Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10732.
La massima estrapolata:
L’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma, cod. civ. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata.
Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10732
Data udienza 13 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente
Dott. CURCIO Laura – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29092/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, (P.I. (OMISSIS)) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2890/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/06/2017 R.G.N. 1488/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO IN FATTO
che il Tribunale di Roma, con la pronuncia del 18.12.2012, ha riconosciuto la legittimita’ delle dimissioni rilasciate da (OMISSIS), ex agente della (OMISSIS) – (OMISSIS) spa (gia’ (OMISSIS) spa) e ha condannato contestualmente quest’ultima al pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, al pagamento dell’indennita’ ex articolo 1751 c.c., e di ulteriori somme maturate a titolo di differenza sul bonus provvisionale, percentuali sulla front fee e sulla management fee, nonche’ per storni provvisionali indebitamente applicati;
che la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 2890/2017, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla societa’ e in parziale riforma della pronuncia di prime cure, che confermava nel resto, ha rigettato le domande di (OMISSIS) di pagamento della somma di Euro 19.282,92 a titolo di percentuale sulla front fee e sulla management fee, di pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso e dell’indennita’ ex articolo 1751 c.c.; ha condannato, altresi’, il (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 431.020,03 a titolo di penale e di Euro 138.955,32 a titolo di mancato preavviso oltre alla restituzione degli importi versatigli in occasione della sentenza riformata;
che i giudici di seconde cure non hanno ritenuto che costituisse giusta causa di recesso, per l’agente, la violazione di norme contrattuali da parte della Banca con soggetti terzi (clienti) risultando l’inadempimento estraneo al rapporto tra preponente ed agente; ne’, secondo la Corte di merito, avrebbe assunto rilievo un eventuale “scavalcamento” dell’agente nel suo rapporto con il cliente, in occasione del trasferimento presso BNP Paribas del conto detenuto da (OMISSIS), trattandosi di vicenda gestita dalla Banca medesima e non dall’agente; all’accertamento della ingiustificatezza del recesso seguiva la restituzione dell’indennita’ sostitutiva del preavviso, riconosciuta in primo grado, nonche’ derivava la violazione del patto di stabilita’, sottoscritto in tre diverse occasioni dal (OMISSIS), con clausola che non aveva natura vessatoria, non rientrando in alcuna delle ipotesi previste dall’articolo 1341 c.c., comma 2, ne’ era nulla per difetto di causa, con conseguente condanna al pagamento della penale; andava, invece, confermata la gia’ disposta condanna della Banca al pagamento delle differenze sul bonus provvigionale per le gestioni Private evolution RO Bond e Private EFT per non avere l’istituto di credito provato l’effettiva erogazione e al pagamento della somma di Euro 44.446,57 a titolo di storni non dovuti; infine, erano risultate non dovute le somme a titolo di percentuali sul front fee e managment fee nonche’ l’importo richiesto per acconti provvigionali, atteso che non era stata fornita la prova, incombente sul promotore, del raggiungimento del tetto concordato per percepire tali accordi;
che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a cinque motivi;
che la (OMISSIS) spa ha resistito con controricorso illustrato con memoria;
che il P.G. non ha formulato richieste scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura: 1) la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con specifico riferimento all’articolo 2119 c.c., applicato al rapporto di agenzia intercorrente tra un Intermediario e un Promotore finanziario, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere i giudici di seconde cure – forzando un contesto fattuale (e cioe’ che il (OMISSIS) avrebbe preteso un contegno della Banca orientato alla conservazione dei contratti procurati) mai coltivato, nominato o espresso – erroneamente interpretato ed applicato l’articolo 2119 c.c., richiamando principi di altre pronunce di legittimita’ non conferenti e non considerando che una condotta, omissiva o commissiva della preponente, tesa a svilire il ruolo dell’Agente-Promotore finanziario nei confronti dei clienti avrebbe inciso sulla esistenza di una giusta causa di recesso di quest’ultimo; 2) l’omesso esame e l’omessa congrua motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, riguardante l’omesso pagamento di compensi provvigionali in favore dell’agente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5; 3) la conseguente violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con specifico riferimento all’articolo 2119 c.c., in punto di motivi idonei a legittimare il recesso dell’Agente (nel caso in esame Promotore finanziario), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale ritenuto rilevante, ai fini di giustificare un recesso per giusta causa ex articolo 2119 c.c., le due pacifiche e riconosciute inadempienze della Banca consistite nel mancato pagamento delle provvigioni spettanti al promotore in ordine alle gestioni Private evolution RO Bond e Private ETF nonche’ sugli operati illegittimi storni provvigionali; 4) la violazione di norme di diritto, con specifico riferimento all’articolo 1749 c.c., e articolo 1750 c.c., comma 4, e articoli 36 e 41 Cost., applicati al rapporto di agenzia intercorrente tra un intermediario ed un Promotore finanziario, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omessa pronuncia, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, con riferimento alla invocata nullita’ per frode alla legge dei patti di stabilita’ inter partes, perche’ stante la legittimita’ del recesso, le penali riconosciute dalla Corte di appello a favore della Banca non avrebbero potuto trovare ingresso e per non essersi pronunciata la Corte medesima in merito alle censure articolate con riferimento ai patti di stabilita’ posti a presupposto delle penali applicate; 5) l’omesso esame ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli istruttori offerti dal (OMISSIS) con riferimento al tema del mancato pagamento del bonus provvigionale del 2% da calcolarsi sulla raccolta netta rettificata realizzata nei primi dodici mesi di rapporto (sorto il 4.6.2007);
che il primo motivo e’ fondato.
