Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28148.
Società per azioni e formazione del capitale con acquisto delle azioni
In tema di società per azioni, il nuovo testo dell’art. 2358 c.c., introdotto dal d.lgs. n. 142 del 2008, pur avendo consentito il prestito per l’acquisto di azioni proprie in presenza di specifiche condizioni (quali l’autorizzazione dell’assemblea straordinaria e la predisposizione di una relazione illustrativa da parte degli amministratori), prevede ancora un divieto generale di tali operazioni di assistenza finanziaria – volto a tutelare l’interesse di soci e creditori alla conservazione del patrimonio sociale – la cui violazione, trattandosi di norma imperativa di grado elevato, comporta la nullità ex art. 1418 c.c. non solo del finanziamento, ma anche dell’atto di acquisto, ove ne sia dimostrato, anche mediante presunzioni, il collegamento funzionale da chi intenda far valere la nullità dell’operazione nel suo complesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato, che aveva ravvisato il collegamento funzionale tra l’operazione di assistenza finanziaria, priva delle condizioni di cui all’art. 2358 c.c., e due cessioni di azioni solo in quanto previste nel medesimo atto).
Ordinanza|| n. 28148. Società per azioni e formazione del capitale con acquisto delle azioni
Data udienza 26 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Societa’ – Di capitali – Societa’ per azioni (nozione, caratteri, distinzioni) – Costituzione – Modi di formazione del capitale – Limite legale – Delle azioni – Acquisto delle azioni – Divieto di anticipazioni sulle proprie azioni assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie – Nuovo testo dell’art. 2358 c.c. – Condizioni di validità – Mancanza – Conseguenze – Nullità dell’operazione complessiva ex art. 1418 c.p.c. – Limiti – Ragioni – Fattispecie.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14142/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS), IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di MANTOVA n. 4252/2015 depositato il 02/05/2016;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26/09/2023 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.
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FATTI DI CAUSA
La (OMISSIS) s.r.l., premettendo di aver ceduto nel (OMISSIS) a (OMISSIS) s.r.l. 135.000 azioni della (OMISSIS) s.p.a. del valore nominale di 1,00 Euro ciascuna, da corrispondere entro il (OMISSIS) previa garanzia pignoratizia sulle stesse, e allegando di non aver ricevuto il pagamento del prezzo, chiese l’ammissione al passivo del sopravvenuto fallimento della (OMISSIS) in liquidazione, in privilegio e con gli interessi legali.
Il giudice delegato escluse il credito rilevando che la vendita delle azioni era avvenuta in esecuzione di un preliminare in data (OMISSIS) tra la (OMISSIS) e i soci della (OMISSIS), prevedente (tra l’altro) un’opzione di vendita delle partecipazioni in favore di diversi soggetti, tra cui la (OMISSIS). Ritenne che il preliminare, cosi’ come l’opzione e la conseguente vendita, fosse da considerare nullo per contrarieta’ all’articolo 2358 c.c., in quanto con esso e coi collegati contratti di appalto e di finanziamento la societa’ (OMISSIS) aveva finito coll’accordare prestiti o garanzie per l’acquisito delle proprie azioni, in assenza delle condizioni di legge. Difatti l’efficacia del contratto preliminare era stata sottoposta alla duplice condizione sospensiva dell’ottenimento, da parte di (OMISSIS), di un finanziamento bancario di 35 mil. Euro e della stipula di un appalto con la (OMISSIS) per l’esecuzione di opere di comparto; sicche’ l’erogazione dell’acconto stabilito nell’appalto aveva consentito a (OMISSIS) di acquistare le azioni stesse.
La (OMISSIS) propose opposizione allo stato passivo, sostenendo che invece il finanziamento concesso a (OMISSIS) era stato semplicemente finalizzato a dotare questa societa’ delle risorse necessarie alla realizzazione del progetto di sviluppo immobiliare dell’area di (OMISSIS) in (OMISSIS); in tal guisa le somme versate da (OMISSIS) a (OMISSIS) altro non avevano rappresentato che l’anticipo del prezzo dell’appalto; dopodiche’ (OMISSIS) aveva esercitato l’opzione contrattuale prevista dal contratto del (OMISSIS) e formalizzato la vendita delle proprie azioni a (OMISSIS), la quale invece non aveva pagato il prezzo.
