Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 gennaio 2023| n. 2386.
Stipulazione di un contratto d’appalto tra privati concluso anche per facta concludentia
La stipulazione di un contratto d’appalto tra privati non richiede la forma scritta “ad substantiam”, né “ad probationem”, potendo lo stesso essere concluso anche per “facta concludentia”. Ne consegue che la prova del contratto può essere data per testimoni e per presunzioni ma le stesse devono necessariamente rivestire, a norma dell’art. 2729 cod. civ. i caratteri della gravità e precisione, nonché, qualora siano più d’una, della concordanza
Ordinanza|26 gennaio 2023| n. 2386. Stipulazione di un contratto d’appalto tra privati concluso anche per facta concludentia
Data udienza 2 novembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Appalto – Contratto – Forma scritta ad substantiam ed a probationem – Esclusione – Prova per testimoni e per presunzioni – Art. 2729 cc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
Dott. POLETTI Dianora – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 933-2017 proposto da:
(OMISSIS), in qualita’ di titolare della ditta individuale (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’ Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
Contro
(OMISSIS);
– Intimata –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di CATANIA, depositata il 26/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2/11/2022 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.
Stipulazione di un contratto d’appalto tra privati concluso anche per facta concludentia
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dall’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catania, con il quale le venne ingiunto il pagamento, in favore di (OMISSIS), di Euro 8.500,00 per i lavori di ristrutturazione del tetto eseguiti su un immobile di proprieta’ della (OMISSIS), i cui costi erano stati quantificati in Euro 40.500,00.
L’opponente chiese la revoca del provvedimento monitorio e, con domanda riconvenzionale, la condanna del (OMISSIS) al risarcimento per i danni riportati dall’immobile a causa delle infiltrazioni d’acqua conseguite all’esecuzione non a regola d’arte dei lavori appaltati.
Il Tribunale dichiaro’ improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo e accolse, previa c.t.u., la domanda riconvenzionale formulata dall’opponente, condannando il (OMISSIS) al pagamento di Euro 13.972,64 oltre interessi legali.
Avverso il provvedimento propose appello il (OMISSIS) innanzi alla Corte di appello di Catania.
Dedusse l’appellante che il primo giudice si era riportato acriticamente alle conclusioni del designato c.t.u., il quale aveva erroneamente presupposto che gli interventi eseguiti non a regola d’arte fossero stati tutti di ristrutturazione del tetto dell’immobile, quando invece egli si era limitato, per un tratto (il corpo B), ad una semplice manutenzione, non essendo dunque a lui attribuibili i danni accertati.
Si costitui’ la (OMISSIS) per resistere all’appello.
La Corte territoriale, in parziale accoglimento dell’appello proposto da (OMISSIS), ridusse la condanna al risarcimento dei danni in favore di (OMISSIS) ad Euro 10.389,00.
Ritenne la Corte di appello, disattendendo parzialmente le risultanze della seconda c.t.u., che, in primo luogo, si dovesse tener conto dei costi per i difetti gia’ eliminati prima del sopralluogo del consulente e che, in mancanza della prova dell’esatto contenuto dell’appalto, dovesse presumersi che gli interventi pattuiti avessero ad oggetto la ristrutturazione dell’intera copertura dell’immobile. L’appaltatore, dunque, non avendo fornito la prova della eventuale sua riduzione al rango di nudus minister era tenuto, a titolo di responsabilita’ contrattuale derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera.
In adesione alle risultanze del CTU, la Corte d’appello ritenne invece non imputabili al (OMISSIS) le infiltrazioni verificatesi nel “corpo A” del tetto, dovute invece alla rimozione della copertura, prima esistente, al fine di ricavare un lastrico solare.
Avverso la sentenza della Corte di appello propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di dieci motivi.
(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.
