Nel caso di contestazione di un “error in procedendo”

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 13 marzo 2019, n. 7209.

La massima estrapolata:

Nel caso di contestazione di un “error in procedendo” al giudice di legittimità spetta il potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito. Per evitare al giudice di dover compiere verifiche generali sugli atti nel loro complesso, la parte deve individuare con specificità e dettaglio nel ricorso il vizio processuale contestato riportando gli elementi e i riferimenti atti a circoscriverlo all’interno dell’iter processuale.

Sentenza 13 marzo 2019, n. 7209

Data udienza 29 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f.

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di sez.

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24343-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 478/2017 del TRIBUNALE di UDINE, depositata il 3/04/2017;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2019 dal Consigliere ROBERTA CRUCITTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per l’Avvocatura Generale dello Stato.

FATTI DI CAUSA

Nella controversia – originata dall’opposizione proposta, innanzi al Giudice di Pace di Udine, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso la cartella di pagamento, loro notificata da (OMISSIS) s.p.a, relativa a imposta di registro su decreto emesso dalla Corte di Appello di Bologna – il Tribunale di Udine, in accoglimento dell’appello, proposto dal Ministero della Giustizia, e in totale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della commissione tributaria.
Avverso la sentenza ricorrono, su cinque motivi (dei quali gli ultimi due attinenti a questione di giurisdizione), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, resiste con controricorso.
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attivita’ difensiva.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Vanno preliminarmente respinte le eccezioni, proposte dai ricorrenti in sede di memoria, di nullita’ della notificazione del controricorso. In particolare, i ricorrenti hanno eccepito tale nullita’ sotto due profili:
a) la copia telematica notificata del controricorso non sarebbe stata attestata di conformita’ all’originale, come imposto dal Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 22, comma 2;
b) la notificazione a mezzo PEC sarebbe nulla perche’ inviata a un indirizzo di soggetto diverso dal destinatario, ossia l’atto e’ stato notificato presso l’indirizzo PEC dell’Avv. (OMISSIS) (loro difensore) mentre, quali destinatari della notificazione, erano stati indicati gli odierni ricorrenti (che non avevano dichiarato di volere ricevere le notificazioni o le comunicazioni in via telematica).
1.2 Per il rigetto della prima eccezione e’ sufficiente rilevare che al controricorso, depositato dal Ministero della Giustizia, risulta allegata rituale attestazione di conformita’, ai sensi di legge, con firma autografa del difensore e che, in ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte il deposito di copia analogica del controricorso, predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformita’ del difensore, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’inammissibilita’ ove il controricorrente depositi copia informale del proprio atto di costituzione, insieme alle attestazioni delle ricevute a mezzo PEC, quando il ricorrente, come nella specie, non contesti la conformita’ dell’atto analogico depositato con l’originale ricevuto presso la propria casella PEC (v.Cass.n. 32231 del 13/12/2018).
1.3 Egualmente infondata la seconda eccezione alla luce del principio, piu’ volte affermato da questa Corte e ribadito, in tema di notificazione a mezzo PEC, da queste Sezioni Unite con sentenza n. 7665 del 18/04/2016, secondo cui “l’irritualita’ della notificazione di un atto (nella specie controricorso in cassazione), a mezzo posta elettronica certificata, non ne comporta la nullita’ se la consegna telematica ha, comunque, prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato cosi’ il raggiungimento dello scopo legale”.
2 Con il primo motivo – rubricato: error in procedendo (violazione dell’articolo 339 c.p.c.); nullita’ del procedimento e della sentenza pronunciata in violazione del principio per cui e’ legittimato ad impugnare solo il soggetto che ha partecipato al giudizio di primo grado – i ricorrenti deducono l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale di Udine a rigettare, implicitamente, l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello siccome proposto dal Ministero della Giustizia che, secondo la prospettazione difensiva, non aveva preso parte al giudizio innanzi al Giudice di pace.
3 In subordine, con il secondo motivo, i ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 345 c.p.c., comma 3 per non avere, il giudice di appello, rilevato l’inammissibilita’ della produzione documentale effettuata in quel grado dal Ministero della Giustizia.
4. In ulteriore subordine, con il terzo motivo, si deduce: error in procedendo in relazione al mancato accertamento della avvenuta formazione del giudicato per quanto atteneva la statuizione resa nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. in violazione dell’articolo 324 c.p.c. – articolo 2909 c.c. Secondo i ricorrenti il Tribunale avrebbe errato a non rilevare, anche d’ufficio, prima della declaratoria di difetto di giurisdizione, che la sentenza del Giudice di pace era passata in giudicato nei confronti di (OMISSIS), anche con riguardo all’affermazione della giurisdizione del giudice adito.
5 infine, sempre, in subordine, con il quarto motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1, l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice di appello, nel dichiarare il difetto di giurisdizione del G.O. in favore della Commissione tributaria, ponendo alla base del suo convincimento una pronuncia di questa Corte in materia di opposizione avverso cartella tesa al recupero del contributo unificato ovvero dell’imposta di registro, giacche’ nel caso in esame si era, invece, contestato il diritto di procedere da parte di (OMISSIS) ad esecuzione forzata.
