Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 novembre 2021| n. 32061.
Ricevuta di pagamento a saldo e disconoscimento scrittura.
Una volta che sia stata dedotta in giudizio dal creditore la falsità materiale di una quietanza, sul presupposto che il debitore, successivamente alla sottoscrizione da parte del creditore, non disconosciuta, abbia apposto la dicitura “a saldo di ogni avere”, è onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione. Ne consegue che, a fronte della produzione della quietanza da parte del debitore, il creditore, che non disconosca la sottoscrizione ivi apposta, ma si limiti ad affermare che il documento era stato manomesso nel contenuto con l’aggiunta della parola “saldo” previa cancellazione della parola “acconto” senza che fosse stata convenuta dalle parti una simile correzione, ha l’onere di proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento.
Ordinanza|5 novembre 2021| n. 32061. Ricevuta di pagamento a saldo e disconoscimento scrittura
Data udienza 27 maggio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Appalto – Corrispettivo opere – Ricevuta di pagamento a saldo – Disconoscimento scrittura – Manomissione – Cancellazione parola ” acconto” e sostituzione con “a saldo” – Onere di proporre querela di falso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11734-2020 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS) per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 481/2019 della CORTE D’APPELLO DI BARI, depositata il 25/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/5/2021 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.
Ricevuta di pagamento a saldo e disconoscimento scrittura
FATTI DI CAUSA
La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha accolto l’appello che (OMISSIS) aveva proposto avverso la sentenza con la quale il tribunale di Bari l’aveva condannata al pagamento in favore di (OMISSIS) della somma di Euro 20.844,18, oltre interessi, quale corrispettivo per le opere asseritamente realizzate da quest’ultimo in forza di contratto d’appalto.
La corte, in particolare, per quanto ancora rileva, ha rilevato che il (OMISSIS) non aveva negato che la sottoscrizione apposta sul documento prodotto in originale dall’appellante, vale a dire la ricevuta di pagamento datata 27/5/2002 con la quale il (OMISSIS) aveva dichiarato di ricevere la somma di Euro 5.165,00 per i lavori di costruzione della piscina, fosse la propria, limitandosi a disconoscere la scrittura sul rilievo che il documento era stato manomesso nelle parti in cui era stata scritta la parola “saldo” previa cancellazione della parola “acconto”. Il (OMISSIS), quindi, ha affermato che la scrittura era stata falsificata materialmente, cancellando la parola “acconto” e scrivendovi sopra “saldo”, senza che fosse stata convenuta dalle parti una simile correzione. Sennonche’, ha osservato la corte, una volta dedotta in giudizio dal creditore la falsita’ materiale di una quietanza, sul presupposto che il debitore, successivamente alla sottoscrizione da parte del creditore, non disconosciuta, abbia apposto la dicitura “a saldo di ogni avere”, e’ onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione. Il (OMISSIS), quindi, non poteva limitarsi a contestare globalmente la scrittura mediante il disconoscimento ma doveva proporre querela di falso. Il documento in questione, pertanto, non essendo stata disconosciuta la sottoscrizione e non essendo stata proposta querela di falso, ha piena efficacia probatoria della ricezione da parte del (OMISSIS) della somma di Euro 5.165,00 a titolo di “saldo” e non a titolo di “acconto”. Peraltro, ha aggiunto la corte, in assenza di querela di falso, devono ritenersi irrilevanti le prove testimoniali assunte, al pari della mancata comparizione della (OMISSIS) a rendere il deferito interrogatorio formale. In definitiva, ha concluso la corte, la decisione con la quale il tribunale ha ritenuto che il pagamento era stato effettuato a titolo di mero acconto sul maggior prezzo pattuito, quale risulta dalla fattura prodotta, e’ errata e dev’essere, quindi, riformata.
(OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso notificato il 17/3/2020, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso notificato il 18/6/2020.
Le parti hanno depositato memorie. Il ricorrente, in particolare, ha dedotto e documentato di aver proposto innanzi al tribunale di Trani querela di falso in ordine alla ricevuta di pagamento del 27/5/2002, ed ha, in forza di tale giudizio, iscritto a ruolo al n. 2496/2021 RG, chiesto la sospensione ai sensi dell’articolo 295 c.p.c. del presente giudizio.
Ricevuta di pagamento a saldo e disconoscimento scrittura
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’articolo 2702 c.c. nonche’ degli articoli 116, 214 e 215 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, a fronte del documento prodotto in originale dall’appellante, vale a dire la ricevuta di pagamento datata 27/5/2002 con la quale il (OMISSIS) aveva dichiarato di ricevere la somma di Euro 5.165,00 per i lavori di costruzione della piscina, fosse la propria, il (OMISSIS) si era limitato a disconoscere la scrittura deducendo che il documento era stato manomesso nelle parti in cui era stata scritta la parola “saldo” previa cancellazione della parola “acconto”, laddove, al contrario, essendo stata dedotta in giudizio dal creditore la falsita’ materiale di una quietanza, sul presupposto che il debitore, successivamente alla sottoscrizione da parte del creditore, non disconosciuta, abbia apposto la dicitura “a saldo di ogni avere”, sarebbe stato onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione.
1.2. Cosi’ facendo, pero’, hanno osservato i ricorrenti, la corte d’appello ha omesso di considerare che la querela di falso nei riguardi di una scrittura privata, come la quietanza, e’ limitata alla provenienza materiale del documento dal soggetto che l’abbia sottoscritta e presuppone il riconoscimento della scrittura come propria. Nel caso in esame, come emerge dai verbali delle udienze del 28/5/2010 e del 11/1/2011, gli appellati avevano dettagliatamente e puntualmente disconosciuto la predetta quietanza che, pertanto, non e’ utilizzabile in giudizio per la mancata presentazione da parte della (OMISSIS) dell’istanza di verificazione.
