L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 maggio 2024| n. 12095.

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile e può essere esperita in ogni tempo dal proprietario dell’immobile preteso servente, sia che tenda soltanto all’accertamento negativo del preteso diritto di servitù, sia che, mediante tale azione, si chieda anche la demolizione di opere in cui si concreta l’esercizio della pretesa servitù.

 

Ordinanza|6 maggio 2024| n. 12095. L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

Data udienza 11 aprile 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Proprieta’ – Azioni a difesa della proprieta’ – Negatoria (nozioni, distinzioni) – In genere actio negatorio servitutis – Imprescrittibilità – Richiesta di demolizione delle opere – Irrilevanza.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta da:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere Rel. Est.

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso n. 3201/2019 R.G. proposto da:

Sp.Ma., c.f. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avv. An.Ch. e dall’avv. Fr.Lu., con domicilio eletto in Roma presso l’avv. Em.Fo., nel suo studio in (…)

ricorrente

contro

Ca.Mi., Ca.Ka.,

intimate

avverso la sentenza n. 1658/2018 della Corte d’appello di Genova depositata il 31/10/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11/4/2024 dal consigliere Linalisa Cavallino

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

FATTI DI CAUSA

1. Sp.Ma., dichiarando di essere proprietario di porzione di fabbricato e del circostante terreno in località Casa Mano nel Comune di Podenzana, confinante con la proprietà di Ma.To. e delle sue figlie Mi. e Ca.Ka., le ha convenute avanti il Tribunale di Massa con atto di citazione notificato il 17/7/1992, lamentando la costruzione di muro di sostegno e fabbricato sovrastante in violazione delle disposizioni sulle distanze legali e chiedendo perciò la riduzione in pristino, oltre il risarcimento dei danni.

Si sono costituite Ma.To. e le sue figlie Ca.Mi. e Ca.Ka., chiedendo il rigetto delle domande in quanto non erano state violate le distanze legali e lamentando che l’attore aveva adibito a passo carrabile il viottolo vicinale denominato Taria e destinato a passo pedonale, mediante ampliamento del sedime e invasione del terreno di proprietà delle convenute; quindi in via riconvenzionale hanno chiesto l’accertamento dell’inesistenza del diritto a esercitare passaggio pedonale e carrabile sul terreno di proprietà delle convenute, con conseguente condanna dell’attore al risarcimento del danno.

Dichiarata interrotta la causa per il decesso di Ma.To. e proseguito il processo nei confronti delle figlie eredi, con sentenza n. 606/2015 il Tribunale di Massa ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di demolizione del locale costruito sul fondo di proprietà delle convenute e ha condannato le convenute al risarcimento del danno ex art. 872 cod. civ. a favore dell’attore, liquidato in Euro 5.000,00 oltre accessori, ha rigettato le altre domande dell’attore e le domande delle convenute.

2.Sp.Ma. ha proposto appello avverso la sentenza, si è costituita l’appellata Ca.Mi. chiedendo il rigetto dell’appello e si è costituita con separata comparsa l’appellata Ca.Ka., chiedendo a sua volta il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale al fine di ottenere l’accoglimento della domanda riconvenzionale rigettata dal giudice di primo grado.

La Corte d’appello di Genova con sentenza n. 1658/2018 pubblicata il 31/10/2018 ha integralmente rigettato l’appello principale e ha parzialmente accolto l’appello incidentale, dichiarando che Sp.Ma. non aveva diritto di esercitare il passo pedonale e carrabile sul terreno di proprietà di parte convenuta, map. (Omissis) fg. (Omissis), occupato per l’ampiezza globale di circa mq. 35 per ampliare il contiguo viottolo vicinale denominato Taria; ha condannato l’appellante a restituire nel suo pristino stato il terreno occupato per allargare il viottolo, autorizzando, in mancanza, la proprietaria a eseguire i lavori a spese dell’appellante; ha condannato l’appellante principale al risarcimento dei danni nei confronti dell’appellante incidentale Ca.Ka., liquidati in Euro 361,52, con rivalutazione monetaria dalla data della domanda e gli interessi sulla somma capitale via via rivalutata; ha compensato le spese di entrambi i gradi.

Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la sentenza ha considerato che Ca.Ka. aveva riproposto la domanda riconvenzionale rigettata in primo grado, con la quale lamentava che lo Sp. avesse adibito il viottolo vicinale Taria a passo carraio a favore della sua proprietà esclusiva di cui al map. (Omissis), allargando il sedime stradale e invadendo il terreno contiguo di proprietà Ca.. Ha dichiarato che non era ostativo alla dichiarazione di illegittimità dell’allargamento della strada sulla proprietà convenuta e all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno il fatto che non vi fosse la prova che l’autore dell’opera fosse lo stesso Sp.; ciò in quanto era stata proposta azione di natura reale di negatoria servitutis, che comportava la lesione del diritto reale delle convenute sul map. (Omissis), di cui doveva rispondere il titolare del presunto fondo dominante, indipendentemente dalla riconducibilità a lui delle opere abusive. La porzione della proprietà convenuta utilizzata per l’allargamento della strada era funzionale al raggiungimento del presunto fondo dominante di proprietà dello Sp., il quale, pertanto, in tale veste era tenuto sia al ripristino dello stato dei luoghi, sia alla restituzione della porzione alle legittime proprietarie, sia al risarcimento del danno; ha dichiarato che l’allargamento della strada con l’occupazione di mq. 35 della proprietà convenuta era risalente nel tempo, senza che fosse stata svolta in giudizio domanda di usucapione della servitù, ed era congruo il danno stimato all’epoca di redazione della prima c.t.u. nel 1995 pari a Lire 700.000, ora Euro 361,52, da aggiornare ai valori attuali.

3. Avverso la sentenza Sp.Ma. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Ma.Ca. e Ca.Ka. sono rimaste intimate, a seguito delle notifiche ritualmente eseguite a entrambe a mezzo pec con consegna dei messaggi il 15/1/2019, alla prima al difensore domiciliatario all’indirizzo (…) e alla seconda al difensore domiciliatario Si.Va. all’indirizzo (…).

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. e all’esito della camera di consiglio del giorno 11/4/2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, intitolato “nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c., per non aver la parte pronunciato sull’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte ricorrente”, il ricorrente evidenzia che, nella prima difesa successiva alla proposizione delle domande riconvenzionali delle convenute, aveva affermato che l’allargamento del viottolo Taria era avvenuto trent’anni prima, aggiungendo “sarebbe intervenuta ogni prescrizione che in ipotesi si invoca”; lamenta che la Corte d’appello, nonostante abbia riconosciuto che l’allargamento della strada era risalente nel tempo, si sia limitata ad affermare che lo Sp. non aveva proposto domanda di usucapione della servitù; rileva che non era stata formulata domanda di usucapione, ma era stata proposta eccezione volta a negare il diritto della parte avversa e quindi non era sufficiente rilevare che non era stata proposta domanda di usucapione, in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciare sull’eccezione di estinzione del diritto a causa del lungo decorso del tempo, aggiungendo che ciò vale anche per la domanda risarcitoria.

1.1. L’eccezione di prescrizione come prospettata dal ricorrente è manifestamente infondata e quindi, a prescindere da ogni questione in ordine alle modalità con le quale è stato prospettato il vizio di omissione di pronuncia, l’eccezione è rigettata in questa sede, alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo già enunciati da Cass. Sez. 3 16/6/2023 n. 17416 Rv. 668197 – 01.

Infatti, posto che la sentenza impugnata ha accertato l’allargamento del viottolo vicinale sul terreno di proprietà della parte appellata, l’eccezione di prescrizione nei termini in cui il ricorrente la prospetta nel suo ricorso non poteva paralizzare quell’accertamento e l’accoglimento della relativa domanda di rimessione in pristino, in quanto né il diritto di proprietà né l’esercizio dell’azione negatoria sono assoggettati a prescrizione. E’ pacifico il principio che l’actio negatoria servitutis è imprescrittibile e può essere sperimentata in ogni tempo dal proprietario dell’immobile preteso servente, sia che tenda soltanto all’accertamento negativo del preteso diritto di servitù, sia che mediante tale azione si chieda anche la demolizione di opere in cui si sostanzia l’esercizio della pretesa servitù (Cass. Sez. 2 7/9/1968 n. 2903 Rv. 335645 – 01, Cass. Sez. 2 18/12/1997 n. 12810 Rv. 51101801, Cass. Sez. 2 23/1/2012 n. 817 Rv. 621130 – 01, Cass. Sez. 2 31/5/2021 n. 15142 Rv. 661404 – 01). Invece, il ricorrente non deduce di avere sostenuto, in via di eccezione, l’avvenuta usucapione della servitù di passaggio che, in quanto tale, avrebbe richiesto l’allegazione dei relativi presupposti, riferiti all’apparenza della servitù e al possesso ad usucapionem. Neppure in ordine al diritto al risarcimento del danno si pone questione di prescrizione, in quanto non risulta in alcun modo che la sentenza abbia inteso riconoscere un danno riferito a un periodo anteriore alla proposizione della domanda giudiziale superiore al quinquennio, termine di prescrizione dell’atto illecito, a prescindere da ogni questione sul carattere permanente dell’illecito stesso.

