nei confronti della Qbe.

Deceduta l’attrice Spoletini, il giudizio veniva proseguito dall’ulteriore attore, anche quale erede di quest’ultima.

La causa veniva istruita con produzioni documentali, prove orali ed espletamento di CTU medico-legale.

Il Tribunale di Avezzano con sentenza n. 667-2018, dato atto dell’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza parziale:

– dichiarava l’inammissibilità della domanda riconvenzionale spiegata da Co.Gu. nei confronti della ASL; ciò in quanto Co.Gu. si era costituito il 12-11-2015, tardivamente ex art. 167 c.p.c., sicché la “domanda riconvenzionale cd. trasversale” da lui spiegata nei confronti della Asl era inammissibile;

– dichiarava l’assenza di copertura assicurativa da parte di QBE Insurance; ciò in quanto il contratto di assicurazione stipulato tra la Asl e la Qbe Insurance aveva “durata 31 luglio 2007-31 luglio 2010” e copriva, in base a clausola claim’s made, i “fatti colposi verificatisi in epoca non anteriore al 30 settembre 2001”, con esclusione della garanzia “per i danni derivanti da circostanze o fatti già noti al contraente o agli assicurati”, tra cui rientrava quello di specie, giacché – pur avendo la Asl dimostrato di avere ricevuto la prima richiesta di risarcimento il 12-3-2009 e di avere tempestivamente inoltrato la denunzia di sinistro – risultava che essa avesse “avuto contezza dell’esistenza dei presupposti per l’applicazione della copertura assicurativa con il sequestro disposto in data 5 giugno 2004 dalla Procura della Repubblica di Pescara delle cartelle cliniche del Pa.Ga. eseguito dai Carabinieri della Stazione di T presso il nosocomio di quel centro ed alla presenza di Bu.St. dirigente della direzione sanitaria”, sicché, “vertendosi in un’ipotesi di danno anteriore alla sottoscrizione della polizza, l’eccezione sollevata dalla compagnia di assicurazione deve trovare accoglimento”;

– accoglieva la domanda proposta nei confronti di ASL di A, S e L e di Co.Gu. (medico che aveva eseguito gli interventi chirurgici sul Pa.Ga. e lo aveva seguito nel corso dei ricoveri presso il presidio ospedaliero di A); e, per l’effetto, condannava le predette parti convenute al pagamento in favore di Pa.Ga., in proprio e nella qualità di erede dei defunti genitori, della somma complessiva di Euro 381.280 (importo corretto, con successiva ordinanza depositata il 14-1-2019, in Euro 461.280) oltre interessi e rivalutazione;

– rigettava la domanda nei confronti degli altri convenuti; Ciò in quanto doveva escludersi che gli altri medici convenuti avessero svolto un qualche ruolo concausale nel dinamismo eziologico che aveva condotto al decesso del paziente;

– condannava i convenuti ASL e Co.Gu. alla rifusione in favore dell’attore Pa.Lu. delle spese di lite; mentre compensava integralmente tra tutte le parti le spese di lite; e poneva le spese di CTU definitivamente a carico dei convenuti ASL e Co.Gu. in solido fra di loro. Ciò in quanto le spese processuali andavano regolate secondo soccombenza (e liquidate “attenendosi ai valori medi di liquidazione di cui alla Tabella A del DM 55 del 10 marzo 2014 stimato secondo i parametri di cui al predetto decreto con applicazione dei valori medi ridotti nel limite del 50%) nel rapporto tra gli attori ed i convenuti ritenuti responsabili del danno, mentre andavano interamente compensate “negli altri rapporti tra le parti in causa … alla luce della particolarità della controversia e delle questioni poste a fondamento della decisione nonché delle ragioni del coinvolgimento dei medici a seguito del giudizio penale”.

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2. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello principale il Co.Gu., il quale ne chiedeva la riforma totale o parziale, articolando motivi di censura sintetizzabili come segue: a) “inesistenza o quanto meno nullità per violazione del combinato disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.” del capo che aveva dichiarato inammissibile la “domanda riconvenzionale” proposta contro la Asl, non essendo possibile evincere dalla sentenza “il fatto ritenuto rilevante ai fini della decisione” e “le ragioni giuridiche” di quest’ultima; a1) nullità del medesimo capo per “omissione di pronuncia” e “violazione dell’art. 112 c.p.c.”, b) erroneità della interpretazione del contratto di assicurazione intercorso tra la Asl e la Qbe (a garanzia anche della responsabilità civile dei medici dipendenti della prima) posta a base dell’accertamento di “mancanza di copertura assicurativa”, c) erroneità dell’accoglimento della domanda attorea, in quanto basato su una CTU affidata ad uno specialista in medicina legale con esperienze di pronto soccorso (e non anche ad uno specialista in chirurgia generale con esperienza di tecnica chirurgica) e su argomentazioni e conclusioni della stessa (peraltro escludenti un “rapporto diretto” tra la condotta dei sanitari e l’esito finale della “storia sanitaria del Pa.Ga.”) non condivisibili; d) erroneità della sentenza nella parte in cui, pur avendo liquidato in valori attuali, mediante il ricorso a tabelle aggiornate al 2018, i danni non patrimoniali riconosciuti iure proprio in favore dei congiunti del Pa.Ga., aveva poi disposto – rinviando a quanto statuito in relazione al danno biologico terminale, tuttavia liquidato in valori riferiti alla data dell’evento – la rivalutazione degli importi dal 2-6-2004; e) erroneità della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto “esenti da ogni responsabilità tutti gli altri medici convenuti”.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello incidentale la Asl A -S – L , la quale – oltre a resistere all’appello principale del Co.Gu. nella parte in cui censurava la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale tardivamente avanzata e oltre ad aderire, invece, ai motivi di appello principale rivolti contro l’accoglimento della domanda attorea e contro il riconoscimento della rivalutazione monetaria sull’importo risarcitorio liquidato in valori attuali – censurava a sua volta la sentenza definitiva: a) nella parte in cui aveva respinto la domanda attorea nei soli confronti dei dottori An.Se. e To.Fe. (mentre faceva acquiescenza nei confronti del rigetto della domanda svolta in primo grado nei confronti del dott. Di.To.); b) nonché nella parte in cui aveva dichiarato l’assenza di copertura assicurativa da parte della QBE Insurance ed aveva conseguentemente rigettato la domanda di manleva formulata dalla stessa Asl.

Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello incidentale l’attore in prime cure, che – oltre a resistere agli appelli principale ed incidentale nelle parti rivolte contro l’accoglimento della propria domanda (sulla scorta di conformi conclusioni di ben tre diverse consulenze tecniche) e nel precisare di non avere intenzione di impugnare le statuizioni di rigetto della domanda stessa nei confronti degli ulteriori medici inizialmente convenuti – censurava la sentenza nella sola parte in cui aveva ingiustificatamente dimezzato, rispetto ai compensi medi previsti dal D.M. n. 55 del 2014, l’ammontare delle spese processuali liquidate in suo favore.

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Si costituivano nel giudizio di appello anche:

– il Di.To. per sostenere la correttezza della sentenza impugnata che aveva rilevato la sua completa estraneità alla vicenda oggetto del giudizio, salvo nella parte in cui essa aveva, senza che ricorressero gravi ed eccezionali motivi, compensato integralmente le spese processuali;

– l’An.Se., che si limitava a resistere agli appelli, senza reiterare la richiesta svolta in prime cure di graduazione delle diverse, eventualmente concorrenti, responsabilità risarcitorie dei vari convenuti;

– il To.Fe. e la Re. Mutua di Assicurazione, che:

in via preliminare, sostenevano l’inammissibilità, ex art. 345 c.p.c., della domanda di graduazione delle responsabilità avanzata dal Co.Gu. solo con l’atto di appello e dell’analoga richiesta avanzata dalla appellante incidentale Asl (la cui domanda di rivalsa era stata rimessa ad altra giurisdizione con sentenza non impugnata e dunque passata in giudicato) e la conseguente inammissibilità (per carenza di interesse) dei motivi dell’appello principale e di quello incidentale concernenti il rigetto della domanda nei confronti degli ulteriori medici convenuti;

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nel merito, comunque, resistevano agli appelli medesimi, formulando conclusioni con le quali domandavano anche la condanna degli appellanti ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Non si costituiva invece la Qbe Insurance (Europe) ltd, essendosi costituita, mediante atto di intervento e nella qualità di successore della stessa nel rapporto controverso, la Ri. National Insurance Company (Europe) ltd., la quale resisteva agli appelli principale ed incidentale (sostenendo la correttezza della decisione di esclusione della copertura assicurativa – basata anche sul rilievo, esplicitato in sentenza, che fosse stata proprio la Asl a comunicare, nel novembre 2004, “al Pubblico Ministero procedente i nominativi dei medici sottoposti a procedimento penale”) e riproponeva l’eccezione di decadenza dell’assicurato dal diritto all’indennizzo ai sensi dell’art. 1892 c.c. e dell’art. 1.1 delle condizioni normative di polizza, in conseguenza delle dichiarazioni inesatte e-o reticenti fornite all’assicuratore su circostanze rilevanti ai fini dell’assunzione del rischio (in particolare sulla pendenza del procedimento penale in relazione al decesso di Pa.Ga.). Ribadiva infine che “la garanzia descritta è prestata fino alla concorrenza, per capitali, interessi e spese del massimale di polizza pari alla somma di Euro 6.100.000,00 per sinistro, con il limite di Euro 6.100.000,00 per ogni persona e di Euro 6.100.000,00 per danni a cose e-o animali relativamente alla garanzia RCT e di Euro 5.000.000,00 per ogni sinistro con il limite di Euro 2.500.000,00 per ogni persona per la garanzia RCO” e che l’art. 2.12 del contratto limitava ad Euro 25.000.000,00 gli importi complessivi indennizzabili, per anno assicurativo.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

La Corte territoriale – dopo aver con ordinanza del 24 aprile 2019 rigettato l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata – con sentenza n. 422-2022 parzialmente riformava la sentenza del giudice di primo grado in quanto:

– riteneva l’appello principale del Co.Gu. e quello incidentale della Asl, in parte inammissibili e infondati ed in parte, invece, fondati,

– riteneva interamente fondato l’appello incidentale di Pa.Lu.;

– non ravvisava appello incidentale nella comparsa di costituzione dell’appellato Di.To., il quale espressamente escludeva, nella dichiarazione ex art. 14 D.P.R. 15 del 2002, la propria volontà di proporre appello incidentale, pur avendo conclusivamente chiesto la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del primo grado di giudizio.

3. Avverso la sentenza della corte territoriale proponevano impugnazione, con due distinti ricorsi (il secondo dei quali da qualificarsi incidentale per il principio della concentrazione delle impugnazioni avverso la medesima sentenza), la compagnia (…) e Ri. National Insurance Company (Europe) ltd, quale successore a titolo particolare nel rapporto della prima, nonché la Asl A -S – L .

