Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28232.
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
In tema di linee di credito c.d. “autoliquidanti” nel concordato preventivo, sussistendo un collegamento negoziale e funzionale tra il contratto di anticipazione ed il mandato all’incasso con patto di compensazione, i rispettivi debiti e crediti delle parti traggono origine da un unico rapporto negoziale, con conseguente applicabilità della c.d. “compensazione impropria” – ancorata al mero accertamento contabile di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza – e inapplicabilità, per converso, della compensazione in senso stretto di cui all’art. 1241 c.c. e, dunque, dell’art. 56 l.fall., che al pari di essa presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, attribuendo rilevanza al momento in cui i reciproci debiti e crediti delle parti vengono a coesistenza.
Ordinanza|| n. 28232. Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
Data udienza 27 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti bancari – Apertura di credito bancario (nozione, caratteri, distinzioni) – Garanzia – In genere linee di credito c.d. autoliquidanti nel concordato preventivo – Contratto di anticipazione bancaria e mandato all’incasso con patto di compensazione – Collegamento negoziale – Sussistenza – Conseguenze – Configurabilità della compensazione c.d. ‘impropria’ e non in senso stretto ex art. 1241 c.c. – Ragioni – Inapplicabilità dell’art. 56 l.fall. – Fondamento.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCOLINO Guido – Presidente
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29889/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE IN CONCORDATO PREVENTIVO N (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 448/2019 depositata il 13/03/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2023 dal Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA.
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 448/2019, depositata il 13.3.2019, la Corte d’Appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ed in concordato preventivo avverso la sentenza n. 215/2016 con cui il Tribunale di Brescia aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dalla predetta societa’ nei confronti della Banca (OMISSIS) s.p.a. finalizzata, nell’ambito del rapporto di un anticipazione bancaria regolata in conto corrente, alla restituzione delle ricevute per l’importo di Euro 235.276,74 incassate dall’istituto di credito, successivamente all’apertura della procedura di concordato preventivo, dai terzi debitori nei cui confronti la banca (che precedentemente al deposito della domanda di concordato preventivo aveva anticipato alla (OMISSIS) le relative somme) aveva svolto l’attivita’ di riscossione in virtu’ di mandato all’incasso con relativo patto di compensazione.
La Corte d’Appello ha richiamato quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di rapporto di anticipazione bancaria regolata in conto corrente, la banca ha il diritto di compensare il proprio credito derivante dalle anticipazioni erogate prima dell’apertura della procedura concorsuale al proprio cliente con il debito verso lo stesso cliente derivante dall’incasso, successivo alla apertura della stessa procedura, delle ricevute dai terzi debitori, ove la convenzione relativa all’anticipazione contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse (c.d. patto di compensazione). In tale ipotesi, infatti, non puo’ ritenersi operante il principio della cristallizzazione dei crediti.
La Corte d’Appello ha, inoltre, condiviso l’impostazione del giudice di primo grado secondo cui, nella fattispecie in esame, non viene in considerazione l’istituto della data certa di cui all’articolo 2704 c.c., atteso che al liquidatore giudiziale non puo’ attribuirsi il ruolo di terzo, avendo il legale rappresentante della ricorrente agito in questa sede quale “utendo iuribus” della societa’ gia’ in bonis.
Infine, il giudice d’appello ha evidenziato che, nel caso di specie, non sussiste alcun dubbio in ordine alla sussistenza del credito della banca da opporre in compensazione, atteso che il concordato preventivo non ha contestato l’esistenza dell’obbligazione bensi’ solo la possibilita’ della relativa compensazione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ed in concordato preventivo, affidandolo a quattro motivi.
La Banca (OMISSIS) s.p.a. ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo e’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1703, 1713, 1246 c.c., L.Fall., articoli 18, 44, 56, 168, 169, 184.
Lamenta la societa’ ricorrente che la compensazione, sancita come legittima dalla sentenza impugnata, non avrebbe dovuto operare atteso che i suoi debiti verso la Banca per le anticipazioni salvo buon fine erano sorti prima della domanda di concordato preventivo, mentre i suoi crediti, derivanti dall’incasso delle ricevute da parte dell’istituto di credito erano sorti dopo l’ammissione alla procedura, evento che aveva provocato la “cristallizzazione” della massa debitoria, in ossequio al principio della par condicio creditorum.
In particolare, espone la ricorrente (richiamando la pronuncia di questa Corte n. 10548/2009), che, nel caso di specie, la compensazione non puo’ operare perche’ richiede che entrambi i crediti siano preesistenti all’apertura della procedura concorsuale, in ossequio al disposto della L.Fall., articolo 56, mentre, in caso di mandato all’incasso, sorgendo l’obbligo della banca di restituire al mandante la somma riscossa, non al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all’atto della riscossione del credito, ove quest’ultima avvenga dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione. Ne consegue che, ad avviso della ricorrente, erroneamente la Corte d’Appello ha affermato che il diritto della banca di compensare il proprio credito sorto dall’anticipazione erogata con il debito derivante dalla riscossione del credito presso terzi (in esecuzione del mandato all’incasso) sorge al momento della stessa anticipazione e che non rilevi se gli incassi siano avvenuti dopo l’apertura della procedura concorsuale.
2. Con il secondo motivo e’ stata dedotta la violazione della L.Fall., articoli 168 e 184 in conseguenza della violazione del principio di cristallizzazione del credito dell’impresa assoggettata a procedura concorsuale (desumibile dalla L.Fall., articoli 167 e 168), che si sostanzia nel divieto di soddisfare i creditori anteriori alla presentazione dell’istanza di ammissione al concordato preventivo.
E’ stata, altresi’, lamentata la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per motivazione assente o apparente, per essersi la Corte d’appello limitata a ripetere pedissequamente l’enunciato della pronuncia di questa Corte n. 17999/2011.
3. I primi due motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni strettamente connesse, sono infondati.
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
Va, in primo luogo, osservato che la censura della ricorrente secondo cui la Corte d’Appello sarebbe incorsa nel vizio di omessa motivazione o comunque di motivazione apparente, per aver richiamato pedissequamente, nel suo articolato sviluppo argomentativo la pronuncia di questa Corte n. 17999/2011, e’ manifestamente infondato.
Premesso che, nel caso di specie, le circostanze fattuali non sono contestate tra le parti, ovvero che la banca ha erogato le anticipazioni alla societa’ ricorrente prima del deposito della domanda di concordato preventivo ed ha provveduto all’incasso delle ricevute presso i terzi successivamente all’apertura di tale procedura concorsuale, la problematica relativa alla compensabilita’ o meno dei reciproci crediti tra l’istituto bancario e la odierna ricorrente e’ puramente di diritto e la Corte d’Appello, anche in ossequio l’articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1 (secondo cui la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti di causa e della ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi), ha ampiamente illustrato le ragioni giuridiche di tale compensabilita’ con il richiamo ad ampi passaggi della decisione sopra indicata, cosi’ soddisfacendo pienamente il requisito del “minimo costituzionale” secondo i criteri della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8053/2014.
Quanto al merito, va osservato che questo Collegio intende dare continuita’ all’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “in tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni siano compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata, e’ necessario accertare, qualora il correntista – successivamente ammesso al concordato preventivo – agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca, se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto contenga una clausola attributiva del “diritto di incamerare” le somme riscosse in favore della banca (cd. patto di compensazione o, secondo altra definizione, patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto); solo in tale ipotesi, difatti, la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiche’ in siffatta ipotesi non puo’ ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che ne’ l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, ne’ gli organi concorsuali – ove alla prima procedura ne sia conseguita altra – hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziche’ porle in compensazione con il proprio credito)” (Cass. n. 17999 del 01/09/2011; vedi anche Cass. n. 3336/2016; Cass. n. 11523/2020; Cass. n. 2539/1998; Cass. n. 1997 n 7194; Cass. n. 4205/01).
Come gia’ evidenziato recentemente da questa Corte nella sentenza nn. 11523/2020 e 11524/2020, emesse all’esito dell’udienza pubblica del 20.2.2020, la ratio della deroga al principio della cristallizzazione del credito va rinvenuta in due ordini di ragioni:
1) in primo luogo, l’ammissione ad una procedura concorsuale minore, come il concordato preventivo – sempre che non operi la L.Fall., articolo 169 bis, ma la fattispecie oggetto di causa e’, comunque, precedente all’entrata in vigore della predetta norma, intervenuta con il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 33 – non determina lo scioglimento del rapporto di conto corrente bancario e di quelli di volta in volta in esso confluenti, che proseguono nella loro interezza, con estensione quindi a tutte le clausole pattizie che li regolano, ivi compresa quella con le quali le parti abbiano attribuito alla banca il diritto di “incamerare le somme riscosse”;
2) in ragione del collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione ed il mandato all’incasso con patto di compensazione – discendente dal rilievo che attenendo il patto alla regolamentazione delle modalita’ di satisfazione del credito della banca, in sua carenza l’operazione non sarebbe stata mai posta in essere, cosi’ rivelando la causa concreta di tutta l’operazione – puo’ fondatamente ritenersi che i rispettivi debiti e crediti delle parti traggano origine da un unico, ancorche’ complesso, rapporto negoziale, con la conseguenza che e’ configurabile la fattispecie della c.d. compensazione impropria, e non quindi la compensazione in senso stretto di cui agli articoli 1241 c.c. e ss. (disciplinata nella procedura fallimentare dalla L.Fall., articolo 56) che presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti.
