Riesame avverso il decreto di sequestro probatorio ed esistenza di un interesse

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 13 febbraio 2019, n. 7003.

La massima estrapolata:

E’ inammissibile il riesame avverso il decreto di sequestro probatorio di un supporto informatico se il ricorrente non deduce l’esistenza di un interesse, concreto ed attuale, leso da una indisponibilità esclusiva delle informazioni contenute nelle cose sottoposte a vincolo.

Sentenza 13 febbraio 2019, n. 7003

Data udienza 16 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. RAGO Geppino – Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza 7 settembre 2017 del Tribunale della liberta’ dell’Aquila.
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Vincenzo Tutinelli;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aniello Roberto, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata in ordine alla mancata restituzione dei beni;
sentito il difensore Avv. (OMISSIS) del Foro di Cassino che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale della liberta’ dell’Aquila ha confermato il sequestro di documenti informatici e hardware in relazione al reato di truffa disposto dal PM in data 4 luglio 2017 a carico dell’odierno ricorrente anche nella qualita’ di legale rappresentante di societa’ in nome collettivo.
2. Propone ricorso per cassazione l’indagato articolando i seguenti motivi.
2.1. Violazione e falsa applicazione di norme di legge.
2.1.1 Il ricorrente lamenta il fatto che la delega per svolgere il sequestro era stata conferita dal Pubblico Ministero alla Guardia di Finanza dell’Aquila mentre il sequestro risulta essere stato effettuato dalla Guardia di Finanza di Sora senza che risulti una sub delega nemmeno orale da parte dell’autorita’ delegata.
2.1.2. Inoltre, il difensore, pur presente all’inizio delle operazioni, si era successivamente allontanato senza che gli operanti interrompessero le operazioni e senza quindi che vi fosse sottoscrizione del medesimo difensore in calce al verbale di sequestro. Da tale situazione deriverebbe la illegittimita’ del sequestro medesimo.
2.1.3. Essendo stati sequestrati dei beni anche di altro soggetto (la societa’ in nome collettivo di cui era legale rappresentante l’indagato), secondo il ricorrente avrebbe dovuto essere nominato un difensore anche a tale diverso soggetto e tale mancata nomina ti costituirebbe un ulteriore elemento di llegittimita’ del provvedimento.
2.1.4. Trattandosi inoltre di sequestro di iniziativa non potendosi ritenere sussistente alcuna delega come in precedenza evidenziato, il sequestro avrebbe dovuto essere convalidato. Cio’ non e’ avvenuto e quindi dovrebbe ritenersi inefficace il provvedimento medesimo.
2.1.5. Dovrebbe comunque ritenersi illegittima l’acquisizione di un intero archivio informatico senza alcuna selezione dei documenti di interesse.
2.1.6. Risulterebbe illegittima la modalita’ di acquisizione dei dati in quanto non sarebbe stata garantita l’inalterabilita’ degli stessi.
2.1.7. Illegittimo risulterebbe il rifiuto di restituzione degli apparati hardware il sequestro non sarebbe risultato indispensabile. PG 53168/2016.
2.2. Violazione dell’articolo 34 cod. proc. pen. in conseguenza della incompatibilita’ del collegio giudicante.
Il ricorrente afferma che le medesime persone fisiche che componevano il collegio giudicante avevano gia’ partecipato precedenti decisioni relative all’indagato, sia in sede di misure reali, sia in sede di misura personale. Tale situazione determinerebbe l’incompatibilita’ del collegio giudicante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso (par. 2.1.1. della parte in fatto) e’ manifestamente infondato.
