Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 novembre 2022| n. 32706.

Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

In tema di responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati non rileva la procedura di c.d. “check truncation”, la quale attiene esclusivamente ai rapporti tra le banche e non comporta modificazioni dell’ordinaria disciplina dei titoli di credito e del contratto di conto corrente, il che rende di per sé irrilevante la mancata informazione in favore del cliente, da parte della banca mandataria, in ordine all’avvenuta adozione di tale procedura di pagamento.

Ordinanza|7 novembre 2022| n. 32706. Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

Data udienza 7 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Pagamento di assegni falsificati – Responsabilità della banca – Apprezzamento di fatto del giudice di merito – Valutazione della possibilità per l’istituto di accorgersi tempestivamente della condotta infedele della propria dipendente – Configurabilità della sentenza penale di patteggiamento come indizio utilizzabile unitamente ad altri – Logicità della motivazione – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29839/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., (gia’ (OMISSIS) S.r.l.), in persona dell’amministratore unico p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del procuratore speciale (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
e
(OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– intimata –
e
(OMISSIS) S.P.A., BANCA POPOLARE DI MILANO S.C.A.R.L., (OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.P.A. e (OMISSIS) S.P.A.;
– intimate –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 587/18, depositata il 27 febbraio 2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 7 luglio 2022 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

FATTI DI CAUSA

1. L'(OMISSIS) S.r.l., intestataria di un conto corrente presso la (OMISSIS) S.p.a., convenne in giudizio quest’ultima e la propria dipendente (OMISSIS), per sentir accertare la responsabilita’ della prima, in concorso con la seconda, per la sottrazione di somme posta in essere dalla (OMISSIS) mediante l’emissione di centotrentaquattro assegni recanti la firma falsificata del legale rappresentante della societa’, con la condanna al risarcimento dei danni o alla restituzione della somma complessiva di Euro 287.541,54, oltre ad Euro 80.364,00 per l’addebito d’interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto.
Si costitui’ la (OMISSIS), ed eccepi’ l’invalidita’ della ricognizione di debito da lei compiuta con scrittura privata del 31 luglio 2003, prodotta dall’attrice, in quanto frutto di violenza morale.
Si costitui’ inoltre la (OMISSIS), ed eccepi’ che la falsita’ delle sottoscrizioni apposte sugli assegni non era riconoscibile attraverso il confronto con lo specimen rilasciato dall’attrice, aggiungendo che quest’ultima aveva conferito alla (OMISSIS) una procura per l’esecuzione di operazioni sul conto corrente, ed opponendo comunque la prescrizione del diritto alla restituzione.
Su istanza della (OMISSIS), fu autorizzata la chiamata in causa della (OMISSIS) S.p.a., della (OMISSIS) S.c.a.r.l., della (OMISSIS) S.p.a., della (OMISSIS) S.p.a. e della (OMISSIS) S.p.a., negoziatrici degli assegni, le quali si costituirono in giudizio, sostenendo di essersi attenute alla procedura interbancaria di check truncation, che imponeva unicamente il controllo della regolarita’ formale dei titoli.
1.1. Con sentenza non definitiva del 30 agosto 2011, il Tribunale di Bologna a) rigetto’ la domanda di risarcimento proposta nei confronti della (OMISSIS), b) accolse quella di risarcimento del danno patrimoniale proposta nei confronti della (OMISSIS), condannandola al pagamento della somma di Euro 384.633,91, ivi compresa la rivalutazione monetaria, c) rigetto’ la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta nei confronti della stessa, d) dichiaro’ fondata la domanda di restituzione delle somme addebitate dalla (OMISSIS) a titolo di interessi e commissioni di massimo scoperto e e) dichiaro’ estinto il giudizio nei confronti delle chiamate in causa, per rinuncia della (OMISSIS) alla domanda proposta nei confronti delle stesse.