Preliminarmente deve rilevarsi che la censura, circa la dedotta violazione di legge, e’ ammissibile perche’, in sostanza, riguarda la corretta sussunzione della fattispecie nella clausola elastica della giusta causa, concernendo la doglianza la correttezza dell’operazione compiuta dal giudice di merito in ordine alla individuazione del parametro normativo di applicazione di cui all’articolo 2119 c.c..
Va, altresi’, sottolineato che l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’articolo 2119 c.c., comma 1, in relazione al contratto di lavoro subordinato, e’ applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tenere conto, per la valutazione della gravita’ della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia -in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attivita’ per luoghi, tempi, modalita’ e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalita’ aziendali – assume maggiore intensita’ rispetto al rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che, ai fini della legittimita’ del recesso, e’ sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimita’ se adeguatamente e correttamente motivata (cfr. Cass. 26.5.2014 n. 11728; Cass. 4.6.2008 n. 14771).
Orbene, l’oggetto dell’incarico affidato all’agente con il contratto di agenzia (che a norma dell’articolo 1742 c.c., e’ il contratto con cui una parte (agente) assume stabilmente, verso retribuzione, l’incarico di promuovere per conto dell’altra (preponente) la conclusione di contratti in una zona determinata) e’ l’attivita’ di “promozione diretta” di contratti nell’interesse del preponente: attivita’ che implica una serie di incombenze di contenuto vario e non predeterminato, che si sostanziano in vari diritti ed obblighi a carico di entrambe le parti.
In particolare la legge, con gli articoli 1748 e 1749 c.c., oltre a disciplinare con la norma di cui all’articolo 1746 c.c., gli obblighi dell’agente, regola in modo particolare i diritti di questi e i corrispondenti obblighi cui e’ tenuto il preponente.
Con particolare riguardo a tale soggetto, la disposizione esige prima di tutto un comportamento improntato a lealta’ e buona fede, che giuridicamente puo’ qualificarsi come “obblighi di protezione”, cioe’ come concretizzazione della regola di correttezza quale clausola generale dei rapporti obbligatori intesi secondo la concezione moderna; prevede, poi, una serie di attivita’ specifiche che possono individuarsi, invece, nella categoria degli “obblighi di prestazione”, che attengono piu’ specificamente all’azione di adempimento, mentre i primi, naturalmente, possono essere solo violati.
Si e’ gia’ detto, che la giurisprudenza costante e consolidata di legittimita’ ha affermato (Cass. n. 12 del 1977; Cass. n. 3942 del 1979; Cass. n. 6857 del 1982) che il recesso per giusta causa ex articolo 2119 c.c., si applica anche ai contratti di agenzia; quanto alla nozione di giusta causa, la Cassazione (in termini Cass. n. 5072 del 1977) ha precisato che costituisce giusta causa di recesso del contratto di agenzia qualunque fatto che sia tale da incidere sul rapporto di fiducia proprio del contratto di agenzia e tale da arrecare comunque danno, diretto o indiretto, agli interessi delle parti.
La previsione dell’obbligo di comportarsi secondo lealta’ e buona fede (espressamente contemplato nella direttiva CEE 653/86), che costituisce la prima statuizione dell’articolo 1749 c.c., ha assunto un significato piu’ profondo in relazione alla legislazione di fonte comunitaria – rispetto al generale obbligo di cui agli articoli 1175 e 1337 c.c. – perche’ consente al giudice di avere a disposizione un duttile strumento di valutazione del comportamento dei contraenti nella specifica tipologia contrattuale.
L’obbligo ex lege, quindi, non solo integra la prestazione principale ma si articola, oltre che in obblighi strumentali accessori e funzionali alla soddisfazione dell’interesse del creditore, anche in obblighi autonomi e reciproci rivolti a proteggere la sfera giuridica della controparte.
Nella valutazione della giusta causa di recesso sopra richiamata, pertanto, l’accertamento del giudice non puo’ essere limitato alla verifica delle violazioni delle norme contrattuali regolanti il solo rapporto agenziale ma, in virtu’ dell’obbligo sancito dall’articolo 1749 c.c., deve considerare ogni invasione comunque lesiva, che viola i principi di lealta’ e di buona fede, degli interessi delle parti.
In questa ottica, pertanto, assumono rilievo non solo i comportamenti che si riflettono in modo diretto ed immediato sul sinallagma del contratto di agenzia, ma anche quelli i cui effetti si concretizzano in maniera mediata ed indiretta sui rapporti tra le parti, purche’ idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, particolarmente pregnante per tale forma di contratto, recando pregiudizio alle situazioni giuridiche soggettive dei contraenti.
Nel caso in esame, quindi, non e’ condivisibile l’assunto della Corte territoriale, secondo cui, la violazione che incide sulla sussistenza della giusta causa di recesso riguarda solo gli obblighi contrattuali inerenti i rapporti tra agente e Istituto bancario e non anche quelli di quest’ultimo verso terzi, perche’ se le condotte “esterne” tenute dal preponente comunque arrecano disagio all’agente, esponendolo magari ad eventuali profili di responsabilita’ verso i medesimi terzi, o rendono piu’ difficoltoso l’esercizio di attivita’ lavorative o determinano una lesione dei diritti all’immagine e alla professionalita’ dell’agente medesimo nell’ambito della platea dei suoi clienti, ponendosi, pertanto, in contrasto con gli obblighi di buona fede e di lealta’, esse non possono essere estromesse dalla valutazione dell’incidenza della fiducia sul vincolo contrattuale e sulla possibilita’ di costituire giusta causa di recesso;
che, alla stregua di quanto esposto, il primo motivo deve essere accolto, assorbiti gli altri; la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procedera’ ad un nuovo esame della fattispecie attenendosi ai principi e alle direttive sopra esposte. Il giudice di rinvio provvedera’, altresi’, alla determinazione sulle spese anche del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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