Consiglio di Stato, Sentenza|28 giugno 2021| n. 4891.
Scelte degli enti preposti al governo del territorio .
Nel caso della redazione per la prima volta ed ex novo di un piano strutturale ai sensi della legge urbanistica regionale n. 19 del 16 aprile 2002, le aspettative maturate dai privati proprietari delle aree che ricadono all’interno del piano vanno qualificate e commisurate tenendo conto della superiore esigenza, che è di carattere generale, di raccordare le aree già insediate ed edificate da un punto di vista strutturale, coordinando le esigenze abitative con quelle della produzione; pertanto, gli insediamenti già presenti sul territorio non possono costituire di per sé stessi un ostacolo all’esplicazione di un potere di governo che si sostanzia e che allo stesso tempo rappresenta un tratto essenziale del ruolo che l’Ente locale riveste nella disciplina del proprio territorio, rispetto all’intera collettività sullo stesso stanziata.
Sentenza|28 giugno 2021| n. 4891. Scelte degli enti preposti al governo del territorio
Data udienza 6 maggio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Pianificazione urbanistica – Scelte degli enti preposti al governo del territorio – Motivazione – Contenuto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 84 del 2021, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la ditta Ni. di Po. Bi. Ro., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Gu. e De. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione Seconda, n. 1523/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della ditta Ni. di Po. Bi. Ro.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2021 – svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e) del d.l. n. 44 del 2021 – il consigliere Daniela Di Carlo;
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ditta ricorrente è titolare di autorizzazione unica ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 (rilasciata dalla Provincia di Crotone con provvedimento n. 201 del 24 febbraio 2011 ed avente efficacia decennale) per esercitare un impianto di stoccaggio provvisorio preliminare di materiale da costruzione contenente amianto, in attesa del suo trasporto e conferimento in discarica.
2. La ditta in questione ha impugnato il piano strutturale comunale (PSC) e l’allegato regolamento edilizio ed urbanistico del Comune di (omissis), nella parte in cui è stato previsto che, per gli “Ambiti urbani consolidati” all’interno dei quali ricade l’impianto di stoccaggio in questione, “In ogni caso, sono escluse attività non compatibili con la funzione residenziale ed, in particolare che prevedano il trattamento ed il deposito di prodotti inquinanti o che determinino condizioni di rischio igienicosanitario (amianto, rifiuti e scorie di qualsiasi natura e allevamenti di animali)”.
3. A sostegno delle proprie pretese, la ditta ha lamentato la “Violazione dei principi in materia di pianificazione urbanistica – Violazione del principio del legittimo affidamento – Violazione dell’art.
208 del d.lgs. n. 159/2006 – Violazione degli oneri di motivazione – Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta e difetto d’istruttoria – Violazione del principio di proporzionalità ed equità “, in quanto la scelta urbanistica del Comune non sarebbe supportata da idonea motivazione, avrebbe frustrato il legittimo affidamento maturato dalla ricorrente in merito alla destinazione urbanistica dell’area e all’esercizio della propria attività imprenditoriale già autorizzata ed inoltre non avrebbe neppure operato un bilanciamento ed una valutazione che salvaguardasse la sua posizione.
4. Il T.a.r., con la sentenza di cui all’epigrafe, ha disatteso la preliminare eccezione di irricevibilità del ricorso (reputando che lo stesso è stato notificato tempestivamente rispetto al momento di pubblicazione del piano sul B.U.R.C., anche in ragione della sospensione del termine per l’impugnazione derivante dall’emergenza sanitaria da Covid-19) ed ha accolto il ricorso.
Infine, il T.a.r. ha condannato il Comune di (omissis) alla rifusione, in favore della ricorrente, delle
spese del giudizio, liquidate nella misura di euro 3.305, oltre spese generali ed accessori come per legge, con distrazione in favore dei procuratori costituiti.
Più in particolare, il T.a.r. ha ritenuto fondata la censura di difetto di motivazione della nuova disciplina urbanistica dell’area su cui insiste l’immobile della ricorrente, in ragione dell’affidamento qualificato maturato dalla ditta medesima in ordine alla destinazione urbanistica dell’area sulla quale sorge l’impianto di stoccaggio già autorizzato.
5. Il Comune di (omissis) ha appellato la pronuncia e nello specifico:
a) ha riproposto l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso introduttivo;
b) ha dedotto l’erroneità del percorso logico-giuridico seguito dal primo giudice con riguardo al ravvisato difetto di motivazione degli atti impugnati, a suo avviso non sussistente.
6. La ditta Ni. di Po. si è costituita nel presente grado di appello ed ha instato per la reiezione del gravame.
7. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti e di memorie.
8. All’udienza pubblica del 6 maggio 2021, la causa è passata in decisione ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 44 del 2021.