 

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Con separata ordinanza, dispose poi la prosecuzione dell’istruttoria per la determinazione dell’importo dovuto in restituzione dalla Banca.
2. L’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.r.l.) nei confronti dell’ (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS)) e’ stata rigettata dalla Corte d’appello di Bologna, che con sentenza del 27 febbraio 2018 ha dichiarato assorbito l’appello incidentale condizionato proposto dall’ (OMISSIS) e ha accolto l’appello incidentale proposto dal (OMISSIS) S.p.a., in qualita’ di avente causa del (OMISSIS), a sua volta avente causa della (OMISSIS), condannando l’ (OMISSIS) al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio in favore della chiamata in causa.
Premesso che risultava incontestata l’avvenuta negoziazione di assegni a firma falsa, la Corte ha ritenuto che l’esclusione della responsabilita’ della Banca trattaria non si ponesse in contrasto con l’affermazione della responsabilita’ della stessa per l’addebito gl’interessi sul relativo importo, dal momento che l’attrice non aveva riproposto la domanda di condanna al risarcimento di tale componente del danno patrimoniale. Ha escluso inoltre la configurabilita’ di una condotta colposa della Banca in relazione al mancato controllo della conformita’ delle firme apposte sugli assegni allo specimen in suo possesso, confermando la non riconoscibilita’ della falsificazione da parte del funzionario al momento in cui i titoli erano stati posti all’incasso. Premesso infatti che la diligenza del banchiere attento e previdente non impone un controllo approfondito della firma, attuabile soltanto mediante un vero e proprio esame grafologico, ha rilevato che circa due anni dopo l’apertura del conto corrente la societa’ attrice aveva conferito alla (OMISSIS), in qualita’ di responsabile amministrativo, una procura per l’esecuzione di varie operazioni, revocata soltanto a seguito della scoperta della sottrazione; ha aggiunto che il conto, assistito da un affidamento garantito da una fideiussione dell’amministratore unico, era affiancato da dossier titoli personali dell’amministratore e dei suoi familiari, osservando che ad accorgersi della situazione era stata una banca diversa, a causa dell’anormale numero degl’insoluti rispetto alla modesta operativita’ che caratterizzava il rapporto. Cio’ posto, e precisato che il sistema di check truncation in vigore tra le banche non incide sulla comune disciplina dei titoli di credito e del contratto di conto corrente, ha escluso che la Banca fosse tenuta ad informare la cliente della mancanza di controllo sugli assegni d’importo inferiore ad Euro 2.500,00, affermando che si tratta di una procedura interbancaria regolarmente verificata e controllata dagli organismi competenti, ed escludendo quindi che la cliente potesse rivolgersi ad un’altra banca per ottenere un trattamento diverso. Ha rilevato che la falsita’ delle firme apposte sugli assegni era stata accertata soltanto a seguito di una consulenza grafologica disposta dal Pubblico Ministero nel procedimento penale a carico della (OMISSIS), dalla quale erano emerse per un verso la similarita’ e l’affinita’ delle nature grafomotorie a confronto, e per altro verso l’esistenza di diversita’ decisive nella gestione dell’energia scrittoria, nella modulazione del gesto grafico e nella conduzione dei movimenti. Ha ritenuto pertanto che, quand’anche la Banca trattaria avesse eseguito un raffronto visivo tra le stesse e lo specimen sottoscritto dal legale rappresentante della societa’, non sarebbe stata in grado di avvedersi della falsificazione, ed ha conseguentemente escluso la configurabilita’ di un nesso causale tra la procedura adottata ed il danno subito dalla correntista.

 