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

L’Asl ha resistito con controricorso ai primi due motivi del ricorso proposto dalla Qbe.

Ad entrambi i ricorsi ha resistito con due distinti controricorsi il Co.Gu., mentre il Di.To. ha resistito soltanto al ricorso proposto dalla Asl S – A – L .

Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre il Difensore dei controricorrenti Co.Gu. e Di.To. hanno depositato memorie a sostegno dell’accoglimento delle conclusioni rispettivamente formulate.

Il Collegio si è riservato di depositare la motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Per meglio comprendere i motivi di ricorso, occorre preliminarmente ripercorrere il contenuto della sentenza impugnata.

1.1. La corte territoriale:

– ha dichiarato inammissibili per difetto di interesse i motivi di appello del Co.Gu. e della Asl tesi a contestare il rigetto della domanda risarcitoria attorea nei confronti degli altri medici (diversi dal Co.Gu.) convenuti in primo grado;

– ha ritenuto infondato il primo motivo dell’appello principale del Co.Gu. avente ad oggetto la contestazione della dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale trasversale spiegata dal medesimo nei confronti della Asl a cagione della tardività del deposito di tale comparsa rispetto al termine dell’art. 167 c.p.c.. Secondo la corte, la conclusione assunta in primo grado dal Co.Gu., in via subordinata rispetto al rigetto della domanda risarcitoria perorato in via principale (“dichiarare la Asl tenuta a corrispondere quanto di giustizia … tenendo indenni tutti i convenuti medici dipendenti della struttura pubblica”), integrava infatti non una mera difesa, bensì o una vera e propria domanda riconvenzionale (ove la si intenda tesa ad escludere la solidarietà nei confronti dei danneggiati) ovvero una domanda cd. trasversale (ove, più conformemente alla sua formulazione, la si intenda – come la ha intesa la sentenza impugnata – tesa ad ottenere l’accertamento della responsabilità esclusiva della Asl nei rapporti interni tra condebitori solidali), tale essendo solitamente qualificata quella proposta da un convenuto nei confronti di un altro convenuto nel medesimo giudizio. Simile domanda, tradizionalmente equiparata a quella riconvenzionale e sottoposta ai medesimi limiti di ammissibilità (si vedano ad esempio Cass. 12558-1999; 6846-2017), è stata dalla più recente giurisprudenza di legittimità ricondotta – quanto meno allorché il convenuto che la proponga intenda essere garantito da altro convenuto – alla disciplina della chiamata in causa (Cass. ord. 12662-2021), secondo cui la proponibilità della domanda trasversale è subordinata alla istanza di differimento della prima udienza, ex art. 269 c.p.c., da avanzare “con la comparsa di risposta tempestivamente depositata” ed alla successiva “notifica della citazione nell’osservanza dei termini di rito”);

– ha ritenuto parimenti infondato il motivo dell’appello principale del Co.Gu. (cui ha aderito la Asl) teso a censurare l’accoglimento della domanda risarcitoria attorea, avendo ritenuto condivisibili gli argomenti spesi dal giudice di primo grado per individuare la responsabilità del sanitario e, conseguentemente, quella dell’Azienda.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

1.2. Inoltre, la corte territoriale ha ritenuto fondati i motivi dell’appello principale del Co.Gu. e dell’appello incidentale della Asl rivolti contro l’accertamento della inoperatività della copertura assicurativa derivante dal contratto stipulato dalla QBE (alla quale è succeduta la Ri. National Insurance Company (Europe) Limited).

Al riguardo, la corte territoriale (pp. 28 ss.) – dopo aver premesso che detto contratto era stato stipulato a copertura della responsabilità civile della contraente e degli altri assicurati, con obbligo della assicuratrice di tenere costoro indenni da quanto fossero stati tenuti a pagare a titolo di risarcimento (per capitale, interessi e spese) per danni involontariamente cagionati a terzi per morte e lesioni in conseguenza di fatti verificatisi in data non anteriore al 30 settembre 2001, in relazione ai quali la richiesta di risarcimento fosse stata “presentata all’assicurato per la prima volta” tra il 31 luglio 2007 ed il 30 agosto 2010 – da un lato, ha ritenuto non ricorrere la ipotesi di esclusione della copertura assicurativa contemplata nell’art. 2.6 (delle condizioni generali di garanzia); e, dall’altro, ha ritenuto nella specie non operante la decadenza eccepita dalla compagnia dal diritto all’indennizzo ai sensi dell’art. 1.1 delle condizioni normative di polizza e dell’art. 1892 c.c., in conseguenza di dichiarazioni inesatte e-o reticenti fornite all’assicuratore su circostanze rilevanti ai fini dell’assunzione del rischio ed in particolare sulla pendenza del procedimento penale in relazione al decesso del dante causa degli originari attori in primo grado.

