Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 9 luglio 2019, n. 18319.
La massima estrapolata:
La responsabilità ex art. 2051 c.c. richiede la prova del fatto dannoso e del nesso di causalità del danno con la cosa in custodia; tale prova non può dirsi raggiunta quando le condizioni dei luoghi non siano tali da costituire una pericolosità intrinseca della cosa, né quando vi è prova di una condotta imprudente del danneggiato che, essendo pienamente in condizioni di farlo, non ha posto in essere le dovute cautele nell’uso della cosa
Ordinanza 9 luglio 2019, n. 18319
Data udienza 22 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5175-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 361/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 14/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/01/2019 dal Consigliere Dott. MOSCARINI Anna.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) convenne in giudizio il Condominio (OMISSIS) davanti al Tribunale di Tempio Pausania chiedendo la condanna del convenuto al risarcimento dei danni alla persona subiti in conseguenza di una caduta nel cortile condominiale su pavimento dissestato, privo di alcuna segnaletica ed in condizioni di scarsa illuminazione.
Il giudizio fu istruito con prove documentali, testimoniali e CTU medico-legale, all’esito delle quali il Tribunale adito, con sentenza n. 1 del 2010, condanno’ il condominio convenuto per omesso controllo, vigilanza e custodia delle parti comuni (con riguardo alla presenza sul suolo di buche non visibili di notte per l’assenza di illuminazione) al risarcimento del danno nella misura complessiva di Euro 19.743,00, per spese mediche e danno biologico, escludendo la risarcibilita’ del danno cd. esistenziale.
La Corte d’Appello di Cagliari – Sezione di Sassari, adita in via principale dalla (OMISSIS) per sentir accogliere anche la domanda di risarcimento del danno esistenziale ed in via incidentale dal condominio per sentir pronunciare il rigetto della domanda, con sentenza n. 361 del 14/7/2016, per quel che ancora qui di interesse, ha accolto l’appello incidentale del condominio, volto a censurare la sentenza per l’assenza dei presupposti di accoglimento della domanda risarcitoria, ritenendo, sulla base di una richiamata e consolidata giurisprudenza di questa Corte, che in base all’articolo 2051 c.c., l’attrice non avesse fornito prova delle condizioni di pericolosita’ del luogo, essendo il pavimento costituito da lastroni quadrati ed essendovi comunque condizioni di visibilita’ adeguate, e dunque non vi fosse prova del nesso causale tra l’evento dannoso e la cosa in custodia, mentre vi fosse prova del fortuito costituito dalla condotta disattenta della danneggiata che conosceva o doveva conoscere lo stato dei luoghi, per essere il condominio luogo di abitazione della figlia.
Accolto il primo motivo di appello incidentale, il Giudice ha ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi dell’incidentale e l’appello principale ed ha condannato la (OMISSIS) alle spese del doppio grado del giudizio.
Avverso la sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti -la ricorrente censura la sentenza per non aver valutato che la responsabilita’ per danni da cose in custodia configura una responsabilita’ per danni conseguenti al dinamismo proprio ed intrinseco della cosa, dipendente dall’insorgere nella stessa di un processo dannoso, e che, a fronte di una fattispecie sussumibile sotto l’articolo 2051 c.c., che pone una responsabilita’ di tipo oggettivo, basata sul solo rapporto di custodia, la sentenza non si sarebbe fatta carico di raggiungere la prova del fortuito che sola avrebbe potuto scriminare la responsabilita’ del custode.
1.1 Il motivo e’ inammissibile in quanto la sentenza impugnata ha dato corretta applicazione all’articolo 2051 c.c. che, presupponendo una responsabilita’ di tipo oggettivo, richiede la prova del fatto dannoso e del nesso di causalita’ del danno con la cosa in custodia, richiamando la sola scriminante del fortuito per evitare la responsabilita’ del custode. Nel caso di specie la Corte d’Appello ha accertato, con motivazione peraltro non censurabile, trattandosi di accertamento di merito, che fosse mancata del tutto la prova del nesso di causalita’ tra la cosa in custodia ed il danno, in quanto le condizioni dei luoghi non erano tali da costituire una pericolosita’ intrinseca della cosa. Conseguentemente ha correttamente ritenuto che, in mancanza di prova del nesso di causalita’, la responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c. non fosse configurabile, dando continuita’ alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., 3, n. 20427 del 25/7/2008; Cass., 6-3, n. 5910 dell’11/3/2011; Cass., 3, n. 11016 del 19/5/2011, Cass., 3, n. 7125 del 21/3/2013), mentre ha sottolineato che, in ogni caso, vi fosse un elemento scriminante della responsabilita’ oggettiva del custode, costituito dalla prova di una condotta imprudente della danneggiata che non aveva posto in essere, essendo pienamente in condizioni di farlo, le dovute cautele nell’uso della cosa (Cass., 6, n. 25594 del 18/12/2015; Cass., 6, n. 56 del 7/1/2016).
2. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, ed al cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.800 (oltre Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si da’ atto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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