Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 marzo 2024| n. 5843.
La gravità dell’inadempimento per la risoluzione va commisurata all’interesse
In materia contrattuale, la gravità dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 cod. civ. va commisurata all’interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per tale parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all’adempimento (Nel caso di specie, richiamato l’enunciato principio di diritto, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la decisione gravata in quanto la corte territoriale, nel pronunciare risoluzione del di un preliminare di compravendita immobiliare per inadempimento del ricorrente, promittente venditore, aveva omesso di compiere una valutazione circa la gravità dello stesso).
Ordinanza|5 marzo 2024| n. 5843. La gravità dell’inadempimento per la risoluzione va commisurata all’interesse
Data udienza 28 Febbraio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto – Scioglimento del contratto – Risoluzione del contratto per inadempimento – Importanza dell’inadempimento – Valutazione – Criteri – Fattispecie in tema di preliminare di compravendita immobiliare
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere-Rel.
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7638/2019 R.G. proposto da:
Er.Gi., elettivamente domiciliato in Roma (…), presso lo studio dell’avvocato Mo. Ma. Ch. (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato Ch. Fa. (omissis)
-ricorrente-
contro
Li.Os., domiciliata ex lege in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Ci. Ni. (omissis)
– controricorrente –
avverso SENTENZA di Corte d’appello Ancona n. 176/2018 depositata il 13/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere dr. Mauro Mocci.
La gravità dell’inadempimento per la risoluzione va commisurata all’interesse
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Fermo respinse la domanda di Li.Os. nei confronti di Er.Gi., volta a far dichiarare la risoluzione per inadempimento dello stesso dal contratto preliminare, riguardante un fabbricato urbano di P. In forza di tale negozio, l’attrice (promissaria acquirente) aveva versato Euro 50.000 – di cui Euro 10.000 a titolo di caparra ed Euro 40.000 a titolo di acconto – a fronte della garanzia del promittente venditore circa la libertà dell’immobile da vincoli e privilegi, nonché l’impegno di effettuare, prima della stipula dell’atto pubblico, a sua cura e spese ed a mezzo di notaio incaricato, la cancellazione dell’ipoteca giudiziale iscritta sul bene.
La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 176 del 13 febbraio 2018 accoglieva il gravame della Li.Os., dichiarando la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore, che condannava alla restituzione delle somme riscosse ed al pagamento di Euro 50.000, a titolo di penale.
Il giudice di secondo grado rilevava che era stato l’Er.Gi. a mostrarsi inadempiente, omettendo di presentarsi al notaio nel giorno stabilito per la firma del rogito e che, anche ad ammettere la non essenzialità del termine, egli non aveva dimostrato di aver realmente incaricato il notaio di procedere alla cancellazione del vincolo, atteso che, con la sua mancata comparizione, aveva impedito – non prestando la necessaria collaborazione – che si potesse addivenire alla cancellazione dell’ipoteca contestualmente alla stipula del rogito, né aveva acconsentito alla fissazione di un nuovo appuntamento davanti al notaio medesimo. Per converso, non avrebbe potuto reputarsi inadempiente il comportamento della Li.Os., la quale, pur senza il previo versamento della somma in contanti, aveva preferito comunque presentarsi all’appuntamento fissato per la stipula del rogito.
Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione Er.Gi., sulla scorta di quattro motivi.
Ha proposto tempestivo controricorso Li.Os.
In prossimità dell’udienza camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
La gravità dell’inadempimento per la risoluzione va commisurata all’interesse
RAGIONI DI DIRITTO
1) Attraverso la prima censura, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonché omessa pronuncia e nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.
La Corte d’appello, pur avendo riconosciuto la facoltà del notaio di cancellare l’ipoteca contestualmente alla stipulazione del rogito, aveva però ritenuto che questo incombente non si fosse potuto attuare, mancando il conferimento dell’incarico da parte dell’Er.Gi. E, invece, il contratto preliminare, all’art. 7, avrebbe disposto testualmente “Il venditore garantisce che il debito è stato estinto, dichiara che a sua completa cura e spese è in corso di cancellazione tale formalità dell’immobile qui venduto, con annotamento di cancellazione totale per mezzo del Notaio a ciò espressamente incaricato, prima della stipula dell’atto pubblico di compravendita”.
Il motivo è inammissibile.
1.a) In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Sez. U, n. 20867 del 30 settembre 2020; Sez. 5, n. 16016 del 9 giugno 2021).
