Vizi o difformità dell’opera appaltata

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 3 settembre 2020, n. 18289.

La massima estrapolata:

In tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche e deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam in concreto”. Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente.

Sentenza 3 settembre 2020, n. 18289

Data udienza 20 novembre 2019

Tag/parola chiave: Contratti – Appalto – Esecuzione del contratto – Vizi o difformità dell’opera appaltata – Direttore dei lavori – Obbligazioni relative – Contenuto – Violazione – Conseguente responsabilità – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 5953-2016 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli AVVOCATI (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata, presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato, presso lo studio della seconda, in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata, presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 15/2016 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA, depositata il 5/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e dei ricorsi incidentali;
udito l’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) s.p.a.; l’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); l’Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), i quali hanno ciascuno rispettivamente concluso come in atti.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione, notificato in data 21.12.2000, la (OMISSIS) s.p.a., assumendo di aver dato incarico alla DITTA (OMISSIS) s.n.c. di realizzare un invaso per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua per un impianto di innevamento artificiale di alcune piste da sci nel comprensorio sciistico di (OMISSIS) e che in sede di riempimento dell’invaso, nel corso della stagione invernale (OMISSIS), si erano manifestate rilevanti perdite fino allo svuotamento del bacino stesso, citava in giudizio la DITTA (OMISSIS), quale appaltatrice dei lavori di posa in opera del materassino e di rivestimento dello stesso e la DITTA (OMISSIS) s.p.a., fornitrice del materiale impermeabilizzante, per sentirle condannare, con vincolo solidale tra loro, all’eliminazione a proprie spese di tutti i difetti e vizi relativi alle opere di impermeabilizzazione dell’invaso artificiale, e, in via subordinata, con condanna al pagamento delle somme corrispondenti al costo delle opere necessarie all’eliminazione dei vizi e difetti, oltre alla rifusione all’attrice dei maggiori danni causati dall’imperfetta realizzazione delle opere.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS) s.n.c., che chiamava in causa per esserne manlevata il Direttore dei Lavori, (OMISSIS); chiedeva nel merito il rigetto della domanda eccependo la prescrizione e decadenza, nonche’ l’infondatezza della domanda.
Si costituiva in giudizio il D.L., ing. (OMISSIS), eccependo l’intervenuta decadenza e prescrizione delle domande e, in ogni caso, la loro infondatezza.
La convenuta (OMISSIS) s.p.a. chiedeva il rigetto della domanda perche’ infondata, non essendo in questione la qualita’ dei prodotti venduti.
Espletata C.Testo Unico e prova testimoniale, con sentenza n. 607/2009, depositata in data 9.11.2009, il Tribunale di Belluno accoglieva parzialmente la domanda proposta dall’attrice:
accertata la concorrente responsabilita’ delle societa’ convenute e del chiamato in causa in ordine ai vizi riscontrati nell’opera realizzata, condannava la (OMISSIS) s.n.c. a pagare la somma capitale di Euro 171.101,14 in valori attuali, a titolo di risarcimento del danno corrispondente al costo delle opere necessarie all’eliminazione dei predetti vizi, oltre agli interessi al tasso legale, da computare sul capitale del risarcimento espresso in valore all’epoca del fatto (Euro 128.818,77 dall’ottobre (OMISSIS)) e via via adeguato anno per anno in relazione alle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo sino al saldo effettivo; rigettava la domanda formulata dall’attrice nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. e, in accoglimento della domanda formulata dalla (OMISSIS) s.n.c., condannava la (OMISSIS) s.p.a. e l’ing. (OMISSIS), in ragione del rispettivo concorso, a tenere indenne la convenuta (OMISSIS) s.n.c. in ordine a quanto questa sara’ tenuta a pagare all’attrice in esecuzione della sentenza anche a titolo di spese processuali; condannava la convenuta (OMISSIS) s.n.c. a rifondere all’attrice le spese di giudizio.
Contro la sentenza proponevano appello con distinti atti di citazione la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.n.c.
La (OMISSIS) s.r.l., nel costituirsi in entrambi i giudizi, poi riuniti, chiedeva il rigetto delle domande in quanto infondate; affermava la corresponsabilita’ in solido di tutti i convenuti e, in via di appello incidentale, chiedeva la riforma della sentenza con l’accertamento della responsabilita’ in solido di tutti i convenuti, con condanna dei medesimi al risarcimento del danno pari ad Euro 155.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
(OMISSIS) si costituiva, tra l’altro, negando la sua responsabilita’ in relazione ai vizi e difetti di tenuta dell’invaso e proponeva appello incidentale per la parte della sentenza che affermava la sua responsabilita’, essendone egli esente.