9. La Sezione ritiene che l’appello sia fondato e che vada, pertanto accolto.
Più in particolare, la Sezione ritiene di dovere assorbire l’eccezione preliminare riproposta dal Comune circa l’asserita irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio, reputando più utile e vantaggiosa nell’interesse delle parti del giudizio, una pronuncia che affronti e dirima nel merito le questioni controverse tra le parti (v. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 5 del 2015).
La Sezione ritiene che il ricorso di primo grado non sia fondato alla luce delle considerazioni che di seguito si esporranno.
In primo luogo, non è qui in discussione il principio, oramai ampiamente consolidato nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui le scelte urbanistiche degli Enti preposti al governo del territorio, sia in funzione di programmazione, sia in funzione di pianificazione, non debbono essere corredate da una motivazione specifica e puntuale, trattandosi di atti amministrativi generali connotati da ampia discrezionalità .
In secondo luogo, nel caso di specie non si discute della variante ad uno strumento urbanistico già approvato, bensì della redazione per la prima volta ed ex novo di un piano strutturale ai sensi della legge urbanistica regionale n. 19 del 16 aprile 2002.
Pertanto, le legittime aspettative asseritamente maturate dai privati proprietari delle aree che ricadono all’interno del piano vanno qualificate e commisurate tenendo conto della superiore esigenza, che è di carattere generale, di raccordare le aree già insediate ed edificate da un punto di vista strutturale, coordinando le esigenze abitative con quelle della produzione.
In questo senso, gli insediamenti già presenti sul territorio non possono costituire di per sé stessi un ostacolo all’esplicazione di un potere di governo che si sostanzia e che allo stesso tempo rappresenta un tratto essenziale del ruolo che l’Ente locale riveste nella disciplina del proprio territorio, rispetto all’intera collettività sullo stesso stanziata.
Del resto, affermare che un preesistente insediamento possa generare sempre e comunque una situazione di legittimo affidamento in ordine ad una determinata destinazione urbanistica equivarrebbe, nella sostanza, ad escludere l’esercizio della discrezionalità, che è tecnica e amministrativa insieme, e che include necessariamente anche la possibilità di modificare le proprie precedenti previsioni urbanistiche o edilizie.
Ciò premesso, la Sezione ritiene che nel caso de quo non sussistano gli elementi di fatto idonei a configurare una situazione di legittimo affidamento in capo alla ditta ricorrente, dal momento che non sussiste alcuna delle ipotesi tipiche individuate dalla giurisprudenza, ovverossia:
a) il superamento degli standard minimi;
b) la presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; c) un giudicato di annullamento di un diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza;
d) la destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola.
Inoltre, la ditta ricorrente in primo grado è titolare di un’autorizzazione all’esercizio di un impianto prossima alla scadenza decennale, del cui rinnovo o proroga non è stata fornita la prova in giudizio.
Pertanto, l’astratta ed ipotetica prorogabilità del titolo – peraltro dipendente, anch’essa, da una scelta puramente discrezionale dell’Amministrazione preposta – non può costituire un limite o un ostacolo all’esercizio del potere di programmazione del territorio.
In quest’ottica prospettica, anzi, la scelta del Comune si rivela immune anche da profili di manifesta illogicità o incongruità ed è significativa del fatto di avere bilanciato le contrapposte esigenze, vale a dire quelle abitative e residenziali dei proprietari degli immobili limitrofi all’impianto di stoccaggio e quelle della ditta appellata, titolare di un’autorizzazione oramai prossima alla sua scadenza, non rinnovata e dunque, in ultima analisi, portatrice di un interesse pretensivo recessivo rispetto agli interessi che attualmente esprime il territorio, nella nuova visione immaginata dal piano strutturale comunale.
Pertanto, in definitiva, può logicamente e congruamente concludersi che il Comune, nel perseguire l’intento di ridisegnare l’assetto residenziale del proprio territorio, ha anzi individuato il momento forse migliore e più opportuno per sacrificare l’interesse privato a fronte dell’interesse della collettività in generale, ovverossia il momento prossimo alla scadenza del titolo autorizzatorio all’esercizio dell’impianto di stoccaggio dei rifiuti.
Peraltro, neppure risulta che tale titolo sia stato rinnovato nelle more del giudizio.
10. In definitiva, alla luce delle considerazioni illustrate, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio, previo assorbimento dell’eccezione di irricevibilità del ricorso medesimo.
11. Le spese del doppio grado possono essere compensate, mentre va posto a carico della originaria ricorrente, in via definitiva, il pagamento del contributo unificato del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 84/2021, come in epigrafe proposto,
a) accoglie l’appello di cui all’epigrafe;
b) per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. 437/2020;
c) compensa le spese del doppio grado del giudizio;
d) pone a carico della originaria ricorrente, in via definitiva, il pagamento del contributo unificato del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2021 – svoltasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e) del d.l. n. 44 del 2021 – con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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