In questa prospettiva l’opponente affermo’:
– che l’articolo 2358 c.c., e’ applicabile solo alle erogazioni a titolo di prestito o garanzia, non anche ai corrispettivi o agli acconti di un appalto;
– che il credito insinuato al passivo era riferito alla seconda cessione azionaria rispetto a quella iniziale del 70% della partecipazione in (OMISSIS), una cessione a se’ stante, per la quale non erano stati utilizzati gli acconti dell’appalto;
– che in ogni caso l’articolo 2358 c.c., non avrebbe mai potuto coinvolgere altro che il finanziamento, non anche l’acquisto della partecipazione.
Nella resistenza della curatela il Tribunale di Mantova ha respinto l’opposizione, affermando, per quanto in effetti rileva, la seguente tesi:
– il concetto di dare prestiti va inteso, anche ai fini dell’articolo 2358 c.c., in senso ampio, essendo il divieto di assistenza finanziaria diretto alla tutela dell’effettivita’ del patrimonio sociale;
– il credito di (OMISSIS) era si’ quello relativo alla vendita delle azioni, ma la vendita non poteva dirsi autonoma e indipendente dal resto dell’operazione complessiva, perche’ gia’ il contratto del (OMISSIS) aveva previsto la vendita in opzione e perche’ il collegamento funzionale tra i contratti era tale da rendere evidente il fine ultimo in effetti perseguito;
– codesto doveva identificarsi con quello di attuare la cessione totalitaria delle azioni di (OMISSIS), gia’ indebitata, mediante l’ottenimento del finanziamento a titolo di mutuo edilizio da utilizzare (in tesi) come pagamento dell’anticipo contrattuale dell’appalto;
– la nullita’ ex articolo 2358 c.c., lungi dall’avere come possibile oggetto il semplice finanziamento, era tale da travolgere anche l’acquisto delle azioni, altrimenti finendo coll’esser frustrata la finalita’ della norma in ordine alla tutela del patrimonio della societa’ bersaglio.
La societa’ (OMISSIS) in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
La curatela del fallimento di (OMISSIS) in liquidazione ha replicato con controricorso.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – La ricorrente denunzia nell’ordine:
(i) la violazione o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., per avere il decreto ritenuto incontestata, e quindi non bisognevole di prova, la circostanza dell’avvenuto pagamento degli acconti da parte di (OMISSIS) a (OMISSIS), quando invece era stata eccepita la mancanza di prova di tale fatto; e in ogni caso il principio di non contestazione non poteva operare rispetto a (OMISSIS), soggetto terzo rispetto all’appalto e come tale non a conoscenza di fatti noti alle sole parti di questo;
(ii) l’omesso esame dei seguenti fatti decisivi, a dimostrazione della insussistenza dell’assistenza finanziaria di cui all’articolo 2358 c.c.: (a) la previsione nell’appalto intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) dell’erogazione di un acconto di appena 686.000,00, di dieci volte inferiore al prezzo della prima cessione delle azioni di (OMISSIS) in misura del 70%, tale da comprovare la causa propria del contratto di appalto; (b) l’avvenuta esecuzione da parte di (OMISSIS) di buona parte delle opere appaltate, cosa sintomatica dell’essere stati gli acconti funzionali al compimento di quelle opere; (c) la conferma tratta dai bilanci delle due societa’, nei quali era stato rilevato un decremento proporzionale della posta degli acconti in rapporto all’ammontare dei lavori svolti nel triennio 2011-2013; (d) la decisivita’ dell’essere stata (OMISSIS) partecipata da storiche societa’ costruttrici del (OMISSIS), cosa che unitamente all’esecuzione almeno parziale dei lavori e alla subordinazione della compravendita delle azioni a un importante aumento di capitale di (OMISSIS) si sarebbe dovuto considerare come dato incompatibile con l’intento elusivo dell’articolo 2358 c.c.;
(iii) la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2358 c.c., essendo censurabile la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, ai fini dell’articolo 2358 c.c., il concetto di assistenza finanziaria vada inteso in senso estensivo e ricomprenda anche il versamento di acconti di un contratto di appalto: questo perche’ l’articolo 2358 c.c., e’ invece una norma speciale e derogatoria rispetto al principio della libera circolazione delle partecipazioni, sicche’ non puo’ applicarsi oltre la considerazione dei prestiti e delle garanzie funzionali all’acquisto o alla sottoscrizione delle proprie azioni;