Con sentenza n. 15/2016, depositata in data 5.1.2016, la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento dell’appello incidentale di (OMISSIS) s.p.a. e in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava in solido (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.n.c. e (OMISSIS) al risarcimento dei danni causati alla (OMISSIS) s.p.a, come gia’ liquidati nella sentenza gravata; condannava i soccombenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio e delle spese di ATP e di CTU in favore di (OMISSIS) s.p.a.. In particolare, la Corte territoriale accertava l’attiva partecipazione della (OMISSIS) s.p.a. alla posa del prodotto e la responsabilita’ della (OMISSIS) s.r.l., la quale avrebbe dovuto adempiere la propria prestazione con la diligenza e la perizia richieste dalla natura dell’opera, per cui solo nell’ipotesi in cui l’appaltatore fosse stato ridotto a mero “nudus minister” del committente avrebbe potuto esimersi dalla responsabilita’, circostanza non provata (anzi dalle prove testimoniali risultava proprio il contrario). Anche il Decreto Legge era riconosciuto responsabile in quanto non esonerato dall’obbligo di eseguire le verifiche e i necessari controlli su tutte le fasi di preparazione del fondo e di posa in opera del materiale.
In particolare, la Corte di merito accoglieva l’appello incidentale della (OMISSIS) s.p.a. riconoscendo la concorrente responsabilita’ di tutti gli interessati alla realizzazione dell’invaso artificiale.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) s.p.a. sulla base di 4 motivi; resiste la (OMISSIS) con controricorso; resiste altresi’ la (OMISSIS) che propone ricorso incidentale sulla base di unico motivo; resiste (OMISSIS) con controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di 7 motivi. Ad eccezione della (OMISSIS) le altre parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente (OMISSIS) s.p.a. lamenta la “Violazione dell’articolo 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale accolto la domanda di (OMISSIS) sulla base di una causa petendi – responsabilita’ extracontrattuale – diversa da quella fatta valere in primo grado sul presupposto di una responsabilita’ contrattuale ex articoli 1667 e 1668 c.c. del fornitore (articolo 360 c.p.c., n. 4)”. La ricorrente rileva che la sentenza impugnata ha fondato la condanna della (OMISSIS) in solido con l’appaltatore e il Decreto Legge sul disposto dell’articolo 1669 c.c., di cui l’attrice non ha mai invocato l’applicazione, facendo riferimento soltanto agli articoli 1667 e 1668 c.c. Solo con l’appello incidentale, la (OMISSIS) ha adombrato per la prima volta una responsabilita’ della (OMISSIS) per colpa ex articolo 2043 c.c.; da cio’ si configura il vizio di ultrapetizione avendo la Corte di merito accolto la domanda di (OMISSIS) sulla base di una causa petendi diversa da quella fatta valere con l’atto di citazione di primo grado, fondata sugli articoli 1667 e 1668 c.c., ossia sulla sussistenza di un contratto d’appalto, certamente non stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS).
1.2. – Il motivo non e’ fondato.
1.2. – La Corte d’Appello, in accoglimento dell’impugnazione incidentale di (OMISSIS), ha condannato in solido (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al risarcimento del danno gia’ liquidato dal Tribunale. Dopo aver confermato l’esistenza di un diretto rapporto contrattuale tra (OMISSIS) e la fornitrice (OMISSIS), la quale si era impegnata a seguire direttamente la posa in opera in fase successiva alla vendita, la Corte territoriale ha correttamente statuito che la domanda della (OMISSIS) fosse accoglibile sulla base dei principi enunciati da questa Corte, secondo cui, in tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilita’ solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’articolo 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilita’ extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilita’ contrattuale (Cass. n. 14650 del 2012; conf. Cass. n. 29218 del 2017; Cass. n. 17874 del 2013).
D’altronde il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’articolo 112 c.p.c., implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti di causa – alla stregua delle risultanze istruttorie – autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonche’ in base all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante (Cass. n. 16809 del 2008; Cass. n. 10542 del 2003), purche’ restino immutati il petitum e la causa petendi (Cass. n. 2209 del 2016). Sicche’, non incorre nel vizio di extrapetizione il giudice che – fermi restando i fatti posti a fondamento della domanda di risarcimento dei danni – ritenga una fattispecie di responsabilita’ di tipo extracontrattuale, pur avendone la parte dedotto il diverso titolo contrattuale, limitandosi in tal caso soltanto a dare una diversa qualificazione giuridica della domanda, senza mutamento dei fatti sui quali si fonda (Cass. n. 2746 del 2007).