1.3. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli articoli 216, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, nonostante l’inutilizzabilita’ della quietanza per non avere la (OMISSIS) proposto istanza di verificazione, ha nondimeno ritenuto che tale documento avesse pieno valore probatorio e che fossero pertanto irrilevanti gli ulteriori elementi istruttori acquisiti in giudizio, come le prove testimoniali assunte e la mancata comparizione della stessa (OMISSIS) a rendere il deferito interrogatorio formale.
1.4. Cosi’ facendo, pero’, hanno osservato i ricorrenti, la corte d’appello non ha considerato che, in mancanza di risultanze documentali che attestassero la pattuizione del corrispettivo ed a fronte dell’inutilizzabilita’ ai fini della decisione della quietanza disconosciuta, le predette risultanze istruttorie assumevano senz’altro rilevanza, tanto piu’ che la (OMISSIS) non aveva sollevato alcuna contestazione circa l’esecuzione delle opere analiticamente indicate nella fattura prodotta in giudizio.
2.1. Il primo motivo e’ infondato con assorbimento del secondo.
2.2. Intanto, la Corte ribadisce il principio per cui nel giudizio di legittimita’, secondo quanto disposto dall’articolo 372 c.p.c., non e’ ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilita’ del ricorso e del controricorso ovvero concernano nullita’ inficianti direttamente la decisione impugnata, nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall’articolo 369 c.p.c., rimanendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difensiva di cui all’articolo 378 c.p.c. (Cass. n. 28889 del 2019). Ne deriva che, proposta, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, una querela di falso civile relativamente ad un atto del procedimento di merito, la certificazione attestante la pendenza del procedimento di falso non puo’ essere depositata, quale documento nuovo, in sede di ricorso per cassazione, con conseguente inapplicabilita’ dell’istituto della sospensione necessaria, di cui all’articolo 295 c.p.c., con riferimento al giudizio di legittimita’ (Cass. n. 7409 del 2003; Cass. n. 11327 del 2017). La querela di falso, del resto, e’ (rilevante e) proponibile nel giudizio di cassazione soltanto nei casi in cui concerna documenti attinenti al relativo procedimento e non anche quanto riguardi quelli che il giudice di merito abbia posto a fondamento della decisione impugnata, l’eventuale falsita’ dei quali, ove definitivamente accertata, potra’ essere fatta eventualmente valere, nelle forme e nei limiti consentiti dall’ordinamento processuale, come motivo di revocazione della sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 2 (Cass. n. 24846 del 2020).
2.3. Questa Corte, invero, ha gia’ avuto modo di osservare che “la scrittura privata, quando ne sia stata o debba considerarsi riconosciuta la sottoscrizione, e’ sorretta da una presunzione di autenticita’ relativamente al contenuto, nel senso che l’autenticita’ della sottoscrizione fa presumere la provenienza dal sottoscrittore delle dichiarazioni attribuitegli, ma, se quest’ultimo, pur riconoscendo o non disconoscendo la sottoscrizione, neghi di essere autore, totalmente o parzialmente, delle dichiarazioni risultanti dal documento ed esperisca in proposito con esito positivo la querela di falso, viene meno il collegamento della sottoscrizione con le dichiarazioni e, quindi, l’indicata presunzione. Pertanto, nel caso in cui sia denunciata la falsita’ materiale di una scrittura privata, occorre che il sottoscrittore dia con la querela di falso la prova della contraffazione del documento, e non anche che la stessa e’ avvenuta senza o contro la sua volonta’, mentre incombe sulla parte interessata a dimostrare il contrario, ossia che la contraffazione e stata compiuta o consentita dal sottoscrittore, l’onere di provare il proprio assunto, onde ricostituire il collegamento tra sottoscrizione e dichiarazioni, infranto dal positivo esperimento della querela di falso” (Cass. n. 3718 del 1981; cfr. Cass. n. 5383 del 1999; Cass. n. 8766 del 2018)
2.4. Sul fondamento di tale principio, questa Corte ha anche osservato che, una volta che sia stata dedotta in giudizio dal creditore la falsita’ materiale di una quietanza, sul presupposto che il debitore, successivamente alla sottoscrizione da parte del creditore, non disconosciuta – abbia apposto la dicitura “a saldo di ogni avere”, e’ onere del sottoscrittore proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione (Cass. n. 6534 del 2013). Ne consegue che, a fronte della produzione della quietanza da parte del debitore, il creditore, che non abbia disconosciuto la sottoscrizione ivi apposta ma si sia limitato ad affermare che il documento era stato manomesso nel contenuto con l’aggiunta della parola “saldo” previa cancellazione della parola “acconto” senza che fosse stata convenuta dalle parti una simile correzione, aveva l’onere di proporre querela di falso per fornire la prova dell’avvenuta contraffazione del documento.
2.5. La corte d’appello, pertanto, li’ dove ha ritenuto che il (OMISSIS), non avendo negato che la sottoscrizione apposta sulla ricevuta di pagamento del 27/5/2002 fosse la propria, limitandosi a disconoscere la scrittura sul rilievo che il documento era stato manomesso nelle parti in cui era stata scritta la parola “saldo” previa cancellazione della parola “acconto”, aveva l’onere, rimasto tuttavia inadempiuto, di proporre querela di falso per fornire, in quella sede, la prova dell’avvenuta contraffazione del documento ed interrompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione, si sottrae, evidentemente, alle censure svolte sul punto dai ricorrenti.
3. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, infondati. Peraltro, poiche’ il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, e’ manifestamente inammissibile.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
5. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: dichiara l’inammissibilita’ del ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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