1.b) D’altronde – secondo la corretta lettura della Corte d’appello – l’art. 7 del preliminare inter partes non dà per avvenuta la cancellazione, ma prevede che vi provvederà il notaio incaricato, facendo ragionevolmente intendere che il professionista, previamente individuato dal promissario acquirente, avrebbe effettivamente dato seguito all’incarico, una volta ottenuto l’input dal mandante, prima della stipula dell’atto pubblico. Per evitare di essere ritenuto inadempiente, l’Er.Gi. avrebbe appunto dovuto dimostrare di aver disposto affinché il mandato fosse portato a termine.
2) Con il secondo mezzo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare e valutare che egli non si era presentato avanti il notaio, giacché la promissaria acquirente non aveva a disposizione la somma necessaria per il pagamento del prezzo residuo.
Il motivo è infondato.
2.a) La sentenza impugnata ha motivatamente ritenuto che il mancato possesso del prezzo residuo in contanti non fosse indice di una volontà della Li.Os. volta all’inadempimento del pagamento del corrispettivo, dal momento che la promissaria acquirente avrebbe potuto provvedere alla sua obbligazione con un mezzo alternativo. Il dato processuale oggettivo evidenziato dalla Corte d’appello è costituito dall’assenza del ricorrente avanti al notaio prescelto per l’atto pubblico, tanto più che l’Er.Gi. “successivamente rimase sordo alle sollecitazioni rivoltegli dall’Li.Os. per la fissazione di un nuovo appuntamento dal Notaio per addivenire finalmente alla stipula, manifestando chiaramente una volontà contraria alla stessa”.
2.b) Con riguardo particolare alla ricostruzione del fatto, va ribadito che l’esame dei documenti esibiti e la valutazione degli stessi, come anche il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti fattuali riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 1, n. 19011 del 31 luglio 2017; Sez. 1, n. 16056 del 2 agosto 2016).
2.c) In altri termini, la differente lettura delle risultanze istruttorie proposta dal ricorrente non tiene conto del principio per il quale la doglianza non può tradursi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Sez. U, n. 24148 del 25 ottobre 2013).
3) Il terzo rilievo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1455 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto l’inadempimento dell’Er.Gi. di grave importanza, rispetto all’interesse della Li.Os., senza valutare correttamente le condotte reciproche dei contraenti. Infatti, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che la condotta della promissaria acquirente non poteva reputarsi un inadempimento di scarsa importanza, giacché coinvolgeva obbligazioni essenziali assunte col contratto preliminare, ossia il pagamento del prezzo residuo.
Il motivo è fondato.
3.a) La Corte d’appello, esaminati i reciproci comportamenti, ha concluso che “l’inadempimento dell’Er.Gi., avuto riguardo alle contrapposte deduzioni delle parti ed ai comportamenti dalle stesse osservati, presenti i requisiti di importanza richiesti dall’art. 1455 c.c.”.
3.b) Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la gravità dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c. va commisurata all’interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all’adempimento (Sez. 1, n. 8212 del 27 aprile 2020; Sez. 3, n. 4022 del 20 febbraio 2018).
Più in generale, in tema di risoluzione per inadempimento, il giudice, per valutarne la gravità, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale (Sez. 3, n. 7187 del 4 marzo 2022; Sez. 1, n. 8220 del 24 marzo 2021).
Nel caso di specie, la valutazione circa la gravità dell’inadempimento è rimasta inespressa e, pertanto, sotto il suddetto profilo, la sentenza di appello deve essere censurata.
4) La quarta doglianza s’impernia sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 1384 e 1385 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché i giudici di secondo grado avrebbero condannato l’Er.Gi. alla restituzione delle somme riscosse a titolo di caparra confirmatoria ed al pagamento della penale, in assenza dei presupposti di legge. Per un verso, non si sarebbe dovuta riconoscere la penale, mancando un inadempimento determinante del promittente venditore. Per altro verso, non sarebbe spettata la restituzione né dell’acconto né della caparra confirmatoria, non essendosi egli mai sottratto alla conclusione del definitivo.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del precedente.
La sentenza impugnata va dunque cassata ed il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, dovrà riesaminare l’intera vicenda, alla luce del principio sopra esposto.
La gravità dell’inadempimento per la risoluzione va commisurata all’interesse
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il secondo motivo, accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2024, nella camera di consiglio delle Seconda Sezione Civile.
Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2024.
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