Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 35341.

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

In tema di appalto, il risarcimento del danno in caso di vizi dell’opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall’art. 1668 cod. civ., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell’ “opus” commissionato. Ne consegue che, se l’oggetto dell’appalto sia costituito dalla realizzazione di una “res”, gli interventi emendativi si rapportano all’opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d’arte; mentre, se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente, alla luce dei medesimi criteri di proporzionalità tra oggetto dell’appalto e danno, il risarcimento non può concretarsi in un radicale intervento di ripristino della cosa (come avvenuto nella specie, per la messa a punto dei motori di un natante), facendo altrimenti conseguire al danneggiato una “res” qualitativamente migliore rispetto a quella anteriore, nella quale pure l’originario oggetto dell’appalto viene ricompreso

Ordinanza|| n. 35341. Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

Data udienza 15 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave:Contratti – Appalto – Garanzia per difformità e vizi dell’opera – Risarcimento del danno – Contenuto – Limiti – Riferimento alla natura dell’opera appaltata – Necessità – Conseguenze – Appalto relativo ad esecuzione di attività sul bene del committente – Risarcimento consistente nell’integrale ripristino della “res” – Esclusione – Fondamento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – rel. Consigliere

Dott. PIRARI Valeria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al R.G. N. 13097-2018 proposto da:

(OMISSIS) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 213/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 08/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/02/2023 dal Consigliere Dott. DIANORA POLETTI.

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

FATTI DI CAUSA

1. Nel corso dell’anno (OMISSIS), (OMISSIS) S.r.l. commissionava alla (OMISSIS) S.r.l. l’esecuzione del taglio pantografo e della predisposizione di duecento fori su piastre destinate a sedi di tubazione di un impianto di produzione di idrogeno. Tale opera era stata commissionata dalla societa’ olandese (OMISSIS) alla stessa (OMISSIS) Srl.

2. (OMISSIS) S.r.l. trasmetteva alla (OMISSIS) S.r.l. un primo disegno progettuale e, successivamente, effettuate alcune modifiche, ne trasmetteva uno diverso.

3. Consegnate le piastre dalla (OMISSIS), (OMISSIS) si avvedeva dell’errato dimensionamento dei fori delle piastre e provvedeva a riadeguarli alle corrette specifiche tecniche. Inviate le piastre in Polonia si scopriva, all’atto dell’assemblaggio, che anche il passo di interasse tra un foro e l’altro era diverso dal progetto consegnato e che vi era il rischio di rottura delle tubazioni qualora si fossero riscaldate. Pertanto, rottamate le piastre, (OMISSIS) era costretta a rifarle, sostenendo ulteriori costi per un importo di Euro 145.735,00.

4. Con atto di citazione notificato il 23.03.2009, (OMISSIS) conveniva pertanto in giudizio dinanzi il Tribunale di Bergamo la (OMISSIS) per sentirla condannare al pagamento di Euro 200.000,00 a titolo di risarcimento dei danni.

5. Si costitutiva in giudizio la (OMISSIS) chiedendo il rigetto della domanda proposta da parte attrice ed eccependo l’intervenuta decadenza dell’azione ex articolo 1667 c.c., avendo la (OMISSIS) denunziato i vizi della lavorazione sette mesi dopo l’avvenuta consegna delle piastre forate. La (OMISSIS) evidenziava altresi’ che, essendo (OMISSIS) intervenuta sulle piastre prima dell’invio in Polonia, non era possibile comprendere a chi fossero imputabili i vizi riscontrati e formulava domanda riconvenzionale finalizzata ad ottenere il pagamento delle prestazioni da essa effettuate.

6. Con sentenza n. 701/2013, il Tribunale di Bergamo accoglieva parzialmente la domanda proposta da (OMISSIS), condannando la (OMISSIS) al pagamento di Euro 153.295,75 oltre interessi e rigettava la domanda riconvenzionale.

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7. Contro la sentenza proponeva appello la (OMISSIS) lamentando la decadenza dall’azione per difformita’ dei vizi ex articolo 1667 e 1668 c.c. e l’errata individuazione e quantificazione del danno.

8. Si costituiva (OMISSIS) chiedendo il rigetto del gravame.

9. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 213/2018 confermava la sentenza del Tribunale di Brescia n. 701/2013, rigettando l’appello.

10. Avverso tale sentenza (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi.

11. (OMISSIS) S.r.l. ha resistito con controricorso.

