La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 marzo 2023| n. 8829.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo può essere offerta non necessariamente attraverso la produzione del documento contrattuale, ma anche mediante elementi presuntivi, tra i quali l’indicazione della causale dei bonifici e la mancata allegazione da parte del convenuto, nelle risposte stragiudiziali alle richieste di pagamento, di un titolo che lo legittimi a trattenere la somma ricevuta. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza d’appello che, pur a fronte della specifica indicazione della causale di mutuo nelle distinte dei bonifici eseguiti dall’attore e del comportamento tenuto dal convenuto al tempo delle richieste stragiudiziali di pagamento, aveva rigettato la domanda di restituzione.)

Ordinanza|29 marzo 2023| n. 8829. La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

Data udienza 2 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Mutuo – Onere dell’attore che chiede la restituzione delle somme di provare la consegna e il titolo da cui derivi l’obbligo della restituzione – Presunzioni gravi, precise e concordanti – Mancata dimostrazione di una diversa e plausibile giustificazione causale del versamento – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 16735-2018) proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 387/2018, pubblicata il 19 marzo 2018, notificata il 5 aprile 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 marzo 2023 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
letta la memoria depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato in data 11 giugno 2009, (OMISSIS) conveniva, davanti al Tribunale di Bergamo, (OMISSIS), al fine di sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 30.649,61, oltre interessi dal dovuto al soddisfo, a titolo di restituzione delle somme ricevute in prestito e di cessione di un’autovettura rimasta impagata.
Credito in ordine al quale l’attrice aveva ottenuto ante causam, con ordinanza del 14 maggio 2009, l’autorizzazione di un sequestro conservativo immobiliare.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS), il quale chiedeva il rigetto della domanda, contestando l’esistenza di un mutuo concluso tra le parti e affermando che le dazioni di denaro erano riconducibili alla restituzione di un prestito da lui stesso in precedenza effettuato alla (OMISSIS) tra il 2004 e il 2006 e, in ogni caso, si inserivano nell’ambito di un rapporto di mutua solidarieta’, proprio di persone legate da un vincolo sentimentale e di convivenza, dando cosi’ luogo ad un’obbligazione naturale.
Nel corso del giudizio era assunta la prova per interpello ed erano escussi i testi ammessi.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1607/2013, depositata il 17 luglio 2013, accoglieva la domanda proposta e, per l’effetto, condannava (OMISSIS) alla restituzione, in favore di (OMISSIS), della somma di Euro 30.649,61, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
In specie, la pronuncia di primo grado evidenziava: che, a fronte della pacifica elargizione del predetto importo, in piu’ tranche, da parte della (OMISSIS), fra il 2007 e il 2008, doveva essere escluso che queste somme fossero state versate in restituzione di un importo in precedenza prestato dal (OMISSIS) alla (OMISSIS), stante l’inattendibilita’ e genericita’ delle testimonianze a tal fine assunte, l’anomalia di tali asseriti prestiti, a fronte delle difficolta’ economiche del (OMISSIS), e le ampie risorse finanziarie di cui disponeva l’attrice, alla quale, nel 2004, erano stati corrisposti Euro 600.000,00, a titolo risarcitorio per un grave sinistro subito; che doveva ritenersi provato che le dette somme erano state versate dalla (OMISSIS) a titolo di mutuo, attesa l’indicazione espressa di “prestito” di cui alle causali dei pagamenti effettuati, l’entita’ non indifferente delle somme corrisposte e la destinazione dei versamenti alla copertura dell’esposizione debitoria dell’impresa individuale del (OMISSIS); che tali elargizioni non potevano considerarsi eseguite in adempimento di un’obbligazione naturale, in quanto difettava alcuna prova circa la stabilita’ e serieta’ della convivenza instaurata tra le parti e vi era una chiara inadeguatezza delle dazioni di denaro allo scopo effettuate.
2.- Proponeva appello (OMISSIS), il quale contestava l’errata applicazione dei criteri di riparto dell’onere della prova in materia di mutuo nonche’ delle regole presuntive applicate per ritenere integrato un prestito.