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

2. Il secondo motivo è rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.p.c., con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la corte territoriale affermato che, ai fini risarcitori, è irrilevante il fatto che non vi sia la prova che l’autore dell’allargamento sia stato l’attuale ricorrente” e con esso il ricorrente evidenzia di avere sempre negato di essere stato l’autore dell’allargamento della strada. Rileva che il Tribunale aveva rigettato le domande riconvenzionali affermando che non vi era prova che fosse stato l’attore ad allargare la stradina, che era strada vicinale di uso pubblico; lamenta che la Corte d’appello abbia dichiarato che quei dati erano irrilevanti, in quanto l’azione esercitata era di natura reale. Evidenzia che l’azione di risarcimento è personale e non può essere proposta se non contro l’autore del danno, aggiungendo che il legittimato passivo dell’azione reale non è anche automaticamente il legittimato passivo dell’azione personale risarcitoria.

2.1. Il motivo è infondato, in quanto legittimamente la sentenza impugnata ha condannato Sp.Ma. al risarcimento del danno riferito all’occupazione del terreno di proprietà di Ca., seppure la motivazione debba essere corretta ex art. 384 ult. co. cod. civ..

E’ esatto che legittimato passivo rispetto all’azione negatoria servitutis – quale è stata nella fattispecie qualificata la domanda riproposta in appello da Ca.Ka. – è il proprietario del fondo asseritamente dominante, in quanto è nei confronti di tale soggetto, il quale pretende di avere diritti sul fondo asseritamente servente, che deve avvenire il relativo accertamento. Però, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, non è la qualità di proprietario del fondo asseritamente dominante in quanto tale a individuare in Sp.Ma. il soggetto obbligato anche al risarcimento del danno: l’art. 949 co. 2 cod. civ. riconosce il diritto del proprietario che propone l’azione negatoria di ottenere il risarcimento del danno causato da turbative e molestie, oltre che la cessazione delle molestie, e ciò significa che, nel caso in cui il soggetto nei cui confronti sia proposta l’azione negatoria sia anche responsabile di turbative e molestie, e perciò sia autore di fatto illecito, lo stesso è obbligato anche a risarcire il relativo danno. In questa prospettiva, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante l’individuazione del soggetto che aveva eseguito l’allargamento della strada occupando anche il fondo di proprietà Ca.; ciò perché la condotta che la sentenza ha accertato, costituente turbativa e molestia, e che ha giustificato non solo l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino a carico di Sp.Ma., ma anche la condanna dello stesso Sp. al relativo risarcimento del danno, è stata quella di avere usato quell’area per accedere al fondo di cui lo stesso Sp.Ma. era proprietario, fondo asseritamente dominante. Infatti la sentenza, espressamente calibrando il danno alle dimensioni dell’area di proprietà Ca. occupata e alla durata dell’occupazione, ha considerato la condotta del soggetto che utilizzava quell’area per raggiungere il suo fondo, e cioè la condotta di Sp.Ma. che lo rendeva responsabile della relativa turbativa e lo obbligava al risarcimento del danno.

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

3. Il terzo motivo è rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 949 c.c., con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la corte d’appello, in accoglimento di una negatoria servitutis, condannato l’attuale ricorrente alla “restituzione” di una porzione di terreno anziché condannarlo a non esercitare la servitù su tale porzione di terreno”; il ricorrente evidenzia che dall’accoglimento della negatoria servitutis la controparte poteva ottenere la condanna a carico dello Sp. di non transitare più, mentre la richiesta di restituzione significava che la controparte ammetteva di non avere più il possesso, per cui la domanda non avrebbe potuto essere qualificata come negatoria, ma avrebbe dovuto essere qualificata come rivendica.

3.1. Il motivo è infondato per la ragione, assorbente rispetto a ogni altra, che la sentenza non ha condannato Sp.Ma. a restituire alla proprietaria Ca. un’area della quale la proprietaria non aveva il possesso, ma lo ha condannato al ripristino dello stato dei luoghi, e perciò a escludere dal sito del passaggio l’area di circa mq. 35 di proprietà Ca.. E’ evidente che la circostanza che la proprietaria Ca. lamentasse che il sito del passaggio fosse stato esteso all’interno della sua proprietà e perciò avesse chiesto il ripristino dello stato dei luoghi non comportava in sé alcuna ammissione di perdita del possesso su quel terreno, ma si concretava nella doglianza per l’esercizio del passaggio sul proprio terreno senza esistenza del relativo diritto di passaggio; quindi, esattamente la condanna al ripristino è stata pronunciata a carico di Sp.Ma., quale soggetto che utilizzava il passaggio su quel sito per raggiungere il suo fondo.

4. In conclusione il ricorso è integralmente rigettato, senza nulla disporre sulle spese del giudizio di legittimità, essendo le controparti intimate.

In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1 – quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

L’actio negatoria servitutis è imprescrittibile

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono ex art. 13 co. 1 – quater D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma l’11 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2024.

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