Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 marzo 2024| n. 5782.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

In tema di locazione ad uso diverso da quello abitativo, l’inottemperanza del precedente locatario all’obbligazione di rilascio alla scadenza del contratto non può essere dedotta quale sopravvenuta impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c. per escludere l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile al conduttore nel termine pattuito.

 

Ordinanza|4 marzo 2024| n. 5782. Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

Data udienza 21 settembre 2023.  

Integrale

Tag/parola chiave: Locazione – Obbligazioni del locatore – In genere locazione ad uso non abitativo – Mancato rilascio al locatore dell’immobile alla scadenza del precedente contratto di locazione in scadenza – Impossibilità sopravvenuta della prestazione di consegna al nuovo conduttore – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso 16747-2019 proposto da:

Di.Sa., elettivamente domiciliato in Roma, (…), presso lo studio dell’Avv. Fr. CA. R. rappresentato e difeso dagli Avvocati Em. MA., Mi. TA.;

– ricorrente –

contro

Gr. Srl, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante “pro tempore”, elettivamente domiciliato in Roma, (…), presso lo studio dell’Avv. Fr. IN., rappresentata e difesa dagli Avvocati Ro. BI., De. SE.;

– controricorrente –

nonché contro

Ag.;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 403/2019 della Corte d’appello di Firenze, depositata il 19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 21/09/2023 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

FATTI DI CAUSA

1. Di.Sa. ricorre, sulla base di nove motivi, per la cassazione della sentenza n. 403/19, del 19 marzo 2019, della Corte d’appello di Firenze, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 1018/18, del 29 ottobre 2018, del Tribunale di Arezzo – ha rigettato, per quanto qui ancora di interesse, la sua domanda di risoluzione e di risarcimento del danno, in ragione dell’inadempimento della locatrice Gr. Srl (d’ora in poi, “società Mo.”), proposta in relazione al contratto di locazione immobiliare concluso il 3 febbraio 2010, di durata triennale, con decorrenza dal 1° luglio 2010, avente ad oggetto un complesso immobiliare sito in A, frazione S, destinato ad attività di essiccazione di tabacco “Kentucky”.

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente che la società locatrice Mo. – concluso da esso Di.Sa., unitamente a Gi.St, il suddetto contratto di locazione -si sarebbe resa inadempiente all’obbligo di consegnare la “res locata”. L’immobile, infatti, risultava illegittimamente occupato dal precedente conduttore, società Ag. (d’ora in poi, “Ag.”), non avendo esso ottemperato – a dispetto delle rassicurazioni in tal senso, invece, espresse – all’obbligo di rilascio dello stesso alla scadenza contrattuale, fissata per il 30 giugno 2010.

Diffidata, inutilmente, la società Mo., con missiva del 29 luglio 2010, ad adempiere all’obbligo di immetterli nella detenzione dell’immobile, il Di.Sa. e il Gi.St concludevano – solo a seguito dell’avvenuto rilascio dello stesso da parte di Ag. (e dopo che la società Mo. aveva offerto ai medesimi la temporanea disponibilità, per consentire l’essiccazione del tabacco della campagna 2010, di altro immobile, a loro dire inidoneo, sito in Località S) – un nuovo contratto di locazione, della durata di sei anni, in relazione al quale la locatrice si sarebbe resa, però, nuovamente inadempiente all’obbligo di consegna della “res locata”. Su tali basi, pertanto, essi adivano il Tribunale aretino affinché dichiarasse risolti entrambi i contratti, per inadempimento della locatrice, con condanna della stessa a risarcire il danno, consistito nella perdita, quasi integrale, del raccolto di tabacco dell’anno 2010 (non essendo stato possibile stoccare ed essiccare lo stesso nella “res locata”), oltre che nel mancato guadagno in relazione alle cinque annualità successive.

Autorizzata dal giudice di prime cure – su richiesta della convenuta – la chiamata in causa, in garanzia, di Ag., all’esito dell’istruttoria la domanda attorea veniva rigettata, sul rilievo che il comportamento della terza chiamata avesse reso impossibile la prestazione della locatrice, decisione poi confermata in appello, attesa la reiezione del gravame esperito dal Di.Sa. e dal Gi.St. Ambo i giudici di merito ponevano a carico degli attori (e poi appellanti) tutte le spese di lite, anche quelle sopportate dalla terza chiamata.