Sotto il primo profilo, la conclusione della corte si fonda sulle seguenti argomentazioni:

– l’art. 2.6 delle condizioni di garanzia allegate al contratto escludeva, al numero 8), dalla assicurazione i “danni derivanti da circostanze o fatti pregressi già noti al contraente e-o agli assicurati prima dell’inizio della presente assicurazione … per circostanze o fatti pregressi già noti si intendono le circostanze o i fatti dannosi di cui sia a conoscenza: la Direzione Generale, la Direzione Sanitaria, l’Ufficio Affari Legali o Assicurativi della Contraente o i casi in cui l’Assicurato abbia ricevuto un avviso di garanzia o una richiesta di risarcimento”;

– il giudice di primo grado aveva ritenuto che “la struttura sanitaria aveva avuto contezza dell’esistenza dei presupposti per l’applicazione della copertura assicurativa con il sequestro disposto in data 5 giugno 2004 dalla Procura della Repubblica di Pescara delle cartelle cliniche di Pa.Ga. eseguito dai Carabinieri della Stazione di T presso il nosocomio di quel centro ed alla presenza di Bu.St. dirigente della direzione sanitaria”, tanto che era stata la stessa “Direzione Sanitaria, in data 18 novembre 2004, a comunicare al Pubblico Ministero procedente i nominativi dei medici sottoposti al procedimento penale”;

– la clausola di esclusione in esame, interpretata nel suo complesso e nel senso più favorevole all’assicurato, come prevede l’art. 1.16 delle condizioni normative allegate al contratto, richiede, perché l’esclusione operi, la ricezione da parte di uno degli assicurati di un’informazione di garanzia (e quindi l’avvio non di un qualsiasi procedimento penale, anche contro ignoti, ma di un procedimento penale nel quale uno degli assicurati persone fisiche abbia assunto la qualità di indagato) o di una richiesta di risarcimento oppure la conoscenza da parte degli organi aziendali della contraente di “circostanze o fatti dannosi” (e non anche solo potenzialmente dannosi): cioè, in sostanza, degli elementi sufficienti a costituire illecito penale o civile imputabile ad uno degli assicurati e produttivo di un danno risarcibile;

– nella specie, il procedimento penale svoltosi presso la Procura della Repubblica di Pescara era stato iscritto contro ignoti ed il procedimento penale svoltosi presso la Procura della Repubblica di Avezzano e poi sfociato nell’esercizio dell’azione penale risultava essere stato iscritto a RGNR nell’anno 2008, ossia in data successiva a quella di sottoscrizione del contratto di assicurazione, né vi era contezza, rispetto a tale data, di antecedenti richieste risarcitorie;

– la mera comunicazione, operata dalla Asl alla Procura della Repubblica di Pescara dei “nominativi dei medici sottoposti a procedimento penale”, sottoscritta dal dirigente sanitario del presidio ospedaliero di T nulla aggiungeva, avendo ad oggetto i dati anagrafici dei sanitari che effettuarono gli interventi operatori del 22 e 26-4-2004 e che erano in servizio presso l’UO di Chirurgia Generale nel periodo di ricovero di Pa.Ga., senza che da essa risultasse la sottoposizione, all’epoca, dei medici stessi a procedimento penale in qualità di indagati;

– ancora meno significativa era la circostanza che il 5.6.2004 i Carabinieri di T abbiano proceduto presso il locale nosocomio, alla presenza di Bu.St. “dir. Direzione Sanitaria”, ad acquisire in copia (piuttosto che sequestrare) quattro cartelle cliniche relative a Pa.Ga., in quanto la sola acquisizione di cartelle cliniche non era circostanza o fatto dalla quale potesse derivare alcun danno, né poteva ritenersi veicolo idoneo a portare a conoscenza degli organi aziendali contemplati dalla clausola negoziale di esclusione della copertura assicurativa (anche volendo ammettere che a questi ultimi la direzione sanitaria ospedaliera del presidio ospedaliero di T avesse a sua volta comunicato l’avvenuta acquisizione delle cartelle e l’avvenuta comunicazione dei nominativi dei sanitari) circostanze o fatti dannosi – intesi nel senso sopra precisato -, non potendo da essa desumersi alcunché circa la effettiva o anche solo verosimile correlazione causale tra le prestazioni sanitarie documentate dalle cartelle (e rese dal personale sanitario i cui nominativi erano stati richiesti e comunicati) ed un evento dannoso peraltro verificatosi in altro ospedale ricompreso nell’ambito di una diversa Asl e tanto meno circa il carattere colposo o comunque illecito di quelle prestazioni.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Quanto poi alla eccepita decadenza dal diritto dell’indennizzo ai sensi ai sensi dell’art. 1.1 delle condizioni normative di polizza e dell’art. 1892 c.c. (in conseguenza di dichiarazioni inesatte e-o reticenti fornite all’assicuratore su circostanze rilevanti ai fini dell’assunzione del rischio ed in particolare sulla pendenza del procedimento penale in relazione al decesso di Pa.Ga.), la corte territoriale ha escluso la decadenza sulla base delle seguenti argomentazioni:

– il capoverso dell’art. 1.1. delle condizioni normative di polizza prevede che “l’omissione da parte dell’assicurato di una circostanza eventualmente aggravante il rischio” (quale deve considerarsi la pendenza di un procedimento penale contro ignoti – unica circostanza che può ritenersi nota alla Asl all’epoca della sottoscrizione del contratto – non ancora sfociata in richieste risarcitorie) “così come le inesatte e-o incomplete dichiarazioni dell’assicurato all’atto della stipulazione del contratto o durante il corso dello stesso, non pregiudicano il diritto all’indennizzo sempreché tali omissioni o inesatte dichiarazioni siano avvenute in buona fede”;

– nel caso di specie non può dubitarsi della buona fede della Asl, che, all’epoca della stipulazione del contratto, avrebbe potuto (a tutto concedere) essere a conoscenza della verosimile apertura, nel 2004, di un procedimento penale per fatti-reato non meglio individuabili nella loro oggettività e nella loro soggettiva riferibilità a proprio personale sanitario ed avrebbe comunque potuto giustificatamente ritenere, stante il non breve periodo di tempo trascorso, che quel procedimento non avesse condotto ad alcun accertamento implicante responsabilità risarcitoria propria o di propri dipendenti;

– ancor meno ravvisabili sono i presupposti cui l’art. 1892 c.c. subordina il diritto dell’assicuratore di sottrarsi al pagamento dell’indennizzo in caso di sinistri verificatisi prima della conoscenza della inesattezza o reticenza, giacché tale diritto richiede la simultanea ricorrenza di tre condizioni, della cui prova è onerato l’assicuratore: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore; c) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave, nel caso di specie non sussistenti.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

In definitiva, la corte territoriale ha accolto la domanda di manleva svolta dalla Asl , con condanna della compagnia a tenere indenne la suddetta contraente ed assicurata da quanto essa abbia corrisposto o debba corrispondere a Pa.Lu.

