S.r.l. e l’erogazione di somme a titolo di mutuo o di versamento

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 17 ottobre 2018, n. 26004.

La massima estrapolata:

L’erogazione di somme che, a vario titolo, i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni). Tale ultimo contributo non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale “residual claimant”

Sentenza 17 ottobre 2018, n. 26004

Data udienza 2 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IOFRIDA Giulia – Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2082/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in liquidazione, in persona del curatore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2616/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2018 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine rigetto;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega verbale, che ha chiesto il rigetto.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 18 luglio 2012, la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e l’appello incidentale proposto da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti della sentenza di primo grado con la quale erano stati condannati a pagare, in favore della curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, gia’ (OMISSIS) s.r.l., la somma di Euro 217.912,00, oltre accessori, in accoglimento dell’azione di responsabilita’ proposta nei loro confronti.
2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha osservato: a) che il Tribunale, attraverso l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, aveva proceduto all’accertamento del momento in cui si era verificata la perdita del capitale sociale, inteso come capitale di funzionamento, sulla scorta di criteri ritenuti appropriati alla gestione di un’impresa operativa; b) che, in relazione alla copertura delle perdite registrate al termine dell’esercizio 2002 (Euro 340.488,00), copertura deliberata con l’assemblea del 30 giugno 2003, non si poteva tenere conto della somma di Euro 62.405,00, in quanto collocata in bilancio tra i debiti; c) che, peraltro, i convenuti non avevano mai contestato che si trattasse di finanziamenti; d) che ancora non era stato provato che fosse stato previsto il rimborso solo dopo il soddisfacimento dei creditori sociali; e) che la disciplina dettata dall’articolo 2467 c.c., entrata in vigore il 1 gennaio 2004, era inapplicabile al caso concreto, poiche’ il finanziamento era intervenuto in epoca anteriore, con la conseguenza che doveva escludersi che potesse postergarsi il rimborso; f) che, secondo quanto” emerso dal supplemento di consulenza, la perdita del capitale sociale doveva ritenersi intervenuta nell’aprile del 2003; g) che, in epoca successiva all’aprile del 2003, gli amministratori convenuti risultavano aver compiuto atti di gestione, in violazione degli obblighi connessi al verificarsi della causa di scioglimento, in tal modo cagionando alla societa’ un danno pari ad Euro 217.912,00.
3. Avverso tale sentenza (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso la curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, che ha anche depositato memoria, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, rilevando: a) che, anche prima dell’introduzione nell’ordinamento dell’articolo 2467 c.c., ai fini della ricostruzione dell’intento perseguito dai soci, attraverso apporti finanziari in favore della societa’, non assumeva valore decisivo la denominazione con la quale gli stessi erano stati annotati in contabilita’, che costituiva uno degli elementi, da considerare al fine di ricostruire la natura dell’operazione finanziaria; b) che non era stata fornita alcuna prova in ordine alla natura di finanziamento dell’erogazione della quale si discute e, in particolari, non erano emersi la pattuizione di interessi, la previsione di una data per il rimborso o la prestazione di garanzie da parte dei soci; c) che, al contrario, era emerso che i soci eroganti avevano rinunciato al rimborso e non si erano insinuati nel passivo; d) che, per come documentalmente dimostrato e riconosciuto anche dalla curatela fallimentare, il finanziamento era stato erogato in un momento in cui la societa’ era sottocapitalizzata; e) che tali elementi deponevano per la consapevolezza, da parte dei soci, che la somma versata doveva essere considerata quale apporto di capitale; f) che, inoltre, la regola della postergazione introdotta dall’articolo 2467 c.c., e’ destinata ad operare a prescindere dal momento in cui l’erogazione e’ avvenuta, assumendo rilievo, in ragione della chiara lettera della legge, il momento in cui il rimborso viene richiesto o deve essere eseguito; g) che, pertanto, in difetto di una norma transitoria, l’articolo 2467 c.c., si applica a tutti i finanziamenti non ancora restituiti alla data del 1 gennaio 2004; h) che il consulente, nel suo primo elaborato, aveva individuato nel luglio 2003 il momento nel quale la societa’ fallita aveva perduto il proprio capitale, con conseguente esclusione della responsabilita’ degli amministratori che non avevano posto in essere alcuna operazione rilevante successivamente a tale data; i) che, infine, anche a voler ritenere, alla stregua del secondo elaborato, che le perdite si fossero manifestate nell’aprile 2003, si erano ritenute sussistenti nuove operazioni poste in essere in epoca successiva, facendo coincidere del tutto irrealisticamente la data di effettiva acquisizione delle commesse con quella di fatturazione dei corrispettivi.
2. Il ricorso e’ inammissibile, in quanto, a,parte le indicazioni che si ricavano dal fatto che i medesimi ricorrenti invocano l’applicabilita’ dell’articolo 2467 c.c. (v. infra), la Corte d’appello ha puntualmente valorizzato, nel condurre l’accertamento di merito sulla natura del versamento della somma di Euro 62.405,00, l’iscrizione della somma tra i debiti e il fatto che gli odierni ricorrenti non avessero mai contestato che si trattasse di un finanziamento.
Quest’ultimo profilo non e’ attinto da alcuna critica, in quanto i ricorrenti si limitano a sostenere che la voce con la quale una posta e’ iscritta in bilancio non rappresenta un elemento decisivo.
Ora, l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle societa’ da loro partecipate puo’ avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la societa’ di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni). Tale ultimo contributo non da’ luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della societa’ e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed e’ piu’ simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residual claimant (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24861) Cio’ posto, l’accertamento della natura del versamento e’ questione di interpretazione della volonta’ delle parti, riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non e’ censurabile in cassazione, se non per violazione delle norme giuridiche che disciplinano l’interpretazione della volonta’ negoziale o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell’accertamento sorregge (Cass. 31 marzo 2006, n. 7692).
E tali vizi non sono certo ravvisabili nell’assenza di prova di una pattuizione di interessi (elemento non essenziale del mutuo, come ricorda proprio in subiecta materia, Cass. 7692 del 2006), nella mancata previsione di un termine per la restituzione (attesa l’applicabilita’ dell’articolo 1817 c.c.), nell’assenza di garanzie, anch’esse costituendo un profilo meramente eventuale.
Quanto, poi, al tema legato alla applicabilita’ dell’articolo 2467 c.c., si osserva che la previsione, nel testo introdotto dalla riforma societaria di cui al Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, postergando in casi determinati il credito di rimborso dei soci, ha introdotto una nuova disciplina di diritto sostanziale, non avente natura interpretativa, ne’ processuale, ed applicabile in sede di liquidazione della societa’, incidendo in modo diretto sugli effetti giuridici del negozio di finanziamento; ne consegue che, in mancanza di una diversa regolamentazione sulla efficacia nel tempo in deroga all’articolo 11 preleggi, la predetta norme, non si applica ai crediti dei soci nei confronti della societa’ sorti per effetto di finanziamenti anteriori al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma (Cass. 13 luglio 2012, n. 12003). Peraltro, proprio il fatto che i ricorrenti invochino tale previsione conferma, come si rilevava in precedenza, che si tratta di finanziamenti.
Rilevato, pertanto, che sono prive di conducenza le censure rivolte contro la ricostruzione che ha condotto i giudici di merito a individuare gia’ nell’aprile del 2003 la perdita del capitale sociale, resta da dire che generiche e prive di ogni specificita’ sono anche le doglianze con le quali si deduce l’assenza di prove dell’esistenza di nuove operazioni in epoca successiva a tale data. I rilievi dei ricorrenti sono meramente assertivi e privi di qualunque correlazione alle risultanze processuali.
Peraltro, poiche’ sul punto, la sentenza impugnata ha ampiamente richiamato le risultanze della consulenza tecnica, va ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni degli accertamenti del consulente di cui il giudice dichiari di condividere il merito, e’ necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa gia’ dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivita’ e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’ (Cass. 3 giugno 2016, n. 11482).
3. Il ricorso e’ pertanto inammissibile. I ricorrenti, in conseguenza, devono essere condannati, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Avv. Renato D’Isa