Infatti, la possibilita’ di delegare un ufficiale di P.G. per l’esecuzione del sequestro, non determina l’esplicazione di un rapporto fiduciario caratterizzato da una valutazione “ad personam” di capacita’ o di affidabilita’ del singolo ufficiale, ma ha semplicemente la funzione di incaricare un ufficiale della polizia giudiziaria che e’ istituzionalmente destinata a svolgere la propria attivita’ alle dipendenze e sotto la direzione dell’autorita’ giudiziaria (Sez. 6, Sentenza n. 3572 del 09/10/1992 – dep. 26/01/1993 – Rv. 192935 – 01); non comporta pertanto alcuna nullita’ del provvedimento la mancanza, nel decreto emesso dall’A.G., di una delega formale all’ufficiale di P.G. incaricato di procedere all’esecuzione dell’atto (Sez. 6, Sentenza n. 41629 del 07/10/2009 Rv. 245016 – 01) ovvero la sub delega da parte dell’ufficiale originariamente incaricato, potendo la delega risultare anche per “facta concludentia” (Sez. 4, Sentenza n. 48627 del 19/11/2003 Rv. 227792 – 01).
2. Il secondo motivo (par. 2.1.2. della parte in fatto) e’ parimenti manifestamente infondato.
Non esiste alcuna difesa tecnica obbligatoria in sede di esecuzione del decreto di sequestro probatorio delegato dal PM non rientrando tali atti fra quelli per cui il codice imponga la presenza del difensore a differenza degli interrogatori e dei confronti previsti nell’ultimo alinea dell’articolo 370 cod. proc. pen., comma 1.
Questa Corte ha finanche evidenziato come – in ipotesi di sequestro probatorio – l’obbligo di dare avviso all’indagato della facolta’ di farsi assistere dal difensore di fiducia, ai sensi dell’articolo 114 disp. att. cod. proc. pen., sussiste solo in caso di sequestro eseguito su iniziativa della polizia giudiziaria (Sez. 3, Sentenza n. 40530 del 05/05/2015 Rv. 264827 – 01) e che in caso di sequestro preventivo – non sussista in assoluto l’onere di avviso della facolta’ di farsi assistere dal difensore avendo il legislatore previsto l’avviso ex articolo 114 cit. soltanto in relazione agli atti di cui all’articolo 356 cod. proc. pen. in considerazione della vocazione probatoria di questi ultimi e della conseguente necessita’ di controllo della regolarita’ dell’operato della polizia giudiziaria (Sez. U, Sentenza n. 15453 del 29/01/2016 Rv. 266335 – 01).
Tra l’altro, anche nei casi – diversi da quello oggetto del giudizio – in cui il codice preveda l’assistenza del difensore, tale assistenza si esplica in una facolta’ di intervento e non nell’obbligo di una difesa tecnica come erroneamente affermato dal ricorrente. In tali casi, come nel caso di specie, l’esercitata facolta’ di farsi assistere dal difensore – una volta dato l’avviso e acquisitane la presenza o accertatane la indisponibilita’ – non determina il sopravvenire di alcun obbligo e l’allontanamento del difensore rientra nelle facolta’ liberamente esercitabili da quest’ultimo e non determina alcuna necessita’ di interrompere le operazioni in corso.
3. La mancanza di alcun obbligo di avviso e di difesa tecnica rende palese l’assoluta infondatezza del terzo motivo (par. 2.1.3. della parte in fatto) dovendosi tra l’altro rilevare che – con riferimento al sequestro preventivo – il Decreto Legislativo n. 231 del 2001 non contiene alcuna previsione specifica in materia di sequestro probatorio il che determina l’applicabilita’ dell’articolo 34 del medesimo disposto normativo che impone l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni del codice di procedura penale e del Decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
4. Palesemente infondata la prospettazione per cui nel caso di specie ci si trovi di fronte a un atto di iniziativa da parte della PG. Il decreto di sequestro ordinava il sequestro, tra l’altro, “di quanto rinvenuto (corpo del reato e cose pertinenti al reato), dei cellulari, comprensivi delle eventuali schede telefoniche e di memoria, dei computer e degli altri sistemi e supporti informatici o telematici rinvenuti nei luoghi citati” e segnatamente “presso l’abitazione e il domicilio di (OMISSIS) ed in qualunque altro luogo nella sua disponibilita’” come in altra parte del provvedimento esplicitato. Sussiste quindi una perfetta corrispondenza tra beni sequestrati e beni oggetto del sequestro (dovendosi precisare che nell’articolazione del motivo di ricorso e dello stesso riesame, il (OMISSIS) incentra la trattazione sull’avvenuto sequestro di materiale informatico limitando a tali beni la proposta impugnazione) con conseguente impossibilita’ di configurare – su tali beni – alcun sequestro di iniziativa e conseguentemente ipotizzare la necessita’ di convalida alcuna (cfr. punti 2.1.4 e 2.1.5. della parte in fatto).