Decidendo sul gravame interposto, cui resisteva (OMISSIS), la Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in totale riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda di restituzione della somma indicata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che, a fronte dell’allegazione – a cura dell’accipiens – dell’esistenza di una causa alternativa della dazione delle somme di denaro emarginate, ossia della riconduzione di tali versamenti alla restituzione di un prestito precedentemente concesso alla (OMISSIS), non avendo l’attrice avanzato, in via subordinata, alcuna domanda di ripetizione dell’indebito o di arricchimento senza causa, restava fermo, a suo carico, l’onere di fornire una prova rigorosa della pattuizione dell’obbligo restitutorio da parte dell’accipiens; b) che l’allegazione – a cura del convenuto – dell’esistenza di un titolo diverso non costituiva eccezione in senso sostanziale, non comportava alcuna inversione dell’onere probatorio e lasciava inalterato l’onere di parte attrice di provare, in modo rigoroso, gli elementi costitutivi del mutuo; c) che non doveva essere verificata la fondatezza dell’eccezione circa l’alternativa causale del versamento, ma doveva essere piuttosto dimostrata l’esistenza degli elementi costitutivi del mutuo e della connessa pattuizione restitutoria; d) che, sotto il profilo inferenziale, nessun rilievo poteva essere attribuito alla causale indicata negli ordini di bonifico, poiche’ l’indicazione proveniva dalla stessa (OMISSIS); e) che, quanto all’entita’ delle somme versate, l’importo corrisposto non era affatto elevato e sproporzionato, tenuto conto della ingente disponibilita’ economica di cui godeva la (OMISSIS), a seguito della percezione, nel 2004, della somma di Euro 600.000,00, a titolo risarcitorio; f) che era ininfluente che alcune erogazioni fossero state destinate a ripianare l’esposizione debitoria del (OMISSIS) e della sua impresa individuale, non potendo escludersi che, in ragione della relazione sentimentale intercorsa tra le parti, a partire dal 2005, tali versamenti fossero stati oggetto di donazioni di modico valore, effettuate in favore del convivente; g) che, pertanto, anche alla stregua dell’inattendibilita’ dei testi escussi, l’attrice odierna appellata non aveva assolto all’onere rigoroso, sulla stessa gravante, circa l’assunzione dell’impegno restitutorio da parte del (OMISSIS).
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, (OMISSIS). E’ rimasto intimato (OMISSIS).
4.- La ricorrente ha presentato memoria illustrativa.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1813 e 2697, comma 2, c.c., per avere il Giudice d’appello erroneamente applicato i principi sull’onere della prova in materia di mutuo e sul rilievo che avrebbe dovuto essere attribuito alla dedotta allegazione dell’esistenza di altro titolo di apprensione.
Ad avviso dell’istante, laddove l’accipiens non avesse allegato il titolo, ovvero la causa, per la quale fosse stato legittimato a trattenere la somma ricevuta, il giudice avrebbe dovuto evitare che il mero rigetto della domanda del solvens per mancanza di prova finisse per legittimare l’accipiens a trattenere una somma senza causa.
E, ad ogni modo, il giudice sarebbe stato tenuto a vagliare il titolo fornito dal convenuto, quantomeno secondo i principi che fondano l’allegazione di un fatto, avendo il (OMISSIS) reso una ricostruzione del tutto generica, non circostanziata e che, dunque, non assurgeva neppure ad una vera e propria eccezione.
1.1.- Il motivo e’ infondato.
Ed infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo e’ tenuto, ex articolo 2697, comma 1, c.c., a provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione.
E tanto perche’ l’esistenza di un contratto di mutuo non puo’ desumersi dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale, di per se’, a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens – ammessa la ricezione – non confermi, altresi’, il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa, ma ne contesti, anzi, la legittimita’), essendo l’attore tenuto a dimostrare, per intero, il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l’inversione dell’onere della prova (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 35959 del 22/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 24328 del 16/10/2017; Sez. 3, Sentenza n. 6295 del 13/03/2013; Sez. 3, Sentenza n. 20740 del 28/09/2009; Sez. 3, Sentenza n. 2974 del 15/02/2005; Sez. 2, Sentenza n. 3642 del 24/02/2004; Sez. 3, Sentenza n. 12119 del 19/08/2003).