3. Avverso la sentenza della Corte fiorentina ha proposto ricorso per cassazione il solo Di.Sa., sulla base – come detto – di nove motivi.

3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453, 1454, 1455, 1256, 1176 e 1218 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la mancata consegna dell’immobile locato, alla data del 30 giugno 2010 (prevista nel contratto concluso il precedente 3 febbraio 2010), fosse dipesa da un fatto sopravvenuto, non imputabile al debitore e comportante l’impossibilità della prestazione ex art. 1256 cod. civ., e non già dal grave inadempimento della società Mo., con conseguente esclusione della risoluzione contrattuale.

In particolare, si assume che la locatrice, avendo avuto notizia già il 27 aprile 2010 dell’intenzione di Ag. di non rilasciare l’immobile, si sarebbe dovuta attivare sin d’allora, intimando la preventiva licenza per finita locazione (e non, come avvenuto, nel successivo mese di settembre, chiedendo convalidarsi lo sfratto).

Il giudice di appello, dunque, non avrebbe fatto buongoverno delle regole che presiedono all’applicazione, in particolare, dell’art. 1256 cod. civ., secondo cui l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, idonea ad escludere la responsabilità del debitore per l’inadempimento, presuppone l’insorgenza di una causa imprevedibile e imprevenibile secondo la diligenza media. Tale, tuttavia, non sarebbe il caso di specie, perché la locatrice aveva il dovere di prevenire il mancato rilascio promuovendo, già nell’aprile 2010, la procedura ex art. 657 cod. proc. civ.

3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1227, ultimo comma, cod. civ.

Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso il diritto di esso Di.Sa. al risarcimento del danno, in quanto, pur essendo il medesimo a conoscenza – sin dal 27 aprile 2010 -dell’intenzione della precedente conduttrice di non voler rilasciare, alla data contrattualmente stabilita, l’essiccatoio oggetto di locazione, aveva ugualmente proceduto all’acquisto delle piantine di tabacco ed al relativo trapianto e coltivazione, con la conseguenza che la perdita lamentata era da considerarsi ii frutto di una sua scelta inopinata.

In particolare, la Corte fiorentina non avrebbe considerato che ben prima della comunicazione dell’aprile 2010, con cui Ag. manifestava l’intenzione di non rilasciare la “res locata”, il Di.Sa. e il Gi.St avevano affittato i terreni da coltivare e le relative piantine, scelta, peraltro, imposta dalla necessità di evitare la perdita del raccolto del 2010. Di conseguenza, la sentenza impugnata avrebbe disatteso il principio secondo cui l’onere del creditore di evitare il danno non si configura allorché richieda il ricorso a mezzi onerosi o implichi un rilevante sacrificio economico, oppure comportamenti in concreto inesigibili.

3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1375, 1454, 1256 e 1227, ultimo comma, cod. civ.

In questo caso, la censura si indirizza avverso quella statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che la mancata accettazione – da parte del Di.Sa. e del Gi.St – dell’essiccatoio sito in località Santa Croce di Anghiari (offerto dalla locatrice, nel mese di settembre 2010, in sostituzione temporanea della “res locata”) sia avvenuta con una condotta improntata a mala fede ex art. 1375 cod. civ.; di qui, l’esclusione, in applicazione dell’art. 1227, ultimo comma, cod. civ., del risarcimento dei danni.

In particolare, si contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto irrilevanti le motivazioni addotte dalla parte conduttrice a sostegno del rifiuto ad avvalersi di tale immobile, messole temporaneamente a disposizione dalla società locatrice. Difatti, l’esistenza del certificato di agibilità del locale non avrebbe, comunque, potuto permettere – diversamente da quanto affermato dalla Corte fiorentina – lo svolgimento dell’attività di essicazione del tabacco, data l’assenza del certificato antincendio (che pure lo stesso giudice di appello dichiara scaduto dal 30 luglio 1985). Per un verso, infatti, la parte conduttrice, inviando i propri operai a lavorare in un impianto privo di tale certificazione, si sarebbe esposta al rischio di subire la contestazione di illeciti penali; per altro verso, neppure si sarebbe potuto pretendere dalla stessa di adoperarsi per il rilascio di tale certificazione.

