Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 ottobre 2013 n. 42169[1]
In tema di evasione dagli arresti domiciliari, agli effetti dell’art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell’abitazione e non ne costituisca parte integrante, al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell’imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non aleatorietà.
Ne discende, entro tale prospettiva , che il portico di uno stabile condominiale non può ritenersi di stretta pertinenza dell’abitazione privata ove l’imputato si trovi ristretto agii arresti domiciliari, poiché le stesse (su menzionate) esigenze applicative connesse ai regime cautelare o espiatorio degli arresti o della detenzione domiciliari risulterebbero senz’altro frustrate da un allontanamento del soggetto dallo spazio strettamente definito dalla sua abitazione, ovvero dalle sue immediate adiacenze (senza alcuna frattura spaziale), sia pure per recarsi per breve tempo in un luogo vicino, ma frequentabile da una generalità di persone e non certo raggiungibile in altro modo se non uscendo dal proprio alloggio
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