Nel caso di specie, la Corte distrettuale (con analitica valutazione di merito, coerente ed adeguata, come tale non sindacabile nel presente giudizio), assumendo correttamente il principio di responsabilita’ quale nucleo per la individuazione, e la valutazione, delle condotte di ciascuno di coloro che hanno concorso in modo efficiente a produrre l’evento dannoso, ha condiviso le conclusioni del Tribunale, confermando (sulla base delle ampie risultanze istruttorie e peritali), sia che l’origine degli inconvenienti denunciati dalla societa’ attrice andasse individuata nella inadeguata metodologia dell’intervento eseguito senza la necessaria prudenza ed accuratezza da parte di tutti coloro comunque interessati alla costruzione dell’invaso (l’ (OMISSIS) quale appaltatrice, (OMISSIS) quale direttore dei lavori, la (OMISSIS) quale fornitrice del materiale di impermeabilizzazione, con riferimento alla attivita’ di assistenza alla posa); sia che la (OMISSIS), lungi dall’essere una mera fornitrice del materiale stesso, fosse intervenuta direttamente nelle operazioni di posa, guidandole e sorvegliandole attraverso proprio personale qualificato, stante la particolarita’ del prodotto, per assicurare la effettiva resa in termini di impermeabilita’ della stessa (v. sentenza impugnata, pagine 10-11).
2. – Con il secondo motivo, la ricorrente principale deduce la “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c., inapplicabile per difetto dei presupposti oggettivi in quanto l’opera realizzata non puo’ essere assimilata a un edificio (articolo 360 c.p.c., n. 3)”, giacche’ l’opera dell’appaltatore (OMISSIS) era consistita solo nella posa dei pannelli e nella loro copertura, mentre la realizzazione dell’invaso era stata eseguita da altro appaltatore.
2.1. – Il motivo non e’ fondato.
2.2. – La Corte di merito, sempre con una valutazione di fatto coerente ed adeguata, come tale non soggetta al sindacato di legittimita’ (cfr. Cass. n. 22093 del 2019), ha ritenuto che il bacino idrico de quo fosse da qualificarsi come bene immobile destinato per sua natura a lunga durata, realizzato con l’opera di trasformazione dell’appaltatore, per cio’ disciplinato dall’articolo 1669 c.c., quanto alla responsabilita’ in caso di pericolo di rovina o (come nella specie) di presenza di gravi difetti (sentenza impugnata, pagina 14).
Le cose immobili indicate dalla suddetta norma si possono identificare, in relazione alle indicazioni generali previste dall’articolo 812 c.c., nelle costruzioni incorporate al suolo non a scopo transitorio e negli altri beni che vengono reputati immobili, quali mulini ed edifici galleggianti, saldamente assicurati alla riva o all’alveo e destinati a esserlo in modo permanente.
3. – Con il terzo motivo, la ricorrente deduce l'”Omesso esame di fatti decisivi che hanno formato oggetto di discussione tra le parti, rappresentati: dalla natura dell’opera appaltata; dall’offerta indirizzata da (OMISSIS) alla committente (OMISSIS) il 17.10.1994, cui non faceva seguito alcun contratto tra le parti, che non poteva essere valorizzata; dall’insussistenza di un obbligo del fornitore di dirigere i lavori di posa del pannello; della qualita’ di “impresa specialistica” dell’appaltatore e della presenza di un Direttore dei Lavori (articolo 360 c.p.c., n. 5)”, la’ dove la Corte distrettuale ha richiamato la sentenza del Tribunale che aveva accertato che la (OMISSIS), lungi dall’essere una mera fornitrice del Bentomat, era intervenuta direttamente nelle operazioni di posa guidandole e sorvegliandole attraverso proprio personale qualificato. Tali conclusioni, a detta della ricorrente, sarebbero viziate dall’omesso esame dei suddetti fatti decisivi.
3.1. – Il motivo e’ inammissibile.
3.2. – Costituisce principio consolidato di questa Corte che il novellato paradigma (nella nuova formulazione adottata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 5 gennaio 2016) consente (Cass. sez. un. 8053 del 2014) di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioe’, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).
Nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la ricorrente avrebbe dunque dovuto specificamente e contestualmente indicare oltre al “fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).
Nel motivo in esame, della enucleazione e della configurazione della sussistenza (e compresenza) di siffatti presupposti (sostanziali e non meramente formali), onde potersi ritualmente riferire al parametro di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 non v’e’ idonea indicazione. Laddove, poi, va rilevato che e’ altrettanto inammissibile l’evocazione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni di nullita’ della sentenza non definitiva e degli atti conseguenti, di critiche rivolte agli elaborati peritali (ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), o per lamentarsi di una “motivazione non corretta” (Cass. n. 27415 del 2018, cit.); giacche’ nel paradigma di cui al citato articolo 360 c.p.c., n. 5 non e’ inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass. n. 26305 del 2018).
