Diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 13 giugno 2019, n. 26191.

La massima estrapolata:

Le ragioni del diniego dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’art.133 cod. pen.

Sentenza 13 giugno 2019, n. 26191

Data udienza 28 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACETO Aldo – Presidente

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/01/2017 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Barberini Roberta Maria, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/01/2017, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del 27/11/2014 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato, per quanto rileva in questa sede, (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo c) – detenzione e cessione in concorso di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana -, riqualificato il reato in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e lo aveva condannato alla pena di anni due di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa, (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo f) – detenzione e cessione in concorso di sostanza stupefacente del tipo cocaina -, riqualificato il reato in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, (OMISSIS) responsabile del reato di cui al capo b) – detenzione e cessione in concorso di sostanza stupefacente del tipo cocaina -, riqualificato il reato in quello di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.220,00 di multa.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
(OMISSIS) articola due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 63, 64, 191, 350 e 192 c.p.p. e correlato vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilita’.
Espone che la Corte di appello, come il Giudice di primo grado, aveva fondato il giudizio di responsabilita’ anche sul contributo dichiarativo fornito nell’immediatezza dell’arresto da (OMISSIS), dichiarazioni non verbalizzate e solo riportate nel relativo verbale di arresto; tali dichiarazioni non potevano essere inquadrate nella previsione dell’articolo 350 c.p.p., comma 5, come ritenuto dai Giudici di appello, atteso che l’unica legittima destinazione delle informazioni assunte e’ la immediata prosecuzione delle indagini e delle stesse, a norma dell’articolo 350 c.p.p., comma 6, e’ vietata ogni documentazione ed utilizzazione.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, lamentando l’illogicita’ delle argomentazioni che avevano ritenuto irrilevante il dato quantitativo della sostanza stupefacente e decisiva la personalita’ del presunto venditore, che in realta’ era stato assolto per tale fatto, desunta dalla circostanza che il predetto era indagato in diverso procedimento penale per fatti di particolare gravita’.
(OMISSIS) articola un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 163 e 62 bis c.p..
Argomenta che la Corte territoriale aveva ritenute erronee le argomentazioni poste dal Tribunale a fondamento del diniego dei benefici della sospensione condizionale e della non menzione della condanna, ma, a sua volta, aveva denegato tali benefici affermando erroneamente che l’imputato era gravato da un precedente penale, mentre, trattavasi di procedimento ancora pendente.
Del pari erroneo era il diniego delle circostanze attenuanti generiche, perche’ basato su motivazione apparente, viziata e fondata sul travisamento del materiale probatorio.
(OMISSIS) articola due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, lamentando che tale diniego era stato basato su argomentazioni non condivisibili e non valutando la condotta dell’imputato successiva al reato che avrebbe condotto ad una prognosi positiva sulla personalita’ dell’imputato ne’ la sua incensuratezza.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’articolo 163 c.p., lamentando che la Corte territoriale non aveva giustificato il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Chiedono, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile perche’ basato su doglianze manifestamente infondate.
1.1. La Corte territoriale ha denegato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, rimarcando che difettavano elementi di sicura valenza positiva valorizzabili a tal fine; in particolare, e’ stato chiarito che, al di la’ della formale incensuratezza, non potevano avere rilievo positivo determinante la regolare posizione di soggiorno e l’attivita’ lavorativa svolta dall’imputato, in quanto assumevano rilevo negativo predominante le modalita’ del fatto (quantitativi di stupefacente detenuti ed inserimento in una articolata rete di traffico che faceva capo a soggetti di elevato spessore delinquenziale), dimostrative di profili di pericolosita’ contrari all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Va ricordato che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalita’ del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di applicazione delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez.1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339; Sez.6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv.242419; Sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice nel motivare il diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, individuando, tra gli elementi di cui all’articolo 133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalita’ dell’imputato (Sez.3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv.259899; Sez.6, n. 34364 del 16/06/2010, Rv.248244; sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv. 230691).
Nella specie, la Corte di merito ha tenuto specificamente conto degli elementi addotti dalla difesa ed ha giustificato la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche con argomentazioni congrue ed esenti da manifesta illogicita’; la motivazione, pertanto, e’ insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
1.2. Del pari sorretto da adeguata e logica motivazione e’ il diniego di concessione dei benefici richiesti.