12. In prossimita’ dell’adunanza, le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articolo 116 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c. nonche’ la violazione e falsa applicazione degli articoli 1665, 1667, 1668 e 1670 c.c., lamentando l’erronea motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la ricorrente e’ stata qualificata “subappaltatrice”, con la conseguente indicazione di un dies a quo errato del termine per effettuare la denuncia del vizio dell’opera.

A detta della (OMISSIS) Srl, la decisione gravata non avrebbe tenuto conto che, al momento in cui la stessa ha accettato la commessa, nulla sapeva dell’esistenza di un rapporto di appalto tra (OMISSIS) e la sua committente, ne’ tantomeno sapeva quale fosse la destinazione delle piastre commissionate. Di conseguenza, e’ stata indicata la decorrenza del termine utile per la denuncia dei vizi ex articolo 1667 c.c., comma 2 nel momento della consegna dell’opera alla societa’ (OMISSIS) invece che nel momento della consegna alla committente (OMISSIS) e della scoperta dell’errata predisposizione del passo d’interasse tra i fori. Il giudice del merito avrebbe anche differenziato i due errori (dimensione dei fori e passo di interasse tra gli stessi), trattandoli diversamente quanto alla loro denuncia, ritenendo che la (OMISSIS) non avrebbe potuto rilevare il secondo errore, quando invece anche questo era certamente conoscibile e non rilevato.

La sentenza sarebbe inoltre censurabile poiche’, nel ritenere (pur se erroneamente) applicabile la disciplina del subappalto, avrebbe dovuto applicare l’articolo 1670 c.c. in merito alla responsabilita’ dei subappaltatori e quindi identificare il corretto termine di decadenza per la denuncia dei vizi e la legittimazione attiva con riferimento alla sola (OMISSIS), soggetto a cui la legge attribuisce – in qualita’ di committente – la garanzia per difformita’ o vizi dell’opera; conseguentemente solo in via di regresso (OMISSIS) si sarebbe potuta rivalere nei confronti dei subappaltatori.

1.1.- Il motivo e’ inammissibile.

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

Lo stesso prospetta una questione (la qualificazione giuridica del contratto intercorso tra le parti non gia’ quale subappalto ma quale appalto) che non risulta trattata dalla sentenza impugnata.

Soccorre al riguardo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte secondo il quale “I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilita’, questioni che siano gia’ comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimita’ questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminarne il merito” (Cass. n. 22069/2015; n. 15340/2018; n. 28060/2018; 32084/2019).

La ricorrente non ha assolto questo onere posto a suo carico. Anzi, a leggere la decisione (cfr. pag. 5), la questione sollevata in ricorso non risulta oggetto di alcun motivo di gravame, avendo questi motivi investito la decadenza dell’azione per difformita’ dei vizi ex articoli 1667 e 1668 c.c.; l’errata individuazione e quantificazione del danno; l’errata condanna e quantificazione delle spese di lite.

Tutte le articolate ragioni di doglianza del motivo sono incentrate sul presupposto della qualita’ di appaltatore in capo a (OMISSIS) S.r.l. e vanno quindi disattese.

A tale considerazione si aggiunga che la Corte di appello ha ritenuto che, ai fini della decorrenza del termine per la denunzia, si dovesse fare riferimento non alla data di consegna delle piastre forate, ma al momento della scoperta del difetto, e cio’ sulla base dell’affermazione, che integra un accertamento di fatto non censurabile nel giudizio di legittimita’, che “l’errata predisposizione del passo d’interasse dei fori e’ stata accertata solo dopo l’assemblaggio delle piastre con le altre componenti dell’impianto”.

2.- Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 116 c.p.c., articolo 118 disp. att. c.p.c., articoli 1668, 1223 e 1225 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3.

Con esso la ricorrente contesta la sentenza impugnata per avere erroneamente quantificato il danno, rapportato al costo complessivo dell’opera facente capo a (OMISSIS) e per avere ritenuto che i costi del nuovo assemblaggio siano direttamente imputabili agli errori di lavorazione della (OMISSIS). In particolare, afferma la ricorrente, e’ stata la (OMISSIS), di propria iniziativa, ad operare sulle piastre gia’ dalla stessa ritenute difettose per la dimensione dei fori ed a decidere di spedirle, comunque, alla committente (OMISSIS), arrecando a quest’ultima un danno (che peraltro neanche risulta provato ne’ richiesto giudizialmente da (OMISSIS)).

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

La motivazione della sentenza gravata sarebbe pertanto viziata perche’ l’ammontare della richiesta risarcitoria non puo’ essere parametrata a costi e voci non prevedibili ne’ ipotizzabili dalla (OMISSIS).

2.1.- Il motivo e’ fondato quanto alla dedotta violazione dell’articolo 1225 c.c.