3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., nella parte in cui la Corte territoriale, ignorando totalmente le ragioni poste a fondamento dei motivi da 13 a 18 dell’atto di appello, non ha valutato le risultanze probatorie del giudizio di primo grado riguardanti la sussistenza e la quantificazione dei danni subiti dalla parte conduttrice. In particolare, si contesta al giudice di appello di aver ignorato le censure svolte avverso la decisione assunta dal primo giudice in relazione alle prove espletate ed alla stessa consulenza tecnica d’ufficio, in merito all’esistenza ed entità dei pregiudizi subiti dalla conduttrice a causa dell’inadempimento della società Mo.; pregiudizi ampiamente comprovati dai documenti già prodotti in giudizio, tra i quali, in particolare, le perizie di parte allegate al ricorso introduttivo il giudizio di primo grado.

La Corte, inoltre, non avrebbe considerato l’evidente e grossolano errore matematico in cui era incorso il CTU e che ha portato il primo giudice a ritenere che il tabacco essiccato %ata venduto fosse notevolmente superiore (kg. 290,40) a quello dichiarato da esso Di.Sa. (kg. 40), così pervenendo all’errata conclusione che il medesimo non avesse subito alcun danno.

Si censura, pertanto, la sentenza anche per aver il giudice di appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rinnovo della CTU.

3.5. Il quinto motivo denuncia – ai sensi, rispettivamente, dei n. 4) e 3), del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. – nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi in ordine ai danni corrispondenti alle spese sostenute in relazione al primo contratto di locazione, ovvero, in subordine, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1458, 1218 e 1223 cod. civ., qualora dovesse ritenersi che il giudice di appello abbia, invece, rigettato implicitamente tale domanda.

3.6. Il sesto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, commi 1, 5 e 6, del D.M. n. 55 del 2014 e dell’art. 2233 cod. civ., censurando la decisione della Corte territoriale per aver ingiustamente confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha liquidato le spese di lite, a favore della convenuta e della terza chiamata in causa sulla base del valore complessivo delle domande risarcitorie proposte, pari ad Euro 6.524.434,54 (petitum), piuttosto che del valore indeterminato del giudizio, derivante dal fatto che il giudice di primo grado aveva ritenuto i danni lamentati insussistenti e, comunque, non provati.

3.7. Il settimo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91, comma 1, e 106 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale ingiustamente confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui esso Di.Sa. era stato condannato al pagamento delle spese di lite in favore della terza chiamata in causa Ag., pur essendo la domanda di manleva, formulata dalla convenuta, giustificata soltanto in relazione ad una minima parte delle pretese risarcitorie fatte valere dagli allora attori.

3.8. L’ottavo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, commi 1, 5 e 6, del D.M. n. 55 del 2014 e dell’art. 2233 cod. civ., censurando la decisione impugnata per le medesime ragioni già esposte nel motivo sesto, ovvero nella parte in cui la Corte di Appello di Firenze ingiustamente condannato gli appellanti al pagamento delie spese del giudizio di secondo grado sulla base del valore del “petitum”, e non sulla base del valore effettivo della controversia.

3.9. Il nono motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91, comma 1, e 106 cod. proc. civ. per le medesime ragioni già esposte nel motivo settimo, e cioè per avere la Corte fiorentina condannato al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio in favore della terza chiamata in causa Ag., pur essendo la domanda di manleva, formulata dalla convenuta, giustificata soltanto in relazione ad una minima parte delle pretese risarcitorie fatte valere dagli allora appellanti.

4. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società Mo., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.

5. La società Ag. è rimasta solo intimata.

6. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

7. Non consta, invece, la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.

8. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., inizialmente per il 26 gennaio 2023.

