Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 ottobre 2022| n. 32001.
Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
In tema di responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., costituisce indice di mala fede o colpa grave – e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione – la proposizione di un ricorso per cassazione con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione, non compiendo alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla fattispecie concreta.(Nella specie, la S.C. ha condannato d’ufficio il ricorrente, ex art. 96, comma 3, c.p.c., in un caso in cui una questione di puro diritto processuale era stata prospettata come questione di giurisdizione, qualificando come violazione dei limiti esterni della giurisdizione la mera delibazione da parte del giudice amministrativo degli effetti di un accordo transattivo sul giudizio di impugnazione di un provvedimento amministrativo, effettuata “incidenter tantum” al solo fine di valutarne la pregiudizialità in relazione alla richiesta di sospensione).
Ordinanza|28 ottobre 2022| n. 32001. Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
Data udienza 27 settembre 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Consiglio di Stato – Valutazione degli effetti di un accordo transattivo – Violazione dei limiti esterni – Esclusione – Principio della retroattività reale dell’usucapione – Non operativo in pregiudizio ai terzi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f.
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di sezione
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. MANZON Enrico – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19178-2021 proposto da:
(OMISSIS) DI (OMISSIS) ditta individuale, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE CASALNUOVO DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3657/2021 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 10/05/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2022 dal Consigliere ROSSETTI MARCO.
Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2013 il Comune di Casalnuovo di Napoli ordino’ la demolizione di un capannone industriale sito nel territorio comunale ed abusivamente costruito. Rimasto inadempiuto l’ordine di demolizione, il Comune dispose l’acquisizione al patrimonio comunale del suddetto immobile, secondo le previsioni del Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31, comma 3.
2. Cinque anni dopo il medesimo Comuney accerto’ che l’immobile suddetto era ancora detenuto da (OMISSIS), imprenditore individuale e titolare della impresa individuale ” (OMISSIS)”. Di conseguenza gli intimo’ di sgomberare il suddetto immobile e di versare al Comune la somma di Euro 590,58 per ogni mese di occupazione del medesimo immobile, a titolo di indennita’.
3. (OMISSIS) impugno’ sia l’ordinanza di demolizione, sia quella di sgombero, dinanzi al TAR della Campania.
A fondamento dell’impugnazione dedusse di non avere mai ricevuto la notificazione dell’ordinanza di demolizione, la quale venne notificata solo al proprietario del suolo, e cioe’ il proprio padre (OMISSIS).
Dedusse che, di conseguenza, il provvedimento impugnato era illegittimo per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31.
4. Con sentenza 9.7.2019 il TAR della Campania rigetto’ il ricorso, ritenendo:
a) in punto di diritto, che legittimamente l’ordinanza di demolizione era stata notificata al proprietario dell’immobile abusivo, in quanto responsabile “oggettivo” dell’abuso;
b) in punto di fatto, che comunque il ricorrente era venuto aliunde a conoscenza dell’ordine di demolizione.
La sentenza venne appellata dal soccombente, il quale – oltre a reiterare le censure gia’ proposte in primo grado – dedusse di avere introdotto un giudizio dinanzi al giudice ordinario, inteso all’accertamento dell’avvenuta usucapione del fondo, e che se tale domanda fosse stata accolta l’acquisto della qualita’ di proprietario con effetto retroattivo avrebbe reso – ora per allora – invalida la notificazione dell’ordine di demolizione al vecchio proprietario.
Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
5. Con sentenza 10.5.2021 n. 3657 il Consiglio di Stato rigetto’ il gravame, ritenendo:
a) inammissibile perche’ nuova la censura con cui l’appellante invocava la pregiudizialita’ del giudizio di usucapione rispetto all’impugnativa dell’ordinanza comunale;
b) infondata la restante censura, sul presupposto che l’ordine di demolizione d’un immobile abusivo va notificato al solo proprietario, e non anche all’autore materiale dell’abuso.
6. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) con ricorso fondato su un solo motivo ed illustrato da memoria. Il Comune di Casalnuovo di Napoli ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’eccezione di improcedibilita’ del ricorso per tardivita’ del deposito, sollevata dal Comune di Casalnuovo, e’ infondata.
Il ricorrente ha infatti documentato che il ricorso e’ stato spedito alla Cancelleria di questa Corte per mezzo del servizio postale, con plico consegnato il 16 luglio 2021, mentre il termine per il deposito sarebbe scaduto il 21 luglio successivo.
2. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia il vizio di “violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo”, nonche’ violazione degli articoli 103 e 111 Cost.; dell’articolo 362 c.p.c.; dell’articolo 110 codice del processo amministrativo e del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 12.
Nella illustrazione del motivo e’ formulata una tesi giuridica cosi’ riassumibile:
-) nelle more del giudizio amministrativo, l’autore dell’abuso edilizio ( (OMISSIS)), dopo avere introdotto un giudizio per accertamento dell’avvenuta usucapione nei confronti del proprietario del suolo, e cioe’ il proprio padre (OMISSIS), concluse con questi un accordo in sede di mediazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 28 del 2010;
-) per effetto di tale accordo le parti riconobbero che (OMISSIS) aveva acquistato per usucapione il fondo su cui sorgeva l’immobile abusivamente realizzato;
-) il suddetto accordo per espressa previsione di legge ha natura di titolo esecutivo;
-) poiche’ l’acquisto per usucapione ha effetto retroattivo, (OMISSIS) doveva ritenersi proprietario del suolo sin dal 1991, data di inizio della possessio ad usucapionem;
-) a fronte di questi fatti, il giudice amministrativo non avrebbe potuto sindacare se l’accordo stipulato tra padre e figlio fosse o non fosse opponibile ai terzi, giacche’ la valutazione delle conseguenze d’un contratto di diritto privato e’ riservata al giudice ordinario.
3. Il ricorso e’ inammissibile in modo manifesto per piu’ ragioni.
La prima e fondamentale ragione di inammissibilita’ del ricorso e’ che la valutazione degli effetti che un accordo transattivo puo’ avere sul giudizio di impugnazione del provvedimento amministrativo non costituisce violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
Il giudice amministrativo infatti si e’ limitato ad una delibazione in via incidentale del contratto di transazione (per tale dovendosi qualificare l’accordo raggiunto in sede di mediazione), al solo fine di stabilire se il suddetto accordo avesse o non avesse carattere di pregiudizialita’ rispetto alla decisione sull’impugnazione del provvedimento amministrativo, senza emettere alcuna statuizione sui diritti e sugli obblighi nascenti da tale contratto, e senza alcuna efficacia di giudicato sul punto, nell’ambito quindi della propria giurisdizione (ex permultis, per una fattispecie analoga, Sez. U, Ordinanza n. 3341 del 19/02/2004, in motivazione).
3.1. Benche’ il rilievo che precede abbia carattere assorbente, ritiene il Collegio doveroso dar conto degli ulteriori profili inammissibilita’, cosi’ come di palese insostenibilita’ anche nel merito, delle tesi sostenute nel ricorso: essi infatti svelano una grave colpa del ricorrente nella scelta di proporre il presente ricorso, e giustificano la condanna ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, della quale si dira’ piu’ oltre.
Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
3.1. Oltre che inammissibile perche’ prospetta come “questione di giurisdizione” una questione di puro diritto processuale, il ricorso e’ altresi’ inammissibile per difetto di decisivita’.
La sentenza impugnata, infatti, e’ fondata su due diverse rationes decidendi: la tardivita’ dell’eccezione di usucapione, e la sua inopponibilita’ all’amministrazione comunale. La prima di tali rationes decidendi non e’ stata pero’ impugnata dal ricorrente, ne’ del resto poteva esserlo, in quanto lo stabilire se una eccezione sia o non sia “nuova” non puo’ costituire violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
3.2. In terzo luogo, come accennato, il ricorso oltre ad essere inammissibile ha anche preteso di sostenere tesi giuridiche manifestamente inconsistenti. Nel caso di specie il Consiglio di Stato era chiamato a stabilire se vi fosse pregiudizialita’ fra il giudizio civile di accertamento dell’usucapione e quello amministrativo di impugnazione dell’ordinanza di sgombero, e correttamente ha ritenuto che la stipula d’una transazione in cui i transigenti riconoscono avvenuta l’usucapione del fondo non ha alcun carattere pregiudiziale rispetto al giudizio amministrativo, in quanto res inter alios acta tedio neque nocet, neque prodest.