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In proposito, ha evidenziato anche la mancanza di qualsiasi controllo da parte dell’attrice sulla gestione amministrativa e la mancata contestazione da parte della stessa degli estratti conto e delle schede contabili ricevute, ritenendo invece non significativo il mancato accertamento della falsita’ delle firme apposte sui moduli di richiesta degli assegni, in quanto non era stato provato che gli assegni, facenti parte di un unico blocchetto ed aventi una numerazione progressiva, fossero stati emessi dalla (OMISSIS) in modo tale da confondersi con quelli regolarmente sottoscritti dal legale rappresentante della societa’.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in dieci motivi, illustrati anche con memoria. L’ (OMISSIS) ha resistito con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilita’ della costituzione in giudizio della (OMISSIS), i cui difensori si sono limitati a depositare in Cancelleria due procure ad litem, da essi stessi autenticate, senza provvedere alla notificazione di un controricorso.
In quanto instaurato in primo grado in data anteriore all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, che ha modificato l’articolo 83 c.p.c., il giudizio in esame risulta infatti assoggettato alla disciplina dettata dal testo originario di tale disposizione, il quale, nel disporre che la procura alle liti dovesse essere conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, ne consentiva anche il rilascio in calce o a margine di uno degli atti tassativamente indicati dal comma 3 (tra i quali il controricorso), prevedendo che soltanto in quest’ultimo caso l’autografia della sottoscrizione potesse essere certificata dal difensore. Qualora pertanto, come previsto dallo articolo 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo, la parte non si fosse costituita con controricorso, la procura speciale doveva essere necessariamente conferita nelle forme di cui dell’articolo 83 cit., comma 2, la cui prescrizione escludeva la possibilita’ dell’autenticazione da parte del difensore, espressamente limitata all’ipotesi di apposizione a margine degli atti indicati dalla legge (cfr. Cass., Sez. II, 19/04/2022, n. 12434; 9/08/2018, n. 20692; Cass., Sez. III, 20/08/2009, n. 18528). Tale disciplina non ha subito sostanziali mutamenti per effetto dell’articolo 45 cit., il quale, pur escludendo la tassativita’ dell’elencazione degli atti in calce o a margine dei quali puo’ essere apposta la procura, non ha fatto venire meno l’esigenza che la stessa sia conferita in relazione ad atti che determinano l’ingresso della parte nel giudizio, dal momento che la natura processuale degli stessi rivela l’inerenza del mandato allo specifico processo per il quale e’ rilasciato, e diventa pertanto componente essenziale della specialita’ della procura, resa cosi’ idonea a conferire al difensore gli specifici poteri previsti dall’articolo 84 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. III, 4/11/2020, n. 24472; 19/01/2018, n. 1255).

 

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2. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1710 c.c., comma 2, sostenendo che, nell’escludere che la responsabilita’ della Banca, in virtu’ del rispetto della procedura di check truncation, la sentenza impugnata non ha considerato che l’applicazione di tale procedura costituiva un fatto sopravvenuto, del quale la Banca, in qualita’ di mandataria, era tenuta ad informare il cliente. Premesso che la predetta procedura, volta a ridurre i tempi, i costi ed i rischi connessi al trasferimento degli assegni, non prevede la presentazione del titolo alla banca trattaria, che non e’ pertanto in grado di verificare l’autenticita’ della firma di traenza, afferma che, se tempestivamente avvisata dell’applicabilita’ della stessa, essa ricorrente avrebbe certamente chiesto di essere informata in ordine agli addebiti d’importo inferiore ad Euro 2.500,00.
3. Con il secondo motivo (indicato come I-bis), la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonche’ l’apparenza e la contraddittorieta’ della motivazione, osservando che, ove l’applicabilita’ della procedura di check truncation fosse stata nota alla generalita’ dei correntisti o anche solo ad essa ricorrente, la (OMISSIS) non avrebbe neppure tentato di falsificare gli assegni, che non sarebbero sfuggiti al controllo della banca trattaria.
4. Con il terzo motivo (indicato come II), la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 12 preleggi, nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell’escludere la riconoscibilita’ della falsificazione delle firme apposte sugli assegni, la Corte territoriale non ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto irrilevanti le differenze tra le stesse e lo specimen sottoscritto dal legale rappresentante della societa’, evidenziate dal consulente incaricato dal Pubblico ministero nel procedimento penale. Premesso che la consulenza non era stata disposta per accertare la falsita’ delle sottoscrizioni, assolutamente pacifica, ma per individuare l’autore della falsificazione, afferma che la somiglianza esistente tra le firme non avrebbe impedito ai funzionari delle banche di accorgersi della frequenza con cui venivano emessi assegni d’importo inferiore ad Euro 2.500,00, tutti recanti la firma nascosta dal timbro della societa’ ed intestati alla medesima dipendente, ben conosciuta alla banca.
5. Con il quarto motivo (indicato come III), la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1176 c.c., comma 2, articoli 1703 e 2082 c.c., sostenendo che un’attenta lettura della relazione di consulenza avrebbe condotto a conclusioni opposte a quelle cui e’ pervenuta la sentenza impugnata, non avendo quest’ultima tenuto conto delle differenze rilevate tra le firme poste a confronto, agevolmente rilevabili da un esperto ed accorto banchiere.