In prossimita’ dell’udienza, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli articoli 2727, 2729 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto, la Corte di appello di Catania, che in mancanza di prova dell’esatto contenuto del contratto concluso tra le parti, la ristrutturazione avesse ad oggetto l’intera copertura dell’edificio e non solamente una parte. La corte territoriale avrebbe mal utilizzato lo strumento della presunzione semplice, giungendo alla conclusione che la ristrutturazione avesse ad oggetto la funzionalita’ dell’intera copertura dell’edificio sulla base di un fatto ignoto, anziche’ noto, ovvero la mancanza di prova dell’effettivo contenuto del contratto. Il ricorrente deduce inoltre che, nel caso di specie, non sussistono i requisiti di precisione, gravita’ e concordanza, richiesti dalla legge per poter ricorrere alla presunzione semplice.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere erroneamente ritenuto, la Corte di appello di Catania, che la causa delle infiltrazioni verificatesi in corrispondenza dei soffitti del secondo piano – vani letto, bagno e corridoio – fosse addebitabile alle opere di rifacimento del tetto eseguite dal (OMISSIS). Al contrario, il ricorrente deduce che al medesimo era stata chiesta la semplice manutenzione ordinaria di quel tratto del tetto, e non il rifacimento, sicche’ non potrebbe farsi gravare sull’appaltatore la responsabilita’ per lavori che non gli sono stati commissionati.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
L’orientamento di questa Corte e’ pacifico nel senso di ritenere che la stipulazione del contratto d’appalto tra privati non richiede la forma scritta ad substantiam, ne’ ad probationem, potendo lo stesso essere concluso anche per facta concludentia (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 2303 del 2017, non massimata; Cass. Civ., Sez.I, 5.8.2016, n. 16530; Cass. 26.10.2009, n. 22616; Cass. Civ., Sez. II del 16.7.1983).
Ne consegue che la prova del contratto possa essere data per testimoni e per presunzioni ma le stesse devono necessariamente rivestire, a norma dell’articolo 2729 c.c., i caratteri della gravita’ e precisione nonche’, qualora siano piu’ d’una, della concordanza (Cass. Civ., Sez. I, 24.5.2018, n. 12971).
Va richiamata, in tal senso Cass. II civ. n. 3841 del 4/8/1978, secondo cui nei contratti non soggetti all’obbligo della forma scritta, un documento privo di sottoscrizione, quale una minuta, puo’ essere utilizzato dal giudice del merito come fonte di elementi presuntivi, da valutarsi in relazione ad ogni altra circostanza, al fine di dedurne l’esistenza di un accordo verbale corrispondente al contenuto del documento stesso.
L’articolo 2729 c.c. ammette, infatti, solo le presunzioni che abbiano i connotati della gravita’, precisione e concordanza, laddove: la “precisione” va riferita al fatto noto, l’indizio, che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago, ma ben determinato nella sua realta’ storica; la “gravita’” va ricollegata al grado di probabilita’ della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, e’ possibile desumere da quello noto; la “concordanza” richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralita’ di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, dovendosi tuttavia precisare, al riguardo, che tale ultimo requisito e’ prescritto esclusivamente nell’ipotesi di un eventuale, ma non necessario, concorso di piu’ elementi presuntivi (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2482 del 29/01/2019).
La Corte di merito ha fatto errata applicazione del ragionamento presuntivo in quanto ha desunto che il contratto d’appalto avesse ad oggetto l’intera copertura del tetto dalla mancanza di prova dell’esatto contenuto del contratto e dalla circostanza che l’appaltatore non fosse un nudus minister.
Tale ragionamento presuntivo e’ viziato in quanto l’assenza di prova in ordine al contenuto del contratto non costituisce un fatto storico da cui il giudice poteva trarre la prova del fatto ignoto.
Al contrario, in assenza di prova sul contenuto del contratto d’appalto, la Corte di merito avrebbe dovuto considerare ulteriori elementi, come le voci indicate nel conto finale dei lavori ed elenco prezzi, da cui risultava una spesa di soli Euro 900,00.
Con ragionamento apodittico, la Corte d’appello afferma che l’appalto aveva ad oggetto la ristrutturazione dell’intera copertura in modo da assicurarne la funzionalita’ laddove era onere della committente, che aveva agito per il risarcimento dei danni da errata esecuzione del contratto, provare l’esatto contenuto del contratto.
Il ricorso va, pertanto accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.
Il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.
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