Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 30 novembre 2018, n. 2912.
La massima estrapolata:
La cd. socializzazione del costo del lavoro interviene in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e di prevedibilità dell’imprenditore, sia che essi attengano a fatti naturali, condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori, sia a fatti umani esterni, che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori di impresa, comprensivi dell’impiego della mano d’opera. Segue che rientrano ordinariamente nella seconda tipologia gli eventi oggettivamente imprevedibili ai quali l’imprenditore non può sottrarsi quali: il caso fortuito, la forza maggiore, il factum principis, ovvero l’illecito del terzo.
Sentenza 30 novembre 2018, n. 2912
Data udienza 3 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2996 del 2013, proposto dalla s.p.a. Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Studio Gr. & As. S.R.L. in Roma, corso (…);
contro
L’Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Co. e Vi. Tr., domiciliato in Roma, via (…);
l’Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Sede di Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza 13 novembre 2012, n. 90 del Tribunale amministrativo regionale per la Valle d’Aosta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2018 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Vi. St. per delega dell’avvocato An. Co..
FATTO e DIRITTO
1.- La Pa. s.p.a., esercente impresa nel settore dell’edilizia, ha chiesto all’Inps, sede di Aosta, di essere autorizzata al pagamento dell’integrazione salariale ordinaria:
a) per tre operai, con una domanda del 22 febbraio 2011, relativa al periodo dal 3 al 29 gennaio 2011;
b) per un operaio con una domanda del 25 marzo 2011, relativa al periodo dal 31 gennaio al 12 febbraio 2011.
La ragione della richiesta era rappresentata da intemperie invernali (“freddo/gelo”).
La Commissione provinciale per la cassa integrazione guadagni ha respinto le domande con la seguente motivazione: “la fase lavorativa non è stata ritenuta congruente con la data di inizio lavori nel cantiere”, avvenuta il 7 giugno 2006.
2.- La società ha impugnato tale determinazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta per motivi poi riproposti in sede di appello.
2.1.- Il Tribunale amministrativo, con la sentenza 13 novembre 2012, n. 90, ha rigettato il ricorso.
3.- La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
3.1.- Si è costituito in giudizio l’Ente intimato, chiedendo il rigetto dell’appello.
4.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3 maggio 2018.
5.- Con due motivi l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ravvisato l’illegittimità della determinazione impugnata per difetto di adeguata motivazione e per difetto di istruttoria.
In particolare si è rilevato, nell’appello, in punto di fatto, che:
a) l’intervento edilizio è iniziato nel luglio del 2007 ed ha riguardato la realizzazione di nove nuclei residenziali;
b) l’intervento cui si riferisce la richiesta di integrazione salariale non ha riguardato, come erroneamente avrebbe ritenuto il primo giudice, “lavori di rifinitura esterna”, ma “lavori di sistemazione esterna per un importo di 1.000,000,00 euro”.
I motivi non sono fondati.
L’art. 1 della legge 3 febbraio 1963, n. 77 (“Disposizioni in favore degli operai dipendenti dalle aziende industriali dell’edilizia e affini in materia di integrazione guadagni”), prevede, con disposizione applicabile ratione temporis, che “Agli operai dipendenti dalle aziende industriali dell’edilizia e affini che, per effetto delle intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori, sono costretti a sospendere il lavoro od a lavorare ad orario ridotto” è dovuta l’integrazione salariale “per le ore di lavoro non prestate comprese tra 0 e 40 ore settimanali”.
Il Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare, con orientamento condivisibile, che “la cd. socializzazione del costo del lavoro interviene in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e di prevedibilità dell’imprenditore, sia che essi attengano a fatti naturali (condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori), sia a fatti umani esterni, che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori di impresa, comprensivi dell’impiego della mano d’opera. Segue che rientrano ordinariamente nella seconda tipologia gli eventi oggettivamente imprevedibili ai quali l’imprenditore non può sottrarsi quali: il caso fortuito, la forza maggiore, il “factum principis”, ovvero l’illecito del terzo”.
Il loro verificarsi determina, “con carattere di ineludibilità, l’interruzione dei lavori con ricaduta sugli oneri di retribuzione dei lavoratori a tal fine assunti. L’evento interruttivo è, invece, imputabile al datore di lavoro, ovvero alla committenza nei casi di contratto di appalto, quando esso si riconduce all’erroneità delle scelte tecniche in sede di progettazione; alla non corretta modulazione ed impegno delle maestranze in relazione all’ordinaria e prevedibile esecuzione del progetto, ovvero all’omessa previsione dipossibili situazioni impeditive dell’ordinario prosieguo dei lavori” (Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, n. 8218).
Alla luce di tale quadro, la motivazione dell’Inps deve ritenersi adeguata, come correttamente messo in rilievo dal TAR.
Risultano infatti distinguibili le possibili “intemperie stagionali” dalle ragioni che hanno contribuito allo svolgimento dell’attività lavorativa in quel periodo.
Nella fattispecie in esame, l’appellante non ha indicato alcun elemento probatorio volto a dimostrare che la protrazione temporale dei lavori che ha poi comportato la loro sottoposizione alle “intemperie stagionali” siano dipese da cause non imputabili al datore di lavoro.
In altri termini, non è sufficiente che la singola causa interruttiva dello svolgimento dell’attività lavorativa integri di per sé gli estremi del caso fortuito o forza maggiore, ma è necessario che la sua realizzazione, globalmente considerata, non sia dipesa dalla condotta del datore di lavoro.
Nella specie, risulta che il datore di lavoro ha protratto in modo non giustificato lo svolgimento dell’attività lavorativa con la conseguente sua “sottoposizione” a un evento al quale, diversamente, non sarebbe stata sottoposta.
6.- Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso n. 2996 del 2013, indicato in epigrafe.
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Marco Buricelli – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
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