(iv) la violazione o falsa applicazione degli articoli 2697 e 2729 c.c., per avere il decreto ravvisato l’esistenza di indici presuntivi escludenti la genuinita’ dell’appalto a fronte della effettiva volonta’ di concessione di un prestito da parte di (OMISSIS) per l’acquisto di azioni proprie;
(v) la violazione o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1418, 1419 e 2358 c.c., nella parte in cui il tribunale, pur riconoscendo che il credito insinuato da (OMISSIS) era originato dalla seconda cessione, cosi’ da non poter esser finanziato dagli acconti dell’appalto, ha comunque ritenuto – in difetto dei relativi presupposti – di confermare l’esclusione dallo stato passivo per il collegamento funzionale tra i contratti;
(vi) la violazione o falsa applicazione degli articoli 2358, 1418 e 1419 c.c., per avere il tribunale erroneamente affermato, infine, che la nullita’ ex articolo 2358 c.c., si sarebbe dovuta estendere anche all’acquisto delle azioni, oltre che al mero finanziamento, in asserita rilevanza della tutela dell’effettivita’ del patrimonio sociale della societa’ bersaglio, a fronte invece del riferimento testuale contenuto nella ripetuta norma oggi relativa a un’operazione di per se’ non vietata.
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II. – I motivi dal secondo al quarto, tra loro suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati nel senso che segue, mentre non lo e’ il sesto, che va rigettato.
Gli altri motivi restano assorbiti.
III. – Al fondo della controversia e’ il tema del divieto di assistenza finanziaria della societa’ di capitali per l’acquisto di azioni proprie.
Riguardo a questo tema si impone una premessa in iure.
L’articolo 2358 c.c., dispone che “la societa’ non puo’, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, ne’ fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni “.
La norma, nel testo attuale, costituisce esito del Decreto Legislativo n. 142 del 2008, di recepimento della Direttiva 2006/68-CE del 6 settembre 2006, che ha accordato agli Stati membri la facolta’ di consentire l’assistenza finanziaria delle societa’ per l’acquisto di proprie azioni ma (solo) subordinatamente “a determinate garanzie”, nella ritenuta necessita’ di tutelare, cosi’, “gli azionisti ed i terzi “.
E’ utile sottolineare che, di contro, prima del Decreto Legislativo n. 142 del 2008, la norma era congegnata diversamente e prevedeva il divieto di assistenza finanziaria in termini assoluti.
La norma veniva invero pressoche’ unanimemente interpretata come volta a preservare il capitale della societa’ a fronte di possibili condotte di annacquamento.
IV. – In rapporto al testo previgente dell’articolo 2358 c.c., questa Corte ha affermato che il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, “in quanto diretto alla tutela dell’effettivita’ del patrimonio sociale, ha carattere assoluto e va inteso in senso ampio”; sicche’ “e’ vietata qualsiasi forma di agevolazione finanziaria – avvenga essa prima o dopo l’acquisto – atteso che assume rilevanza il nesso strumentale tra il prestito o la garanzia e l’acquisto di azioni proprie, funzionale al raggiungimento da parte della societa’ dello scopo vietato” (Cass. Sez. 1 n. 15398-13).
Di riflesso e’ stata altresi’ ritenuta la nullita’ (virtuale) sia del contratto di finanziamento sia del contratto di acquisto delle azioni come conseguenza della violazione della norma imperativa.
In particolare, e’ stato detto che il socio di societa’ per azioni “e’ legittimato ad agire per la dichiarazione di nullita’ del contratto di sottoscrizione di azioni di nuova emissione, stipulato dalla societa’ con i sottoscrittori delle stesse, ove deduca la violazione dell’articolo 2342, u.c. (divieto di conferimento di opere o servizi), o dell’articolo 2358, comma 1 (sostegno finanziario alla sottoscrizione fornito dalla societa’ emittente), quale terzo interessato ai sensi dell’articolo 1421 c.c., atteso che dette ipotesi di nullita’ comportano il rischio della non effettivita’, totale o parziale, dei nuovi conferimenti e al tempo stesso dell’aumento del capitale sociale, con ricaduta sul patrimonio netto, e tale rischio incide direttamente sul suo interesse (che e’ esclusivo del socio e non puo’ dirsi assorbito in quello della societa’) a conservare il valore, in termini sia assoluti che relativi, della sua quota di partecipazione alla societa’, in quanto, nella misura in cui al formale incremento del capitale – cui corrisponde una riduzione proporzionale della sua quota di partecipazione – non si accompagni un effettivo incremento del patrimonio netto, il valore della quota si riduce, a tutto vantaggio dei sottoscrittori delle nuove azioni” (Cass. Sez. 1 n. 25005-06).