3.4. – Al contrario, cosi’ come articolate, le molteplici censure portate dal motivo (delle quali non si ravvisa l’omesso esame) si risolvono sostanzialmente nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, cosi’ mostrando la ricorrente di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per cio’ solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri piu’ consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilita’ nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora porsi dinanzi al giudice di legittimita’ (Cass. n. 5939 del 2018).
4. – Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione degli articoli 2055 e 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ravvisato la responsabilita’ del fornitore, in solido con l’appaltatore e il direttore dei lavori, nonostante la presenza di una causa efficiente unica del danno lamentato, imputabile esclusivamente ai suddetti soggetti (articolo 360 c.p.c., n. 3)”. La causa delle lacerazioni era stata individuata dal CTU nella cattiva esecuzione della copertura del pannello a causa dell’impiego di mezzi pesanti per la compattazione del materiale di riporto contenente pietre spigolose, in difformita’ da quanto prescritto nella scheda tecnica di (OMISSIS). Si sarebbe trattato, per la ricorrente, di una causa efficiente unica, imputabile all’appaltatore e al D.L., causa alla quale non aveva concorso l’attivita’ di mera assistenza del fornitore dei pannelli, assistenza che non comportava responsabilita’ per la posa in opera, che competeva esclusivamente all’appaltatore. Pertanto, la ricorrente deduce che la mancanza della necessaria prudenza nell’impermeabilizzazione dell’invaso non puo’ essere addebitata a (OMISSIS), non solo in concorso con l’appaltatore a titolo contrattuale, ma neanche nei confronti della committente a titolo extracontrattuale. Si aggiunge che, in caso di responsabilita’ extracontrattuale, non opererebbe la presunzione di colpa dell’appaltatore, essendo onere del committente fornire la prova, ex articolo 2697 c.c., della colpa del terzo (fornitore) e del nesso di causalita’ tra il suo comportamento e l’evento lesivo, prova che non era stata fornita.
4.1. – Il motivo e’ inammissibile.
4.2. – Il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa. Pertanto, il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 3 deve essere dedotto, a pena di inammissibilita’, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie.
Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto individuati (come nella specie) per mezzo della preliminare indicazione della norma pretesamente violata, ma non dimostrati attraverso una circostanziata critica delle soluzioni concrete adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016).
Il controllo affidato a questa Corte non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che cio’ si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimita’ (Cass. n. 20012 del 2014; richiamata anche dal Cass. n. 25332 del 2014).
Sicche’, in ultima analisi, tale motivo si connota quale riproposizione, notoriamente inammissibile in sede di legittimita’, di doglianze di merito che attingono all’apprezzamento motivatamente svolto dalla Corte di merito (Cass. n. 24817 del 2018). Ma, come questa Corte ha piu’ volte sottolineato, compito della Cassazione non e’ quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, ne’ quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudice del merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008), dovendo invece il giudice di legittimita’ limitarsi a controllare se costui abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se il ragionamento probatorio, da esso reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; cio’ che nel caso di specie e’ dato riscontrare (cfr. Cass. n. 9275 del 2018).
4.3. – Peraltro, la Corte d’appello, conformemente agli esiti della CTU svolta in primo grado ed alla decisione del Tribunale (ancora una volta con valutazioni sottratte al vaglio di legittimita’ poiche’ coerentemente ed adeguatamente motivate) ne ha condiviso la conclusione secondo cui era dimostrato, in modo evidente e inequivocabile, che l’origine degli inconvenienti denunciati dalla committente andasse individuata nella inadeguata metodologia dell’intervento di impermeabilizzazione, eseguito senza la necessaria prudenza ed accuratezza da parte di tutti coloro ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) comunque interessati costruzione dell’invaso (sentenza impugnata, pagine 10-11).
5. – Con unico motivo di ricorso incidentale, la (OMISSIS) lamenta la “Violazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli articoli 1667, 1669 e 2944 c.c.”, nella parte in cui la sentenza impugnata ha rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dalla (OMISSIS), in quanto il suo impegno di provvedere all’eliminazione dei vizi ne aveva implicato il riconoscimento, dando luogo a una nuova obbligazione, svincolata dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’articolo 1667 c.c., comma 2 e soggetta invece all’ordinaria prescrizione decennale. La Corte territoriale avrebbe errato in quanto, pur avendo affermato che il bacino rientrava nella disciplina dell’articolo 1669 c.c., ha applicato un principio previsto dall’articolo 1667 c.c., mentre non esisterebbe una norma analoga nella responsabilita’ da rovina o gravi difetti. Nella fattispecie, (OMISSIS) aveva si’ dichiarato la propria disponibilita’ a intervenire per nuove riparazioni, ma nel contempo aveva specificato che i costi degli interventi sarebbero stati a carico della (OMISSIS), negando quindi ogni responsabilita’, per cui il termine di prescrizione resta annuale.
