Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12387.
La massima estrapolata:
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui ambito non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio – atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente) – in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso in quanto la ricorrente non aveva evidenziato quale “fatto storico” decisivo fosse stato omesso nell’esame condotto dai giudici di merito, limitandosi a denunciare una omessa valutazione delle risultanze della CTU).
Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12387
Data udienza 9 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Processo civile – Ctu – Nozione di fatto storico – Esclusione – Materiale probatorio liberamente valutabile dal giudice
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13201-2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6957/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO VINCENTI.
RITENUTO
che, con ricorso affidato a due motivi, (OMISSIS) S.p.A. (di seguito (OMISSIS)) ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Roma, resa pubblica il 2 novembre 2017, che ne accoglieva solo parzialmente il gravame avverso la decisione del Tribunale di Roma e, quindi, condannava (OMISSIS) S.p.A. (di seguito (OMISSIS)) al pagamento della somma di Euro 16.814,04 per il maggior esborso dovuto a ulteriori risorse di personale “extra” ed Euro 81.983,29 per l’avvio del nuovo call center (attualizzata in Euro 124.421,30), oltre accessori;
che la Corte d’appello di Roma, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: 1) (OMISSIS) aveva l’onere di allegare e provare che, a fronte dell’inadempimento di (OMISSIS), si erano verificati eventi non piu’ fisiologici, ma patologici e, come tali, imprevedibili e non gestibili mediante la buona ed efficiente organizzazione dell’azienda; 2) era impossibile, sulla base delle risultanze istruttorie, ricondurre tutti gli eventi lesivi patiti da (OMISSIS) alle inadempienze di (OMISSIS) in forza dell’idoneita’ della condotta di (OMISSIS) – impreparata a fronteggiare attivita’ ordinarie e prevedibili per il tipo di attivita’ svolta – ad interrompere tale nesso causale, in particolare, per quel che concerne: a) gli aumenti degli oneri finanziari, ricondotti essenzialmente all’emissione, da parte di (OMISSIS), di fatture con importi eccessivamente superiori al dovuto; b) i danni per i costi della societa’ incaricata del recupero credito e per i costi delle pratiche legali data la mancata dimostrazione dell’assenza, fino a quel momento, di tali fisiologiche evenienze e, comunque, dell’innalzamento del fenomeno di recupero credito e del contenzioso a valori maggiori rispetto alla normalita’; c) il danno per insoluto di clienti falliti per mancata dimostrazione di non aver mai sofferto di tali effetti negativi o, comunque, che in quel periodo la situazione si era particolarmente aggravata; d) il danno per costi relativi allo storno fatture erroneamente emesse in quanto attivita’ posta in essere al fine di eliminare gli effetti provocati da fatture con valore della potenza decuplicato, incidendo l’inadempimento di (OMISSIS) S.p.a. nella misura del 11%; e) il danno all’immagini commerciale per lo piu’ ricollegabile al comportamento poco corretto assunto da (OMISSIS); J) il danno da perdita di chance, incombendo sulla stessa l’onere di provare che con alta probabilita’ se non vi fossero state tali difficolta’ di gestione e di servizi, sarebbe stata certamente aggiudicatrice della gara, risultando, a tal fine, gli accertamenti eseguiti dal perito poco attendibili in quanto non fondati su calcoli di probabilita’, bensi’ su mera ipotizzabilita’ e/o verosimiglianze; 4) potevano, invece, riconoscersi ad (OMISSIS) il risarcimento del danno per le sole spese “vive”, ossia dei costi sostenuti per call center e per il reclutamento di ulteriore personale dovuto all’inadeguatezza dei dati anagrafici forniti da (OMISSIS);
che resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimita’ della quale la ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.
CONSIDERATO
che:
a) con il primo mezzo e’ denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 113, 115, 116 c.p.c., nonche’ degli articoli 61 e 62 c.p.c., per non aver la Corte territoriale erroneamente, da un lato, tenuto conto degli accertamenti e delle affermazioni della c.t.u. espletata in primo grado, pur riconoscendone la validita’ del contenuto, e, dall’altro, per essersi discostata dalla stessa senza rendere adeguate ragioni del dissenso;
b) con il secondo mezzo e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la nullita’ della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo, per aver la Corte territoriale valutato illogicamente e contraddittoriamente gli esiti della c.t.u., con cio’ omettendo l’esame su “fatti” decisivi per il giudizio;
a.1-b.1) i motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
La denuncia di violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., e’ inammissibile, giacche’, incongruente rispetto ai parametri normativi invocati, la ricorrente si duole della valutazione della c.t.u., assunta ad elemento probatorio, operata dalla Corte territoriale, ma non gia’ che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nell’articolo 115 c.p.c., ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, ovvero ancora, quanto all’articolo 116 c.p.c., che il giudice abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista, oppure, al contrario, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. n. 11892/2016).
Quanto, poi alla censura concernente l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella vigente formulazione (introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 12012), applicabile ratione temporis, giova rammentare che la norma introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo.
Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ” decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante v. Cass., S.U., n. 8053/2014).
Le censure, nella specie, mancano di evidenziare un “fatto storico” e decisivo, il cui esame sia stato omesso, poiche’ non puo’ ricondursi, di per se’, alla nozione di “fatto storico” la “consulenza tecnica d’ufficio” in quanto tale.
Occorre, infatti, ribadire (cfr. Cass. n. 18328/2019, in motivazione) che il “fatto storico” di cui al menzionato articolo e’ accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti ed attivita’ disciplinate dal codice di rito che, dunque, viene a caratterizzare diversa natura e portata del “fatto processuale”, il quale segna il differente ambito del vizio deducibile, in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 4, dell’articolo 360 c.p.c..
La c.t.u. e’, pertanto, un atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilita’ sanitaria), assurge a fonte di prova dell’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente).
Sicche’ la c.t.u. costituisce l’elemento istruttorio (il dato secondo la citata Cass., S.U., n. 8053/2014) da cui e’ possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente, il cui esame il giudice del merito abbia omesso e che la parte e’ tenuta ad indicare sufficientemente.
E’, quindi, evidente che la Corte territoriale, investita del riesame della valenza istruttoria, ha proceduto ad una ricostruzione delle condotte delle due aziende sulla base delle due Delib. dell’AEEG, rispettivamente n. 35 del 2009, Delib. n. 90 del 2011, e Delib. n. 105 del 2011, per poi trarne le dovute conseguenze logico-giuridiche, con cio’ superando anche le valutazioni del c.t.u. (peraltro, ritenuti inattendibili dal giudice di primo grado).
Pertanto, non avendo la societa’ ricorrente evidenziato quale “fatto storico” decisivo abbia omesso di esaminare la Corte territoriale (e, invero, non risultando affatto omesso l’esame dei fatti dedotti in ricorso, bensi’ esaminati e risolti in modo divergente alle aspettative di parte ricorrente, anche in relazione all’espletata c.t.u.), le doglianze si risolvono nella prospettazione di un vizio di motivazione non coerente con il paradigma attualmente vigente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonche’ volta ad una nuova valutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, non ammissibile in questa sede.
La memoria di parte ricorrente, la’ dove non inammissibile per non essere soltanto illustrativa delle originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e la societa’ ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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