Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19551.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche, il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine e alla reputazione commerciale, non costituendo un mero danno-evento, e cioè “in re ipsa”, deve essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che – pur ritenendo lesive dell’immagine della società attrice le numerose “mails” inviate ad interlocutori istituzionali da un dipendente licenziato, nelle quali si attribuivano alla società datrice di lavoro comportamenti non etici – aveva rigettato la domanda risarcitoria, in difetto di prova del danno conseguenza per mancanza di elementi dai quali ricavare, neanche con il ricorso a presunzioni semplici, che i destinatari delle “mails” avessero avuto effettiva contezza delle recriminazioni dell’ex dipendente, con conseguente pregiudizio per l’immagine societaria, quali affari o relazioni commerciali non conclusi in conseguenza della condotta diffamatoria realizzata).
Ordinanza|| n. 19551. Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
Data udienza 17 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Personalita’ (diritti della) – Onore (reputazione) – Risarcimento del danno persona giuridica – Danno non patrimoniale – Danno all’immagine e alla reputazione commerciale – “In re ipsa” – Esclusione – Onere di allegazione e prova – Presunzioni – Idoneità – Fattispecie.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10562/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in proprio, e (OMISSIS), in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6217/2019, pubblicata in data 16 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
Fatti di causa
1. (OMISSIS) s.p.a. convenne in giudizio (OMISSIS) e l’ (OMISSIS), associazione fondata e diretta dal primo convenuto, al fine di ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti a causa della condotta tenuta da (OMISSIS), ex dipendente della societa’ (OMISSIS) (societa’ controllata da (OMISSIS) s.p.a.) attinto da licenziamento alcuni anni prima – il quale, in data (OMISSIS), richiamando il codice etico (OMISSIS), aveva inviato all’indirizzo di posta elettronica dell’amministratore delegato della societa’ attrice, (OMISSIS), e, per conoscenza, ad una pluralita’ di soggetti ed istituzioni comunicazioni che l’attrice considerava lesive della propria immagine.
L’attrice preciso’ che non era stata posta in essere in danno del dipendente alcuna ritorsione, ne’ alcuna violazione dei principi consacrati nel Codice Etico (OMISSIS), tanto che il licenziamento era stato confermato perche’ ritenuto pienamente legittimo nelle competenti sedi giudiziarie brasiliane; aggiunse che, con due successive e-mail del 23 novembre 2009 e del 25 novembre 2009, aventi rispettivamente ad oggetto Codice Etico (OMISSIS): Quale la finalita’, il convenuto aveva portato a conoscenza di numerosi destinatari la missiva del (OMISSIS), affermando testualmente:
L'(OMISSIS) appartiene all’insieme delle aziende che curano la Responsabilita’ Sociale, la Sostenibilita’ e l’Etica d’Impresa come un mero strumento di marketing per ingrandire la sua reputazione corporativa e mantenere dietro le quinte tutti i mali, illegalita’ e azioni antitetiche del suo vero carattere imprenditoriale e cosi’ conquistare e mantenere il trasferimento intensivo del capitale dei suoi attuali e potenziali investitori e azionisti.
(OMISSIS) s.p.a. rappresento’, altresi’, che, con lettera del 26 novembre 2009, tramite il proprio difensore, aveva diffidato il (OMISSIS) dal dare ulteriore seguito a comunicazioni di analogo tenore e che, in risposta a tale missiva, il 27 novembre 2009, il (OMISSIS) aveva inviato una nuova mail con oggetto
, indirizzandola al difensore ed ai suoi collaboratori; noncurante della diffida, il (OMISSIS) aveva persistito nell’iniziativa diffamatoria gia’ intrapresa ed aveva diffuso la missiva del (OMISSIS), nonche’ la diffida spedita dall'(OMISSIS) del 26 novembre 2009; successivamente con due e-mail del 3 dicembre 2009, aventi ad oggetto , indirizzate al Ministro dell’Economia e Finanze, nonche’ all’allora Presidente della Repubblica ed all’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, il (OMISSIS) aveva richiesto un incontro con il Ministro alla presenza dei Presidenti delle altre aziende azioniste dell'(OMISSIS) per denunciare personalmente gli episodi narrati nella comunicazione del (OMISSIS); i convenuti avevano ulteriormente diffuso i fatti riferiti nella nota missiva del (OMISSIS) e richiesto l’inserimento della societa’ attrice nella per comportamenti non etici con e-mail del 7 dicembre 2009 e del 16 dicembre 2009, aventi ad oggetto e con e-mail del 19 dicembre 2009, con oggetto , e del 23 dicembre 2009, con oggetto
Esclusione dall'(OMISSIS) dall'(OMISSIS), indirizzate alla (OMISSIS), alla (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). L’attrice riferi’, da ultimo, che, con e mail del 4 gennaio 2010 e del 5 gennaio 2010, con oggetto
Collaborazione del Ministero degli Affari Esteri per una concessione d’udienza con il Ministero dell’Economia e delle Finanze nella qualita’ di maggiore azionista dell'(OMISSIS)
, il (OMISSIS) aveva inoltrato comunicazioni analoghe alle precedenti, coinvolgendo nella vicenda ulteriori persone ed istituzioni estranee all’argomento.