5. Le contestazioni relative alla mancata selezione dei dati da sequestrare all’interno dei supporti informatici identificati e sottoposti a vincolo (punto 2.1.6 della parte in fatto) sono inammissibili. Le operazioni di selezione dei dati – logicamente successive alla acquisizione degli stessi – non possono essere predeterminate in sede di decreto di sequestro in quanto non e’ possibile al sequestrante conoscere ab origine il contenuto del supporto pur fornendo il riferimento al contenitore la determinatezza dell’oggetto da sequestrare. Ne consegue che tutte le contestazioni relative allo svolgimento di tali operazioni rientrano nel novero delle operazioni successive alla esecuzione stessa suscettibili, in assenza di segreti opponibili, di contestazione nelle forme e nei modi di cui all’articolo 263 c.p.p., – commi 4 e 5 – (si veda anche il successivo par. 6). E’ conseguentemente inammissibile gnammissibile) il riesame avverso il decreto di sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, dei quali sia stato disposto il dissequestro previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, salvo che il ricorrente non deduca l’esistenza di un interesse, concreto ed attuale, leso dalla indisponibilita’ esclusiva delle informazioni contenute nelle cose sottoposte a vincolo (Sez. 6, Sentenza n. 13306 del 22/02/2018 Rv. 272904 – 01); circostanza che nel caso di specie non e’ desumibile dal tenore del ricorso.
6. Le rimanenti contestazioni in ordine alle modalita’ di acquisizione dei dati e al rifiuto di restituzione (punti 2.1.6 e 2.1.7. della parte in fatto) sono inammissibili. Oggetto della richiesta di riesame, avverso il decreto di sequestro probatorio ai sensi dell’articolo 257 cod. proc. pen., non puo’ essere l’esecuzione del sequestro probatorio ma solo il decreto del Pubblico Ministero che lo dispone (Sez. 3, Sentenza n. 20912 del 25/01/2017 Rv. 270126 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 1896 del 08/05/1997 Rv. 209311 – 01) con la conseguenza che – sia con riferimento alle modalita’ di attuazione, sia con riferimento al rifiuto di restituzione – avrebbe dovuto proporsi opposizione davanti al giudice, ai sensi dell’articolo 263 c.p.p., commi 4 e 5. Peraltro, le contestazioni ulteriori sulla realizzazione o meno di una copia fisica immutabile ovvero della possibilita’ di immutazione della copia acquisita nemmeno attengono a profili riguardanti il sequestro ma ad aspetti riguardanti la valenza probatoria in sede di merito dei dati in tal modo acquisiti.
7. Il riferimento alla affermata incompatibilita’ del componente del Tribunale del riesame e’ del tutto infondata posto che le norme in materia determinano la sussistenza di incompatibilita’ unicamente con riferimento alla partecipazione al giudizio e all’udienza preliminare e nulla hanno a che vedere con le valutazioni in sede cautelare, siano esse operate dal giudice per le indagini preliminari (Sez. 1, Sentenza n. 27838 del 08/04/2013 Rv. 256074 – 01) o dal Tribunale del riesame (Sez. 3, Sentenza n. 10231 del 11/02/2015 Rv. 262958; – 01 Sez. 3, Sentenza n. 16093 del 02/02/2016 Rv. 266919 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 33883 del 26/03/2014 Rv. 261076 – 01 e, con riferimento a ipotesi sovrapponibile a quella oggetto del giudizio, Sez. 2, Sentenza n. 43474 del 09/07/2004 Rv. 230213 – 01).
8. Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso e, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

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