Il delitto di truffa aggravata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|27 maggio 2021| n. 20996.

Il delitto di truffa aggravata ex art. 640-bis cod. pen. non è configurabile qualora le somme, costituenti il profitto del reato, vengano destinate all’ente pubblico di cui il soggetto agente faccia parte, in quanto uno degli elementi costitutivi del reato è il procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e nella nozione di “altri” non può essere considerato lo stesso ente per il quale la persona fisica agisca ed operi. (Fattispecie relativa al sequestro preventivo di una somma di denaro nei confronti di un Comune, quale profitto del reato di truffa contestata al Sindaco e al responsabile unico del procedimento ai danni del Ministero dell’Ambiente, ente erogatore di un finanziamento, indotto dagli indagati in errore circa l’adempimento delle condizioni di riscossione).

Sentenza|27 maggio 2021| n. 20996. Il delitto di truffa aggravata

Data udienza 28 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: Sequestro preventivo – Il delitto di truffa aggravata – Truffa aggravata – Art. 640 bis cp – Ente territoriale – Organo dell’ente territoriale – Presupposti per il sequestro diretto e indiretto – Indicazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

Dott. PERROTTI M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
COMUNE di Noto (terzo interessato);
avverso la ordinanza del 4/12/2020 del Tribunale di Siracusa, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari reali;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott. Massimo Perrotti;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
letta la memoria scritta pervenuta a mezzo p.e.c. dal difensore del ricorrente Comune di Noto, avv. (OMISSIS);
udito il difensore avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato.

