Il committente che agisce per dei danni derivati da vizi o difformità non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|1 marzo 2024| n. 5525. Il committente che agisce per dei danni derivati da vizi o difformità non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore

Il committente, il quale agisce nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1668 cod. civ. per il risarcimento dei danni derivati da vizi o difformità dell’opera, non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore medesimo, in quanto, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, tale colpa è presunta fino a prova contraria. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere la corte del merito rigettato la domanda risarcitoria sul rilievo che il committente non aveva fornito la prova che i difetti dell’opera erano da attribuire all’appaltatore e non già ad altra causa, astrattamente ipotizzata nel fatto di “terzi o al passare del tempo”)

Ordinanza|1 marzo 2024| n. 5525. Il committente che agisce per dei danni derivati da vizi o difformità non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore

Data udienza 22 febbraio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto privato – Pagamento corrispettivi – Difformità e vizi – Garanzia ex art. 1667 e 1668 c.c. – Committente – Non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore medesimo – Si verte in tema di responsabilità contrattuale – Tale colpa è presunta fino a prova contraria

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere-Rel.

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27188/2018 R.G. proposto da:

Ko.St., elettivamente domiciliato in ROMA VIA (…), presso lo studio dell’avvocato Ca.Te. (Omissis) che lo rappresenta e difende

– ricorrente ­

Contro

St.Fe., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati Ca.Ni. (Omissis), Ca.Pi. (Omissis)

– controricorrente e ricorrente incidentale ­

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6206/2017 depositata il 04/10/2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere ANTONIO MONDINI.

Premesso che:

1. Ko.St. e St.Fe. ricorrono, rispettivamente in via principale con cinque motivi e in via incidentale con due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Roma ha, in primo luogo, negato il diritto di Ko.St. alla penale per il ritardo nell’esecuzione dei lavori di cui al contratto di appalto stipulato inter partes il 6 aprile 2005, in secondo luogo, negato che le difformità per le quali il ricorrente aveva azionato la garanzia ex artt. 1667 e 1668 c.c., riscontrate dal consulente tecnico di primo grado nel 2009, a quattro anni di tempo dalla data di ultimazione dei lavori – il 18 maggio 2005 -, potessero essere imputate all’appaltatore e non invece ad eventuali interventi di terzi o al passare del tempo, in terzo luogo, negato che St.Fe. avesse diritto ad alcun corrispettivo per lavori non contrattualizzati atteso che, come accertato dal predetto CTU e come già dichiarato anche dal primo giudice, nessun lavoro non contrattualizzato risultava essere stato realizzato;

2. St.Fe. ha depositato memoria;

Il committente che agisce per dei danni derivati da vizi o difformità non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore

 

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo di ricorso principale viene lamentata “la violazione o falsa applicazione degli articoli 1218, 1382 e 2697 c.c. e dell’art. 9 della l.46/1990” per avere la Corte di Appello affermato che “non è stata fornita la prova dell’entità dell’assunto ritardo nell’ultimazione dei lavori”;

2. con il secondo motivo di ricorso principale viene lamentata “la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132, n.4 c.p.c.” nonché “violazione o falsa applicazione degli articoli 1182 e ss., 1382 e 1659, 1660, 1661 e 2697 c.c.”.

Viene censurato il richiamo della Corte di Appello alla sentenza di questa Corte n.20484 del 6 ottobre 2011 secondo cui “quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori; perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore”.

Evidenzia il ricorrente che, nel caso di specie, non è mai stata formulata eccezione di estinzione dell’obbligo di pagamento della penale, non è mai stato dedotto né tanto meno provato che le variazioni dell’originario piano dei lavori fossero state “notevoli e importanti”;

3. i due motivi di ricordo sono inammissibili per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) in quanto veicolano doglianze fuori fuoco rispetto all’affermazione cardine della sentenza impugnata. L’affermazione cardine non è quella per cui “non è stata fornita la prova dell’entità dell’assunto ritardo nell’ultimazione dei lavori” e non è quella espressa dal richiamo alla sentenza di questa Corte n. 20484 del 6 ottobre 2011. L’affermazione costituente ratio decidendi è quella che si legge a pagina 6 della sentenza impugnata, là dove i giudici di appello hanno scritto che per il fatto che il ricorrente aveva pagato il saldo dei lavori immediatamente dopo la data del 18 maggio 2005 stabilita in contratto come termine di fine lavori e per il fatto che in base al contratto il saldo dei lavori avrebbe dovuto essere effettuato alla consegna dei lavori, era da presumersi che la consegna dei lavori era stata tempestiva;

4. con il terzo motivo del ricorso principale viene lamentata la “violazione dell’art. 132 c.p.c. con riferimento agli artt. 2729 e 116 c.p.c.”.

Il ricorrente censura l’affermazione cardine della sentenza impugnata sostenendo che il ragionamento presuntivo della Corte di Appello è errato in quanto alcuni dei testi escussi davanti al giudice di primo grado avrebbero confermato che “alla data del 18 maggio alcuni lavori non erano stati completati”.

5. il motivo è inammissibile.

6. Da un lato, “con riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità” (Cass. n. 22366 del 05/08/2021), dall’altro lato, “sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. 2, ordinanza n.21187 del 08/08/2019). È, pertanto, insindacabile, nel caso di specie, il “peso probatorio” dato al motivato procedimento logico presuntivo basato sulla condotta del ricorrente, rispetto ad alcune testimonianze;

7. con il quarto motivo del ricorso principale vengono lamentate “la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1382 e 1665 c.c.”. Sostiene il ricorrente che con il già menzionato ragionamento presuntivo la Corte di appello avrebbe “desunto presuntivamente la rinuncia ad avvalersi della clausola penale”;

8. il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) in quanto non correlato a quanto la Corte di Appello ha presunto.