 

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6. Con il quinto motivo (indicato come IV), la ricorrente deduce la nullita’ della sentenza impugnata per difetto di motivazione e travisamento dei fatti, osservando che la sentenza impugnata ha attribuito alla relazione di consulenza un senso opposto a quello risultante dalle espressioni usate, avendo posto in risalto somiglianze tra le firme ritenute non decisive dal consulente ed avendo considerato irrilevanti le diversita’ da quest’ultimo riscontrate. Ribadisce che, nel ritenere ininfluente l’utilizzazione della procedura di check truncation, la Corte territoriale ha erroneamente escluso l’obbligo della Banca d’informare il cliente dell’adozione della stessa e la possibilita’ per il cliente di rivolgersi ad un’altra banca, in tal modo esonerando la convenuta da ogni responsabilita’, in contrasto con l’obbligo della stessa di agire con diligenza nel controllo delle firme. Premesso che il parametro di riferimento della diligenza richiesta alla banca nel predetto controllo e’ costituito dalla condotta dell’accorto banchiere, da valutarsi in relazione alla natura professionale della attivita’ esercitata, afferma che nella specie la successione numerica degli assegni posti all’incasso avrebbe dovuto insospettire i funzionari addetti al riscontro.
7. Con il sesto motivo (indicato come V), la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e l’apparenza della motivazione, rilevando che, nell’escludere la riconoscibilita’ della falsificazione degli assegni, la sentenza impugnata ha attribuito rilievo alla regolarita’ formale dei titoli ed alla somiglianza delle firme poste a confronto, senza tenere conto del carattere seriale della falsificazione e del parziale occultamento delle sottoscrizioni con il timbro della societa’ emittente.
8. Con il settimo motivo (indicato come VI), la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza impugnata per inesistenza e grave contraddittorieta’ della motivazione, osservando che, nell’escludere l’obbligo della Banca d’informare il cliente in ordine all’adozione della procedura della check truncation, la sentenza impugnata non ha considerato che, se tempestivamente informata, essa ricorrente avrebbe provveduto a controllare l’esito degli assegni. Aggiunge che, nell’attribuire rilievo all’approvazione della procedura da parte dell’ABI, la Corte territoriale non ha indicato la norma o la clausola contrattuale idonea ad escludere la responsabilita’ della banca per i danni arrecati al cliente.
9. Con l’ottavo motivo (indicato come VII), la ricorrente deduce la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’articolo 111 Cost., comma 6, affermando che, ai fini dell’esclusione del nesso causale tra il danno lamentato e la condotta tenuta dalla Banca, la Corte territoriale ha fatto ricorso ad una motivazione meramente apparente, avendo ritenuto irrilevanti le differenze riscontrate tra le firme poste a confronto, in quanto riscontrabili solo da un esperto grafologo, senza considerare che la consulenza espletata nel procedimento penale era stata disposta soltanto al fine d’individuare il responsabile della falsificazione, la cui identificazione nella (OMISSIS), emergente dalla dichiarazione ricognitiva da quest’ultima rilasciata, non escludeva la condotta colposa della Banca. Aggiunge che, nell’imputare la sottrazione all’omissione di qualsiasi controllo da parte di essa ricorrente, la sentenza impugnata non ha indicato la norma che prevede il relativo obbligo e non ha tenuto conto delle mansioni affidate alla (OMISSIS), perfettamente note alla Banca.

 

Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

10. Con il nono motivo (indicato come IX), la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., e l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’escludere la riconoscibilita’ della falsificazione degli assegni, la sentenza impugnata non ha tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica espletata nel procedimento penale, da cui emergevano il rilevante numero dei titoli falsificati e le differenze tra le firme apposte sugli stessi e lo specimen sottoscritto dal legale rappresentante della societa’, agevolmente rilevabili da un accorto banchiere.
11. Con il decimo motivo (indicato come XI), la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere irrilevante la sentenza pronunciata nei confronti della (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., la Corte territoriale non ha tenuto conto della intervenuta condanna della stessa per il reato di truffa aggravata e della dichiarazione rilasciata dalla donna, in cui erano chiariti i raggiri da lei posti in essere, ne’ della polizza di assicurazione interbancaria, avente ad oggetto proprio i danni derivanti dalla falsificazione delle firme degli assegni d’importo non superiore ad Euro 2.000,00.
12. I primi due motivi ed il settimo, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riguardanti profili diversi della medesima questione, avente ad oggetto l’obbligo della Banca d’informare la cliente in ordine al mancato controllo degli assegni, sono inammissibili.
In quanto imperniate sull’inidoneita’ della procedura di check truncation ad esonerare la Banca dalla responsabilita’ per il pagamento degli assegni falsificati, le censure proposte dalla ricorrente non attingono infatti la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha precisato che l’adozione della predetta procedura rileva esclusivamente nei rapporti tra le banche, escludendo espressamente che la stessa comporti una modificazione dell’ordinaria disciplina dei titoli di credito e del contratto di conto corrente. A tale rilievo, sufficiente ad escludere la rilevanza della mancata informazione in ordine alla avvenuta presentazione all’incasso degli assegni non sottoposti a controllo, la Corte territoriale ha aggiunto la considerazione, conforme alla disciplina dettata dall’articolo 1710 c.c., comma 2, e rimasta sostanzialmente incensurata dalla ricorrente, che, in quanto frutto di un accordo interbancario e non modificabile da parte di una singola banca, la procedura in questione non era configurabile come una circostanza sopravvenuta idonea a determinare la revoca o la modifica del mandato, non essendo individuabile un’altra banca disponibile all’espletamento del servizio a condizioni diverse, con la conseguenza che la Banca non aveva l’obbligo d’informare la cliente dell’adozione della stessa. L’esclusione di tale obbligo consente poi di ritenere insussistente il lamentato difetto di motivazione in ordine all’idoneita’ del suo adempimento a dissuadere la (OMISSIS) dalla falsificazione dei titoli, trattandosi di un’affermazione logicamente incompatibile con le argomentazioni svolte a fondamento della decisione, e da ritenersi pertanto implicitamente disattesa dalla sentenza impugnata.
13. Parimenti inammissibili risultano i motivi dal terzo al sesto, nonche’ l’ottavo e il nono, da trattarsi anch’essi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto la comune problematica riguardante la riconoscibilita’ della falsificazione degli assegni da parte della Banca.
Ai fini dell’esclusione di tale riconoscibilita’, la sentenza impugnata ha infatti richiamato la relazione depositata dal consulente tecnico incaricato dal Pubblico Ministero nel procedimento penale svoltosi a carico della (OMISSIS), rilevando che dall’esame compiuto in quella sede erano emerse discordanze quantitativamente modeste, ma qualitativamente molto significative, tra le sottoscrizioni apposte sui titoli e lo specimen in possesso della Banca, riguardanti la gestione dell’energia scrittoria, la modulazione del gesto grafico e la conduzione dei movimenti, che non escludevano tuttavia l’esistenza di similarita’ ed affinita’ tra le nature grafomotorie a confronto, tali da determinare un’ingannevole somiglianza tra le stesse. E’ in virtu’ di tale rilievo, posto in relazione anche con la particolare qualificazione professionale ed esperienza del consulente tecnico, che la Corte territoriale ha ritenuto irrilevanti le specifiche differenze indicate nella relazione, affermando che la falsita’ delle firme apposte sugli assegni poteva essere accertata soltanto da un esperto grafologico, e concludendo quindi che, quand’anche la Banca avesse eseguito, a mezzo del proprio cassiere, un raffronto visivo con lo specimen sottoscritto dal legale rappresentante della societa’ attrice, non sarebbe stata in grado d’individuare la falsificazione.
Tale apprezzamento, qualificabile come un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimita’ esclusivamente per vizio di motivazione, non risulta validamente censurato dalla ricorrente, la quale non e’ in grado d’indicare lacune argomentative o incongruenze talmente gravi da impedire la ricostruzione del percorso logico seguito per giungere alla decisione, ma si limita a lamentare l’omessa o inadeguata valutazione di circostanze che sono state invece prese puntualmente in considerazione dalla Corte territoriale: le differenze individuate dal consulente sono state infatti considerate non determinanti ai fini della riconoscibilita’ della falsificazione, ritenuta non rilevabile neppure con l’impiego della diligenza professionale cui la Banca era tenuta nell’espletamento del servizio di pagamento degli assegni; il carattere seriale dell’illecito e la consistenza delle somme sottratte sono stati invece ritenuti ininfluenti, a fronte dell’informazione correttamente fornita dalla Banca mediante l’invio degli estratti conto e delle schede contabili, sulla base dei quali l’attrice avrebbe potuto accorgersi tempestivamente della condotta infedele della propria dipendente. Nell’insistere sulla rilevanza delle predette circostanze, la ricorrente mira in realta’ a sollecitare, attraverso l’apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, nonche’ la coerenza logico-formale delle stesse, nei limiti in cui le relative anomalie possono ancora essere fatte valere con il ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547). Tale disposizione, limitando la deducibilita’ del vizio di motivazione all’omesso esame di un fatto storico che abbia formato oggetto di discussione ed appaia determinante ai fini della decisione, esclude infatti l’ammissibilita’ di censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione, risultando il sindacato di legittimita’ ormai circoscritto alla sola verifica del mancato rispetto del “minimo costituzionale” imposto dall’articolo 111 Cost., comma 6, configurabile esclusivamente nelle ipotesi (che determinano la nullita’ della sentenza, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4) in cui la motivazione risulti del tutto assente sotto l’aspetto materiale e grafico, oppure meramente apparente o affetta da manifesta ed irriducibile contraddittorieta’, o ancora perplessa od incomprensibile (cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. III, 12/10/2017, n. 23940; Cass., Sez. VI, 20/11/2015, n. 23828).