Il delitto di truffa aggravata

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, il tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Siracusa riformava la decisione di rigetto emessa dal GIP del medesimo tribunale il 24 febbraio 2020 e disponeva il sequestro preventivo della somma di Euro 240.281,66 presso i conti correnti del Comune di Noto; disponeva altresi’, laddove nei conti del Comune di Noto non fosse piu’ reperibile la detta somma di denaro costituente profitto del reato di cui all’articolo 640 bis c.p., il sequestro preventivo dei beni intestati agli indagati (OMISSIS) e (OMISSIS), fino alla concorrenza della predetta somma.
1.1. Si contesta agli indagati (OMISSIS) (sindaco p.t. del Comune di Noto) e (OMISSIS) (responsabile unico del procedimento amministrativo relativo al finanziamento deliberato dal Ministero dell’Ambiente nel febbraio 2011) la condotta di concorso nel delitto di truffa per la riscossione di finanziamento statale, giacche’, formando false attestazioni amministrative sull’effettivo inizio dei lavori e sulla necessita’ di prorogare il termine per il completamento (condizioni per l’erogazione del contributo), i due indagati, nelle rispettive qualita’ e ruoli, avrebbero indotto in errore l’ente finanziatore in ordine al rispetto dei termini fissati dalla procedura, legittimando quindi l’erogazione del finanziamento, cosi’ procurando, in via diretta, al Comune di Noto ed in via indiretta alla societa’ (OMISSIS) soc. coop. un ingiusto profitto, consistito per il Comune di Noto nell’accredito della somma di Euro 240.281,66 presso la tesoreria e, per la soc. cooperativa, nei ricavi derivanti dalla gestione del servizio pubblico di “bike sharing” finanziato, nonche’ nell’acquisizione di maggior credito sul mercato e nei confronti degli istituti di credito, in ragione del rapporto intrattenuto con la pubblica amministrazione.
Fatti commessi in (OMISSIS).
1.2. La decisione del tribunale, oggetto dei ricorsi, interveniva a seguito della impugnazione del pubblico ministero, che ricorreva per cassazione avverso il rigetto opposto dal GIP alla originaria mozione cautelare. Questa stessa sezione della Corte, con ordinanza n. 37962 del 8/10/2020, qualificava detta impugnazione come appello (articolo 322 bis c.p.p.) e trasmetteva gli atti al tribunale di Siracusa, competente a decidere.
1.3. Il tribunale del controllo cautelare reale stimava sussistenti ed efficaci gli artifizi amministrativi adottati dagli organi rappresentativi dell’ente territoriale atti a raggirare il Ministero competente per l’erogazione del finanziamento, che doveva viceversa essere negato a cagione del mancato rispetto delle condizioni operative e cronologiche poste dal bando. Riteneva altresi’ il tribunale che il profitto conseguito dall’ente territoriale fosse certamente ingiusto, giacche’ non dovuto in favore di un beneficiario che non aveva rispettato alcuna delle condizioni poste al finanziamento, avendo attestato falsamente il pieno rispetto delle medesime condizioni. Ne’ ad avviso del tribunale rileva, al fine di escludere la sussistenza dell’ingiusto profitto “per se’ o per altri”, che l’ente territoriale non possa rispondere, in quanto tale, del reato commesso dai suoi organi (responsabilita’ da reato dell’ente esplicitamente esclusa dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 1, comma 3) e neppure che lo stresso ente non possa qualificarsi terzo “nel profitto” rispetto alla condotta illecita dell’organo agente in suo favore; talche’ l’agente persona fisica non potrebbe rispondere del reato perche’ manca il profitto personale e manca anche il profitto a favore di terzi, giacche’ l’ente (per il principio di immedesimazione organica di cui all’articolo 28 Cost.) non e’ terzo rispetto alla condotta dei suoi organi (sul punto, v. Cass. Sez. 2, n. 4416 del 14/1/2015, Rv. 262376). Il tribunale ritiene infatti che il principio di immedesimazione organica, posto a tutela e garanzia dei soggetti che subiscono un danno ad opera degli organi della p.a., consenta l’imputazione diretta alla amministrazione soltanto degli “atti” adottati dai suoi organi, non invece dei “fatti”, per di piu’ illeciti, commessi dagli stessi. Consegue che la condotta illecita commessa autonomamente dall’organo dell’ente territoriale ha determinato un profitto illecito diretto in favore delle Casse comunali, cosi’ conferendo tipicita’ perfetta al fatto qualificato ai sensi dell’articolo 640 bis c.p..
1.3.1. A tanto deve pure aggiungersi che la societa’ cooperativa aggiudicataria del servizio pubblico ha certamente conseguito un profitto (indiretto) ingiusto, per effetto delle condotte tenute dagli agenti e, pertanto, si aggiunge un ulteriore terzo -separato dalla p.a.- quale fruitore del profitto determinato dalla condotta decettiva.
1.3.2. Il sequestro va disposto, in via diretta, nei confronti dell’ente territoriale, diretto beneficiario dell’attivita’ svolta dai suoi organi, e per equivalente nei confronti degli stessi soggetti autori delle condotte fraudolente.
2. Avverso tale ordinanza propongono ricorso per cassazione il Comune di Noto, a ministero dell’avvocatura comunale, e (OMISSIS) (responsabile unico del procedimento amministrativo), a mezzo del difensore di fiducia, che deducono, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, le violazioni di legge in appresso sinteticamente rappresentate, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
2.1. (OMISSIS) deduce (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) la erronea qualificazione del fatto come truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, difettando nella fattispecie il profitto ingiusto, procurato dall’agente “per se’ o per altri”, non potendo l’ente territoriale considerarsi terzo rispetto alle condotte materialmente commesse dai suoi organi, i cui effetti sono direttamente imputabili all’ente in virtu’ del principio di immedesimazione organica;
2.2. Il Comune di Noto deduce la violazione della medesima disposizione incriminatrice (articolo 640 bis c.p.), difettando il profilo materiale del profitto ingiusto “per se’ o per altri”. Il tribunale, nel ritenere terzo il Comune rispetto agli organi che in suo nome e conto agiscono, sarebbe incorso nel vizio logico della petizione di principio, accompagnata dall’argomento populistico della illogicita’ della mancanza di sanzione per l’atto illecito produttivo di illecito profitto, in quanto censura l’applicabilita’ del principio di immedesimazione organica ai fatti illeciti compiuti dall’organo della p.a. senza palesarne le ragioni e non tiene conto che alcun profitto illecito ha conseguito l’ente, cui il finanziamento e’ stato erogato in ragione del servizio effettivamente assicurato alla collettivita’.