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V. – L’orientamento e’ stato messo in discussione, da una parte della dottrina, essenzialmente in base al fatto che nell’attuale versione dell’articolo 2358 c.c., l’operazione di assistenza finanziaria non e’ piu’ vietata in senso assoluto. L’eco di tale dottrina si rinviene anche nelle argomentazioni della ricorrente.
Tuttavia, la sottolineatura che fa da supporto alla tesi non e’ decisiva, e la conclusione che infine ne e’ tratta (e di cui si dira’ tra un momento) non e’ giustificata ne’ dal testo, ne’ dalla ratio della norma, cosi’ da non poter essere condivisa.
La riforma dell’articolo 2358 c.c. ha inteso consentire – certo – il prestito per l’acquisto di azioni proprie. Ma cio’ ha fatto solo in concorrenza di alcune specifiche condizioni legittimanti e di un preciso percorso procedimentale: (i) da un lato l’operazione deve esser autorizzata dall’assemblea straordinaria della societa’; (ii) dall’altro, gli amministratori debbono predisporre “una relazione che illustri, sotto il profilo giuridico ed economico, l’operazione, descrivendone le condizioni, evidenziando le ragioni e gli obiettivi imprenditoriali che la giustificano, lo specifico interesse che l’operazione presenta per la societa’, i rischi che essa comporta per la liquidita’ e la solvibilita’ della societa’ ed indicando il prezzo al quale il terzo acquisira’ le azioni”, e attestare che “l’operazione ha luogo a condizioni di mercato, in particolare per quanto riguarda le garanzie prestate e il tasso di interesse praticato per il rimborso del finanziamento, e che il merito di credito della controparte e’ stato debitamente valutato “; (iii) ulteriormente la relazione deve essere depositata presso la sede della societa’, nei trenta giorni precedenti l’assemblea; (iv) infine e comunque l’importo complessivo delle somme impiegate per finanziare l’acquisto delle proprie azioni non puo’ eccedere “il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato”, dovendo la societa’ iscrivere contestualmente al passivo di bilancio “una riserva indisponibile pari all’importo complessivo delle somme impiegate”.
L’indirizzo dottrinale al quale si allude, esaminando il problema delle conseguenze della violazione del divieto dall’angolo visuale della possibile estensione alle societa’ cooperative (soprattutto nel settore del credito), ha sostenuto che occorrerebbe distinguere a seconda del tipo di violazione commessa: se cioe’ individuata nella omissione dell’autorizzazione assembleare oppure nell’adozione della Delibera di autorizzazione in violazione dell’articolo 2358; nel primo caso gli atti di assistenza finanziaria andrebbero considerati affetti – essi in quanto tali – da inefficacia (o da inopponibilita’ nei riguardi della societa’), per superamento di un limite legale ai poteri di rappresentanza degli amministratori; nel secondo la conseguenza sarebbe quella dell’invalidita’ del finanziamento ma alla condizione del riscontro di un motivo illecito comune anche al terzo contraente.
La conclusione, tuttavia, porta con se’ l’inaccettabile conseguenza di svilire la portata precettiva dell’articolo 2358 c.c., comma 1, visto che il significato specifico della norma e’ invece comunque quello di vietare l’assistenza finanziaria per l’acquisto delle azioni proprie, salve le condizioni previste dalla legge.
Giustamente e’ stato osservato che non e’ vero che il divieto stabilito nel comma 1, della norma e’ oggi degradato a eccezione. E’ vero invece che l’operazione di cui all’articolo 2358 c.c. e’ (e resta) vietata.
La mancanza delle condizioni stabilite determina l’espansione del divieto, perche’ e’ codesto – e non il suo contrario – a integrare la regola generale.
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VI. – Ora il punto e’ che si tratta di un divieto di fonte legale a presidio di interessi generali, quali indubbiamente sono quelli dei terzi (e dei creditori) all’integrita’ patrimoniale della societa’; cosa che e’ dato evincere dal limite quantitativo imposto dalla norma a fronte degli utili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.