A fronte dell’allegazione di una causale alternativa (ossia del ricevimento dell’importo a suo tempo versato a titolo di prestito, che aveva elargito alla controparte), per quanto non dimostrata, sarebbe stato, quindi, onere dell’asserita mutuante fornire la dimostrazione del titolo in forza del quale ha rivendicato la restituzione della somma indicata.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1813 e 2697, comma 2, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto sufficiente la mera deduzione di un’eccezione fondata su un titolo contrapposto a quello rivendicato dall’attrice.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

Sicche’ non vi sarebbe stata la piena liberta’ dell’accipiens di contrapporre alla richiesta del solvens, senza neanche un minimo principio di prova, qualsiasi ipotesi che giustificasse, in qualche modo, la dazione.
Pertanto, avendo l’accipiens dedotto la sussistenza di un pregresso rapporto di mutuo, che a suo dire avrebbe giustificato la ritenzione delle somme erogate, a fronte dell’opposizione al solvens di una fattispecie giustificativa uguale e contraria alla domanda principale, medesimo onere probatorio sarebbe ricaduto sul convenuto, il quale avrebbe dovuto dimostrare il mutuo contratto, in ragione del quale avrebbe ritenuto le somme versate a titolo restitutorio.
2.1.- La doglianza e’ infondata.
Ora, per quanto anzidetto, potendo una somma di danaro essere consegnata per varie cause, la contestazione, ad opera dell’accipiens, della sussistenza di un’obbligazione restitutoria impone all’attore in restituzione di dimostrare il fatto costitutivo della sua pretesa, onere, questo, che si estende alla prova di un titolo giuridico implicante l’obbligo della restituzione, mentre la deduzione di un diverso titolo, ad opera del convenuto, qualunque esso sia, non configurandosi come eccezione in senso sostanziale, non vale ad invertire l’onere della prova.
Ne consegue che l’attore che chieda la restituzione di somme date a mutuo e’ tenuto a provare gli elementi costitutivi della domanda e, pertanto, non solo l’avvenuta consegna della somma, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 30944 del 29/11/2018; Sez. 3, Sentenza n. 9541 del 22/04/2010; Sez. 3, Sentenza n. 9209 del 06/07/2001).
E cio’ quand’anche, come nel caso di specie, il convenuto addebiti il versamento ad un titolo omogeneo e contrapposto, ossia al mutuo concesso in favore dell’attrice e asseritamente restituito attraverso le comprovate dazioni di denaro.
Il suddetto principio non e’ applicabile solo laddove l’accipiens non abbia eccepito un diverso titolo della dazione di denaro, non implicante una obbligazione restitutoria, bensi’ un diverso titolo, che comunque implicherebbe un’obbligazione restitutoria (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 8216 del 24/05/2012).
Fattispecie che non riguarda il caso in esame, in cui il convenuto ha addotto che i versamenti corrisposti sarebbero stati riconducibili alla restituzione di un mutuo a suo tempo contratto dal (OMISSIS) in favore della (OMISSIS), in ordine al quale l’avvenuta restituzione attraverso tali versamenti avrebbe escluso che il (OMISSIS) dovesse alcunche’ alla (OMISSIS).
Solo allorche’ il convenuto avesse addotto altra causale comunque implicante l’obbligo restitutorio in favore dell’attrice, sull’accipiens sarebbe gravato, in forza dell’articolo 2697 c.c., l’onere di provare di aver restituito il denaro.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2727, 2729, 2697 e 1813 c.c. nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., per non avere la Corte territoriale attribuito rilevanza probatoria alle presunzioni gravi, precise e concordanti, da cui si sarebbe potuta desumere la sussistenza di un rapporto di mutuo, elementi dai quali, per converso, si era tratta una conclusione opposta.
Ad avviso dell’istante, la causale “prestito” apposta sugli ordini di bonifico, l’entita’ delle somme di volta in volta versate, la destinazione di dette somme al fine di ripianare l’esposizione debitoria del (OMISSIS) e della sua impresa individuale avrebbero dovuto indirizzare il giudice verso la conclusione della raggiunta dimostrazione della ricorrenza di un contratto di mutuo e non escluderne l’integrazione in forza di considerazioni non confacenti con i fatti addotti.
3.1.- La censura e’ fondata.
In primis, si rileva che, in tema di prova presuntiva, il giudice e’ tenuto, ai sensi dell’articolo 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “”precisione” e’ riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realta’ storica, quello della “gravita’” al grado di probabilita’ della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralita’ di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralita’ di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli cosi’ isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato articolo 2729 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, puo’ prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo puo’ basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravita’ o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta e applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3541 del 13/02/2020; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017).