Si costituivano, con due distinte comparse, i convenuti, ed il (OMISSIS) chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna di (OMISSIS) s.p.a. al risarcimento dei danni ex articolo 96 c.p.c..
Il Tribunale di Roma, pur ritenendo che il contenuto delle numerose e-mail inoltrate fosse lesivo dell’immagine della societa’ attrice, rigetto’ la domanda, rilevando che l'(OMISSIS) s.p.a. non aveva allegato le conseguenze dannose eventualmente derivate da tali condotte, ne’ aveva dimostrato il nesso di causalita’, ne’ ancora indicato alcun criterio per la quantificazione dei danni.
2. Proposto gravame dall'(OMISSIS) s.p.a., la Corte d’appello di Roma, dando atto che l’appellante aveva ridotto la sua pretesa risarcitoria ad una somma pari ad un terzo di quella originariamente richiesta, ha rigettato l’appello sul presupposto che persistesse il difetto di allegazione del danno conseguenza, ponendo in rilievo che la societa’ non aveva posto il giudice nella condizione di vagliare, nemmeno con il ricorso a presunzioni semplici, che si fosse realizzato il danno lamentato.
3. (OMISSIS) s.p.a. ricorre per la cassazione della decisione d’appello, affidandosi a due motivi.
(OMISSIS) e l’ (OMISSIS) resistono con controricorso.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando la
Violazione e falsa applicazione della Cost., articoli 2, 3 e 24, degli articoli 6 e 10 c.c., dell’articolo 595 c.p. e dell’articolo 1 del Codice della Privacy (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)
, la ricorrente censura la decisione impugnata per avere disatteso la domanda di risarcimento dei danni.
Rammentando che la Cost., articolo 2 garantisce anche il diritto alla cd. immagine professionale (o sociale o commerciale), sostiene che i giudici d’appello, a fronte di un espresso riconoscimento dell’illiceita’ della condotta posta in essere dal (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di presidente dell’ (OMISSIS), avevano erroneamente ritenuto che a detto riconoscimento non dovesse conseguire alcuna condanna in termini risarcitori. Ribadisce che la comunicazione del (OMISSIS) e le successive e-mail contenevano elementi assolutamente denigratori, ingiuriosi e calunniosi, nonche’ diffamatori sia per il non pertinente invio ad una moltitudine di persone del tutto estranee ai rapporti intercorsi tra le parti, sia perche’ volte ad attribuire fatti determinati e ad etichettare l'(OMISSIS) tra le aziende che curavano la responsabilita’ sociale, la sostenibilita’ e l’etica di impresa come mero strumento di marketing, ma che mantenevano azioni contrarie all’etica, in tal modo ledendo l’immagine della societa’. Secondo la ricorrente, la gravita’ delle espressioni non veritiere contenute nelle e-mail, la rilevanza dell’offesa, la diffusione ad una moltitudine di destinatari , in quanto collocati nei piu’ alti livelli gerarchici del mondo politico ed economico, e la
e l’inserimento di (OMISSIS) nello scenario economico, finanziario, politico ed istituzionale avrebbero dovuto imporre il ristoro del danno da essa ingiustamente subito.
2. Con il secondo motivo, deducendo la
Violazione e falsa applicazione degli articoli 1226, 2056 e 2059 c.c., nonche’ dell’articolo 185 c.p. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)
la ricorrente sostiene che i giudici di appello, nel ritenere che non fosse stato offerto alcun elemento idoneo a supportare la richiesta di risarcimento dei danni, non avevano tenuto conto che il danno non patrimoniale poteva essere provato in via presuntiva; applicando le presunzioni, non poteva negarsi la percezione che, tra i numerosi destinatari, istituzionali e non, molti avessero ritenuto verosimile quanto falsamente descritto nelle mail del (OMISSIS) e fossero rimasti pervasi dal dubbio che all'(OMISSIS) potessero essere effettivamente imputabili i comportamenti nelle stesse descritti.
