Violenza sessuale per chi bacia la vittima introducendo la propria lingua nella bocca della stessa

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 16 gennaio 2020, n. 1570

Massima estrapolata:

Commette violenza sessuale l’imputato che bacia la vittima introducendo la propria lingua nella bocca della stessa, con un contatto perdurato per circa 4 o 5 secondi. L’atto, infatti, per la zona attinta e l’atteggiamento tenuto dall’imputato, è qualificabile come di carattere sessuale

Sentenza 16 gennaio 2020, n. 1570

Data udienza 8 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/11/2018 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CORBO Antonio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CANEVELLI Paolo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa in data 6 novembre 2018, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli Nord che aveva dichiarato la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di violenza sessuale in danno di (OMISSIS), commesso tra il (OMISSIS), e lo aveva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione, previa applicazione della diminuente della minore gravita’ del fatto.
Secondo i giudici di merito, l’imputato, collaboratore scolastico presso una scuola statale secondaria di primo grado, avrebbe commesso il delitto di violenza sessuale baciando in bocca con la lingua la vittima, un’alunna minore di anni quattordici, mentre la stessa si era appartata per fumare all’interno di uno sgabuzzino.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS), quale difensore di fiducia dell’imputato, articolando tre motivi, dopo un’ampia premessa sullo svolgimento del processo.
Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’articolo 609-bis c.p., articolo 609-ter c.p., n. 1, e articolo 609-septies c.p., commi 3 e 4, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), avendo riguardo alla ritenuta configurabilita’ dell’elemento oggettivo del reato. Si deduce che la sentenza impugnata non ha valutato correttamente l’attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa, unico elemento di accusa, alla luce delle complessive risultanze acquisite. Si segnala, in particolare, che: a) l’insegnante (OMISSIS) ed il dirigente scolastico (OMISSIS) manifestarono il timore di un’enfatizzazione dell’episodio da parte della ragazza, ed invitarono ripetutamente a dire la verita’; b) i compagni di classe della vittima hanno tutti detto che la stessa non affermo’ mai chiaramente di essere stata baciata dall’imputato.
Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), avendo riguardo al difetto di motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti. Si deduce che la persona offesa e’ stata piu’ volte smentita, ad esempio perche’ la chiave dello sgabuzzino era nella disponibilita’ anche di altri collaboratori didattici, e perche’ i compagni di classe (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno detto di aver ricevuto confidenze non chiare sull’effettivita’ del bacio. Si aggiunge che non possono essere valorizzati ne’ i disturbi psicologici della persona offesa, in quanto, anche a dire dalla mamma di questa, anteriori di diversi mesi all’episodio in contestazione, ne’ le modalita’ della deposizione della vittima a dibattimento, siccome la stessa e’ stata resa da una persona ormai maggiorenne e studentessa universitaria.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli articoli 62-bis e 133 c.p., nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Si deduce che il diniego delle circostanze attenuanti generiche e’ ingiustificato, perche’ non ha valutato ne’ la riferibilita’ della condotta ad un improvviso raptus, immediatamente arrestato dallo stesso imputato, ne’ le scuse presentate, a dire della stessa vittima, il giorno dopo il fatto.
3. Il ricorso e’ inammissibile.
Manifestamente infondate o comunque diverse da quelle consentite in sede di legittimita’ sono le censure esposte nel secondo motivo, da esaminare prioritariamente per motivi di ordine logico-espositivo, le quali attengono al giudizio sull’attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa. Ed infatti, la sentenza impugnata ha esaminato approfonditamente, e sulla base di massime di esperienza accettabili e congrue, le fonti di prova acquisite. In particolare, il racconto della vittima, puntualmente esposto nella sentenza impugnata, e’ stato giudicato intrinsecamente attendibile perche’ ricco di dettagli e privo di contraddizioni, nonostante sia stato reso nel corso dell’esame incrociato a dibattimento a distanza di cinque anni dai fatti, nonche’ non connotato da alcuna pervicace volonta’ punitiva, anche per la mancata costituzione di parte civile. L’indicata narrazione, inoltre, e’ stata ritenuta non smentita dagli altri elementi di prova, sia perche’ giudicata sostanzialmente coincidente con quello delle altre persone informate dei fatti, le quali hanno riferito su quanto appreso nell’immediatezza dalla vittima, anche per l’accettabilita’ di eventuali piccole divergenze, giustificabili con la volonta’ della persona offesa, minore all’epoca del fatto, di minimizzare l’accaduto agli occhi della madre, per senso di vergogna e per evitare maggiori turbamenti in famiglia, sia perche’ l’unica versione contrastante, quella del dirigente scolastico, e’ confutata dalle affermazioni della professoressa che aveva accompagnato la ragazza dallo stesso a riferire dell’episodio, ed e’ spiegabile come un’interessata reticenza diretta a minimizzare l’inerzia antidoverosamente mantenuta. Infine, si e’ evidenziato che l’imputato, pur negando di aver baciato la vittima, ha ammesso di aver consentito alla ragazza di appartarsi per fumare proprio nel luogo in cui e’ avvenuto il fatto, sicche’ perde ogni rilievo anche la censura volta ad evidenziare che la chiave dello sgabuzzino era nella disponibilita’ anche degli altri bidelli.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo e che contestano la sussumibilita’ dei fatti accertati nella fattispecie di violenza sessuale. Invero, la condotta di baciare sulla bocca una persona, secondo ripetute e non contrastate affermazioni giurisprudenziali, e’ idonea ad integrare il reato di cui all’articolo 609-bis c.p. (cfr., in particolare: Sez. 3, n. 964 del 26/11/2014, dep. 2015, R., Rv. 261634-01; Sez. 3, n. 25112 del 13/02/2007, Greco, Rv. 23696401, in relazione a semplice contatto di labbra; Sez. 3, n. 549 del 15/11/2005, dep. 2006, Beraldo, Rv. 233115-01). Nella specie, risulta accertato che l’imputato tolse la sigaretta dalla bocca della vittima e la bacio’ introducendo la propria lingua nella bocca della stessa, con un contatto perdurato per circa 4 o 5 secondi. Deve quindi ritenersi corretta la conclusione secondo cui l’atto, per la zona attinta e l’atteggiamento tenuto dall’imputato, e’ qualificabile come di carattere sessuale.
Manifestamente infondate, infine, sono le censure concernenti il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Invero, le sintetiche considerazioni della sentenza impugnata, la quale ha detto di non ravvisare elementi positivi, debbono essere collegate al laconico motivo di appello sul punto, il quale si limitava a richiamare, senza alcuna concreta specificazione, il positivo comportamento processuale dell’imputato.
4. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Essendo l’imputato un pubblico dipendente, il presente dispositivo deve essere trasmesso al Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, a norma dell’articolo 154-ter disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per la comunicazione del presente dispositivo al M.I.U.R..
Dispone, a norma del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, che – a tutela dei diritti o della dignita’ degli interessati – sia apposta a cura della cancelleria sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita’ di informazione giuridica su riviste, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalita’ e di altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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