6 In ultimo subordine, i ricorrenti deducono, sotto il profilo dell’error in procedendo, la nullita’ della sentenza impugnata per violazione delle norme in materia di translatio judicii (articolo 37-382 c.p.c.), dell’articolo 103 Cost. e articolo 111 Cost., comma 8, della L. n. 69 del 2009, articolo 59 per essersi il Giudice di appello limitato a dichiarare il difetto di giurisdizione, senza nulla disporre in ordine alla prosecuzione del giudizio avanti al Giudice tributario, con ulteriore conseguente errore nell’avere pronunciato sulle spese.
7 I primi due motivi di ricorso, per l’assoluta genericita’ e la carenza di minima specificita’ in punto di allegazione, appaiono inammissibili alla luce del principio costantemente ribadito da questa Corte secondo cui “l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimita’ ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale” (Cass. n. 2771 del 2/02/2017; id n. 11738 del 8/06/2016; id. n. ri 9410/2015; n. 5036/2012; 23420/2011).
7.1 Va, infatti, osservato con riguardo al primo motivo, che il mezzo di impugnazione, sulla premessa del principio per cui e’ legittimato a proporre l’impugnazione solo chi abbia assunto la veste di parte nel giudizio di merito conclusosi con la sentenza impugnata, indipendentemente dall’effettiva titolarita’ del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, si limita a riportare, per sintesi, stralci della sentenza del Giudice di pace, inidonei allo scopo, laddove, per contro, la parte pubblica ha dedotto che il Giudice di pace, nella decisione gravata di appello, aveva riconosciuto il Ministero della Giustizia, in proprio, quale parte del giudizio di primo grado. Mentre, da altro canto, non puo’ essere sottaciuto che la contumacia di una parte integra un comportamento neutrale che non ne preclude l’impugnazione della sentenza che la veda soccombente.
7.2 Il secondo motivo incorre in eguale sanzione di inammissibilita’, per assoluta carenza di specificita’, non indicando neppure i documenti che si deducono inammissibilmente prodotti dall’appellante e sui quali il Tribunale, giudice di appello, avrebbe fondato la sua decisione.
8 Dal mancato accoglimento dei primi due motivi deriva il rigetto anche del terzo. Attesa la legittima impugnazione proposta dal Ministero della Giustizia, “ente impositore” rispetto al quale (OMISSIS) assume veste di mero agente della riscossione, nessun giudicato interno, a maggior ragione sulla giurisdizione, puo’ ritenersi essersi formato.
9 E’ infondato il quarto motivo di ricorso, attinente alla giurisdizione, correttamente esclusa dal Giudice di merito in favore della Commissione tributaria. Come puntualizzato dagli stessi ricorrenti, i quali hanno ribadito che oggetto della cartella impugnata era l’imposta di registro su decreto di equa riparazione da irragionevole durata del processo, non vi e’ alcun dubbio sulla natura tributaria dell’obbligazione con conseguente giurisdizione esclusiva delle Commissioni tributarie, ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, comma 1 e articolo 19, lettera d), a conoscere delle opposizioni a cartella esattoriale, trattandosi di atti di riscossione e non gia’ di esecuzione forzata come gia’ statuito da queste Sezioni Unite con le sentenze n. 5994 del 17/04/2012 e n. 11389 del 5/05/2011.
10. Il quinto motivo non merita accoglimento non sussistendo la dedotta violazione di legge. La L. n. 69 del 2009, articolo 59 invocata dai ricorrenti, prevede, infatti, che il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione indichi altresi’ se, esistente, il giudice nazionale munito di giurisdizione, mentre attribuisce alla parte interessata l’onere di riproporre la domanda entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice adito. Ne consegue che nessuna norma impone al giudice di merito la fissazione del termine per la riproposizione della domanda innanzi al Giudice indicato come avente giurisdizione, essendo tale termine gia’ previsto nella legge.
10.1. Ne deriva l’infondatezza dell’ulteriore censura svolta, sempre con il quinto motivo, avverso il capo della sentenza che ha disposto la condanna alle spese. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, “agli effetti del regolamento delle spese processuali, la soccombenza puo’ essere determinata non soltanto da ragioni di merito, ma anche da ragioni di ordine processuale, non richiedendo l’articolo 91 c.p.c., per la statuizione sulle spese, una decisione che attenga al merito, bensi’ una pronuncia che chiuda il processo davanti al giudice adito, tale dovendosi considerare anche la pronuncia con cui il giudice d’appello rimette le parti davanti al primo giudice per ragioni di giurisdizione ai sensi dell’articolo 353 c.p.c.” (v. Cass. S. U. n. 583 del 10/08/1999, ribadita, di recente, da Cass. n. 22257 del 13/09/2018).
11 In conclusione, il ricorso va rigettato con conferma della giurisdizione a decidere la controversia in capo alla Commissione tributaria.
12 Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti, in solido, in favore del Ministero della Giustizia.
13 Non vi e’ pronuncia sulle spese in favore di ADER-Agenzia delle Entrate-Riscossione non avendo la stessa svolto attivita’ difensiva.
14 Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;
dichiara la giurisdizione della Commissione Tributaria;
condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione in favore del Ministero della Giustizia delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre spese prenotate a debito.
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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