In tema di giudizio d’appello e l’allegazione dell’imputato in ordine alla sussistenza di un vizio totale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|29 marzo 2021| n. 11774.

In tema di giudizio d’appello, l’allegazione dell’imputato in ordine alla sussistenza di un vizio totale di mente può essere legittimamente effettuata anche soltanto mediante una memoria difensiva, senza necessità che già sia stata dedotta con i motivi d’impugnazione o con i motivi nuovi, dal momento che incombe sul giudice di merito il dovere di dichiarare anche d’ufficio la mancanza di condizioni di imputabilità, in caso di evidenza della prova della totale infermità di mente.

Sentenza|29 marzo 2021| n. 11774

Data udienza 17 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Importazione e porto di armi da guerra e clandestine – Diniego delle doglianze fondante sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale – Inconferenza delle censure fonate sull’incapacità totale di intendere e volere dell’imputato – Sopravventa estinzione dei reati ascritti per prescrizione – Annullamento sena rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefani – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/04/2019 della CORTE d’APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
fissato il procedimento con il rito scritto ex Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. STEFANO APRILE;
lette le conclusioni scritte, ex Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8;
– del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
– del difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Varese il 19 luglio 2016, confermava la declaratoria di responsabilita’ nei confronti di (OMISSIS) per i delitti di importazione e porto di armi e parti di armi da guerra e di importazione di arma comune da sparo clandestina, di cui alla L. n. 895 del 1967, articoli 1 e 4 e L. n. 110 del 1975, articolo 23, comma 2, rideterminando il trattamento sanzionatorio in anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa, dichiarando l’estinzione per prescrizione dei restanti delitti attinenti alle armi e munizioni comuni (detenzione e porto di armi comuni; detenzione di armi da guerra).
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, denunciando:
– la violazione di legge, in riferimento agli articoli 69, 88 e 89 c.p., il vizio della motivazione con riguardo alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per svolgere una perizia sulla capacita’ di intendere e volere dell’imputato, quantomeno sotto il profilo del vizio parziale di mente come emerge dalla consulenza di parte depositata all’udienza 2 Aprile 2019; la Corte d’appello non ha comunque tenuto conto della consulenza di parte, pur acquisita agli atti del giudizio, che avrebbe dovuto condurre al proscioglimento o alla mitigazione della pena sotto il profilo del vizio parziale (il primo motivo);
– la violazione di legge, con riferimento alla fattispecie incriminatrici, e il vizio della motivazione perche’ la Corte d’appello non ha considerato come unico reato la detenzione delle armi sequestrate (Sez. 6, n. 44420 del 13/11/2008, Reghenzi, Rv. 241659), solo perche’ erano detenute in luoghi diversi, mentre unico era l’intento dell’imputato, sicche’ si trattava di un unico reato (secondo motivo);
– la violazione di legge con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, negate senza alcuna motivazione, e alla richiesta di mitigazione del trattamento sanzionatorio (terzo motivo).
2.1. In data 1 febbraio 2021 il difensore di fiducia ha depositato,
trasmettendoli tramite pec alla casella (OMISSIS), motivi nuovi con sottoscrizione digitale con i quali, nel confutare le conclusioni del Procuratore generale, insiste nei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e i motivi nuovi sono nel complesso infondati; cio’ determina la estinzione per prescrizione di alcune imputazioni.
2. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
2.1. E’ bene premettere che non risulta contraddetto dall’atto di ricorso quanto affermato nella sentenza impugnata in ordine alla mancanza del motivo di appello relativo alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per procedere a perizia sulla capacita’ di intendere e volere dell’imputato, sicche’ risulta inammissibile la questione della mancata rinnovazione dell’istruttoria richiesta con la memoria depositata in data 27 marzo 2019, poiche’ estranea all’ambito di operativita’ dell’articolo 603 c.p.p., comma 1.
Infatti, incardinato il giudizio di appello all’udienza 22 novembre 2018, che veniva rinviata per l’astensione del difensore che dichiarava di aderire all’agitazione proclamata dalle Camere Penali, il procedimento veniva trattato all’udienza del 21 gennaio 2019 nella quale il difensore chiedeva un rinvio per formulare una proposta ai sensi dell’articolo 599-bis c.p.p..