1.3. Infine, quanto alle spese processuali, per ciò che qui interessa (p. 35-36), la corte territoriale ha così statuito:

– nei rapporti processuali tra Co.Gu. ed Asl , da un lato, e la società assicuratrice (da quest’ultima chiamata in causa in primo grado) e suo successore a titolo particolare (intervenuto nel giudizio di appello), dall’altro: l’esito della controversia, risultante dalla sentenza di appello, vedeva soccombenti le società assicuratrici, che andavano dunque solidalmente condannate a rimborsare le spese di entrambi i gradi di giudizio sia del Co.Gu. che della Asl;

– nei rapporti processuali tra Co.Gu. ed Asl , da un lato, e gli ulteriori (da entrambi) appellati An.Se., To.Fe., Di.To. e Re. Mutua di Assicurazioni, dall’altro, dovevano essere regolate – in assenza di qualsiasi riforma della sentenza impugnata (nelle parti relative ai rapporti in questione) – le sole spese del grado d’appello, le quali – liquidate, in favore di ciascuno degli appellati, come in dispositivo secondo i già esposti criteri – andavano poste a carico solidale dei soccombenti appellanti, principale ed incidentale (peraltro, delle spese liquidate in favore di Di.To. doveva essere disposta la distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario);

– quanto al rapporto processuale reciproco tra Co.Gu. e Asl , la reciproca soccombenza giustificava la integrale compensazione delle spese del grado di appello.

2. La Ri. National Insurance Company (Europe) Limited e la (…), società di diritto inglese con Rappresentanza Generale in Milano, articolano in ricorso tre motivi.

2.1. Con il primo motivo dette ricorrenti, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciano violazione e-o falsa applicazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362-1363-1365-1366-1367-1369 c.c., nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto l’operatività della garanzia sulla base di una lettura non sistematica, atomistica, ed anche contra litteram della polizza azionata, peraltro omettendo di esplicitare i criteri ermeneutici che hanno orientato tale interpretazione.

Sostengono che per fatti o circostanze dannose – nel contesto complessivo del contratto e considerando la presenza della clausola 2.1., che prevede la garanzia in regime di claims made (e, quindi, estende la possibilità del risarcimento anche ai fatti pregressi) – non può che intendersi fatti o circostanze potenzialmente forieri di responsabilità e di sinistri – richieste di risarcimento.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Sostengono altresì che la corte territoriale, laddove non fosse incorsa nel vizio denunciato, avrebbe ritenuto che l’Asl aveva tutti gli elementi per cogliere l’alta probabilità dell’ingenerarsi di un sinistro e, quindi, per escludere dalla copertura assicurativa quello per cui è ricorso, riconoscendo conseguentemente il suo legittimo rifiuto alla corresponsione dell’indennizzo ed accogliendo l’eccezione di inoperatività della polizza.

Sostengono infine che la corte di merito, per effetto della interpretazione data alla clausola 2.6.8, ha ridotto il fatto noto ad un rischio già concretizzatosi, ha vanificato la clausola 2.1 ed ha consentito che la garanzia operasse, a dispetto della volontà delle parti, anche quando l’Assicurato avesse avuto modo di prevedere l’insorgenza di un claim (come era avvenuto nel caso di specie a fronte del sequestro delle cartelle cliniche e della comunicazione agli inquirenti del nominativo dei medici coinvolti).

2.2. Con il secondo motivo, articolato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, parte ricorrente denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., co. 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., in relazione anche all’art. 1892 c.c., nella parte in cui la corte territoriale è incorsa in grave anomalia motivazionale derivante dal contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, da motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile e da motivazione apparente.

Si duole che la corte territoriale, nel rigettare l’eccezione di decadenza (e, quindi, di inoperatività della garanzia), ha presupposto sussistere la buona fede del contraente nel non aver riferito circostanze di fatto note circa la pendenza del procedimento penale a carico dei medici e, riportandosi alla medesima motivazione, ha rigettato anche l’eccezione di inoperatività della garanzia ex art. 1892 c.c.

Sostiene che la semplice dovuta lettura delle cartelle cliniche consegnate agli inquirenti in forma conforme, recanti specifiche circostanze (sottoposizione a sei interventi presso struttura di competenza dell’Asl, trasferimento presso nosocomio estraneo all’ambito territoriale della medesima Asl in un reparto di rianimazione, già in stato di shock settico, tanto da decedere da lì a poche ore), avrebbe dovuto consentire all’assicurato e ai suoi organi (esperti in responsabilità medica) di rilevare con facilità la potenziale sinistrosità del caso e, secondo buona fede oltre che ai sensi dell’art. 1892 c.c., di essere pienamente in grado e in dovere di riferirla all’Assicuratore al momento della stipula della polizza.