Cio’ induce a dire che l’operazione realizzata in violazione dell’articolo 2358, da’ luogo all’inosservanza di una norma imperativa di grado elevato, qual e’ quella tesa a tutelare interessi di sistema.
E quindi, sebbene a fronte del nuovo testo, e’ da confermare l’orientamento tradizionale per cui il mancato rispetto del divieto, ove difettino le condizioni stabilite dalla legge, produce la nullita’, ex articolo 1418 c.c., dell’operazione di assistenza finanziaria nel suo complesso.
VII. – In considerazione, peraltro, di quanto e’ dato rinvenire in recenti pronunce a proposito dell’istituto della nullita’ ex articolo 1418 c.c., e’ opportuno mettere in risalto la seguente ulteriore considerazione esplicativa.
Nell’articolo 1418 c.c., comma 1, rileva, ai fini della nullita’ del contratto, non la norma imperativa in se’, quanto piuttosto il grado di imperativita’ della medesima.
Questo grado e’ piu’ elevato di quello espresso dalla non derogabilita’ del precetto, perche’ la parte finale del comma contiene una riserva (“salvo che la legge disponga diversamente”).
Consegue che la violazione di una norma imperativa puo’ non comportare la nullita’ del contratto, e pero’ alla condizione che la legge disponga diversamente.
Non si nega il fondamento della tradizionale giurisprudenza di questa Corte (v. emblematicamente Cass. Sez. 2 n. 6601-82, Cass. Sez. 3 n. 7547-93, Cass. Sez. 1 n. 5052-01) secondo la quale la diversa disposizione legislativa puo’ essere, in questi casi, identificata anche implicitamente.
Ma neppure puo’ negarsi che cio’ sia possibile secondo un discrimine tracciato dalla previa identificazione della ragione del divieto.
Il principio fondamentale e’ allora questo: che sono sempre affetti da nullita’ gli atti contrari a norme imperative dirette a tutelare interessi di carattere generale. E tali sono quelli dei terzi e dei creditori sociali a che le operazioni di assistenza finanziaria, in violazione dell’articolo 2358 c.c., non abbiano a depauperare il patrimonio della societa’; esattamente come lo sono quelli di volta in volta presidiati dalle norme di tutela della regolarita’ dei mercati o della stabilita’ del sistema finanziario o bancario, o delle garanzie della scelta dei contraenti per la regolarita’ dei pubblici appalti (v. Cass. Sez. 1 n. 367210, Cass. Sez. 1 n. 23025-11); e cosi’ via, secondo una casistica certo variabile ma pur sempre basata sull’evoluzione dei livelli di importanza attribuita al rango degli interessi presidiati nei diversi settori dell’ordinamento.
Rimanendo nell’alveo dell’articolo 2358, e’ da osservare che nella versione attuale la norma pone un divieto a tutela di interessi generali – dei creditori e dei terzi (oltre che dei soci) -, declinato in modo preminente rispetto al simultaneo obiettivo pur indicato dalla Direttiva 2006/68-CE: consentire il rafforzamento della flessibilita’ idonea ai cambiamenti della struttura proprietaria delle societa’ purche’ le operazioni di assistenza si mantengano entro i limiti stabiliti.
Donde l’inosservanza di quei limiti comporta la nullita’ dell’operazione di assistenza finanziaria.
VIII. – Proprio perche’ riferita all’intera operazione di assistenza finanziaria la sanzione di nullita’ si propaga anche al contratto di acquisto delle azioni.
Nell’operazione restano cioe’ avvinti entrambi gli atti di finanziamento e di cessione delle azioni, giacche’ evidente ne e’ la connessione funzionale.
Entrambi sono tesi al perseguimento dell’unico risultato economico integrato dall’acquisto della partecipazione.
Il rischio tutelato e’ anche quello della non effettivita’ del conferimento dei nuovi soci e del conseguente aumento del capitale societario, con le gia’ considerate (nei citati precedenti di questa Corte) ricadute sul patrimonio netto in ipotesi di inadempimento dell’obbligazione di rimborso del finanziamento.
Per cui non e’ sostenibile che la violazione del divieto possa infine portare – come invece assume la ricorrente nel sesto motivo – alla invalidazione del solo contratto di finanziamento e non anche di quello relativo all’acquisto delle azioni.