La Corte di Appello ha presunto la insussistenza del ritardo e quindi del presupposto stesso della possibilità del ricorrente di avvalersi della clausola penale.

Non ha affatto presunto che il diritto alla penale è stato oggetto di rinuncia;

9. con il quinto motivo di ricorso principale vengono lamentate “la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1667, 1668 e 2697 c.c.” per avere la Corte di Appello escluso di poter riconoscere all’odierno ricorrente il risarcimento dei danni richiesto ai sensi dell’art. 1667 e 1668 c.c. per difformità riscontrate dal CTU sul motivo che “non vi è prova che dette difformità siano attribuibili” all’appaltatore ” e non invece ad interventi di terzi o al passare del tempo, o al trascorrere del tempo”;

10. il motivo è fondato e va accolto.

10.1. La Corte di Appello non ha tenuto conto del fatto che “Il committente, il quale agisce nei confronti dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1668 cod. civ. per il risarcimento dei danni derivati da vizi o difformità dell’opera, non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore medesimo, in quanto, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, tale colpa è presunta fino a prova contraria” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.21269, del 05/10/2009).

È stato anche affermato che “In tema di appalto, i vizi fattualmente riscontrati nell’opera realizzata in esecuzione del contratto si presumono, in assenza di prova contraria, imputabili all’assuntore del lavoro (Cass. Sez. 2, n. 644 del 1991; Cass. Sez. 2 n. 5624 del 7/11/1984; Cass. n.2123 del 27/2/1991).

La Corte di Appello ha errato nel rigettare la domanda risarcitoria sul rilievo che il committente non ha fornito la prova che i difetti dell’opera erano da attribuire all’appaltatore e non ad altra causa, astrattamente ipotizzata (“terzi o passare del tempo”). Assolto da parte del committente l’onere di provare l’esistenza dei difetti, era a carico dell’appaltatore l’onere di provare che i difetti dell’opera non erano a lui imputabili;

11. con il primo motivo di ricorso incidentale, sotto la rubrica di “omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c. n. 5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 e 132 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, c.p.c. n. 4” viene lamentato che la Corte di Appello avrebbe errato nel rigettare la domanda riconvenzionale dell’odierno ricorrente incidentale sul motivo che dalla relazione del CTU era stata esclusa l’esistenza delle opere extra contratto laddove invece, per un verso, dalla pagina 1 della relazione del CTU risulterebbe che alcuni lavori extra contratto – precisamente l’apposizione di parquet per “0,50 mq in più rispetto al pattuito” – erano stati eseguiti e, per altro verso, la controparte avrebbe ammesso, nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. depositata davanti al giudice di primo grado, che altri lavori extra contratto erano stati effettuati;

12. il motivo è inammissibile.

12.1. Nella sentenza impugnata si legge che la domanda dello Strinati per il pagamento del prezzo di lavori extra contratto era stata respinta dal giudice di primo grado in ragione del fatto che il CTU, “nella relazione, integrata dai relativi chiarimenti” aveva escluso l’esistenza di tali lavori.

La sentenza di appello ha di nuovo respinto la domanda per identica ragione.

12.2. Non risulta dalla sentenza impugnata né dal ricorso incidentale che sia stato proposto un motivo di appello contro la sentenza di primo grado per violazione dell’art.115 c.p.c. sotto il profilo della inosservanza del dovere di considerare determinati fatti come non contestati.

Pertanto, è inammissibile la censura di “violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c.” ora proposta contro la sentenza di appello per un errore in ipotesi risalente già al giudice di primo grado e non fatto valere con l’appello.

12.4. La censura di travisamento delle risultanze della consulenza tecnica è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c.) mancando di qualsiasi riferimento ai chiarimenti forniti dal CTU a fronte del fatto che il giudice di appello ha avuto invece riguardo (non alla “CTU” bensì) alla “relazione (del CTU), integrata dai relativi chiarimenti”.

12.5. La censura di “omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c. n. 5” coincide con le censure inammissibili di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. già esaminate. Le circostanze di cui il ricorrente incidentale lamenta l’omesso esame sono le circostanze risultanti dalla pagina 1 della CTU e la circostanza che la controparte non avrebbe, in primo grado, contestato l’esecuzione di lavori extra contratto.

12.6 La violazione dell’art. 132 c.p.c. è menzionata solo nella rubrica e non nel corpo e motivo. Peraltro, la motivazione, appena sopra ricordata, della sentenza d’appello si sottrae al sindacato di legittimità (v. Cass. 8053/2014) essendo chiara e lineare.

12.6. La violazione dell’art. 2697 c.c. è anch’essa menzionata solo nella rubrica e non nel corpo del motivo. Peraltro, il giudice di appello, escludendo il diritto al prezzo di lavori ulteriori rispetto a quelli contrattualizzati per mancanza di prova, da parte dell’appaltatore, dell’esistenza dei lavori, non ha attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata atteso che l’esecuzione del lavoro è il fatto costitutivo del diritto al prezzo;

13. il secondo motivo di ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento delle doglianze del ricorrente principale in punto di debenza della penale, resta assorbito;

14. in conclusione, il ricorso principale va accolto limitatamente al quinto motivo mentre i motivi restanti devono essere dichiarati inammissibili, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile quanto al primo motivo restando il secondo assorbito, la sentenza impugnata deve essere cassata in riferimento al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese;

Il committente che agisce per dei danni derivati da vizi o difformità non è tenuto a dimostrare la colpa dell’appaltatore

P.Q.M.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma 22 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 1° marzo 2024.

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