5.1. – Il motivo non e’ fondato.
5.2. – L’affermazione della ricorrente incidentale, secondo la quale la mera disponibilita’ ad effettuare interventi di riparazione non costituirebbe riconoscimento di vizi, risulta contraddetta dai fatti evidenziati dalla Corte distrettuale, in quanto (come analizzato nella sentenza impugnata, pagina 14) in seguito alla tempestiva denuncia della (OMISSIS) del 14.10.1995, erano stati eseguiti numerosi accessi nei luoghi di causa, con la partecipazione anche della (OMISSIS) e dell’ing. (OMISSIS), nel corso dei quali erano stati attuati alcuni interventi, documentati anche dal consulente tecnico designato in sede di ATP, che pero’ non avevano portato ad alcun risultato. Data l’inefficacia dei rimedi apportati, in data 14.3.1997, la ditta (OMISSIS) era stata invitata a un nuovo sopralluogo per l’assunzione di determinazioni conclusive, volte a risolvere definitivamente il grave problema. Nel corso di un ulteriore accesso in data 1.10.1997 si era proceduto ad altri interventi, che tuttavia non avevano risolto la problematica; e in data 10.10.1997 la ditta (OMISSIS) aveva manifestato la propria disponibilita’ a intervenire ulteriormente.
Orbene, la Corte di merito (richiamando il Tribunale) ha correttamente rilevato che seppur vero che in quella occasione, “accanto alla propria disponibilita’ ad intervenire ulteriormente per nuove riparazioni richieste”, la (OMISSIS) aveva aggiunto che i costi di interventi sarebbero stato a carico della (OMISSIS), di fatto essa aveva riconosciuto che gli interventi fin li’ spontaneamente apprestati non erano stati sufficienti a porre rimedio al progressivo e continuo svuotamento del bacino, vizio per il quale era ripetutamente intervenuta. Da cio’ la conclusione nel senso dell’intervenuto riconoscimento dei vizi, col conseguente rigetto delle eccezioni di prescrizione e decadenza.
La Corte territoriale ha, dunque, esattamente rilevato che la (OMISSIS) aveva manifestato la propria disponibilita’ a intervenire ulteriormente, per cui l’impegno a provvedere all’eliminazione dei vizi comunque ne implicava il riconoscimento, dando luogo a una nuova obbligazione, rispetto a quella originaria di garanzia, svincolata dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’articolo 1667 c.c., comma 2 e soggetta all’ordinaria prescrizione decennale. Cosi’ recependo il costante orientamento della Suprema Corte, per cui l’esecuzione da parte dell’appaltatore di riparazioni, a seguito di denuncia di vizi dell’opera da parte del committente, deve intendersi come riconoscimento dei vizi e il termine decennale comincia a decorre, ex novo, dal momento in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita’ dei difetti (Cass. n. 16879 del 2013).
6. – Con il primo motivo di ricorso incidentale, (OMISSIS) lamenta la “Nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4), per violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c., nonche’ dell’articolo 111 Cost., comma 6, per avere la Corte d’appello rigettato l’eccezione di prescrizione proposta dall’ing. (OMISSIS), senza esaminarla e con motivazione del tutto mancante ovverosia solo apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile”. Dal momento che gli asseriti vizi erano stati scoperti nell’ottobre (OMISSIS), era evidente che nei confronti del (OMISSIS) fosse intervenuta la prescrizione ai sensi dell’articolo 1669 c.c. e, in ogni caso, anche ai sensi dell’articolo 1667 c.c.
6.1. – Il motivo non e’ fondato.
6.2. – Le argomentazioni in parte qua, analiticamente svolte dalla Corte d’appello, in tre pagine della sentenza (pagg. 13-15) con riferimento alle altre parti processuali, sono state estese (per le medesime ragioni) al (OMISSIS). Pertanto, lungi dalla asserita assenza di motivazione, la Corte di merito ha, esplicitamente ed adeguatamente, rilevato che l’eccezione di prescrizione era stata respinta in primo grado con richiamo alla tempestiva contestazione del vizio in data 14.10.1995, effettuata con lettera inviata a (OMISSIS), (OMISSIS) e all’ing. (OMISSIS), alla quale aveva fatto seguito, dopo numerosi sopralluoghi diretti all’eliminazione dei vizi, una successiva lettera di denuncia, inviata dall’attrice in data 14.3.1997 agli stessi tre destinatari.