La Corte territoriale ha dato espresso rilievo ostativo ad una precedente condanna penale a carico dell’imputato; ne’ rileva che, come dedotto, si tratterebbe di una condanna non irrevocabile, in quanto, e’ stato affermato, in tema di sospensione condizionale della pena, la presunzione che il colpevole si asterra’ dal commettere ulteriori reati non deriva, come effetto automatico, dall’assenza di precedenti condanne risultanti dal certificato penale, potendo giustificare un contrario convincimento anche i precedenti giudiziari (articolo 133 c.p., cpv. n. 2), quali i procedimenti pendenti a carico del medesimo. Ne consegue che il giudice puo’ fondare, in modo esclusivo o prevalente, comunque decisivo, il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi crimini sulla capacita’ a delinquere dell’imputato desumendola dai precedenti giudiziari, ancorche’ non definitivi (Sez.2, n. 3851 del 20/11/1990, dep.06/04/1991, Rv. 187298).
Inoltre, la censura proposta e’ anche generica, in quanto il ricorrente neppure si confronta con la motivazione complessiva della sentenza impugnata, dalla quale emergono plurimi elementi di fatto che evidenziano nella condotta dell’imputato pregnanti profili di pericolosita’, come specificamente evidenziati ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche; tali elementi giustificano implicitamente il diniego dei benefici richiesti (cfr Sez.6, n. 38351 del 29/05/2014, Rv.260140, secondo cui i profili fattuali della vicenda, ove particolarmente pregnanti, possono sorreggere una motivazione “per implicito” in relazione al diniego della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena; e Sez.1, n. 1540 del 20/11/1968, dep.28/03/1969, Rv.110826, che ha affermato che la pronuncia di diniego del beneficio previsto dall’articolo 175 c.p. puo’ ritenersi implicita nella motivazione con cui il giudice nega le circostanze attenuanti generiche, richiamandosi alla gravita’ del fatto ed al comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere appunto la concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale dalla valutazione degli elementi indicati dall’articolo 133 cod. pen.).
Va, inoltre, ricordato che, in tema di sospensione condizionale della pena, il Giudice di merito, nel valutare la concedibilita’ del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell’articolo 133 c.p., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (Sez.5, n. 57704 del 14/09/2017, Rv.272087; Sez.3,n. 35852 del 11/05/2016, Rv.267639; Sez.2, n. 37670 del 18/06/2015, Rv.264802; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534, Sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136) e che tale principio regola anche la valutazione di concedibilita’ del beneficio della non menzione della condanna (Sez.4, n. 34380 del 14/07/2011, Rv.251509; Sez.3, n. 35731 del 26/06/2007, Rv.237542; Sez.1, n. 560 del 22/11/1994, dep20/01/1995, Rv.20002).
2.Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile, sulla base delle considerazioni che seguono.
2.1. Il primo motivo di ricorso e’ privo della necessaria specificita’ perche’ formulato senza in alcun modo prospettare a questa Corte la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza degli elementi asseritamente inutilizzabili sulla complessiva motivazione posta a fondamento della contestata affermazione di responsabilita’.
Questa Suprema Corte, con orientamento (Sez.2, n. 7986 del 18/11/2016, dep.20/02/2017, Rv.269218; Sez.6,n. 18764 del 05/02/2014, Rv.259452; Sez. 4, n. 18764 del 5.2.2014, Rv 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2.10.2014, dep. 2015, Rv. 262011) che il Collegio condivide e ribadisce, ha, infatti, osservato che, nei casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilita’ o la nullita’ di una prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilita’ per aspecificita’, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze probatorie (nella specie costituite dagli esiti del servizio di pedinamento, dal contenuto delle conversazioni intercettate e dal sequestro di sostanza stupefacente), nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento; gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento.
2.2 Il secondo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, e’ sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravita’ effettiva del reato e alla personalita’ del reo, non e’ censurabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato. Cio’ vale, a fortiori, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non e’ tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarita’ del caso, e’ sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (Sez.2, n. 19907 del 19/02/2009, Rv.244880; Sez. 4, 4 luglio 2006, n. 32290).
Nella specie, la sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen., richiamando il dato ponderale non minimo della sostanza stupefacente, il precedente specifico dell’imputato e la collocazione della condotta in un allarmante contesto di relazioni con soggetti di elevata pericolosita’ sociale, cosi’ che la pena irrogata, non e’ stata ritenuta suscettibile di riduzione.
La motivazione e’ congrua ed esente da manifesta illogicita’, ed e’, pertanto, insindacabile in sede di legittimita’.
3.Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile perche’ basato su motivi manifestamente infondati.
Con riferimento al primo motivo, va rilevato che la Corte territoriale ha negato l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, attribuendo pregnante valore ostativo alle modalita’ della condotta (carattere non episodico della condotta ed inserimento in una articolata rete di traffico illecito di stupefacenti), dimostrative di profili di pericolosita’ contrari all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
La mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e’, dunque, sorretta da adeguata motivazione e logica motivazione, che si sottrae al sindacato di legittimita’.
Con riferimento al secondo motivo, va rilevato che la Corte territoriale, nel disattendere la richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha fondato il negativo giudizio prognostico in relazione alla futura condotta di vita, sugli stessi elementi fattuali connotanti la condotta criminosa, ritenuti dimostrativi della pericolosita’ sociale dell’imputato.
Rispetto all’indicato percorso argomentativo le doglianze del ricorrente si collocano ai confini della inammissibilita’, prospettando censure del tutto generiche, che non si confrontano criticamente con la motivazione della sentenza.
4. Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.

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