Il delitto di truffa aggravata

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324 c.p.p., il ricorso per cassazione e’ ammesso solo per violazione di legge, a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1. Le difese si dolgono proprio della violazione della norma incriminatrice di cui all’articolo 640 bis c.p. “chiunque… al fine di procurare in ingiusto profitto per se’ o per altri”, atteso il denunciato difetto di tipicita’ della condotta contestata.
1.1. Tanto premesso, entrambi i ricorsi sono fondati, giacche’ il tribunale, da un lato ha erroneamente escluso che nella fattispecie (trattandosi di fatti illeciti e non di atti) potesse operare il principio della immedesimazione organica (articolo 28 Cost.), che consente di imputare gli effetti delle condotte dell’organo all’ente rappresentato; dall’altro ha valorizzato il profitto comunque conseguito dal soggetto privato, che e’ del tutto avulso rispetto all’oggetto del sequestro (quantificato nel profitto dell’ente territoriale) e neppure ontologicamente dimostrabile (nell’ingiustizia e nell’ammontare).
1.2. Quanto al rapporto di immedesimazione organica, la cui operativita’ ad avviso del tribunale sarebbe esclusa in relazione ai fatti illeciti commessi dagli organi della p.a., per suo nome e conto, deve rammentarsi che da oltre cinque lustri la giurisprudenza civile di questa Corte ha affermato l’opposto principio (Sez. U., n. 1963 del 22/02/1995, Rv. 490610: Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda con la quale un dipendente pubblico chiama a rispondere l’amministrazione cui egli appartiene, in solido con un funzionario della stessa, del danno che assume di aver subito a seguito ed in conseguenza del comportamento omissivo addebitato al funzionario medesimo a titolo di colpa grave o di dolo, in virtu’ del rapporto di immedesimazione organica che, ai sensi dell’articolo 28 Cost., lega il dipendente autore del fatto illecito all’ente pubblico e che si puo’ ritenere interrotto soltanto quando il comportamento dell’agente non sia diretto a conseguire finalita’ istituzionali proprie dell’ufficio al quale e’ addetto, ma sia determinato da motivi strettamente personali e comunque estranei all’ente.). Deve dunque certamente ritenersi che, anche nella presente fattispecie, il fatto commesso dal soggetto che esprime la volonta’ della pubblica amministrazione e la impegna nei confronti dei terzi e’ direttamente imputabile all’ente territoriale, con la conseguenza che l’ente non puo’ definirsi terzo “altri” rispetto all’agente, con il quale, anzi, si immedesima. Ne’ l’ente territoriale puo’ assumere “responsabilita’ amministrativa da reato”, in forma diretta o riflessa, stante la espressa previsione normativa dettata dall’articolo 1 Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231:
“1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilita’ degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

Il delitto di truffa aggravata

2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalita’ giuridica e alle societa’ e associazioni anche prive di personalita’ giuridica.
3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonche’ agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.”
Come acutamente osservato dal giudice per le indagini preliminari, che -per primo- ebbe a rigettare la mozione cautelare del p.m., questa medesima sezione della Corte (Sez. 2, n. 4416 del 14/1/2015, Rv. 262376) ha gia’ avuto modo di affermare che l’ingiusto profitto, procurato a se’ o ad “altri”, come conseguenza della condotta decettiva, e’ uno degli elementi indefettibili del reato di truffa. Nella fattispecie, nessuno neppure adombra o sospetta che i soggetti agenti in nome e per conto dell’ente conseguirono un profitto personale (men che meno ingiusto), ne’ tale profitto (che rimase certamente nella disponibilita’ del Comune di Noto) si diresse, per quanto sopra gia’ detto in tema di immedesimazione organica, verso “altri”, giacche’ il Comune non puo’ essere considerato terzo o “altro”, nei sensi indicati all’articolo 640 c.p., comma 1, rispetto all’organo agente. Consegue che il fatto descritto in imputazione non e’ tipico.
Non vi sono pertanto ragioni per discostarsi dal principio gia’ affermato da questa Corte ed espresso, in allora, nei seguenti termini: “Il delitto di truffa aggravata ex articolo 640 bis c.p., non e’ configurabile tutte le volte in cui le somme, costituenti il profitto ingiusto derivante dall’attivita’ decettiva posta in essere dal pubblico ufficiale, vengono destinate all’ente di cui il suddetto pubblico ufficiale fa parte, perche’ uno degli elementi costitutivi del reato e’ il procurare a se’ o ad altri un ingiusto profitto, e altri non puo’ essere considerato lo stesso ente per il quale la persona o le persone fisiche, suoi organi, agiscono ed operano”.
1.3. Residua l’analisi critica del valorizzato profitto conseguito dalla cooperativa (soggetto terzo rispetto agli agenti) che gesti’ il servizio di car sharing per il Comune di Noto (pag. 14, 15 della impugnata ordinanza, sub 3.3.4. 3.5); profitto descritto in imputazione in maniera quanto mai generica (sia verosimilmente perche’ corrispondente al valore del servizio offerto, sia perche’ non determinabile nell’ipotizzato vantaggio d’impresa), peraltro conseguito (ove sussistente e in qualche modo determinabile) in misura del tutto distinta e avulsa rispetto al ben precisato ammontare del provvedimento di sequestro, da soggetto che:
a) non risulta coinvolto nell’attivita’ decettiva imputata agli organi dell’ente territoriale;
b) agisce nel rapporto con l’ente fondando, fino a dimostrazione del contrario, sulla presunzione di legittimita’ che caratterizza gli atti della pubblica amministrazione.
Nessun elemento rappresentativo induce pertanto ad ipotizzare un qualsivoglia profitto ingiusto del “terzo” connesso all’attivita’ illecita contestata agli organi dell’ente territoriale.
2. L’ordinanza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati, va pertanto annullata senza rinvio. Consegue la restituzione delle somme in sequestro agli aventi diritto, mandando la Cancelleria, ai sensi dell’articolo 626 c.p.p., per le comunicazioni all’organo preposto alla esecuzione della presente decisione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 626 c.p.p..

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