7. – Con il secondo motivo di ricorso incidentale, (OMISSIS) deduce la “Nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4) per avere la Corte d’Appello violato l’articolo 112 c.p.c., accertando che l’ing. (OMISSIS) sarebbe intervenuto nuovamente nelle operazioni di ripristino, assunto mai sollevato dalle controparti in giudizio, incorrendo cosi’ nel vizio della ultrapetizione/extrapetizione”. Secondo il ricorrente incidentale mai nessuna delle parti in causa aveva asserito che il medesimo fosse intervenuto nuovamente dopo la scoperta dei vizi/difetti e che si fosse accollato una nuova obbligazione contrattuale di carattere ripristinatorio. Infatti, la societa’ attrice, non introducendo ne’ il procedimento di ATP ne’ il giudizio di merito nei confronti del (OMISSIS), non lo riteneva responsabile di quanto accadutole.
7.1. – Il motivo e’ inammissibile.
7.2. – Il (OMISSIS) censura, quale vizio in procedendo, la valutazione delle prove compiuta dal giudicante e sottesa alla decisione adottata, secondo la quale “le medesime ragioni di rigetto delle eccezioni di prescrizione e decadenza valgono per quelle, identiche, formulate dall’ing. (OMISSIS)” (pagina 15).
E’ consolidato il principio secondo cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (che nella specie risultano ampiamente evidenziate), senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016). Sono infatti riservate al Giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, per cui e’ insindacabile, in sede di legittimita’, il “peso probatorio” di alcune prove rispetto ad altre, in base al quale il Giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato (cfr. Cass. n. 1359 del 2014; Cass. n. 16716 del 2013).
8. – Con il terzo motivo, il ricorrente incidentale deduce la “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) per avere la Corte d’Appello violato e falsamente applicato gli articoli 1230, 1667, 1669, 2944 e 2947 c.c., ritenendo che una mera disponibilita’ all’eliminazione dei vizi comporterebbe l’assunzione di una nuova obbligazione soggetta a prescrizione decennale”. Osserva il ricorrente incidentale che l’animus novandi, ai sensi dell’articolo 1230 c.c., non sarebbe ravvisabile in un mero riconoscimento dell’esistenza dei vizi e tanto meno nel comportamento, tenuto all’epoca dal (OMISSIS), per il quale mancano elementi probatori. Inoltre, il Giudice di appello avrebbe errato nel ritenere che la statuizione, secondo la quale il riconoscimento del vizio comporterebbe l’assunzione di una nuova obbligazione soggetta a prescrizione decennale, in sostituzione a quella originaria di garanzia, fosse applicabile anche alla fattispecie di cui all’articolo 1669 c.c.
8.1. – Il motivo non e’ fondato.
8.2. – Nel richiamare integralmente le considerazioni svolte sub 1.2. e 5.2. (che si intendono qui nuovamente trascritte), con riguardo altresi’ ai relativi consolidati principi di legittimita’ affermati da questa Corte in materia (estensibili, nella specie, anche al D.L.), va soggiunto che il riconoscimento dell’appaltatore di vizi e difformita’ dell’opera, perche’ sia valido agli effetti dell’articolo 1667 c.c., comma 2, seconda parte, non deve accompagnarsi alla confessione stragiudiziale della sua responsabilita’. Pertanto, la denuncia del committente prescritta a pena di decadenza e’ superflua anche quando l’appaltatore, riconoscendo l’esistenza di vizi o difformita’, contesti o neghi – avendo egli imputato al fornitore la consegna di merce difettosa – di doverne rispondere (Cass. n. 27948 del 2008; Cass. n. 14598 del 2000).
9. – Con il quarto motivo, il ricorrente incidentale deduce la “Nullita’ della sentenza e del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la Corte d’Appello violato l’articolo 112 e 345 c.p.c., condannando il (OMISSIS) al risarcimento dei danni in favore della (OMISSIS) s.p.a. senza valida domanda della stessa, incorrendo cosi’ nel vizio della ultrapetizione/extrapetizione”.
9.1. – Il motivo non e’ fondato.
9.2. – Va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui non incorre nel vizio di ultrapetizione il Giudice di merito che – accertato che piu’ soggetti siano obbligati per la medesima prestazione, anche se per titoli diversi – li condanni in solido all’esecuzione della prestazione, ancorche’ la solidarieta’ non abbia formato oggetto di specifica domanda da parte dell’attore (Cass. n. 23386 del 2013).