All’esito della stessa, ravvisata la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di Gi.St., si provvedeva ad impartire il relativo ordine con ordinanza interlocutoria n. 5223/23 del 20 febbraio 2023.

9. Fissata nuovamente adunanza camerale per il giorno 21 settembre 2023, in vista della stessa il ricorrente e la controricorrente hanno presentato nuove memorie, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

RAGIONI DELLA DECISIONE

10. In via preliminare, va rilevato che l’integrazione del contraddittorio è stata ritualmente eseguita, visto che la notificazione del relativo provvedimento è stata effettuata anche alla parte personalmente, com’era necessario (Cass. Sez. 3, sent. 26 settembre 2017, n. 22341, Rv. 646020-02).

11. Ciò premesso, il ricorso va accolto, nei limiti di seguito indicati.

11.1. Il primo motivo è fondato.

11.1.1. In via preliminare, va rilevato che esso denuncia, ritualmente, un vizio di sussunzione, in quanto recepisce il “fatto” proprio come è stato assunto dalla sentenza impugnata, censurando la valutazione “in iure” compiuta dalla Corte fiorentina circa la sussistenza della impossibilità sopravvenuta di adempiere.

Difatti, il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. deve ritenersi sussistente “quando il giudice di merito” – dopo avere individuato e ricostruito, “sulla base delle allegazioni e delle prove offerte dalle parti e comunque all’esito dello svolgimento dell’istruzione cui ha proceduto, la “quaestio facti”, cioè i termini ed il modo di essere della c.d. fattispecie concreta dedotta in giudizio” – tragga da essa conseguenze giuridiche erronee (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2019, n. 21772, Rv. 655084-01). Invero, in un simile caso, “la valutazione così effettuata dal giudice di merito e la relativa motivazione, non inerendo più all’attività di ricostruzione della “quaestio facti” e, dunque, all’apprezzamento dei fatti storici in funzione di essa” (apprezzamento, nel caso che qui occupa, indiscusso, dal momento che non è contestato che al momento della stipulazione del contratto per cui è causa la “res locata” fosse nella detenzione di un terzo, che avrebbe dovuto rilasciarla solo il giorno prima che iniziasse a decorrere la durata triennale del medesimo contratto), “bensì all’attività di qualificazione “in iure” della “quaestio” per come ricostruita”, risulta, pertanto, “espressione di un vero e proprio giudizio normativo”; sicché “il relativo ragionamento” operato dal giudice di merito, “connotandosi come ragionamento giuridico (espressione del momento terminale del broccardo “da mihi factum dabo tibi ius”) è controllabile e deve essere controllato dalla Corte di Cassazione nell’ambito del paradigma del n. 3) dell’art. 360 cod. proc. civ.” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 21772 del 2019, cit.; in senso analogo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 13 gennaio 2021, n. 457, non massimata sul punto).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha sussunto il fatto della mancata liberazione dell’immobile, da parte della terza Ag., sotto la norma dell’art. 1256 cod. civ., così ravvisando l’esclusione dell’inadempimento colpevole in modo palesemente erroneo. Ciò, innanzitutto, perché, avendo i contraenti stipulato la locazione nella consapevolezza, comune a entrambi, che l’unità immobiliare destinata ad essiccatoio avrebbe dovuto essere rilasciata dal terzo entro il 30 giugno 2010, il fatto che Ag. non abbia poi ottemperato a tale impegno non può essere considerato come un’impossibilità sopravvenuta non imputabile all’odierna controricorrente. E ciò per l’assorbente ragione che, rientrando come evenienza possibile – nell’economia del contratto che legava Mo. ad Ag. – l’inadempimento all’obbligo di rilasciare gravante sulla seconda, l’odierna controricorrente non può pretendere di considerare tale comportamento come un’impossibilità sopravvenuta a sé non imputabile, avendo essa semplicemente accettato di correre il rischio del mancato rilascio, sicché della concretizzazione di tale rischio deve essere ritenuta responsabile.