Osserva che è dato di comune esperienza per le strutture sanitarie, soprattutto pubbliche, che: a) ogni procedimento penale per responsabilità medica inizia con l’indagine della struttura presso cui è avvenuto il decesso per risalire poi agli autori del fatto; b) quando la Procura chiede i nominativi dei sanitari che hanno eseguito prestazioni mediche, si sta indagando su tali prestazioni; c) tutto ciò consegue ad una denuncia querela, che di per sé attesta l’intento della persona offesa di perseguire coloro che ritiene responsabili di un illecito penale e che è sempre accompagnata dalla riserva di costituzione di parte civile.

In definitiva, l’ordinaria diligenza richiesta ad una struttura sanitaria pubblica, che affronta decine di casi l’anno di pretesa malpractice sanitaria, ed è per tale motivo dotata di organi competenti con fini istruttori doveva necessariamente condurre nel caso di specie a percepire la concreta possibilità che degli eventi occorsi nel periodo di retroattività concessole, sarebbe pervenuta una azione risarcitoria.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

2.3. Con il terzo motivo, articolato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c. parte ricorrente denuncia violazione e-o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nella parte in cui la corte territoriale ha condannato esse società ricorrenti alla refusione delle spese di lite del convenuto Dott. Co.Gu., nonostante la domanda di manleva avanzata da questi nei loro confronti sia stata ritenuta tardiva.

Sostiene che, se si considera come soccombente la parte che con il suo comportamento ha dato causa alla lite giudiziaria, rendendo necessario l’accertamento giudiziale, nessuna soccombenza avrebbe dovuto essere ravvisata nel rapporto giudiziale tra essa compagnia e il Dott. Co.Gu. “reso oggetto di una domanda proposta solo in appello e, in quanto tale, inammissibile e-o improcedibile.

3. La Asl A -S – L articola in ricorso quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., l’Asl denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma primo c.p.c. nella parte in cui (p. 36 e punto 7 del dispositivo) la corte territoriale l’ha condannata al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di appello nei confronti del Di.To., distraendole a favore dell’Avv. An. Pa.

Osserva che la corte territoriale tanto ha disposto sul presupposto che essa fosse risultata soccombente nei confronti del Di.To., senza tuttavia considerare che essa non aveva svolto alcuna domanda nel giudizio di appello nei confronti del Di.To. in sede di comparsa di costituzione e risposta.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

3.2. Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., l’Asl denuncia la nullità della sentenza in conseguenza della violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma primo c.p.c. nella parte in cui (p. 36 e punto 7 del dispositivo) la corte territoriale l’ha condannata al pagamento delle spese di lite relative al giudizio di appello nei confronti di Di.To., distraendole a favore dell’Avv. An. Pa.

In sostanza parte ricorrente ripropone la stessa censura, oggetto del primo motivo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4, per l’ipotesi in cui le norme sulla soccombenza siano ritenute di carattere processuale.

3.3. Con il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., l’Asl denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma primo e dell’art. 92 comma secondo c.p.c. nella parte in cui (p. 36 e punto 9 del dispositivo) la corte territoriale ha compensato tra essa Asl ed il Co.Gu. le spese di lite relative al giudizio di appello.

Osserva che la corte territoriale tanto ha disposto sul presupposto che si era verificata nei rapporti processuali tra le predette parti soccombenza reciproca, senza tuttavia considerare che essa non aveva svolto alcuna domanda nel giudizio di appello nei confronti del Co.Gu. in sede di comparsa di costituzione e risposta e neppure in sede delle difese e motivi sviluppati nella fase d’appello.

3.4. Con il quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., denuncia la nullità della sentenza in conseguenza della violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma primo e dell’art. 92 comma secondo c.p.c. nella parte in cui (p. 36 e punto 9 del dispositivo) la corte territoriale ha compensato tra essa Asl ed il Co.Gu. le spese di lite relative al giudizio di appello.

In sostanza parte ricorrente ripropone la stessa censura, oggetto del terzo motivo, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4, per l’ipotesi in cui le norme sulla soccombenza siano ritenute di carattere processuale.

4. Il ricorso delle compagnie assicuratrici è infondato.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

4.1. Infondato è il primo motivo.

Occorre qui ribadire che l’accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes (cfr. Cass. 8509-2008), si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito.

Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione (Cass. 646-2014), nel caso in cui la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l’iter logico seguito dal giudice per attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (tra le tante, Cass. n. 26683, 8375 e 754 del 2006).

Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 0466-2017; n. 8909-2013; n. 24539-2009; 5604-2007; n. 4178-2007; 7248-2003).

Essendo altresì pacifico che il difetto di motivazione censurabile in sede di legittimità è configurabile solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal Giudice di merito, e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre a una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza del processo logico che ha indotto il Giudice al suo convincimento, ma non già quando vi sia difformità rispetto alle attese del ricorrente (Cass. 3054-2014).

