Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 17220 del 9 maggio 2012
Svolgimento del processo
1. La corte di appello di Venezia, con sentenza in data 16 maggio 2011, in parziale riforma di quella del tribunale di Padova, ha assolto T.O. dal reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, per insussistenza del fatto e ha rideterminato la pena per la residua imputazione di cui al comma 6 del citato articolo, che prevede la inosservanza del dovere di fermata, in mesi due e venti giorni di reclusione. La corte rilevava che nessun elemento concreto portava a ritenere che il T. fosse o dovesse essere consapevole del fatto che la persona offesa era rimasta “ferita”, come impone l’art. 189, comma 7, atteso che essa aveva riportato il c.d. colpo di frusta, trauma non riconducibile al concetto di ferita, onde l’imputato andava assolto da tale imputazione; andava invece confermata la responsabilità per non essersi il medesimo T. nemmeno fermato dopo l’incidente stradale da lui causato, avendo tamponato con il suo furgone la vettura del D. che era stata sospinta per diversi metri in avanti; la consapevolezza della probabilità di danni a quest’ultimo derivava dalla ovvia percezione delle modalità dell’incidente.
2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato.
Con un primo motivo deduce violazione di legge per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato, non sussistendo, nella specie, la consapevolezza che il sinistro poteva aver causato danno alle persone coinvolte nell’incidente. Il tamponamento è stato percepito in modo non violento da parte dell’ O., l’auto dell’infortunato è stata colpita solo nella parte posteriore, non sbandava o usciva fuori strada e il conducente riportava solo il c.d. colpo della frusta, non percepibile dal T. che, ragionevolmente, aveva creduto di aver danneggiato solo la carrozzeria; inoltre non può sostenersi che l’imputato avesse il dovere di fermarsi per farsi identificare poichè ciò contrasta con il principio “nemo tenetur se detegere” atteso che sarebbe stato inevitabile scoprire che sul suo furgone vi era la mercè provento del furto appena commesso; si trattava dunque di un comportamento inesigibile. Con un secondo motivo si duole del mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena;
rileva che all’imputato erano state concesse le attenuanti generiche in relazione ai fatto che l’imminente paternità poteva essere occasione di reinserimento sociale; la stessa circostanza non è stata ritenuta sufficiente a fondare il giudizio di concessione della sospensione della pena; sarebbe illogico ritenere la prognosi di risocializzazione dell’imputato positiva ai fini delle attenuanti e non della sospensione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Come già da questa Corte osservato, il nuovo codice della strada all’art. 189 descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare. Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorchè vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza.
L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma 5) e con quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con danno alle persone (comma 6). In tale seconda ipotesi se il conducente si è dato alla fuga la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonchè la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza. Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà.
Nella specie il giudice ha escluso la sussistenza del reato di omissione di soccorso, ritenendo, con valutazione non contestata ed incensurabile, che il tipo di conseguenze derivate dal sinistro, un semplice trauma non direttamente percepibile come ferita, escludesse l’obbligo.
Quanto invece all’obbligo di fermarsi a prestare assistenza, correttamente il giudice ha ravvisato la sussistenza del reato.
Trattasi di un reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità’ personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente; questa Corte ha già avuto modo di precisare che integra il reato di cui all’art. 189 C.d.S., commi 1 e 6, (cosiddetto reato di “fuga”), la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea (nella specie “per pochi istanti”), senza consentire la propria identificazione, nè quella del veicolo. Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perchè, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire nè l’identificazione del conducente, nè quella del veicolo, nè lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (così sez. 4^ 25.1.2001 n. 20235 rv. 234581); è altresì pacifico che l’elemento soggettivo del detto reato ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone. E nella specie è pienamente corretta la valutazione espressa secondo cui il T., per le modalità dell’incidente che aveva visto il suo pesante furgone tamponare l’auto che lo precedeva tanto da cagionarne lo spostamento, doveva rendersi conto della possibilità che il conducente di quest’ultimo avesse riportato danni alla persona.
Nè giova al ricorrente invocare una sorta di esimente collegata al principio “nemo tenetur se detegere”, atteso che l’illiceità dell’azione in precedenza commessa – il furto commesso, la cui refurtiva era sul furgone – esclude che egli potesse fondatamente invocare una tale scriminante. Correttamente motivato e dunque incensurabile è il giudizio che ha portato ad escludere la concedibilità della sospensione condizionale della pena, avendo il giudice rilevato che la pluralità dei beni rinvenuti nel furgone quale provento di furti, il rinvenimento nel furgone di diversi strumenti “di lavoro”, e l’esistenza di precedenti giudiziari inducevano ad una prognosi non favorevole.
2.Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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