Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 32069.
Risultanze della consulenza e critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori
Qualora nei confronti delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori, il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, a fronte delle specifiche contestazioni svolte da un ente territoriale sulla correttezza dell’utilizzo del criterio del “valore percentuale di permuta” nel calcolo dell’indennità di espropriazione di aree edificabili mediante il metodo analitico-ricostruttivo, si era limitata ad affermare – dopo aver revocato un supplemento peritale in un primo momento disposto – che la quantificazione era frutto di una valutazione basata su giudizi tecnici del C.T.U. “correttamente formulati”).
Ordinanza|| n. 32069. Risultanze della consulenza e critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori
Data udienza 27 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Prova civile – Consulenza tecnica – Poteri del giudice – Valutazione della consulenza – D’ufficio risultanze della consulenza – Critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori – Adesione alla c.t.u. del giudice – Motivazione – Necessità – Fattispecie.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1895/2017 R.G. proposto da:
COMUNE di (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1498/2016 depositata il 17/10/2016;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2023 dal Consigliere Dott. CLOTILDE PARISE.
Risultanze della consulenza e critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 22 novembre 2010, (OMISSIS) chiedeva alla Corte d’Appello di Catania di determinare l’indennita’ di espropriazione del terreno sito in territorio di (OMISSIS), catastato al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS), oggetto del Decreto del Comune di (OMISSIS) 26 giugno 2007, n. 32947, notificato il 6.10.2007 (estensione complessiva del terreno 8786 mq.), in misura non inferiore ad Euro 950.000,00, nonche’ di determinare la indennita’ di occupazione spettante all’espropriato dal (OMISSIS), in misura pari, per ogni anno, all’interesse legale o frazione di anno dell’indennita’ di espropriazione” e di conseguenza condannare il Comune di (OMISSIS) a depositare presso Cassa Depositi e Prestiti la somma corrispondente all’indennita’ di espropriazione con gli interessi legali dal (OMISSIS) fino al giorno del deposito, e quella relativa all’indennita’ di occupazione, con gli interessi legali, dalla fine di ciascuna annualita’ fino alla data del deposito.
2. Con sentenza n. 1498/2016 pubblicata il 17-10-2016 e notificata il 2-11-2016, la Corte d’Appello di Catania ha determinato in Euro475.000,00, oltre agli interessi come precisato nella motivazione della sentenza, l’indennita’ dovuta a (OMISSIS) per l’espropriazione del terreno sito in territorio di (OMISSIS), catastato al foglio (OMISSIS), p.lle (OMISSIS), effettuata con decreto di esproprio del Comune di (OMISSIS) del 26 giugno 2007 n. 32947 e ha determinato in Euro 60.178,82, oltre agli interessi legali a partire dalle rispettive scadenze annuali dei frutti, l’indennita’ dovuta a (OMISSIS) per l’occupazione del suddetto terreno. La Corte d’appello ha ordinato al COMUNE di (OMISSIS) di procedere, nelle forme di legge, al deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti delle suddette indennita’, oltre ai relativi interessi legali computati secondo i criteri e con le decorrenze precisate nella motivazione della sentenza impugnata, condannando, altresi’, il Comune convenuto a rimborsare alla parte attrice le spese di lite e ponendo a carico dell’Ente stesso le spese di C.T.U.. La Corte di merito, per quanto ora di interesse, ha affermato che: i) la procedura espropriativa de qua – avente ad oggetto particelle espropriate per la realizzazione di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare denominato CE3-2 – non era soggetta alla normativa di cui alla L. n. 327 del 2001 (non applicabile ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore della legge, 30.6.2003, fosse gia’ intervenuta la dichiarazione di pubblica utilita’, indifferibilita’ ed urgenza), in quanto la dichiarazione di pubblica utilita’ dell’opera per cui e’ causa era stata adottata con Delib. G.M. 27 giugno 2002, n. 85, sicche’ la normativa applicabile era quella contenuta nella L. n. 2359 del 1865; ii) la sentenza n. 1081/2008 della medesima Corte d’appello, emessa a conclusione del procedimento n. r.g. 1033/96 e richiamata dal Comune al fine di sostenere che l’edificabilita’ della zona era stata