Questa Corte di legittimita’ ha avuto modo di affermare, a piu’ riprese, che, in tema di risarcimento del danno da inadempimento, l’imprevedibilita’ del danno conseguente dall’inadempimento colpevole del debitore “non costituisce un limite all’esistenza del danno stesso, ma soltanto alla misura del suo ammontare e, quindi, determina la limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile non da parte dello specifico debitore, bensi’ avendo riguardo alla prevedibilita’ astratta inerente ad una data categoria di rapporti, secondo le ordinarie regole di comportamento dei soggetti economici, e cioe’ secondo un criterio di normalita’ in presenza delle circostanze di fatto conosciute” (Cass. n. 18239/2003; Cass. n. 15559/2004; Cass. n. 17460/2014). Ha inoltre precisato che “la prevedibilita’ del danno si pone come limite e quindi autonomo requisito di determinazione del danno risarcibile, con la conseguenza che il giudice non puo’ prescindere dall’esame delle circostanze – la cui prova incombe al creditore – rilevanti ai fini della dimostrazione di detta prevedibilita’ (nell’affermare il suddetto principio la S.C. ha annullato la sentenza del giudice di merito che, nel dichiarare la risoluzione di un contratto preliminare di vendita, aveva condannato il promissario acquirente inadempiente al risarcimento dei danni in favore del promittente venditore, determinando gli stessi nella differenza tra il prezzo pattuito e quello – inferiore – successivamente realizzato dal venditore, senza porsi il problema della prevedibilita’ di detto danno nel momento in cui era sorta l’obbligazione)”: Cass. n. 25555/1989.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Brescia, nel rigettare le doglianze dell’appellante in relazione alla quantificazione dei danni, ha statuito che “l’errata predisposizione del passo di interasse, constatata a seguito dell’assemblaggio di tutte le componenti, determino’ la necessita’ di realizzare nuovamente il fascio tubiero su cui erano dislocate le piastre e la necessita’ di eseguire nuovi lavori di assemblaggio. Tali lavori, benche’ non originariamente commissionati all’appellata, furono da questa eseguiti perche’ diretta conseguenza della necessita’ di smontare ed assemblare nuovamente le componenti dell’impianto. Pertanto anche i costi derivanti dal nuovo assemblaggio sono direttamente imputabili agli errori di lavorazione di cui l’appellante si rese autrice”.

Il giudice a quo non si e’ posto pertanto il problema della prevedibilita’ del danno al momento in cui e’ sorta l’obbligazione della (OMISSIS), alla quale era stato commissionato da (OMISSIS) l’esecuzione del taglio pantografo e della predisposizione di 200 fori su piastre, al fine di verificare se la ricorrente fosse tenuta comunque a risarcire un danno (il rifacimento delle piastre forate ad opera della ricorrente a seguito della loro rottamazione) esorbitante la primitiva ragionevole immaginabilita’.

Va altresi’ ricordato che precedenti di questo Giudice hanno precisato che, in tema di appalto, “il risarcimento del danno in caso di vizi dell’opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall’articolo 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell'”opus” commissionato. Ne consegue che, se l’oggetto dell’appalto sia costituito dalla realizzazione di una “res”, gli interventi emendativi si rapportano all’opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d’arte; mentre, se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attivita’ sul bene del committente, alla luce dei medesimi criteri di proporzionalita’ tra oggetto dell’appalto e danno, il risarcimento non puo’ concretarsi in un radicale intervento di ripristino della cosa (come avvenuto nella specie, per la messa a punto dei motori di un natante), facendo altrimenti conseguire al danneggiato una “res” qualitativamente migliore rispetto a quella anteriore, nella quale pure l’originario oggetto dell’appalto viene ricompreso” (Cass. n. 19103/2012, richiamata anche dalla ricorrente) e che, qualora il committente “esperisca i rimedi riparatori di cui all’articolo 1668 c.c., comma 1, deve conseguire la medesima utilita’ economica che avrebbe ottenuto se l’inadempimento dell’appaltatore non si fosse verificato, la cui determinazione va commisurata – nei limiti del valore dell’opera o del servizio – al “quantum” necessario per l’eliminazione dei vizi e delle difformita’ ovvero al “quantum” monetario per cui gli stessi vizi e difformita’ incidono sull’ammontare del corrispettivo in denaro pattuito, e non puo’ tradursi nell’acquisizione di una utilita’ economica eccedente” (Cass. n. 4161/2015).

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

Spettera’ al giudice del rinvio compiere una nuova verifica alla luce delle considerazioni svolte e dei principi di diritto richiamati, riconsiderando le difese svolte dalla ricorrente.