Piu’ in particolare, e’ stato affermato che, qualora (come nella specie) il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni, chiami in causa un terzo indicandolo come soggetto (cor)responsabile della pretesa fatta valere dall’attore e chieda di essere manlevato in caso di accoglimento della pretesa attorea, senza porre in dubbio la propria legittimazione passiva, si versa in una ipotesi di chiamata in garanzia, nella quale non opera la regola della automatica estensione della domanda al terzo chiamato, atteso che la posizione assunta dal terzo nel giudizio non contrasta, ma anzi coesiste, con quella del convenuto rispetto all’azione risarcitoria, salvo che l’attore danneggiato proponga nei confronti del chiamato (quale coobbligato solidale) una nuova autonoma domanda di condanna (Cass. n. 30601 del 2018). Pertanto, spetta al Giudice di merito, anche in secondo grado, individuare le norme applicabili al caso concreto (nel caso di specie, un obbligo di solidarieta’ nei confronti del danneggiato da parte di tutti i coautori dell’illecito) senza vincoli o limitazioni scaturenti dalle indicazioni delle parti, non non sussistendo violazione dell’articolo 112 c.p.c. ove la pronuncia vi corrisponda nel suo risultato finale.
Sicche’, correttamente, la Corte veneziana ha dato atto di esser stata chiamata a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dalla attrice nei confronti anche del Decreto Legge nell’atto di appello incidentale, con il quale veniva richiesta la riforma della sentenza di primo grado con accertamento della responsabilita’ in solido di tutti i convenuti e con condanna dei medesimi al risarcimento dei danni (sentenza impugnata, pagina 3).
10. – Con il quinto motivo, il ricorrente incidentale, lamenta la “Nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la Corte d’Appello violato l’articolo 101 c.p.c. e l’articolo 24 Cost., basando la condanna dell’ing. (OMISSIS) sulla perizia, depositata nel procedimento di ATP, nel quale il (OMISSIS) non era parte e non poteva difendersi”. Osserva il ricorrente incidentale che al momento dell’intervento del CTU non vi erano piu’ i lamentati vizi e non erano piu’ rinvenibili le loro cause (l’invaso era stato rivestito con un manto impermeabile in PVC). Pertanto, il CTU si limitava a richiamare le conclusioni della relazione depositata nel procedimento per ATP, secondo le quali “la causa degli inconvenienti sia da ricercare nella metodologia dell’intervento eseguito senza la necessaria prudenza e accuratezza da parte di tutti coloro comunque interessati alla realizzazione dell’invaso”.
10.1. – Il motivo non e’ fondato.
10.2. – In tema di ricorso per cassazione, per infirmare la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice (come nella specie) dichiari di condividere il merito, e’ necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa gia’ dinanzi al giudice a quo e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivita’ e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. n. 19427 del 2017; Cass. n. 11482 del 2016). In effetti, le conclusioni assunte dal consulente tecnico sono impugnabili con ricorso per cassazione solamente qualora le censure ad esse relative siano state tempestivamente prospettate avanti al giudice del merito, alla stregua di quanto si evinca dalla sentenza impugnata ovvero dell’atto del procedimento di merito – da specificamente indicarsi da parte del ricorrente – ove le stesse risultino essere state formulate, e vengano espressamente indicate nel motivo di ricorso, in modo che al giudice di legittimita’ risultino consentito il controllo ex actis della relativa veridicita’ nonche’ la valutazione della decisivita’ della questione (Cass. n. 2707 del 2004; Cass. n. 7696 del 2006; Cass. n. 12532 del 2011; Cass. n. 20636 del 2013).
Nella specie, invece, il ricorrente fonda il motivo di ricorso in cassazione esclusivamente sul rilievo del non essere stato parte processuale nel procedimento per accertamento tecnico preventivo (le cui argomentazioni sono state fatte proprie, in giudizio, dal perito d’ufficio), e sul conseguente assunto del non essersi potuto, egli, ivi difendere mediante la dimostrazione della bonta’ della propria condotta; ma cio’ senza tuttavia specificare i motivi per cui non abbia avuto possibilita’ di difendersi nel corso del giudizio, mediante rilievi o contestazioni alla CTU.
11. – Con il sesto motivo, (OMISSIS) deduce l'”Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte d’Appello omesso di esaminare la questione sollevata dalle parti sul fatto che il CTU ha condotto il proprio esame sull’attuale scheda tecnica “Bentomat”, la quale e’ entrata in vigore solo successivamente all’esecuzione dell’opera”. Il fatto storico che in base alla scheda tecnica della (OMISSIS) in vigore all’epoca era permesso l’uso di materiale eterogeneo e il transito con mezzi, e’ un fatto decisivo per escludere qualsivoglia responsabilita’ in capo al (OMISSIS).