 

Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

14. E’ infine inammissibile il decimo motivo, riguardante l’omessa valutazione della sentenza penale pronunciata nei confronti della (OMISSIS), della dichiarazione ricognitiva dalla stessa rilasciata e della polizza di assicurazione interbancaria.
Com’e’ noto, infatti, nel giudizio civile di risarcimento e restituzione la sentenza penale di patteggiamento non spiega efficacia di giudicato, ne’ determina un’inversione dell’onere della prova, potendo invece costituire un indizio, utilizzabile unitamente ad altri indizi, ove ricorrano i requisiti prescritti dall’articolo 2729 c.c. (cfr. Cass., Sez. III, 11/03/2020, n. 7014; 30/07/2018, n. 20170). L’omesso ricorso alla prova per presunzioni non e’ peraltro censurabile in sede di legittimita’, spettando alla discrezionalita’ del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di avvalersene, l’individuazione dei fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e l’accertamento della rispondenza degli stessi ai requisiti di legge: il relativo apprezzamento costituisce un giudizio di fatto, censurabile in sede di legittimita’ esclusivamente per vizio di motivazione, la cui deduzione non puo’ peraltro consistere, come nella specie, nella mera prospettazione di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicita’ e contraddittorieta’ del ragionamento decisorio (cfr. Cass., Sez. lav., 5/08/2021, n. 22366; Cass., Sez. VI, 26/02/2020, n. 5279; Cass., Sez. III, 11/05/2007, n. 10847).
Ininfluente, ai fini dell’accertamento della responsabilita’ della Banca, deve invece ritenersi la dichiarazione rilasciata dalla (OMISSIS), con cui la stessa aveva espressamente riconosciuto di aver sottratto le somme dal conto corrente intestato alla societa’ attrice, descrivendo anche le modalita’ a tal fine utilizzate: nella specie, infatti, non erano in discussione ne’ l’indebito prelievo delle somme depositate sul conto corrente ne’ l’avvenuta falsificazione degli assegni da parte della (OMISSIS), ma solo la riconoscibilita’ di tale falsificazione da parte della Banca, con l’impiego della diligenza professionale dovuta nell’espletamento del servizio di pagamento dei titoli, e quindi l’inadempimento del contratto di conto corrente, rispetto al quale la falsita’ delle sottoscrizioni era configurabile come un mero presupposto di fatto, la cui esistenza non e’ stata in alcun modo disconosciuta dalla sentenza impugnata.
Parimenti irrilevante, ai fini del predetto accertamento, risulta infine la polizza di assicurazione interbancaria invocata dalla ricorrente, la cui stipulazione, in quanto volta a far fronte ai rischi economici derivanti dall’omesso controllo degli assegni in conseguenza dell’adozione della procedura di check truncation, non fornisce alcun elemento in ordine alla sussistenza della relativa responsabilita’, per la cui affermazione era invece necessaria la verifica, nel caso concreto, dell’inadempimento da parte della Banca del dovere di diligenza posto a suo carico nel pagamento dell’assegno contraffatto.
15. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

Responsabilità della banca per l’avvenuto pagamento di assegni falsificati

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

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