3. – Il terzo motivo e’ cosi’ rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 116 c.p.c., articolo 118 disp. att. c.p.c. per omesso esame della contestata adeguatezza della CTU e vizio di motivazione sulla quantificazione dei danni e dei costi, ex articolo 360 c.p.c., n. 5”.

La ricorrente imputa alla sentenza impugnata di avere erroneamente fondato il proprio convincimento sulla base dell’acritica adesione alla CTU, che ha compiuto un accertamento “solo apparente e fuorviante”, analizzando l’intera vicenda dal punto di vista della (OMISSIS) (che non e’ parte in causa) e non della (OMISSIS) e cosi’ valutando l’intera opera finale commissionata dalla (OMISSIS), senza considerare che tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) non esisteva alcun rapporto. Inoltre la CTU avrebbe supplito a un danno non provato.

3.1.- Il motivo e’ destituito di fondamento.

Per esso devono intendersi riproposte le considerazioni gia’ svolte (supra, sub § 1) nel punto in cui vengono riproposte le doglianze gia’ svolte nel primo motivo (l’asserita estraneita’ della ricorrente ai rapporti (OMISSIS)- (OMISSIS) e dunque la configurazione in termini di appalto e non di subappalto del contratto (OMISSIS)- (OMISSIS)).

Il vizio di cui all’articolo 132 c.p.c., n. 4 puo’ essere censurato in sede di legittimita’ solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente ovvero manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018). Non e’ questo il caso della sentenza di seconde cure, che ha analizzato e respinto con adeguate argomentazioni le eccezioni dell’appellante circa gli errori (il secondo ritenuto di particolare gravita’) commessi dalla (OMISSIS).

Dietro il profilo del mezzo di ricorso in cui si prospetta l’omesso esame di fatto decisivo del giudizio, che di per se’ sarebbe precluso nel caso di specie ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., u.c., trattandosi di appello introdotto in data successiva al 12 settembre 2012, nel quale la sentenza di primo grado e’ stata confermata sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto, la ricorrente deduce che il giudice ha male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, adagiandosi acriticamente sulle risultanze della CTU e non tenendo in considerazione “le puntuali critiche” rivolte dalla ricorrente alla consulenza stessa.

Sul punto il motivo difetta anzitutto di autosufficienza, posto che di queste “puntuali critiche” non e’ riportato il contenuto e comunque attinge chiaramente al merito della causa e all’apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice a quo, di cui chiede una inammissibile riconsiderazione, posto che a pag. 10 della sentenza gravata il giudice a quo ha spiegato le ragioni della condivisione delle risultanze della CTU e ha respinto con adeguate argomentazioni le eccezioni dell’appellante circa gli errori commessi dalla (OMISSIS).

4.- Con il quarto motivo la ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, riguardante l’interruzione del nesso di causalita’.

La sentenza gravata non avrebbe considerato che (OMISSIS) ha operato sulle piastre forate fornite da (OMISSIS), modificandole e poi distruggendole. Conseguentemente, la CTU ha dato per certi e provati fatti esposti dalla sola (OMISSIS) e sui quali non poteva esserci alcun accertamento. La sentenza, dunque, non avrebbe esaminato il punto relativo all’interruzione del nesso di causalita’ tra l’opera della (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il danno risarcibile imputabile alla ricorrente.

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

In aggiunta, conclude la ricorrente, l’interruzione del nesso causale non e’ solo individuabile nell’intervento della (OMISSIS) sull’opera e sull’omesso controllo ma anche nell’accettazione della stessa opera e nella decisione di trasmetterla alla (OMISSIS).

4.1.- Anche questa censura del ricorrente, dietro il paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di per se’ inammissibile per la presenza di una “doppia conforme”, come sopra precisato, contiene doglianze rivolte al merito della causa e all’apprezzamento delle risultanze probatorie e di giudizio compiuto dalla corte di seconda istanza, chiedendo una loro diversa e inammissibile riconsiderazione in questa sede, di fronte a una pronuncia che ha sul punto spiegato le ragioni della necessita’ della controricorrente di procedere a nuovi lavori di assemblaggio (cfr. pag. 10).

Il motivo va dunque rigettato.

5.- In conclusione, deve essere accolto – nei limiti di cui in motivazione – il secondo motivo di ricorso, mentre vanno respinti i restanti. La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, alla quale e’ demandata la decisione anche per le spese del presente giudizio.

Se oggetto dell’appalto sia l’esecuzione di un’attività sul bene del committente

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione e respinge i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

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