11.1. – Il motivo non e’ fondato.
11.2. – Come affermato dallo stesso (OMISSIS), l’eccezione per cui la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo che il CTU aveva condotto l’esame sull’attuale scheda tecnica “Bentomat”, che sarebbe entrata in vigore dopo l’esecuzione dell’opera – era stata sollevata dal medesimo per la prima volta in grado di appello; laddove nelle conclusioni (pagine 6-7) della sentenza impugnata il medesimo aveva chiesto disporsi il rinnovo della CTU al fine di accertare “se il piano di posa in opera del materassino Bentomat, la relativa posa, e la successiva copertura con materiali di riporto (fosse) stata eseguita in conformita’ e rispetto delle specifiche tecniche vigenti e disponibili all’epoca dell’esecuzione dei lavori”; e se “il telo Bentomat fornito dalla chiamata (OMISSIS) fosse in generale idoneo alla installazione nelle condizioni ambientali e geologiche del sito”.
Anche a prescindere dalla considerazione che il ricorrente incidentale non specifica se la circostanza della esistenza della nuova scheda tecnica fosse rilevabile gia’ in primo grado e non sopravvenuta, va rilevato che valgono i medesimi principi evocati sub 10.2. in ordine ai presupposti necessari onde infirmare la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice (come nella specie) dichiari di condividere il merito.
Sicche’ non risulta fondata la prospettiva del motivo proposto (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), essendo viceversa consolidato il principio (gia’ richiamato sub 7.2.) secondo cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (che nella specie risultano ampiamente evidenziate), senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016).
12. – Con il settimo motivo, il ricorrente incidentale lamenta la “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte d’Appello violato e falsamente applicato gli articoli 115, 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c., avendo esatto dall’ing. (OMISSIS) la prova negativa, invertendo cosi’ l’onere della prova e avendo la Corte condannato l’ing. (OMISSIS) in assenza di un qualsivoglia elemento probatorio”. Invece, dall’istruttoria non erano emersi comportamenti colposi del (OMISSIS), anzi risulta che il medesimo era presente tutti i giorni in cantiere, impartiva alle ditte esecutrici di eseguire i lavori con la massima precauzione e che il compito di impartire alle ditte esecutrici le indicazioni di dettaglio era affidato alla (OMISSIS).
12.1. – Il motivo non e’ fondato.
12.2. – Coma gia’ rilevato sub 4.3., la Corte d’appello, conformemente agli esiti della CTU svolta in primo grado ed alla decisione del Tribunale (con valutazioni ritenute, gia’ in quella sede, sottratte al vaglio di legittimita’ poiche’ coerentemente ed adeguatamente motivate) ne ha condiviso la conclusione secondo cui era dimostrato, in modo evidente e inequivocabile, che l’origine degli inconvenienti denunciati dalla committente andasse individuata nella inadeguata metodologia dell’intervento di impermeabilizzazione, eseguito senza la necessaria prudenza ed accuratezza da parte di tutti coloro ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) comunque interessati costruzione dell’invaso (sentenza impugnata, pagine 10-11).
La pronuncia della Corte territoriale e’, dunque, conforme all’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui, in tema di responsabilita’ conseguente a vizi o difformita’ dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di un’obbligazione di mezzi e non di risultato ma, essendo chiamato a svolgere la propria attivita’ in situazioni involgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto. Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l’accertamento della conformita’ sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalita’ dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonche’ l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi; sicche’ non si sottrae a responsabilita’ il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonche’ di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente (Cass. n. 23350 del 2013; Cass. n. 22643 del 2012; Cass. n. 24859 del 2008).
Inoltre, in tema di appalto, il direttore dei lavori, quale rappresentante del committente, deve avere le competenze necessarie a controllare la corretta esecuzione delle opere da parte dell’appaltatore e dei suoi ausiliari, essendo altrimenti tenuto ad astenersi dall’accettare l’incarico o a delimitare, sin dall’origine, le prestazioni promesse, sicche’ e’ responsabile nei confronti del committente se non rileva in corso d’opera l’inadeguatezza delle opere strutturali, sebbene affidate ad altro professionista, salvo che dimostri che i vizi potevano essere verificati solo a costruzione ultimata. (Cass. n. 7370 del 2013).
13. – Il ricorso principale e i ricorsi incidentali vanno rigettati. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va emessa la dichiarazione Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ex articolo 13, comma 1 quater, con riguardo al ricorrente principale ed ai ricorrenti incidentali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali. Condanna i ricorrenti principale e incidentali, in solido fra loro, al pagamento in favore della (OMISSIS) s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.800,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, principale e incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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