totalmente assorbita dalla realizzazione degli interventi costruttivi la cui indennita’ era stata determinata con la citata sentenza, non era passata in giudicato ed era stata in parte cassata dalla Suprema Corte di Cassazione, che aveva disposto il rinvio del giudizio innanzi alla medesima Corte di merito in diversa composizione, sicche’ eventuali errori di quantificazione dell’indennita’ delle particelle espropriate negli anni âââEurošÂ¬Ã‹Å”90 andavano fatti valere nel relativo procedimento attraverso i rimedi previsti dall’ordinamento giuridico e non potevano determinare, “per compensazione”, errori in altri e distinti procedimenti aventi ad oggetto diverse particelle, pur se rientranti nello stesso piano di zona; iii) i terreni oggetto del presente giudizio ricadevano all’interno del piano di zona per l’edilizia economica e popolare denominato CE3-2 con destinazione specifica di verde e parcheggi ed erano tutti edificabili, anche se destinati ad opere di urbanizzazione, viabilita’ di piano e, in trascurabile parte, all’edificabilita’ del Piano di Zona ex L. n. 167 del 1962, comprensorio CE3-2 di Contrada Corderia, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio; iv) in particolare tali terreni ricadevano nel Piano Regolatore Generale vigente, approvato con D.A. n. 1267 del 7.10.1989, all’interno della zona territoriale omogenea classificata come “CE di nuova espansione residenziale”, precisamente, nella sottozona “CE3 – espansione edilizia” ed, in particolare, nel Piano di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare ex articolo 167/1962, con indice di edificabilita’ territoriale pari a 1,00 mc/mq. (v. c.t.u., pagg. 14 – 17 15) e, come da pronuncia delle Sezioni Unite n. 125 del 2001, l’inclusione di un’area nel piano di zona per edilizia economica e popolare, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale comporti la qualificazione come suolo agricolo, implicava che, in virtu’ della variante introdotta dal P.E.E.P. (che in tale parte andava considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa avesse acquisito carattere di edificabilita’, essendo irrilevante che nel contesto del P.E.E.P. l’area fosse destinata ad usi non comportanti specifica realizzazione di opere edilizie (verde pubblico, viabilita’ di piano regolatore generale) (Cass. 24497/2013); v) era condivisibile il valore di mercato determinato dal C.Testo Unico alla data del decreto di espropriazione (28/06/2007) e quantificato in Euro 475.000,00, perche’ frutto di un attento studio della situazione di fatto e della corretta e ben motivata applicazione delle regole tecniche inerenti alla materia in esame, avendo il Consulente dato atto di avere quantificato l’indennita’ con il metodo analitico – ricostruttivo sulla base del valore di permuta “che tiene conto necessariamente dei costi di costruzione”; non era condivisibile il rilievo del Comune, formulato all’udienza di precisazione delle conclusioni, secondo cui la detrazione adottata con la percentuale di permuta non era corretta in quanto si basava “su conteggi sul costo probabile dell’edificato da costruire… fatti dall’ipotetico costruttore – nel considerare congrua la percentuale di permuta – fatto di per se’ inidoneo per formare il convincimento del giudicante al quale verrebbe sottratta ogni forma di controllo”, poiche’, invece, si trattava di valutazione effettuata non “dall’ipotetico costruttore “ma dal c.t.u. sulla base di giudizi tecnici correttamente formulati; vi) al Comune di (OMISSIS) era ordinato il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, a titolo di indennita’ di espropriazione, della differenza tra la somma di Euro 475.000,00 e quella gia’ depositata, oltre agli interessi legali (sulla predetta differenza) dalla data di emanazione del decreto di espropriazione (26.6.2007) sino all’adempimento dell’obbligazione principale (e, cioe’, sino al pagamento dell’indennita’ o sino al deposito di essa presso la Cassa Depositi e Prestiti); vii) alla parte attrice spettava anche l’indennita’ di occupazione temporanea, riconosciuta per il periodo di occupazione legittima e, cioe’, dal 28 giugno 2006 (data di immissione in possesso) al 26 giugno 2007 (data del decreto di esproprio), liquidata in misura corrispondente ad una percentuale di quella dovuta per l’espropriazione, pari al saggio corrente degli interessi legali, e quantificata nell’importo calcolato dal C.T.U., oltre interessi legali a titolo compensativo, a partire dalle rispettive scadenze annuali dei frutti alla cui mancata percezione l’indennita’ stessa si correlava.
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3. Avverso questa sentenza il Comune di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, resistito con controricorso da (OMISSIS).
4. Con ordinanza interlocutoria n. 24304/2022 la causa era rinviata a nuovo ruolo, in accoglimento dell’istanza congiunta delle parti, le quali rappresentavano l’esigenza di formalizzare l’accordo transattivo che assumevano gia’ raggiunto.
All’esito del deposito di istanza di trattazione presentata dal controricorrente, il quale affermava che l’accordo transattivo non era stato piu’ formalizzato, il ricorso e’ stato nuovamente fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., u.c., e articolo 380 bis.1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Comune ricorrente denuncia: a) con il primo motivo “Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 – Nullita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost. – Violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 194 c.p.c. – Omesso esame su un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti” per avere la Corte di merito prima disposto un supplemento di indagine peritale a chiarimenti e, di seguito, dopo la rinuncia all’incarico da parte del C.T.U., ritenuto superfluo l’approfondimento peritale, senza instaurare alcun contraddittorio con il Comune ricorrente, che, in assenza dell’espletamento della fase istruttoria, non aveva prodotto memorie e/o note, ne’ formulato osservazioni, rilievi, cosi’ determinandosi violazione del diritto di difesa in giudizio e dei principi del giusto processo e del corretto contraddittorio processuale; inoltre ad avviso dell’Ente la sentenza e’ da ritenersi viziata ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, posto che, malgrado le doglianze del Comune circa l’ammissibilita’ delle note di parte attrice del 24 novembre 2015, il Collegio aveva deciso la controversia proprio sulla base delle medesime, senza motivare in alcun modo circa la loro irritualita’/illegittimita’; b) con il secondo motivo “Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza della Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 4, per la mancata considerazione delle ragioni di dimissioni del C.T.U., ing. (OMISSIS). Violazione e falsa applicazione del contraddittorio processuale ex articolo 111 Cost., che conduce alla nullita’ del procedimento e della sentenza”, per non avere la Corte di merito indagato circa le ragioni di incompatibilita’ addotte dal C.Testo Unico a giustificazione della sua rinuncia all’incarico e per non avere la Corte d’appello in motivazione spiegato perche’ la dedotta incompatibilita’ non avesse avuto incidenza alcuna sull’attivita’ svolta dallo stesso consulente; c) con il terzo motivo “Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, n. 3. Erroneita’ della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c.. Violazione del giudicato di cui alla sentenza Corte d’Appello di Catania, I, n. 1081/2008, come modificata (ma non nella parte di interesse) dalla sentenza Cass., I, n. 21270/2015. Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 3. Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39. Violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del P.E.E.P. CE3-2 del Comune di (OMISSIS)”, per non avere la Corte d’appello considerato che il terreno in questione fa parte di un piu’ ampio P.E.E.P., le cui norme tecniche di attuazione prevedono una determinata cubatura assentibile, e con la sentenza, resa tra le stesse parti, della Corte d’Appello di Catania n. 1081/2008, ad avviso del ricorrente passata in giudicato sul punto in questione, era stato calcolato il valore (della restante parte) dei terreni di proprieta’ (OMISSIS) utilizzando l’intera cubatura assentita del P.E.E.P., anzi, come si assume dimostrato nel corso del presente giudizio, cubature addirittura superiori a quelle previste, sicche’ la cubatura assentibile dal Piano era stata del tutto “assorbita” dalla valutazione operata nel precedente giudizio e i volumi ottenuti dal C.Testo Unico (recepiti dal Giudice di primo grado) erano eccessivi e non rispettavano ne’ lo standard urbanistico di zona, ne’ l’indirizzo giurisprudenziale circa il necessario rispetto della densita’ volumetrica dedotta dall’indice medio di fabbricabilita’; deduce inoltre il Comune che, ove il P.E.E.P. avesse riguardato terreni appartenenti a diversi proprietari, si sarebbe potuto porre il dubbio sulla possibilita’ di penalizzare un proprietario a causa dell’avvenuto “esaurimento” della cubatura assentibile in favore di aree appartenenti ad altri soggetti, mentre nel caso in questione tutte le aree appartenevano all’odierno resistente e la sentenza impugnata consentiva al privato di realizzare un’ingiusta locupletazione, malgrado il giudicato derivante dalla sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 1081/2008, su cui non aveva incidenza la successiva pronuncia della Cassazione, in quanto non attinente alla questione della cubatura assentibile; la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare gli effetti del menzionato giudicato, violando il Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, comma 3, la L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39, e le norme tecniche di attuazione del P.E.E.P. CE3-2, le cui volumetrie erano gia’ state esaurite; d) con il quarto motivo ” Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39. Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37. Omesso esame del computo delle spese di urbanizzazione e degli spazi assegnabili a standards nella valutazione dei terreni in questione “per avere la Corte di merito del tutto omesso di motivare in ordine al mancato computo delle spese di urbanizzazione e degli spazi assegnabili a standards nella valutazione dei terreni in questione, omissione che verte su un fatto decisivo per il giudizio, in quanto, ove il Giudice avesse preso in considerazione tali elementi, la valutazione dell’indennita’ di espropriazione (e della conseguente indennita’ di occupazione legittima) dei terreni sarebbe stata minore; e) con il quinto motivo “Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39. Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37. Omesso esame dell’eccezione formulata dal Comune di (OMISSIS) circa l’erroneo rilievo dato dal C.Testo Unico ad ipotetiche superfici per “semicantinati destinati a garages, cantine, volumi tecnici ed altro””, per avere i giudici di merito violato la L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37, attribuendo alle aree di proprieta’ (OMISSIS) un valore superiore a quello che avrebbero avuto “in una libera contrattazione di compravendita”; il C.Testo Unico avrebbe dovuto tenere conto esclusivamente dell’indice di edificabilita’ territoriale, come da Cass. civ. Sez. Unite, 21- 03-2001, n. 125 e non della maggiore o minore fabbricabilita’, l’errato computo di tali volumi aveva costituito oggetto di discussione tra le parti e l’impugnata sentenza era priva di motivazione al riguardo; f) con il sesto motivo ” Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39″, per avere il C.T.U., nell’effettuare la propria valutazione, fatto erronea applicazione del metodo analitico-ricostruttivo, utilizzando il metodo della “permuta”; deduce in particolare il Comune non solo che il valore percentuale di permuta indicato dal C.Testo Unico (20%) non e’ congruo, ma anche che il metodo analitico-ricostruttivo muove dalla differenza tra il costo probabile dell’edificato da costruire ed il valore dell’edificato; al contrario, il metodo della “permuta” e’ una tecnica di confronto indiretto che si basa sul rapporto tra il valore dell’area edificabile ed il valore dell’immobile e non e’ equipollente al metodo analitico ricostruttivo; g) con il settimo motivo “Illegittimita’ ed erroneita’ della sentenza della Corte d’Appello di Catania, Prima Sezione Civile, 17 ottobre 2016, n. 1498, ex articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39. Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 37. Omesso esame dell’eccezione formulata dal Comune di (OMISSIS) circa la mancata considerazione del c.d. “fattore tempo” nella valutazione dei terreni”, per non avere il C.Testo Unico valutato il peso economico generato nell’operazione dal “fattore tempo”, tenuto conto che dall’acquisizione dell’area alla conclusione dell’iniziativa immobiliare trascorre un determinato periodo di tempo, che, per una operazione immobiliare del genere, e’ stimabile in circa anni tre, come evidenziato dal C.T.P. del Comune di (OMISSIS) nella relazione depositata all’udienza del 16 novembre 2012, mentre la Corte d’appello non aveva motivato al riguardo.
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2. I motivi primo, terzo, quarto e sesto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare. Le censure svolte con i citati motivi, sia sub specie di vizi di violazione di legge, sia sub specie di vizi motivazionali e di omesso esame di fatti decisivi, concernono, in buona sostanza e in estrema sintesi, i criteri adottati per la valutazione dei beni ablati con riferimento alla cubatura assentibile in base agli strumenti urbanistici vigenti (terzo motivo) e con riguardo all’effettiva e corretta applicazione del criterio di stima adottato (analitico-comparativo) e, di conseguenza, con riguardo al mancato computo delle spese di urbanizzazione e degli spazi assegnabili a standards nella valutazione dei terreni (motivi primo e quarto), nonche’ anche in ragione della dedotta incompatibilita’ del valore percentuale di permuta con il metodo analitico-ricostruttivo (sesto motivo).
2.1. In relazione ai criteri di valutazione delle aree interne ad un piano di zona, questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha osservato che la loro inclusione nel piano implica, anche ove l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la qualificazione come suoli agricoli, che, in virtu’ della variante introdotta dal PEEP (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), le stesse abbiano acquisito carattere di edificabilita’, e che la determinazione dell’indennita’ di esproprio (legittimo o illegittimo) debba adottare il criterio dell’edificabilita’ legale previsto dalla L. n. 359 del 1992, articolo 5 bis, restando irrilevante che, nel contesto del Peep, le aree medesime siano destinate ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie (opere di urbanizzazione, verde pubblico, viabilita’ di p.r.g.), Le relative norme, che direttamente o indirettamente ripartiscono costruzioni e spazi liberi nel singolo fondo da espropriare o in piu’ fondi espropriandi coinvolti dall’opera pubblica o dalle opere pubbliche previste a scopo residenziale, non hanno, infatti, funzione di variante del piano regolatore; ma restano interne al programma di edificazione mediante esproprio, mancando della generalita’ ed astrattezza proprie delle disposizioni conformative della proprieta’ privata. Ed in fase di definizione dei connotati di un futuro complesso residenziale, da realizzare previa espropriazione dei suoli necessari, la decisione di collocare in alcuni fondi una cubatura diversa rispetto a quella mediamente prevista dal (piano regolatore o) dal Piano di zona, e’ momento attuativo ed esecutivo dello strumento urbanistico generale attraverso il piano particolareggiato, ma non esprime una revisione di valutazioni generali inerenti alla densita’ abitativa, e quindi non incide sull’indennita’, insuscettibile di essere incrementata o compressa per mero effetto della sorte assegnata a ciascun terreno nell’ambito di un programma di edificazioni pubbliche mediante espropriazioni (cosi’ Cass. 28584/2010, in conformita’ a Cass. 1043/2007; 10555/2004; 17348/2002; 11621/2001).
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E’ stato, altresi’, precisato, per quanto piu’ interessa nella fattispecie in esame, che cio’ ovviamente non significa che tutti i terreni compresi nell’ambito del piano debbano avere eguale valore di mercato, poiche’ l’effettiva potenzialita’ edificatoria va da un minimo (tendente a zero) ad un massimo, con una vasta gamma di situazioni quantitative intermedie su cui incide in misura determinante proprio l’edificabilita’ effettiva – quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori, questo dipendendo, come e’ noto, da numerosi fattori peculiari della cd. edificabilita’ di fatto (centralita’, ubicazione, consistenza, vicinanza ad altri servizi e strutture pubblici, volumetria esprimibile ecc. cfr. Cass. 2702/2010); ma resta comunque escluso che detto valore possa essere stabilito in funzione delle disposizioni del piano per l’edilizia attinenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni ovvero di servizi ed infrastrutture (Cass. 23584/2010; Cass. 7248/2014). Occorre infatti ribadire che il criterio dell’edificabilita’ legale deve essere completato o integrato da quello cd. dell’edificabilita’ di fatto, in modo da prendere in considerazione le condizioni che, in concreto, inducono a determinare il valore venale dei terreni edificabili, dovendosi esemplificativamente tenere conto dell’esaurimento degli indici di fabbricabilita’ a causa delle costruzioni gia’ realizzate in zona, delle eventuali cessioni di potenzialita’ volumetrica effettuate in favore di aree limitrofe, dell’ubicazione o dell’avvenuto esaurimento da parte del proprietario della volumetria disponibile ai fini edificatori (Cass. 20241/2016). Nella determinazione dell’indennita’ di espropriazione di un fondo incluso in un PEEP, la valutazione delle possibilita’ legali ed effettive di edificazione va fatta tenendo presente che i volumi realizzabili non possono essere quantificati applicando l’indice fondiario di edificabilita’, il quale e’ riferito alle singole aree specificamente destinate alla edificazione privata dallo strumento urbanistico attuativo. Infatti l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non puo’ basarsi sull’indice fondiario di edificabilita’, bensi’ su quello che individua la densita’ territoriale della zona, in quanto, solo mediante la sua applicazione, si include nel calcolo la percentuale degli spazi riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, oltre che le spese di urbanizzazione relative alle opere poste in essere dall’amministrazione le quali assicurino l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area (Cass.4711/2018).
2.2. La Corte di merito non si e’ attenuta ai suesposti principi, nella parte in cui ha ritenuto di non dover valutare, nella quantificazione delle indennita’, l’edificabilita’ effettiva dell’area ablata sulla scorta dei parametri sopra indicati, ed in particolare in ordine all’eventuale avvenuto esaurimento da parte del proprietario della volumetria disponibile ai fini edificatori. In quest’ottica, da un lato sono inconferenti le parti della censura in cui si invoca il giudicato ex articolo 2909 c.c., dall’altro lato parimenti non sono pertinenti le considerazioni espresse nella sentenza impugnata circa il mancato passaggio in giudicato dell’altra sentenza (r.g. 1033/1996 pendente avanti alla stessa Corte d’appello), pronunciata tra le stesse parti ed avente ad oggetto l’espropriazione di altra area rientrante nello stesso Peep, e circa eventuali errori di quantificazione delle indennita’ in quel giudizio, dato che si tratta di argomentazioni irrilevanti ai fini della presente decisione. Quel che rileva, invece, nella specie, e’ la mancanza della determinazione del valore venale dell’area ablata ora in scrutinio in base all’edificabilita’ effettiva, da accertarsi in base ai parametri di cui si e’ detto, fermo restando che, come accertato dalla Corte di merito (pag. 5 sentenza) e non oggetto di alcuna doglianza sul punto, anche l’area ablata oggetto dell’altro giudizio rientrava nel medesimo piano.
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2.3. Meritano accoglimento, nei limiti di seguito precisati, anche le doglianze relative all’effettiva e corretta applicazione del criterio di stima adottato (analitico-comparativo) e, di conseguenza, al mancato computo delle spese di urbanizzazione e degli spazi assegnabili a standards nella valutazione dei terreni, anche in ragione della dedotta incompatibilita’ del valore percentuale di permuta con il metodo analitico-ricostruttivo.
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Come costantemente precisato da questa Corte, il metodo analitico-ricostruttivo, diretto ad accertare il valore di trasformazione del suolo edificabile, dovra’ considerare anzitutto la densita’ volumetrica esprimibile in base agli indici di fabbricabilita’ della zona omogenea in cui e’ incluso, al netto degli spazi assegnabili a standards, nonche’ delle spese di urbanizzazione relative alle opere che, poste in essere dall’amministrazione, assicurano l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area (tra le tante Cass. 7288/2013; Cass. 6243/2016; Cass. 4711/2018). Invece, il metodo c.d. sintetico-comparativo e’ incentrato sulla ricognizione di prezzi storici e certi che, in ragione della loro rappresentativita’, si porgono come idonei parametri di determinazione del valore da attribuire al bene oggetto della stima. E siffatta rappresentativita’ si configura solo allorquando i prezzi di confronto riguardino terreni forniti di caratteristiche, per lo meno, analoghe a quelle proprie dell’immobile da valutare, attengano esse sia alla disciplina urbanistica delle rispettive zone di appartenenza sia alla morfologia, nonche’ ad ogni altra caratteristica dei beni considerati (giacitura, natura geologica, conformazione orografica, accessibilita’, ecc.). Per cui, cio’ che rileva non e’ la categoria degli atti da cui desumere il probabile valore di mercato dell’area, che non costituisce un numero chiuso necessariamente coincidente con i contratti di compravendita e con le decisioni giudiziali, bensi’ il preventivo motivato riscontro della rappresentativita’ dei dati utilizzati per la comparazione, e cioe’ l’accertamento che essi riguardino i terreni muniti di caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti: il prezzo di mercato puo’ essere quindi tratto anche da fonti diverse, quali appunto cessioni volontarie peraltro in tutto e per tutto comparabili con quelle di diritto comune, perizie giudiziarie, o accertamenti di valore di natura fiscale o ancora da pubblicazioni specializzate del settore, o da atti di natura privatistica diversi dalla compravendita, quali permute, donazioni o ancora locazioni, o ancora da altri documenti di equivalente valore probatorio, sempre che gli immobili che ne sono oggetto presentino indubbio carattere di omogeneita’ con l’immobile da stimare (tra le tante Cass. 25709/2011; Cass. 3175/2008). In altre parole, l’adozione del metodo analitico – ricostruttivo, teso ad accertare il valore di trasferimento del fondo e, quindi, del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, prescinde dall’analisi di mercato per determinare il valore commerciale del bene, che caratterizza, invece, il criterio sintetico-comparativo. Pertanto, solo nell’applicazione di metodi analitico-ricostruttivi, e non anche del metodo sintetico-comparativo, assumono rilievo le questioni circa l’adozione di determinati indici di fabbricabilita’, circa lo scorporo di quote di superficie destinate a spazi pubblici e opere pubbliche e circa la detrazione degli oneri di urbanizzazione dal valore del fondo edificato. Infatti il metodo analitico-ricostruttivo muove dalle caratteristiche specifiche del fondo espropriato, depurando il valore dell’edificato dal costo di costruzione, onde pervenire al valore dell’area secondo l’entita’ volumetrica esprimibile dalla superficie a disposizione. E’ stato altresi’ chiarito da questa Corte che, ai fini della determinazione dell’indennita’ di espropriazione dei suoli edificatori, l’adozione del metodo analitico-ricostruttivo comporta che l’accertamento dei volumi realizzabili sull’area non possa basarsi sull’indice fondiario di edificabilita’, bensi’ su quello che individua la densita’ territoriale della zona, in quanto, solo mediante la sua applicazione, si include nel calcolo la percentuale degli spazi riservati ad infrastrutture e servizi a carattere generale, oltre che le spese di urbanizzazione relative alle opere poste in essere dall’amministrazione le quali assicurino l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area (Cass. 4711/2018 gia’ citata; in quella fattispecie, la corte d’appello, nella pronuncia cassata, aveva considerato il terreno, ricompreso nel piano per insediamenti produttivi, come un’entita’ edificabile a se’ stante avulsa dal piano, senza considerare i relativi “standard” per la superficie effettivamente edificabile, pervenendo poi ad un errato valore del bene ottenuto dalla “media” tra la stima analitica, basata su presupposti non corretti, e quella sintetica-comparativa). Resta da aggiungere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di liquidazione dell’indennita’ di espropriazione per le aree edificabili, la determinazione del valore del fondo puo’ essere effettuata tanto con metodo sintetico-comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico-ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, essendo, pertanto, rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettivita’ (Cass. 11081/2020; Cass. 6243/2016; da ultimo Cass. 36309/2022, citata anche dal controricorrente), ma ferma restando la sindacabilita’, in sede di legittimita’, della correttezza dell’applicazione del metodo scelto, attraverso cui si determina il valore venale del bene secondo canoni di effettivita’, e quindi nel rispetto delle norme ratione temporis applicabili (nella specie L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 39).