11.2. I motivi secondo, terzo e quarto – suscettibili di scrutinio unitario, giacché investono la motivazione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che, tra i danni lamentati dai conduttori, ve ne siano taluni ad essi solo addebitabili, a norma dell’art. 1227, comma 2, cod. civ. (affermazione censurata con i motivi di ricorso secondo e terzo), e talaltri, invece, rimasti non provati (rilievo avverso il quale, invece, si indirizza il quarto motivo di ricorso) -sono inammissibili.

11.2.1. Invero, i motivi secondo e terzo deducono la pretesa violazione di norme di diritto, ma solo all’esito di una sollecitata rivalutazione delle risultanze probatorie.

Invero, il vizio di violazione di legge “consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (“ex multis”, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549 -02), e ciò in quanto il vizio di sussunzione “postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito” (Cass. Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01). Ne consegue, quindi, che il “discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442).

11.2.2. In merito, invece, al quarto motivo, deve rilevarsene l’inammissibilità, innanzitutto, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ.

Premesso, invero, che esso, pur denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non lamenta un’omissione di pronuncia, bensì un insufficiente esame dei motivi di appello, tra l’altro senza specificare il loro contenuto e limitandosi a rinviare ai numeri 13, 14, 15, 16, 17 e 18 dell’atto di appello, così delegando questa Corte ad individuare che cosa potrebbe, in concreto, giustificare l’assunto.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

Tanto impone di provvedere a norma, come detto, dell’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., conclusione che “non è giustificata da finalità sanzionatorie nei confronti della parte che costringa il giudice a tale ulteriore attività d’esame degli atti processuali, oltre quella devolutagli dalla legge”, ma che “risulta, piuttosto, ispirata al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente ed il difetto di ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte dello stesso nell’individuazione di quali atti o parti di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 10 gennaio 2012, n. 82, Rv. 621100-01)

Analogamente, inammissibile è la censura di violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ..

Difatti, la violazione della prima di tali norme – che sancisce il principio secondo cui il giudice decide “iuxta alligata et probata partium” – “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640192-01; in senso conforme Cass. Sez. Un., sent. 30 settembre 2020, n. 20867, Rv. 659037-02).

Inammissibile è, del pari, la censura di violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, essendo la stessa ravvisabile solo quando “il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640193-01, nello stesso, più di recente, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618, non massimata sul punto, nonché Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-02), mentre “ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione” (Cass. Sez. Un., sent. 30 settembre 2020, n. 20867, Rv. 659037-02),

L’esito dell’inammissibilità s’impone pure con riferimento al rigetto della richiesta di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, che risulta del tutto generico.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

11.3. Il quinto motivo, invece, merita accoglimento.

11.3.1. La sentenza impugnata ha omesso effettivamente di pronunciarsi in ordine ai danni corrispondenti alle spese sostenute dalla parte conduttrice in relazione al primo contratto di locazione, sicché deve ritenersi integrato il vizio denunciato con il presente motivo, essendosi il giudice di appello sottratto al dovere di pronunciarsi sull’intero “thema decidendum” che era stato devoluto al suo esame.

11.4. L’accoglimento del primo e del quinto motivo di ricorso determina l’assorbimento di quelli dal sesto al nono, che, concernendo le spese di lite, sono relativi a parti della sentenza caduche, ai sensi dell’art. 336, comma 1, cod. proc. civ.

12. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente ai motivi primo e quinto, sicché la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa sezione e composizione, per la decisione sul merito e sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla stregua del seguente principio di diritto:

“allorché le parti di un contratto di locazione immobiliare concludano lo stesso nella consapevolezza che la “res locata” si trova nella detenzione di un terzo, a propria volta tenuto contrattualmente a rilasciarlo entro l’inizio della decorrenza della nuova relazione contrattuale, il successivo inadempimento, da parte di costui, dell’obbligazione di rilascio non può essere dedotta dalla parte conduttrice quale sopravvenuta impossibilità della prestazione ex art. 1256 cod. civ.”.

Inottemperanza del precedente locatario del rilascio alla scadenza e l’inadempimento del locatore all’obbligazione di consegnare l’immobile 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e quinto motivo di ricorso, dichiarando inammissibili il secondo, il terzo e quarto, dichiarando assorbiti i restanti.

Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa sezione e composizione per la decisione sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 21 settembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *