Corte di Cassazione, civile, Sentenza|1 marzo 2023| n. 6127.
Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
In caso di contitolarità di enfiteusi, uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso del diritto di un altro coenfiteuta ai sensi dell’art. 970 c.c., in quanto l’effetto della prescrizione estintiva è la riespansione del dominio diretto del concedente, non già l’espansione del dominio utile di un coenfiteuta a danno di un altro, che può avvenire, invece, nel caso in cui un coenfiteuta eserciti il possesso corrispondente all’esercizio esclusivo dell’ enfiteusi sul fondo, incompatibile con il possesso degli altri coenfiteuti, divenendo così l’unico titolare, per usucapione, del diritto di enfiteusi.
Sentenza|1 marzo 2023| n. 6127. Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
Data udienza 14 dicembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: ENFITEUSI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. ROLFI Federico Vincenzo – Consigliere
Dott. POLETTI Dianora – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28566-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato ALBERTO SERIOLI;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati PIER LUIGI MILANI, GA1ADOMITILLA DE ANGELIS;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 764-2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 15/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA;
viste le conclusioni motivate, ai sensi dell’articolo 23, comma 8-bis, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona della Sostituta Procuratore Generale ROSA MARIA DELL’ERBA, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 764-2019, pubblicata il 26 marzo 2019.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Brescia, sezione distaccata di (OMISSIS), n. 40 del 2013, che aveva, fra l’altro, respinto la domanda proposta da (OMISSIS) volta ad accertare che non sussisteva alcun diritto di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sui fondi siti in localita’ (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), gia’ oggetto di coenfiteusi, essendosi estinto per prescrizione dovuta a non uso ventennale il diritto di enfiteusi degli stessi.
La Corte di Brescia ha affermato che l’unica questione ancora in discussione concerneva, appunto, il rigetto della domanda di accertamento dell’estinzione del diritto di enfiteusi in capo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ragione dell’asserito mancato utilizzo dei beni, che risultavano occupati dal solo appellante (OMISSIS) a far tempo dal 1982. Tale ultima circostanza, ovvero il godimento del fondo da parte del solo (OMISSIS) sin dal 1982, e’ data per certa dalla Corte di Brescia; tuttavia, la sentenza impugnata ha affermato che la consegna spontanea del godimento dell’immobile da parte degli appellati al congiunto (a seguito di sua richiesta e dopo che la madre dei medesimi appellati aveva esercitato sui fondi l’azienda alberghiera) non poteva essere interpretata come rinuncia al diritto di enfiteusi, ovvero come indizio dell’esistenza di un esercizio esclusivo ed escludente altri dei diritti di coenfiteusi. La Corte di Brescia ha ritenuto inapplicabile l’articolo 970 c.c., in quanto norma che regola i rapporti fra concedente ed enfiteusi e non rilevante nei rapporti fra coenfiteuti. Per la Corte d’appello, la questione in esame concerneva, piuttosto, la possibilita’ che il diritto reale parziale di un contitolare si estenda in danno degli altri contitolari, pur mantenendo la stessa estensione nei confronti del proprietario. La sentenza impugnata ha precisato che non poteva essere messa in dubbio la natura comune del diritto di enfiteusi, essendovi stata acquiescenza sulla statuizione di primo grado che aveva negato ogni valore all’atto di divisione dei fondi, e che la consegna del bene a (OMISSIS) da parte degli altri coenfiteuti aveva costituito soltanto un riconoscimento a quello del diritto di esercitare nei confronti del proprietario i poteri nascenti dalla enfiteusi, e non una dismissione dei loro diritti. Neppure risultava che (OMISSIS) avesse compiuto, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., un atto di interversione idoneo a mutare il titolo del suo possesso. D’altro canto, l’esercizio del diritto di affrancazione nel maggio 1998 ad opera dei coenfiteuti, ben prima del compimento di ogni termine prescrizionale, configurava utile esercizio del diritto di enfiteusi.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375, comma 1, n. 5), c.p.c., venne fissata l’adunanza della camera di consiglio in data 11 novembre 2020.
Il Collegio affermo’, tuttavia, che non ricorresse l’ipotesi prevista dall’articolo 375, comma 1, numero 3, c.p.c. La causa, percio’, con ordinanza interlocutoria n. 10133-2021, venne rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice e rinviata a nuovo ruolo.
Il ricorso e’ stato quindi deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
Le parti hanno presentato memorie.
Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.II primo motivo del ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), deducono la violazione o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., per l’accoglimento dell’eccezione di parte sulla inapplicabilita’ dell’articolo 970 c.c., giacche’ regolante i soli rapporti fra concedente ed enfiteuta, proposta dagli appellati per la prima volta nel giudizio di appello, in sede di comparsa di costituzione del 15 ottobre 2014, sebbene l’eccezione di prescrizione per non uso fosse stata sollevata da (OMISSIS) gia’ nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione dell’articolo 970 c.c. in ordine alla ritenuta applicabilita’ di tale norma ai soli rapporti fra concedente ed enfiteuta e non anche ai rapporti fra coenfiteuti. Ad avviso dei ricorrenti, il tenore letterale dell’articolo 970 c.c. non porta a tale conclusione, ne’ rileverebbe nella presente lite il diverso principio dettato dall’articolo 1073, comma 5, c.c., in tema di servitu’. Peraltro, l’articolo 2939 c.c. legittima ad opporre la prescrizione anche i terzi che ne abbiano interesse.
Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in ordine alla errata qualificazione della domanda giudiziale, ed ancora la violazione o falsa applicazione dell’articolo 970 c.c. in ordine al ritenuto mancato compimento da parte di (OMISSIS) di atti idonei a mutare il suo possesso in esercizio esclusivo dell’enfiteusi. I ricorrenti precisano che l’unica domanda proposta dal loro dante causa atteneva alla prescrizione per non uso ventennale del diritto dei coenfiteuti, ai sensi dell’articolo 970 c.c., emergendo peraltro il non uso dal 1982 come fatto pacifico e non sussistendo idonei atti interruttivi di tale termine prescrizionale.
2. Sono superabili le eccezioni dei controricorrenti in ordine alla inammissibilita’ dei motivi di ricorso, quanto all’osservanza dei requisiti di contenuto-forma di cui all’articolo 366, comma 1, c.p.c., facendo le censure indicazione degli atti e dei documenti sui quali si fondano e recando con sufficiente specificita’ le relative ragioni.
I tre motivi di ricorso vanno, poi, esaminati congiuntamente, giacche’ connessi, e risultano infondati.
2.1. L’articolo 970 c.c. (Prescrizione del diritto dell’enfiteuta), secondo il quale il diritto dell’enfiteuta si prescrive per effetto del non uso protratto per venti anni, costituisce applicazione del generale istituto della prescrizione, sicche’ tornano applicabili anche tutte le norme dettate negli articoli 2934 e ss. c.c., purche’ compatibili con la natura di diritto reale dell’enfiteusi.
Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
2.2. Nel codice civile del 1942, come gia’ nel codice civile del 1865, l’enfiteusi si configura, infatti, come un diritto reale di godimento su cosa altrui a favore del concessionario o utilista del fondo, che rimane di proprieta’ del concedente. Pertanto, mentre e’ possibile la prescrizione per non uso del diritto del concessionario, il diritto del concedente e’ imprescrittibile. La proprieta’, naturalmente, puo’ essere acquistata da chiunque con il possesso ad usucapionem protratto per il termine di legge, ma l’enfiteuta, proprio perche’ il suo possesso corrisponde all’esercizio di un diritto reale su cosa altrui, non puo’ – per il chiaro disposto dell’articolo 1164 c.c. – usucapire la proprieta’ se il titolo del suo possesso non sia mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il diritto del proprietario (Cass. Sez. 2, 15/11/1976, n. 4231; Cass. Sez. 2, 02/02/1973, n. 323; Cass. Sez. 2, 10/10/1962, n. 2904).
2.3. Il non uso consiste nell’oggettiva mancanza di esercizio dei poteri inerenti all’enfiteusi ex articolo 959 c.c. L’uso che impedisce la prescrizione del diritto, ai sensi dell’articolo 970 c.c., ricorre, peraltro, non solo se il fondo sia coltivato dall’enfiteuta, direttamente o tramite suoi dipendenti, ma anche in ipotesi di utilizzazione ad opera di terzi insediati dall’enfiteuta (o, come avvenuto nella specie, secondo quanto accertato in fatto dalla Corte d’appello, ad opera di uno solo dei coenfiteuti, al quale i restanti avevano concesso a titolo precario il godimento esclusivo). Si ha invece non uso solo se vi sia stato un abbandono totale del fondo o una radicale dismissione del suo godimento, da ravvisarsi anche quando il terzo che coltivi il fondo sia un occupante abusivo ed abbia agito senza o contro la volonta’ dell’utilista, il quale sia rimasto inerte di fronte all’illegittima occupazione (cosi’ Cass., Sez. 2, 08/02/1989, n. 782).
2.4. Venendo alle peculiarita’ della fattispecie in esame, deve considerarsi che nell’ipotesi in cui l’enfiteusi spetta in comune a piu’ contitolari non si hanno tanti autonomi diritti di enfiteusi a favore di ciascuno dei coenfiteuti, ma va ravvisata una sola enfiteusi comune a tutti e da tutti esercitata indistintamente, sicche’ neppure e’ concepibile una estinzione “pro quota” per prescrizione della stessa.
2.5. In forza del principio dispositivo della prescrizione (articolo 2938 c.c.), la prescrizione per non uso dell’enfiteusi non puo’ pertanto essere fatta valere che dal concedente, a vantaggio del quale essa opera ove l’enfiteuta non eserciti il suo diritto.
D’altro canto, la prescrizione per non uso del diritto dell’enfiteuta, ex articolo 970 c.c., e’ espressione di una causa generale di estinzione dei iura in re aliena, in quanto questi limitano e comprimono la proprieta’, e lo scopo della prescrizione (la quale opera sul presupposto che manchi l’esercizio effettivo di quel diritto e sia percio’ venuta meno anche la ragionevolezza di quella limitazione) e’ il riespandersi del diritto del concedente da nuda proprieta’ a proprieta’ piena, in forza del principio dell’elasticita’ del dominio.
Al fine di sostenere, come chiedono i ricorrenti, che un coenfiteuta possa fare valere la prescrizione per non uso in danno degli altri coenfiteuti, non viene in gioco nemmeno la legittimazione surrogatoria all’opponibilita’ della prescrizione di cui all’articolo 2939 c.c., in quanto tale norma riconosce che la prescrizione possa essere opposta, oltre che dai creditori, da chiunque altro abbia interesse in luogo della parte che non la faccia valere o che vi abbia rinunziato, ma sempre che si tratti di un interesse giuridico inerente a specifici rapporti fra la parte ed il terzo interessato, e comunque comporta soltanto l’effetto di estinguere ogni pretesa del titolare del diritto inesercitato nei confronti del terzo eccipiente, senza incidere nel rapporto tra soggetto attivo e soggetto passivo surrogato (Cass. Sez. 3, 20/02/1976, n. 567; Cass. Sez. 3, 04/03/1977, n. 893; Cass. Sez. 3, 09/04/2001, n. 5262).
Uno dei coenfiteuti non è legittimato ad eccepire in proprio favore la prescrizione estintiva per non uso dell’atro confiteuta
2.6. Come limpidamente affermato in dottrina, pertanto, e’ estranea all’ambito di applicabilita’ dell’articolo 970 c.c., sulla prescrizione del diritto dell’enfiteuta, la prescrizione (quale quella invocata da (OMISSIS)) invocata a favore di un coenfiteuta e a danno di altri coenfiteuti, giacche’ in tal caso non si ha estinzione della (unica) enfiteusi comune, ma, al piu’, una eventuale sostituzione di una enfiteusi ad una coenfiteusi o la concentrazione di piu’ quote di coenfiteusi in un unico oggetto.
2.7. Affinche’ nel caso in esame si pervenisse ad affermare che alla coenfiteusi si fosse “sostituita” una enfiteusi spettante al (OMISSIS), era quindi necessario che questi avesse manifestato un possesso corrispondente all’esercizio del diritto esclusivo di enfiteusi sul fondo attraverso un’attivita’ durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso degli altri coenfiteuti, e non invece conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte di costoro (come la Corte d’appello ha ritenuto verificatosi nella specie per effetto della consegna del bene), in quanto tale suscettibile di condurre all’acquisto per usucapione di tale diritto (arg. da Cass. Sez. 2, 05/12/1992, n. 12964).
2.8. Nella memoria presentata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., i ricorrenti, allo scopo di contrastare le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, affermano che “il coenfiteuta che, per un ventennio, rimanga inerte davanti all’utilizzo esclusivo e animo proprio della cosa da parte di un co-enfiteuta subisce la prescrizione acquisitiva del diritto a favore del contitolare ex articolo 1102 c.c.”, e obiettano che non si comprenderebbe “per quale ragione, la medesima situazione (possessio ad excludendum e utilizzo animo proprio della cosa) che puo’ dar luogo a prescrizione acquisitiva a favore del coenfiteuta che usa la cosa non possa, invece, dar luogo a prescrizione estintiva in danno al contitolare che non usa la cosa e rimane inerte a fronte delle pretese di esclusivita’ altrui”.
Sennonche’, e’ facile considerare che l’usucapione, o prescrizione acquisitiva, e la prescrizione estintiva (nella specie, per non uso dei diritti reali parziali) configurano domande o eccezioni diverse, sia nei presupposti che nelle finalita’ (cfr. Cass. Sez. 2, 16/02/1978, n. 74; Cass. Sez. 2, 07/09/1977, n. 3890; Cass. Sez. 2, 27/05/1966, n. 1379): dunque, riconoscere al coenfiteuta (OMISSIS) la legittimazione far valere l’usucapione dell’enfiteusi per il possesso esclusivo avutone non equivale a riconoscere la legittimazione dello stesso a far valere la prescrizione per non uso del diritto spettanti agli altri coenfiteuti. La prescrizione acquisitiva o usucapione e’ un modo d’acquisto a titolo originario della proprieta’ o di altro diritto reale di godimento, effetto del possesso continuato nel tempo e non dell’inerzia o della negligenza del proprietario. La prescrizione estintiva, esattamente al contrario, e’ un modo di estinzione del diritto conseguenza dell’inerzia del suo titolare, e non dell’esercizio di fatto che altri ne abbia svolto.
3. Va pertanto enunciato il seguente principio:
in caso di contitolarita’ del diritto di enfiteusi, un coenfiteuta non puo’ far valere in proprio favore e a danno degli altri coenfiteuti la prescrizione estintiva per non uso ai sensi dell’articolo 970 c.c., avendo questa lo scopo di riespandere il diritto del concedente da nuda proprieta’ a proprieta’ piena. Il coenfiteuta che deduca di aver manifestato un possesso corrispondente all’esercizio del diritto esclusivo di enfiteusi sul fondo, incompatibile con il possesso degli altri coenfiteuti, puo’ invece domandare che sia accertato in suo favore l’acquisto per usucapione dell’enfiteusi, che si sostituisce all’iniziale coenfiteusi.
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3.1. Alla luce di tale principio, si giustifica il rigetto dei tre motivi di ricorso.
3.1.1. E’ infondato il primo motivo, in quanto non introduce una nuova eccezione, vietata dall’articolo 345, comma 2, c.p.c., l’appellato che deduca che un coenfiteuta non puo’ far valere in danno degli altri coenfiteuti la prescrizione estintiva per non uso ai sensi dell’articolo 970 c.c., trattandosi di mera argomentazione difensiva volta unicamente a prospettare una corretta qualificazione giuridica del diritto azionato dalla controparte.
3.2. E’ infondato il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte d’appello di Brescia correttamente ritenuto estranea all’ambito di applicabilita’ dell’articolo 970 c.c. la prescrizione invocata a favore di un coenfiteuta e a danno di altri coenfiteuti.
3.3. Deve essere comunque respinto il terzo motivo di ricorso. Gli stessi ricorrenti deducono che l’unica domanda proposta dal loro dante causa atteneva alla prescrizione per non uso ventennale del diritto dei coenfiteuti, ai sensi dell’articolo 970 c.c.; di cio’, invero, si mostra consapevole anche la sentenza della Corte di Brescia, affermando in premessa che l’unica questione ancora in discussione concerneva, appunto, il rigetto della domanda di accertamento dell’estinzione del diritto di enfiteusi in capo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in ragione dell’asserito mancato utilizzo dei beni, che risultavano occupati dal solo appellante (OMISSIS) a far tempo dal 1982. Erano dunque estranei al “thema decidendum” su cui i giudici di secondo grado erano chiamati a pronunziarsi, determinato dalle questioni effettivamente devolute, le considerazioni svolte in sentenza in relazione ai limiti di cui all’articolo 1102 c.c. e alla prova del mutamento del titolo del possesso, non essendo stata proposta una domanda di accertamento dell’usucapione.
Il terzo motivo di ricorso va comunque ritenuto inammissibile, in parte qua, per difetto di interesse all’impugnazione, in quanto censura per vizio di ultrapetizione un argomento in se’ del tutto superfluo, che i giudici di appello, confermando la sentenza impugnata per ragioni di per se’ sufficienti al rigetto del gravame, hanno ritenuto di aggiungere. Nonostante l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, il riferimento all’articolo 1102 c.c. e all’interversione del possesso non riveste alcuna influenza sulla pronuncia adottata, e, in quanto considerazione fatta in via di abbondanza, resta un obiter dictum (cfr. Cass. Sez. L, 07/06/1995, n. 6397; Cass. Sez. 2, 13/11/2020, n. 25790).
Sono invece del tutto carenti di decisivita’, per quanto finora spiegato, le allegazioni contenute nel terzo motivo di ricorso circa il fatto che i beni oggetto di causa erano stati goduti unicamente da (OMISSIS) o circa la mancanza di atti di interruzione della prescrizione.
4. Il ricorso va percio’ rigettato, con condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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