2.4. Tanto premesso, e precisato che la Corte d’appello ha espressamente affermato di avere applicato il metodo analitico-ricostruttivo, il Comune si duole del mancato computo delle spese di urbanizzazione e degli spazi assegnabili a standards nella valutazione dei terreni (quarto motivo) e, inoltre, con il sesto motivo, lamenta, tra l’altro, l’erronea applicazione del suddetto metodo, in ragione dell’utilizzo del valore percentuale di permuta, in particolare sul rilievo che il metodo analitico-ricostruttivo muove dalla differenza tra il costo probabile dell’edificato da costruire ed il valore dell’edificato, mentre il metodo della “permuta” e’ una tecnica di confronto indiretto che si basa sul rapporto tra il valore dell’area edificabile ed il valore dell’immobile e non e’ equipollente al metodo analitico ricostruttivo.
La Corte d’appello, in ordine a tali rilievi, ritenuti in un primo tempo meritevoli di approfondimento istruttorio mediante supplemento peritale, di seguito revocato, si e’ limitata ad affermare che il C.Testo Unico aveva quantificato l’indennita’ con il metodo analitico – ricostruttivo sulla base del valore di permuta “che tiene conto necessariamente dei costi di costruzione” e la “detrazione effettuata con la percentuale di permuta” era frutto di una valutazione basata su giudizi tecnici del C.Testo Unico correttamente formulati.
Risultanze della consulenza e critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori
Osserva il Collegio che, stante anche il mancato specifico riferimento alla detrazione degli oneri di urbanizzazione, non e’ dato evincere, in base alla suddetta motivazione, se la stima con il metodo analitico-ricostruttivo sia stata effettuata dalla Corte d’appello in rispondenza ai criteri suesposti e coerenti con il suddetto metodo (valore di trasferimento del fondo e, quindi, del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, prescindendo dall’analisi di mercato). Neppure puo’ apprezzarsi la correttezza della metodologia utilizzata per la quantificazione mediante il valore di permuta, che era stata specificamente contestata dall’odierno ricorrente nella fase di merito, in considerazione del tenore delle argomentazioni a supporto svolte dalla Corte territoriale sopra riportate.
Occorre ribadire che nell’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori, il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (Cass. 11917/2021; Cass. 15147/2018). Invece, nella specie la Corte di merito ha ritenuto di disattendere le specifiche argomentazioni critiche svolte dall’odierno ricorrente richiamando genericamente la soluzione a cui era pervenuto il consulente d’ufficio e con affermazioni inidonee a dare adeguata giustificazione del convincimento espresso, senza chiaramente e compiutamente enunciare gli elementi di valutazione specificamente seguiti e propri del metodo analitico-ricostruttivo, pur avendo affermato di averne fatto concreta applicazione, e, nello specifico, senza compiutamente spiegare in che modo fosse stato utilizzato il valore di permuta e se e in che esatti termini esso fosse coerente e compatibile con il metodo analitico-ricostruttivo dichiaratamente scelto.
3. L’accoglimento dei suindicati motivi (primo, terzo, quarto e sesto) determina l’assorbimento del quinto e del settimo, mentre il secondo motivo e’ inammissibile, essendo del tutto generica la censura sulla mancata indagine circa le ragioni sopravvenute di incompatibilita’ del C.T.U., che avevano giustificato la sua rinuncia all’incarico, in quanto il Comune neppure allega quali esse siano e se abbiano effettivamente inciso sull’attivita’ precedente del C.T.U..
4. In conclusione, il secondo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile, vanno accolti nel senso precisato i motivi primo, terzo, quarto e sesto, restando assorbiti i motivi quinto e settimo. L’impugnata sentenza va cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa va rimessa alla Corte d’appello di Catania, a cui e’ altresi’ demandata la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Risultanze della consulenza e critiche specifiche avanzate dai consulenti di parte e dai difensori
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i motivi primo, terzo, quarto e sesto, dichiarando assorbiti i motivi quinto e settimo; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.
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