IX. – Cosi’ ricostruita in iure la questione controversa, con correlato rigetto degli spazi argomentativi della diversa tesi paventata dalla ricorrente, il ricorso e’ tuttavia fondato nel senso che segue.
X. – Il divieto di cui all’articolo 2358, e’ finalizzato a impedire quei prestiti che siano preordinati all’acquisto di azioni proprie.
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La sanzione della nullita’ si propaga all’atto di acquisto, alla specifica condizione che sia individuabile il collegamento funzionale tra l’acquisto delle azioni e la erogazione del finanziamento. Questa cosa e’ semplice ove vi sia contestualita’. Non lo e’ invece ove questa manchi.
Il collegamento ricorre quando gli atti, sebbene formalmente distinti, risultino interdipendenti al punto che l’uno serve oggettivamente alla realizzazione dell’altro.
La prova del collegamento funzionale, per quanto non necessariamente emergente dai contratti e suscettibile di palesarsi in base a indici anche presuntivi, deve in ogni caso essere fornita a onere di chi intenda far valere la nullita’ dell’operazione nel suo complesso.
Nel caso concreto il ragionamento a mezzo del quale il Tribunale di Mantova ha ritenuto nullo il contratto di acquisto delle azioni come conseguenza della violazione del divieto di assistenza finanziaria da parte della (OMISSIS) e’ lacunoso.
Dal ricorso si evince – ed e’ fatto non contestato – che della (OMISSIS) (societa’ costituita per la realizzazione di un complesso immobiliare in (OMISSIS)) erano soci diverse societa’ (tra cui la (OMISSIS)) e alcune persone fisiche.
L’operazione di vendita delle partecipazioni al capitale di (OMISSIS) era stata contemplata – in base a quanto stabilito dal tribunale – nella scrittura del (OMISSIS).
Il tribunale ha motivato sulla scorta di due profili.
Da un lato, ha ritenuto evidente l’esistenza di un collegamento funzionale tra i contratti contemplati in questa scrittura: (a) quello iniziale di vendita della partecipazione alla (OMISSIS) nella misura del 70% del capitale e (b) quello di vendita a seguito di opzione del restante 30% (che qui interessa) poi concretizzato nel dicembre 2012; e cio’ in correlazione con l’intendimento di attuare la cessione totalitaria delle azioni di (OMISSIS) alla suddetta (OMISSIS).
Dall’altro, ha ritenuto, seppure in modo indiretto, che non fosse genuino il contratto di appalto stipulato tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), perche’ alcuni indici presuntivi dovevano affermarsi nel segno della sussistenza di un nesso strumentale tra il versamento del prezzo di questo appalto e l’acquisto delle azioni proprie di (OMISSIS).
Per quel che si comprende, i detti indici avevano celato, secondo il tribunale, un finanziamento e reso l’utilizzo del denaro, cosi’ ottenuto, funzionale al raggiungimento dello scopo vietato dall’articolo 2358 c.c..
XI. – Nessuna delle due affermazioni e’ logicamente argomentata, in relazione ai riscontri esibiti.
Il primo rilievo cela un fraintendimento sul versante generale, perche’ il collegamento, ai fini dell’articolo 2358 c.c., non poteva (o doveva) essere apprezzato in rapporto all’unitarieta’ dell’operazione programmata nel preliminare, quanto piuttosto in rapporto al nesso tra l’assistenza finanziaria e l’acquisto specifico (del 30% della partecipazione) che era stato posto a base della domanda.
Il secondo rilievo implicherebbe tutt’altra motivazione e tutt’altro approfondimento. Non e’ giustificata, se non in modo tendenziale e approssimativo, l’asserzione in ordine al nesso con l’appalto.
Il tribunale non ha infatti esplicitamente affermato che l’appalto fosse simulato, ne’ ha indicato in nome di quali concreti (e gravi) elementi la insistita (dall’attrice) genuinita’ del medesimo fosse contraddetta in modo tale da far ritenere che invece l’appalto era un semplice schermo dissimulante un negozio di diverso genere.