In particolare, in caso di compensazione impropria, la valutazione delle reciproche pretese delle parti comporta soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, ed a cio’ il giudice puo’ procedere senza incontrare ostacolo nelle limitazioni vigenti per la compensazione in senso tecnico giuridico (vedi Cass. n. 30220/2019; Cass. n. 4825/2019).
Dunque, ove i rispettivi debiti e crediti delle parti derivino ad un unico rapporto negoziale – ed e’ proprio il caso della linea di credito c.d. autoliquidante, nella quale la fonte di rimborso dell’erogazione finanziaria della banca e’ predeterminata, ed e’ stata pattuita sin dall’inizio dalle parti la canalizzazione del pagamento del terzo a favore dell’istituto di credito – non trova applicazione la L.Fall., articolo 56, il quale (come le norme sulla compensazione disciplinata dal codice civile) attribuisce rilevanza al momento in cui i reciproci debiti e crediti delle parti vengono a coesistenza.
L’elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza e’ la conseguenza di un mero accertamento contabile di dare e avere di poste attive e passive che, per effetto del patto di compensazione, vengono annotate nel medesimo conto corrente.
E’ evidente, invece, che ove il mandato all’incasso della banca fosse espletato in difetto del patto di compensazione stipulato a monte, verrebbe meno il collegamento negoziale sopra evidenziato e la conseguente unicita’ del rapporto negoziale, con conseguente applicabilita’ delle norme sulla compensazione in senso stretto e, in materia fallimentare, della L.Fall., articolo 56, che non consente la compensazione tra i crediti reciproci se non entrambi preesistenti all’apertura della procedura di concordato preventivo (vedi sul punto la fattispecie esaminata da Cass. n. 22277/2017).
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
In conclusione, alla luce di quanto sopra illustrato, l’esistenza del patto con cui e’ stato attribuito alla banca il diritto di incamerare le somme riscosse all’esito della esecuzione del mandato all’incasso, e l’operativita’ dell’istituto della c.d. compensazione impropria, consentono alla banca di trattenersi legittimamente le somme riscosse dopo l’apertura del concordato preventivo (che e’ avvenuta, per affermazione della ricorrente, in data 11 marzo 2011).
4. Con il terzo motivo e’ stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Lamenta la ricorrente che la Corte territoriale ha omesso di spiegare le ragioni per cui nella fattispecie di cui e’ causa debba giustificarsi una deroga ai principi di cristallizzazione dei debiti dell’impresa assoggettata alla procedura concorsuale, del divieto di azioni esecutive individuali e di pari trattamento dei creditori concorsuali.
5. Il motivo e’ inammissibile.
Va osservato che costituisce ormai ius receptum di questa Corte, il principio secondo cui “l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. SSUU n. 8053/2014).
Le ricorrenti hanno svolto censure completamente estranee alla fattispecie dell’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, come approfondita, nei termini sopra illustrati, nella citata sentenza n. 8053/2014 dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nell’elaborare la nozione di “fatto”, hanno quindi inteso riferirsi ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (vedi anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 13024 del 2022; Cass. n. 5494 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 595 del 2022).
Nel caso di specie, la ricorrente, pur denunciando, in realta’, un vizio di violazione di legge, ha ricondotto erroneamente il presunto vizio della sentenza alla fattispecie dell’omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
6. Con il quarto motivo e’ stata dedotta la violazione dell’articolo 92 c.p.c., per avere la Corte d’Appello, nel liquidare le spese di lite, omesso di considerare la sussistenza di un evidente annoso contrasto interpretativo in giurisprudenza, che avrebbe dovuto far disporre la compensazione delle spese di lite.
7. Il motivo e’ inammissibile.
Va osservato che e’ orientamento consolidato di questa Corte che il sindacato della Corte di cassazione e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti. (vedi Cass. n. 19613 del 04/08/2017).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha posto le spese di lite a carico della parte incontestabilmente soccombente e tale statuizione non e’ quindi sindacabile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Applicabilità della compensazione impropria in tema di linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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