Per l’effetto, il Giudice di merito e’ incorso nel vizio di sussunzione, poiche’, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ha ritenuti, pero’, inidonei a fornire la prova presuntiva della ricorrenza di un mutuo, non valorizzando gli elementi forniti e prima indicati ai fini di escludere la pertinenza della causa alternativa dedotta (e, viceversa, sviluppando un ragionamento inferenziale incongruo quanto all’integrazione di detta causa alternativa, non supportata da elementi gravi, precisi e concordanti). Ed asserendo la necessita’ di una prova diretta della stipulazione di un mutuo.
Ebbene, la parte che chieda la restituzione di somme date a mutuo e’ tenuta a provare, oltre alla consegna, anche il titolo dal quale derivi l’obbligo di controparte alla restituzione, purche’ l’attore fondi la domanda su un particolare contratto, senza formulare, neppure in subordine, una domanda volta a porre in questione il diritto della controparte di trattenere la somma ricevuta, ferma restando la necessita’ che il rigetto della domanda di restituzione sia argomentato con cautela, tenendo conto della natura del rapporto e delle circostanze del caso, idonee a giustificare che una parte trattenga, senza causa, il denaro indiscutibilmente ricevuto dall’altra (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27372 del 08/10/2021; Sez. 3, Sentenza n. 17050 del 28/07/2014).
Senonche’ e’ stato evidenziato che il nostro ordinamento annovera fra i suoi principi basilari e tralatizi quello dell’inammissibilita’ di trasferimenti di ricchezza ingiustificati, cioe’ privi di una causa legittima che autorizzi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio ad un altro.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

Pertanto, allorche’ si rigetti la domanda di restituzione dell’asserito mutuante, per mancanza di prova della pattuizione del relativo obbligo, si pone in modo evidente e ineludibile il problema della sussistenza di una causa che giustifichi il diritto del denegato mutuatario di trattenere le somme ricevute, qualora questi non adduca alcuna causa idonea a giustificare il suo diritto, con la conseguenza che, qualora la parte deduca in giudizio e dimostri l’avvenuto pagamento di una somma di denaro – ancorche’ sulla base di un titolo specifico, che e’ suo onere dimostrare – il convenuto e’ tenuto, quanto meno, ad allegare il titolo in forza del quale si ritiene, a sua volta, legittimato a trattenere la somma ricevuta.
In mancanza di ogni allegazione in tal senso, il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione proposta dal solvens va argomentato con una certa cautela e tenendo conto di tutte le circostanze del caso, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze del caso giustifichino che l’una delle parti trattenga, senza causa, il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri.
Ebbene, a fronte di un’espressa imputazione del versamento da parte dell’attrice, documentata dalla causale (“prestito”) dei bonifici, il giudizio in ordine alla carenza di prova dell’esistenza del rapporto di mutuo, come invocato dalla ricorrente, non si e’ attenuto al criterio di particolare cautela valutativa, specie in presenza di un’allegazione difensiva della controparte che si e’ basata unicamente su asserite cause alternative addotte solo in epoca successiva alla dazione della somma, e non gia’ al momento in cui e’ stata richiesta, mediante lettere raccomandate, la restituzione degli esborsi effettuati ed e’ stato invocato altresi’ il sequestro conservativo degli immobili del convenuto; ne’, peraltro, tali causali alternative sono state avvalorate dagli elementi presuntivi offerti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27372 del 08/10/2021).
Nella fattispecie, a fronte delle presunzioni gravi, precise e concordanti offerte dall’attrice, e’ dunque mancata la dimostrazione di una diversa e plausibile giustificazione causale del versamento, e segnatamente di quella addotta dal convenuto – in ordine alla circostanza che la somma sarebbe stata versata a titolo di restituzione di un prestito a suo tempo concesso all’attrice -, causale che pero’ appare imperniata, sul piano probatorio, su una unilaterale affermazione di detto convenuto, non supportata in via documentale, successiva alla ricezione della somma, smentita dai rilievi univocamente prospettati dall’attrice (circa la disponibilita’ di consistenti somme di denaro al tempo in cui tale prestito sarebbe stato concesso, in ragione del risarcimento dei danni riconosciutole, rispetto alle rilevanti difficolta’ economiche dell’asserito mutuante, e circa la destinazione delle somme versate dall’attrice a ripianare l’esposizione debitoria del (OMISSIS)), in presenza di puntuali causali negli ordini di bonifico, invece di estremo dettaglio.