La prospettazione della questione d’incapacita’ totale risale, in effetti, alla memoria depositata in data 27 marzo 2019, alla quale si trova allegata una consulenza di parte.
2.2. Tanto premesso, la Corte d’appello ha pero’ errato nel dichiarare inammissibile la questione dell’incapacita’ totale perche’ non dedotta con l’appello o con i motivi nuovi.
Se e’ vero che la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che “gli atti che pongono questioni ulteriori rispetto a quelle dedotte con i motivi di impugnazione non sono da considerare memorie ne’ richieste ai sensi dell’articolo 121 c.p.p. e in relazione ad essi si applica la disciplina dei motivi nuovi di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 4, con la conseguenza che l’obbligo per il giudice di appello di procedere alla valutazione di una memoria difensiva sussiste solo se e in quanto il contenuto della stessa sia in relazione con le questioni devolute con l’impugnazione” (Sez. 2, n. 36118 del 26/06/2019, F., Rv. 277076), tale principio non puo’ trovare applicazione per le questioni rilevabili d’ufficio le quali, oltre a potere essere appunto rilevate dal giudice, possono anche essere introdotte dalla parte in qualunque momento, nel rispetto di limiti decadenziali eventualmente previsti.
Tuttavia, quando viene introdotta, come nel caso di specie, una questione relativa all’incapacita’ totale dell’imputato, il giudice e’ tenuto a procedere d’ufficio – a differenza del vizio parziale di mente che costituisce una semplice circostanza attenuante che deve essere allegata dall’imputato – quando sia evidente la prova della totale infermita’ di mente (Sez. 6, n. 41095 del 18/09/2013, Mattina, Rv. 257805; Sez. 6, n. 34570 del 19/06/2012, Lo Bartolo, Rv. 253435), sicche’ non gli e’ consentito di limitarsi a una declaratoria di inammissibilita’ della questione perche’ non dedotta con l’appello o i motivi nuovi (Sez. 3, n. 25434 del 22/09/2015 dep. 2016, S., Rv. 267450).
E’, pertanto, errata la decisione della Corte d’appello che ha rilevato l’inammissibilita’ della questione di incapacita’ totale, veicolata con la memoria depositata nel corso del giudizio di appello, perche’ finalizzata a introdurre una domanda nuova, rispetto a quelle sviluppate con l’atto di appello. Si tratta, piuttosto, di una questione che, in disparte la fondatezza, deve essere esaminata d’ufficio dal giudice il quale non puo’ limitarsi a pronunciare un non liquet.
2.3. La Corte d’appello, pur a fronte della erronea declaratoria di inammissibilita’ della deduzione effettuata con la memoria difensiva, ha tuttavia esaminato la questione del vizio totale di mente, giudicandola infondata.
La Corte territoriale ha operato una specifica valutazione di merito che, per quanto sintetica, il ricorso contesta soltanto in modo confutativo e comunque in modo non idoneo a superarne la tenuta logica. I giudici di appello hanno, infatti, precisato che, esaminando la consulenza di parte, deve escludersi l’esistenza di qualunque dubbio sulla capacita’ di intendere e volere dell’imputato in quanto la consulenza di parte, sulle cui valutazioni faceva leva la richiesta difensiva, conclude in modo generico senza evidenziare alcun effettivo disturbo della personalita’, derivante dalla passione per le armi, tale da condizionare la capacita’ di intendere e volere.
La Corte territoriale, dunque, nel prendere atto che le conclusioni del consulente di parte non apparivano in grado di dimostrare l’effettiva esistenza di un disturbo della personalita’ sufficientemente grave da poter incidere significativamente sulla capacita’ dell’imputato di comprendere o di indursi a porre in essere la condotta incriminata (Sez. U, n. 9163 del 25/01/2005, Raso, Rv. 230317), ha ragionevolmente giudicato infondata la richiesta difensiva e percio’, correttamente, non ha proceduto all’accertamento d’ufficio sulla capacita’ di intendere e volere, solo tardivamente, e sulla base di argomenti incongrui, posta in dubbio.
Risulta, del resto, precluso, per le ragioni dianzi chiarite, ogni rilievo circa un’eventuale incapacita’ parziale, che il ricorso tenta ancora di introdurre in questa sede, in quanto tale condizione, operando come attenuante, doveva essere tempestivamente introdotta dalla difesa in sede di appello.
3. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile in quanto del tutto estraneo al percorso argomentativo seguito dal giudice di secondo grado.
La Corte d’appello, rispondendo al motivo di appello sull’unicita’ della condotta di detenzione delle armi, ha evidenziato che le armi sono state rinvenute in due distinti e lontani domicili, uno in (OMISSIS) e l’altro in (OMISSIS), sicche’ e’ stata esclusa, con logica e coerente motivazione, la unicita’ del contesto di detenzione delle armi, conformemente all’insegnamento della giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 1, n. 44066 del 25/11/2010, Di Rosolini, Rv. 249053), che deve essere qui riaffermato.
Tale opportuna precisazione, avverso la quale si appunta ora il ricorso, non ha pero’ comportato conseguenze per l’imputato in quanto per le condotte di detenzione la Corte di secondo grado ha dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione, decurtando la relativa pena, sicche’ non si comprende di cosa si dolga il ricorrente.
Del resto, come risulta dalla contestazione e dalla ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza di primo grado, specificamente richiamata sul punto da quella d’appello, all’imputato e’ contestato primariamente di avere importato illegalmente, in varie occasioni, in Italia dalla Confederazione Elvetica numerosissime armi di varie tipologie e caratteristiche, sicche’ e’ stato preso a riferimento il fatto di importazione del mitra Sten Mark, ritenuto piu’ grave (anni 4 di reclusione ed Euro 1.500 di multa; pena inferiore a quella determinata dal primo giudice), sul quale e’ stato operato l’aumento per gli altri episodi di importazione (anni 1 di reclusione ed Euro 500 di multa), l’ulteriore aumento per la importazione dell’arma clandestina (anni 1 di reclusione ed Euro 500 di multa; pena inferiore a quella determinata dal primo giudice) e l’ulteriore aumento per il porto delle armi da guerra (mesi 8 di reclusione ed Euro 300 di multa; pena inferiore a quella determinata dal primo giudice).
Nessuna pena e’ stata comminata per la detenzione delle armi da guerra in quanto i relativi reati sono stati dichiarati prescritti.
4. Anche il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate con idonea motivazione, essendosi evidenziata la mancanza di qualsiasi elemento positivamente valutabile, anche in considerazione della gravita’ e reiterazione dei fatti nonche’ dei precedenti penali dell’imputato.
E’, del resto, inammissibile la doglianza in punto di trattamento sanzionatorio anzitutto perche’ non tiene conto della operata rideterminazione della pena per il reato base e per quasi tutti i reati satellite, nonche’ in quanto non sviluppa specifiche censure ai criteri che hanno guidato il giudice nella determinazione della pena, essendosi questo rifatto ai sopra richiamati elementi, valutabili ai sensi dell’articolo 133 c.p..
5. In considerazione della valida instaurazione del giudizio di legittimita’, deve pero’ procedersi alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23 e L. n. 895 del 1967, articolo 4 (accertati in data (OMISSIS)), non emergendo, per le anzidette ragioni, una piu’ favorevole declaratoria.
Il termine di prescrizione, tenuto conto dell’interruzione, e’ pari a 12 anni e 6 mesi, cui si assomma la sospensione ex DL n. 11/2020 e successivi (pari a mesi 4 e giorni 9), avuto riguardo alla pendenza del giudizio di legittimita’ (ricorso iscritto in data 30/10/2019) e del disposto rinvio della trattazione per l’emergenza epidemiologica (udienza in data 74/5/2020), sicche’ e’ decorso in data 18/6/2020.
All’annullamento senza rinvio per detti reati consegue l’eliminazione delle relative pene (1 anno, 8 mesi di reclusione e 800,00 Euro di multa) e la rideterminazione della pena complessiva per i restanti reati (anni 5 di reclusione ed Euro 2.000 di multa).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 23 e L. n. 895 del 1967, articolo 4, perche’ estinti per prescrizione, ed elimina le relative pene di un anno, otto mesi di reclusione e 800,00 Euro di multa, cosi’ rideterminando la pena complessiva in cinque anni di reclusione e 2.000,00 Euro di multa. Rigetta il ricorso nel resto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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