3.3. In quarto luogo, il principio della retroattivita’ reale dell’usucapione non opera mai in pregiudizio dei diritti di terzi, come ripetutamente affermato da questa Corte da quasi mezzo secolo, con motivazioni dalle quali il ricorrente prescinde del tutto (per la sentenza “capostipite” si veda Sez. 2, Sentenza n. 3082 del 17/11/1973, in seguito sempre conforme; nonche’ – ex permultis, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 12736 del 13/05/2021, sull’inopponibilita’ al curatore dell’accordo mediatorio stipulato tra fallito e terzo; come pure Sez. 2, Sentenza n. 19054 del 06/07/2021, sull’inopponibilita’ ai terzi in buona fede dell’avvenuta usucapione di fondi intavolati prima della iscrizione della domanda di usucapione).
3.4. In quinto luogo, infine, a seguire l’infondato ragionamento del ricorrente si perverrebbe a risultati paradossali, in quanto basterebbe al proprietario di un immobile abusivamente eretto riconoscere che esso e’ stato usucapito da terzi, per sottrarsi con efficacia ex tunc alle responsabilita’ scaturenti dalla sua qualita’ di proprietario.
4. Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
4.1. Alla condanna alle spese deve seguire, d’ufficio, la condanna del ricorrente ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3.
Ricorso per cassazione e responsabilità aggravata
Infatti agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave significa azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione; e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificita’ il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta.
Il che e’ quanto avvenuto nel nostro caso, posto che – alla luce di quanto sopra esposto – un diligente professionista non poteva non avvedersi ne’ del fatto che il rigetto dell’eccezione di sospensione del processo non costituisce “violazione dei limiti esterni della giurisdizione”; ne’ del fatto che un negozio di accertamento di avvenuta usucapione e’ inopponibile ai terzi.
Da cio’ deriva che delle due l’una: o il ricorrente – e per lui il suo legale, del cui operato ovviamente il ricorrente risponde, nei confronti della controparte processuale, ex articolo 2049 c.c. – ben conosceva l’inammissibilita’ della propria impugnazione, ed allora ha agito sapendo di proporre una domanda inammissibile; ovvero non se ne e’ avveduto, ed allora ha tenuto una condotta gravemente colposa, consistita nel non essersi adoperato con l’exacta cfiligentia esigibile da chi svolge una prestazione professionale qualificata quale e’ quella di avvocato cassazionista (ex multis, in tal senso, Sez. 3 -, Ordinanza n. 4430 del 11/02/2022, Rv. 663925 – 03; Sez. 2 , Ordinanza n. 38528 del 06/12/2021, Rv. 663164 – 01; Sez. 3 -, Ordinanza n. 22208 del 04/08/2021, Rv. 662202 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18512 del 04/09/2020, Rv. 658997 – 01).
Deve dunque concludersi che, dovendo ritenersi il ricorso oggetto del presente giudizio proposto quanto meno con colpa grave, il ricorrente deve essere condannato d’ufficio al pagamento in favore della controparte, in aggiunta alle spese di lite, d’una somma equitativamente determinata in base al valore della controversia.
Tale somma va determinata, secondo il costante orientamento di questa corte, in misura pari all’importo delle spese di lite, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente ordinanza.
4.2. La dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) alla rifusione in favore del Comune di Casalnuovo di Napoli delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 4.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2; (-) condanna (OMISSIS) al pagamento in favore del Comune di Casalnuovo di Napoli ex articolo 96 c.p.c., comma 3, della somma di Euro 4.800;
(-) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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