Orbene, nel caso di specie, la corte territoriale, non ha violato le norme dettate dagli artt. 1362 e segg. C.C. in materia di interpretazione dei contratti, ma ha sottoposto a nuovo esame gli atti e i documenti di causa, e, ad esito di un percorso motivazionale esente da vizi logici e giuridici – partendo dal presupposto che il contratto di assicurazione è stato stipulato a copertura della responsabilità civile della contraente e degli altri assicurati per eventuali danni che questi fossero tenuti a pagare in conseguenza di fatti verificatisi in data non anteriore al 30.09.2001, in relazione ai quali fosse stata presentata richiesta di risarcimento all’assicurato per la prima volta tra il 31-07-2007 e 30-08-2010 – ha proceduto a nuovo articolato esame dell’ art. 2.6 delle condizioni contrattuali, rilevando che detto articolo al n.8 escludeva dall’assicurazione i danni derivanti da circostanze o fatti pregressi già noti al contraente o agli assicurati prima dell’inizio dell’assicurazione, ed ha sottoposto ad articolata critica la sentenza di prime cure: a) nella parte in cui, ritenendo che i fatti o circostanze produttivi di eventi dannosi non coincidessero con la nozione di sinistro, intendendosi per tale la richiesta di risarcimento, ha ritenuto la inoperatività della polizza, in quanto la ASL avrebbe avuto contezza dell’evento dannoso con il sequestro delle cartelle cliniche di Pa.Ga. (disposto dalla Procura della Repubblica di Pescara in data 5 giugno 2004 ed eseguito dai carabinieri di T alla presenza di Bu.St., dirigente della direzione sanitaria), tanto che successivamente, in data 18 novembre 2004, la stessa ASL aveva comunicato alla Procura della Repubblica procedente i nominativi dei medici poi sottoposti a procedimento penale, e b) nella parte in cui si è limitata a rilevare, conclusivamente, che, vertendosi nell’ipotesi di danno anteriore alla sottoscrizione della polizza, l’eccezione della assicuratrice doveva trovare accoglimento.

In definitiva, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, la corte di merito, ad esito di un articolato e plausibile percorso argomentativo, ha interpretato le clausole contrattuali nel senso che esse non contemplassero il dovere di comunicazione da parte del contraente assicurato degli specifici fatti accaduti nel 2004; ha ritenuto che la richiesta di copia delle cartelle cliniche da parte dell’Autorità giudiziaria e la richiesta dei nominativi dei sanitari che avevano avuto in cura il Pa.Ga. non integrassero gli estremi presi in esame dalla disposizione pattizia; ed ha affermato l’operatività della copertura assicurativa in presenza di circostanze o fatti anche solo potenzialmente dannosi.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

4.2. Il secondo motivo, se non infondato, è inammissibile.

È indubbio che l’art. 1892 c.c. tutela l’esatta rappresentazione del rischio da parte dell’assicuratore al momento della manifestazione del consenso e, ad ogni buon conto, della conclusione del contratto, in quanto il rischio richiede di essere esattamente rappresentato affinché l’assicuratore possa decidere se assumerlo o meno e, in caso positivo, possa stabilire l’esatto ammontare del premio. Pertanto, nel contratto assicurativo, le dichiarazioni precontrattuali vengono ad assumere una rilevanza maggiore rispetto a quella che normalmente si rinviene rispetto agli altri tipi contrattuali.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di precisare che

– “In tema di annullamento del contratto di assicurazione per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 cod. civ., sotto il profilo dell’elemento soggettivo, al fine di integrare l’elemento soggettivo del dolo non è necessario che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (v. Sez. 3 – , Ordinanza 9520 del 04-08-2017; Cass. Sez. 3, Sentenza 2086 del 10-06-2015 – Rv. 635562 – 01-). Difatti nel contratto di assicurazione gli obblighi informativi hanno la precipua funzione di garantire un giusto equilibrio tra i rischi che ogni parte si assume in ordine all’evento futuro e incerto che costituisce l’oggetto del contratto” (Cass. n. 24563-2018);

– “In caso di dichiarazioni inesatte o di reticenze dell’assicurato che siano rilevanti ai fini della manifestazione del consenso al contratto da parte dell’assicuratore, questi ha la possibilità di chiedere l’annullamento del contratto se tale reticenza venga scoperta prima che il sinistro si verifichi, oppure di “rifiutare il pagamento dell’indennizzo, anche lasciando in vita il contratto, se la reticenza venga scoperta dopo il sinistro, ovvero prima del sinistro, ma quando quest’ultimo si verifichi entro tre mesi” (Cass. 1905-2020, che richiama Cass. 2831-2014).

Questi ed altri principi di diritto, che sono stati affermati da questa Corte, sono stati tenuti presenti ed applicati dalla corte di merito (che li ha anche espressamente richiamati: p. 33), la quale ha rigettato l’eccezione di decadenza dall’indennizzo, formulata dalla compagnia in primo grado e ribadita in appello con riferimento alla clausola 1.1. della polizza ed all’art. 1892 c.c., in quanto, ad esito di un articolato percorso argomentativo, ha ritenuto sussistere la buona fede dell’Asl nel non riferire all’assicuratore prima della stipula della polizza le circostanze di fatto note circa la pendenza del procedimento penale a carico dei medici, non senza aggiungere che l’Asl avrebbe potuto giustificatamente ritenere che quel procedimento non aveva condotto ad alcun accertamento implicante responsabilità risarcitoria in considerazione del notevole lasso di tempo decorso da tale momento rispetto al momento della conclusioni del contratto. E sulla base di tale motivazione la corte ha rigettato anche l’eccezione di inoperatività della garanzia ex art. 1892 c.c. sulla base della stessa motivazione.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

In definitiva, entrambe le suddette eccezioni sono state rigettate sulla base di un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità.

Come è noto, il giudizio di Cassazione, a differenza dell’appello, non ha effetto devolutivo, nel senso che non introduce una rinnovazione del giudizio e non può pertanto riguardare questioni attinenti il merito della vertenza, essendo questa Corte soltanto giudice di legittimità. Il ricorso in cassazione è un rimedio di legalità: la sua funzione è quella di rendere immune il giudizio di merito da eventuali errori nei quali il giudice di merito sia incorso nello svolgimento del giudizio (errores in procedendo) oppure nell’applicazione delle norme di diritto (errores in judicando), non già quella di procedere ad una nuova valutazione delle risultanze processuali.