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Per rendersene conto basta menzionare gli elementi considerati a tal riguardo. Gli elementi sono i seguenti:
– con lo stesso contratto del (OMISSIS) era stata stabilita la cessione dell’intero capitale di (OMISSIS), ancorche’ in due momenti: dapprima la cessione del 70% del capitale al prezzo di 5 mil. Euro, poi l’opzione di vendita del restante 30% entro un termine; si tratta della prima e della seconda cessione di cui parla la ricorrente;
– l’efficacia del medesimo (intero) contratto era stata subordinata all’ottenimento da parte di (OMISSIS) di un prestito di 35.000.000,00 Euro e alla stipula dell’appalto con (OMISSIS), entrambi entro la data del (OMISSIS);
– il (OMISSIS) era stato sottoscritto l’appalto e il (OMISSIS) era stata comunicata l’erogazione del finanziamento a titolo di mutuo ipotecario edilizio, oltre l’importo di 5 mil. Euro;
– questa somma, da utilizzare quale anticipo contrattuale da corrispondere all’appaltatrice (OMISSIS), era esattamente coincidente con la somma prevista quale prezzo della cessione del suddetto iniziale 70% delle azioni cedute.
E’ agevole notare che nessuno di questi elementi e’ riferibile in se’ all’appalto, e nessuno e’ spiegato in senso logicamente idoneo a dire che la volonta’ dei contraenti dell’appalto fosse tesa a creare una situazione solo apparente.
Eppure, in nome di tale apparenza il tribunale, nel contesto di una nozione ampia del concetto sotteso all’articolo 2358 c.c., ha ritenuto che la violazione della norma dovesse comportare la nullita’ del finanziamento fatto dalla committente all’appaltatrice (OMISSIS), e poi anche la nullita’ del collegato contratto di compravendita della partecipazione reso possibile da quel finanziamento.
XII. – Dopodiche’ la motivazione del provvedimento e’ deficitaria nella ricostruzione in fatto, perche’ sostanzia una distonia di ordine logico-argomentativo. Tale e’ quella relativa all’utilizzo dell’importo di 5 mil. Euro.
L’importo si dice esser stato ottenuto a titolo di mutuo dalla committente (OMISSIS) per essere utilizzato quale anticipo contrattuale dell’appalto; ma, poiche’ corrispondeva esattamente all’importo della provvista necessaria per il pagamento del 70% delle azioni di (OMISSIS) da parte della stessa appaltatrice (OMISSIS), previsto nella medesima scrittura del (OMISSIS), si dice ancora che esso era stato presumibilmente utilizzato a tale scopo, cosi’ da integrare l’assistenza finanziaria per l’acquisto delle azioni proprie della committente.
Resta pero’ che la vendita messa al fondo dell’insinuazione fallimentare da parte di (OMISSIS) non e’ quella del 70% suddetta, ma quella conseguente all’esercizio dell’opzione di vendita del 30% residuo del capitale detenuto in (OMISSIS). E nessuna spiegazione e’ fornita dal tribunale sul perche’ la preliminare asserzione involgente la provvista per il pagamento del prezzo della prima cessione azionaria (il 70% del capitale), ove anche fondata, dovesse (e potesse) valere anche per un’alienazione distinta, oltre tutto venuta in essere due anni dopo.
XIII. – Non serve allora la sottolineatura iniziale per cui anche la cessione del (OMISSIS) era stata contemplata nel preliminare del (OMISSIS).
Non serve perche’ non da cio’ puo’ logicamente trarsi – in difetto di migliori spiegazioni – la conclusione che anche il prezzo di questa cessione fosse stato considerato pagabile solo (e sempre) quale effetto dell’operazione di assistenza finanziaria della societa’ delle cui azioni si era trattato.
In verita’ nessun elemento, salvo quello della simultanea previsione delle due cessioni all’interno della stessa scrittura del (OMISSIS), attributiva a tal riguardo (peraltro) di un semplice diritto di opzione di vendita, e’ indicato dal Tribunale di Mantova come base giustificativa della fattispecie dell’acquisto conseguente a un’operazione di assistenza finanziaria in difetto dei presupposti di cui all’articolo 2358 c.c..
XIV. – In conclusione, il decreto del Tribunale di Mantova va cassato in accoglimento dei motivi secondo, terzo e quarto.
Segue il rinvio al medesimo tribunale che, in diversa composizione, rinnovera’ l’esame uniformandosi ai principi sopra esposti.
Il tribunale provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.
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P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il sesto e dichiara assorbiti gli altri, cassa il decreto in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Mantova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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