L’interpretazione del disposto dell’articolo 2059 c.c. prosegue la ricorrente, non e’ quella restrittiva propugnata dal giudice di merito, che condiziona la risarcibilita’ del danno non patrimoniale alla prova di concreti pregiudizi, prevedendo quella norma la possibilita’ di riconoscere il danno non patrimoniale nei casi determinati dalla legge, tra i quali un ruolo predominante assume la ravvisabilita’ di un reato, conoscibile dal giudice civile incidenter tantum.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
3. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perche’ strettamente connessi, sono infondati.
3.1. In linea generale, la questione prospettata con le censure formulate concerne la risarcibilita’ del danno non patrimoniale, con riferimento, nel caso di specie, alla violazione del diritto alla immagine od alla reputazione sociale
di una societa’ commerciale, inteso come diritto della personalita’, che trova fondamento nella Cost., articolo 2 e nell’articolo 8 paragrafo 1 della Carta dei diritti fondamentali della UE.
Abbandonata la originaria tesi, secondo cui la condotta lesiva era di per se’ dimostrativa del pregiudizio di natura non patrimoniale risarcibile, questa Corte da tempo e’ ormai approdata, in seguito ad un complesso e travagliato percorso ermeneutico, attraverso la sussunzione della categoria dell’illecito produttivo del danno non patrimoniale ex articolo 2059 c.c. nell’ambito dello schema strutturale della norma generale sull’illecito extracontrattuale ex articolo 2043 c.c., all’applicazione del criterio causale, fondato sulla relazione condotta materiale – evento-lesivo – conseguenza dannosa (articoli 1223 e 2056 c.c.), a qualsiasi violazione di un interesse giuridicamente suscettibile di protezione, con la conseguenza che le esigenze di prova della esistenza e dell’ammontare del danno “patrimoniale” e “non patrimoniale” si atteggiano in modo identico, a nulla rilevando, ai fini dell’accertamento delle conseguenze pregiudizievoli, la natura non economica dell’interesse che e’ stato leso.
Il danno non patrimoniale, costituendo anch’esso pur sempre un danno conseguenza, deve essere specificamente allegato e provato ai fini risarcitori, anche mediante presunzioni, non potendo mai considerarsi in re ipsa (Cass., sez. U, 11/11/2008, n. 26972; Cass., sez. 3, 08/10/2007, n. 20987; Cass., sez. 3, 13/05/2011, n. 10527; Cass., sez. 3, 21/06/2011, n. 13614; Cass., sez. 1, 14/05/2012, n. 7471).
Il danno all’immagine ed alla reputazione, inteso come
, dunque, non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento, e la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice in base, non tanto a valutazioni astratte, bensi’ al concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato (Cass., sez. 3, n. 31537 del 06/12/2018; Cass., sez. 6 – 3, n. 7594 del 28/03/2018; Cass. sez. 3, n. 25420 del 26/10/2017; Cass., sez. 6-3.
La sussistenza di un danno non patrimoniale in concreto subito, dunque, deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima (Cass., sez. 3, 26/10/2017, n. 25420). Il giudice puo’, quindi, avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti sulla base, pero’, di elementi indiziari diversi dal fatto in se’ (Cass., sez. 6 – 3, 18/07/2019, n. 19434).
3.2. Anche nei confronti delle persone giuridiche, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, e’ configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, ex articolo 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione dai diritti immateriali della personalita’, compatibile con l’assenza di fisicita’ e costituzionalmente protetti, quali sono il diritto al nome, all’identita’ e all’immagine dell’ente (tra le altre, Cass., sez. 3, 04/06/2007, n. 12929; Cass., sez. 1, 25/07/2013, n. 18082; Cass., sez. L, 01/10/2013, n. 22396; Cass., sez. 1, 16/11/2015, n. 23401; Cass., sez. 3, 13/10/2016, n. 20643, con riferimento alla prova del danno non patrimoniale per lesione della reputazione sociale di un ente collettivo).
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
Questa Corte ha gia’ da tempo precisato (Cass., sez. 3, 04/06/2007, n. 12929) che un tale pregiudizio non patrimoniale deve essere valutato come diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente che si esprime, per l’appunto, nella sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell’ente e, quindi, nell’agire dell’ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca. Tale danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all’ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto. Con la precisazione che non e’, quindi, configurabile, neppure per il danno all’immagine della persona giuridica o dell’ente collettivo, una risarcibilita’ come mero danno-evento, e cio’ in conformita’ alla ricostruzione operata dalla giurisprudenza di legittimita’ (Cass., sez. U, 22/07/2015, n. 15350), che esclude, in ogni caso, la sussistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, sia che esso derivi da reato (Cass., sez. 3, 12/04/2011, n. 8421), sia che sia contemplato come ristoro tipizzato dal legislatore (in tema di tutela della privacy: Cass., sez. 6-1, 26/09/2013, n. 22100; Cass., sez. 3, 15/07/2014, n. 16133), sia che derivi dalla lesione di diritti costituzionalmente garantiti.