D’altronde, secondo orientamento ormai costante nella giurisprudenza di questa Corte, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Orbene, a fronte dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, nessuna delle suddette quattro ipotesi ricorre nel caso di specie; e, in particolare, non è ravvisabile una motivazione apparente (che ricorre soltanto nel diverso caso in cui il giudice di merito trascura di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito).

4.3. Il terzo motivo, infine, è inammissibile e comunque infondato.

È inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza, in quanto parte ricorrente in ricorso si è limitata a sostenere che il Co.Gu. non aveva svolto alcuna valida attività in ordine al rapporto assicurato-assicuratore essendo stata rigettata la sua domanda di manleva svolta solamente con l’atto di appello; ma inammissibilmente ha omesso di svolgere la necessaria esposizione in fatto ed in diritto sulle deduzioni svolte dalle parti in ordine alla suddetta domanda riconvenzionale.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Ed è comunque infondato, in quanto il Co.Gu., in sede di atto di appello principale chiedeva, al capo 5 delle conclusioni, “Sempre in via subordinata, in ogni caso, anche nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere la colpa concorrente del Dr Co.Gu. ed il suo obbligo risarcitorio, dichiarare tenuta la QBE (Europe) Insurance Limited a tenere indenni dagli effetti della domanda sia l’ASL che il Dr Co.Gu. appellante beneficiario della polizza assicurativa”.

Orbene, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, questo capo della domanda non è stato rigettato, in quanto la corte territoriale nella sentenza impugnata: a) al punto 10 (p. 28) ha ritenuto fondati i motivi dell’appello principale e dell’appello incidentale della ASL rivolto contro l’accertamento della inoperatività della copertura assicurativa stipulato con la QBE dalla ASL n.1 anche a favore dei propri dipendenti (tra i quali il Co.Gu.); b) in dispositivo, al capo 1, ha accertato l’operatività del contratto assicurativo intercorso tra l’ASL e la QBE Insurance che, unitamente alla Ri. National Insurance in qualità di cessionaria del contratto, ha condannata a tenere indenne la ASL N.1 da quanto corrisposto o da corrispondere al danneggiato Pa.Ga.

In definitiva, la corte territoriale ha accolto, sia pure parzialmente, la domanda proposta dal Co.Gu., rispetto alla quale entrambe le odierne ricorrenti si sono difese, accettando il contraddittorio e rimanendo soccombenti.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

5. Infondato è anche il ricorso della Asl.

5.1. Infondati sono i primi due motivi, che concernono la regolamentazione delle spese processuali tra la ASL ed il Dott. Di.To.

L’Asl ricorrente sostiene che la sentenza sarebbe affetta da falsa applicazione di legge perché essa azienda non avrebbe svolto domande nei confronti del Dott. Di.To., ma dimentica che, ai fini della regolamentazione delle spese processuali, rileva anche l’esistenza di un interesse al tempo in cui ci si è dovuti costituire e che il criterio della soccombenza va riferito all’esito finale della lite, con la conseguenza che va considerato sostanzialmente soccombente anche la parte che con il suo comportamento ha dato origine alla lite rendendo necessario l’accertamento giudiziario e le cui richieste ed eccezioni siano state accolte in minima parte.

Occorre poi ribadire che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la compensazione delle spese processuali è demandata all’esclusivo sindacato del giudice di merito, sicché l’omessa compensazione non è censurabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo di carenza di motivazione.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

5.2. Infondati sono anche gli ultimi due motivi, che concernono la regolamentazione delle spese processuali tra l’Asl ed il Dott. Co.Gu..

Invero, non risulta essere stata proposta alcuna impugnazione avverso la sentenza del giudice di primo grado nel capo autonomo in cui quest’ultimo aveva disposto la compensazione integrale delle spese tra “tutte le altre parti” e cioè tra i dott. An.Se., To.Fe., Di.To., Co.Gu. e la ASL , ragion per cui tale capo della sentenza è passato in cosa giudicata.

La corte territoriale, nel confermare la compensazione delle spese tra i medici e la Asl, non poteva che disporla sola tra la predetta ASL ed il Co.Gu., in quanto per la fase di gravame aveva concesso il favore delle spese agli altri medici.

6. Al rigetto del ricorso delle ricorrenti principali (che hanno indicato il valore della controversia in Euro 520.547) consegue la condanna solidale – per l’evidente identità di posizione processuale – di quelle alla rifusione delle spese sostenute dai resistenti Asl e Co.Gu.

Al rigetto del ricorso dell’Asl (che ha indicato il valore della controversia in Euro 19.160) consegue la condanna di questa alla rifusione delle spese sostenute dalle parti resistenti Di.To. e Co.Gu.

Inoltre, in relazione ad entrambi i ricorsi, occorre dichiarare la sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, pari al contributo unificato, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione della presente ordinanza, delle generalità e degli altri dati identificativi di chi ha patito lesioni.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso proposto da Ri. National Insurance Company e da (…) e le condanna, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle parti che vi hanno resistito, spese che liquida, quanto alla Asl, in Euro 12.000 per compensi, e, quanto a Co.Gu., in Euro 10.000 per compensi, oltre, per ciascuna delle parti resistenti, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;

– rigetta il ricorso proposto da Asl e la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle parti che vi hanno resistito, Co.Gu. e Di.To., spese che liquida per ciascuno in Euro 3.080 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge;

– dispone che, ai sensi dell’art. 52 D.Lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi generalità ed altri dati identificativi della persona che ha patito lesioni.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 15 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di entrambe le parti ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

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