Inoltre, la diversa giustificazione causale addotta dal convenuto, cioe’ della dazione della somma a titolo di restituzione di un mutuo a suo tempo contratto dalla (OMISSIS), non trova un preciso riscontro nelle circostanze desumibili dagli atti, dalle quali non emerge, a quanto risulta dalla narrazione dello stesso Giudice d’appello, che l’attrice avesse ricevuto un prestito all’epoca in cui aveva ottenuto un consistente riconoscimento a titolo risarcitorio.

La prova dell’esistenza di un’obbligazione restitutoria derivante da un contratto di mutuo

A fronte di una espressa imputazione del versamento da parte dell’attrice, come documentata dalla causale dei bonifici e dagli ulteriori elementi di corroborazione menzionati, ritiene la Corte che il giudizio in ordine alla carenza di prova (diretta) dell’esistenza del rapporto di mutuo invocato dalla ricorrente non si sia attenuto al criterio di particolare cautela suggerito dalla giurisprudenza di legittimita’, e cio’ in presenza di una allegazione difensiva della controparte, che a sua volta si fonda unicamente su asserzioni unilateralmente esposte in epoca successiva alla dazione della somma, e senza che emerga un’altra, plausibile, diversa ragione per il versamento, alla luce delle inferenze offerte.
Asserzioni, peraltro, intrinsecamente contraddittorie, atteso che, dapprima, il (OMISSIS) adduce che tali versamenti sarebbero stati riconducibili alla restituzione di un prestito da questi effettuato in favore della (OMISSIS) e, successivamente, sostiene che essi si sarebbero giustificati alla stregua di dazioni avvenute nell’ambito di un rapporto di solidarieta’ tra conviventi, quali obbligazioni naturali non passibili di ripetizione, ciononostante indebitamente recepite dalla pronuncia impugnata, in spregio ai limiti legali che connotano il ragionamento presuntivo.
4.- Con il quarto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 118 e 210 c.p.c., per avere la Corte distrettuale disatteso l’istanza di esibizione documentale delle scritture contabili (dichiarazioni dei redditi e libro inventari), specificamente rivolte a comprovare la situazione economica della ditta individuale ” (OMISSIS)”, di cui era titolare il (OMISSIS) nel triennio 2005-2008, documenti che avrebbero evidenziato come le somme ricevute dalla (OMISSIS) fossero state inserite nelle poste a debito, con ogni conseguenza in ordine all’obbligo restitutorio.
5.- Il quinto motivo (proposto in via subordinata al rigetto del quarto) investe, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 118 e 210 c.p.c., sempre in ordine al mancato accoglimento dell’istanza di esibizione documentale, spiegato sub specie di incidenza del vizio sulla nullita’ della sentenza o del procedimento.
6.- Il sesto motivo concerne, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 2034 c.c., per avere il Giudice dell’impugnazione erroneamente qualificato il rapporto personale tra le parti, che non avrebbe potuto essere ricondotto, sulla scorta delle testimonianze assunte, ad una stabile relazione familiare, poiche’ la relazione sarebbe durata appena tre anni, durante i quali il (OMISSIS) sarebbe stato temporaneamente ospitato nella casa della ricorrente, dove non aveva mai trasferito la propria residenza e non aveva contribuito alle spese comuni.
7.- Con il settimo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., sulla liquidazione delle spese del procedimento cautelare ante causam, per avere il Giudice del gravame condannato la (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 365,38 per anticipazioni e di Euro 5.500,00 per compensi relativi al giudizio di primo grado, comprensivo del sequestro, benche’ il (OMISSIS) non si fosse costituito nel procedimento cautelare ante causam e non avesse, quindi, svolto alcuna attivita’ difensiva in tale procedimento assicurativo.
8.- I motivi dal quarto al settimo sono assorbiti dall’accoglimento del terzo motivo, atteso che la violazione delle regole sul ragionamento presuntivo esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni.
9.- In definitiva, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, devono essere rigettati il primo e il secondo motivo, mentre i rimanenti motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata in ordine al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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