4. Nel caso in esame, il giudice d’appello, richiamando la giurisprudenza di legittimita’ (Cass., sez. 1, 16/04/2018, n. 9385; Cass., sez. 3, 13/10/2016, n. 20643 e Cass., sez. 3, 26/10/2017, n. 25420) che esclude che il danno non patrimoniale da lesione di diritti fondamentali, quale tipico danno-conseguenza, coincida con la lesione dell’interesse in se’ ed esige che il pregiudizio sia dimostrato da chi chiede il relativo risarcimento, anche mediante il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base di elementi obiettivi che e’ onere del danneggiato fornire, ha posto in rilievo che l'(OMISSIS) s.p.a. non ha offerto elementi idonei a far ritenere realizzato il danno conseguenza, nemmeno con il ricorso a presunzioni semplici , essendosi limitata ad invocare i criteri di liquidazione del danno di cui agli articoli 1226 e 2056 c.c..
In particolare, la Corte d’appello, con un percorso argomentativo del tutto in linea con l’orientamento giurisprudenziale sopra riportato, ha evidenziato che la societa’ non ha, ad esempio, allegato di avere avuto una qualche contezza dai suoi interlocutori commerciali della effettiva lettura e quindi della consapevolezza del contenuto dei messaggi diffamatori, non apparendo affatto remota l’eventualita’ che simili comunicazioni recapitate da uno sconosciuto nella casella di posta elettronica vengano cestinate senza neppure essere aperte; ne’ e’ azzardato ipotizzare che quelle stesse mails non abbiano affatto raggiunto la meta giacche’ i messaggi di posta elettronica indirizzati ad una moltitudine di destinatari sono molto spesso bloccati dai filtri cd. anti-spam predisposti dai gestori della posta elettronica in arrivo In altri termini, i giudici di merito, alla luce delle risultanze istruttorie, hanno ritenuto, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, che l'(OMISSIS) s.p.a. non avesse offerto alcun elemento dal quale ricavare che i suoi interlocutori istituzionali avessero effettiva contezza delle recriminazioni dell’ex dipendente e che a causa di cio’ l’immagine della societa’ ne fosse risultata, apprezzabilmente, sminuita non avendo neppure allegato che, per effetto della condotta diffamatoria posta in essere dal (OMISSIS), un qualche affare o relazione commerciale fossero stati impediti o anche soltanto ostacolati .
La decisione, neanche censurata sotto il profilo motivazionale, e’ conforme ai principi enunciati da questa Corte (tra le tante, Cass., sez. 3, 04/06/2007, n. 12929), che, distinguendo tra evento lesivo e danno-conseguenza, puntualizza come anche nella lesione della , intesa come immagine di serieta’ ed affidabilita’ dell’ente collettivo proiettata all’esterno, il danno conseguenza deve essere provato, ben potendosi pervenire anche attraverso elementi presuntivi alla dimostrazione della conseguenza pregiudizievole derivata – ex articolo 1223 c.c. – all’ente collettivo dalla deminutio della propria immagine determinata dall’invio delle e-mail.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
Anche in questa sede la societa’ ricorrente non fornisce alcuna specifica indicazione sul pregiudizio effettivamente patito in rapporto alla lesione della propria immagine subita nella concreta vicenda in esame, ne’ indica eventuali elementi presuntivi, allegati nel giudizio di merito ed ivi trascurati, idonei a consentire inferenze sulla reputazione sociale dell’operatore economico, cosicche’ l’apprezzamento svolto dai giudici di appello, in difetto di validi riscontri probatori, non e’ minimamente scalfito dalla mera affermazione che le email dal contenuto gravemente denigratorio del (OMISSIS) hanno evidentemente ed irrimediabilmente insinuato nei loro destinatari dubbi piu’ o meno forti che, in quanto tali, hanno in ogni caso compromesso in peius l’immagine dell’odierna ricorrente, minandone la credibilita’ e irridendo l’immagine della stessa (pag. 35 del ricorso).
Ne’, peraltro, l’eventuale ricorso ad una liquidazione equitativa puo’ valere a superare l’accertamento dei giudici di merito, giacche’, sebbene proprio alla liquidazione equitativa (ex articoli 1226 e 2056 c.c.) occorra riferirsi nelle ipotesi come quella in esame, essa presuppone comunque che il danno sussista e sia, come tale, provato.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti,
delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore delle parti controricorrenti, che si e’ dichiarato antistatario.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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