Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 luglio 2022| n. 23143.

Responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi

La responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi alla cosa locata dopo la risoluzione del contratto, ma prima della riconsegna del bene, ha natura contrattuale, atteso che la caducazione del contratto non determina l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione, che permangono, ex art. 1591 c.c., sino all’esatto adempimento dell’obbligazione del conduttore di riconsegna del cespite, la quale rimane inadempiuta ogniqualvolta il locatore non riacquisti la disponibilità del bene locato in modo da farne uso secondo la sua destinazione e, dunque, anche quando l’immobile risulti inutilizzabile perché danneggiato o ancora occupato da cose del conduttore.

Ordinanza|25 luglio 2022| n. 23143. Responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi

Data udienza 3 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di locazione – Danni all’immobile – Impugnazione della sentenza – Rigetto in primo grado di un’eccezione di merito – Onere della riproposizione con il gravame incidentale – Risoluzione consensuale del rapporto – Obbligo restitutorio in capo al conduttore – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37119-2019 R.G. proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA, in persona del Direttore generale p.t., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’AVV. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma presso lo Studio dell’AVV. (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) LIMITED, in persona del Rappresentante generale per l’Italia, (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’AVV. (OMISSIS), e dall’AVV. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma presso lo Studio di quest’ultimo, (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS), in persona del rappresentante legale p.t., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’AVV. (OMISSIS), pec (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), in persona del procuratore speciale, (OMISSIS), e del rappresentante generale per l’Italia, (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’AVV. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in Roma presso lo Studio di quest’ultimo, (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
REGIONE PUGLIA, in persona del suo rappresentante legale p.t., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’AVV. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma presso lo Studio dell’AVV. (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1966-2019 della Corte d’Appello di BARI, depositata il 27/09/2019, notificata tramite pec in data 14 ottobre 2019;
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

 

Responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi

RILEVATO

che:
l’Azienda sanitaria locale della provincia di Foggia, avvalendosi di due motivi, ricorre per la cassazione della sentenza n. 1966/2019 della Corte d’Appello di Bari, depositata il 27/09/2019, notificata, tramite pec, in data 14 ottobre 2019;
resistono con separati controricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e Regione Puglia;
il giudizio cui si riferisce il ricorso veniva introdotto dalla (OMISSIS), la quale adduceva: che nel 1979 era stato concesso in locazione all’USL (OMISSIS), cui era subentrata dapprima la Gestione Liquidatoria e successivamente l’AUSL (OMISSIS), un comprensorio di fabbricati in (OMISSIS); che nel (OMISSIS), in occasione di un sopralluogo effettuato in contraddittorio, i locali locati erano risultati in stato di abbandono nonche’ occupati da documentazione sanitaria e da arredi di vario tipo oltreche’ danneggiati da atti vandalici; che il perito tecnico incaricato stimava i danni all’immobile in Euro 2.338.485,60; che nel (OMISSIS), con atto di transazione, il contratto di locazione era stato sciolto consensualmente e che nel mese di (OMISSIS) gli immobili venivano restituiti nello stato di degrado diffuso gia’ riscontrato;
sulla base di tali deduzioni la Provincia citava in giudizio la Gestione liquidatoria dell’USL (OMISSIS), la Regione Puglia e la ASL (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni all’immobile, quantificati in Euro 2.338.485,60;
nel giudizio venivano chiamati in garanzia dall’ASL (OMISSIS) gli (OMISSIS) e la (OMISSIS) LTD, avendo la stessa stipulato con le suddette imprese assicuratrici due polizze, rispettivamente, per la copertura del rischio allocato nel periodo dal 31 marzo 2003 al 31 dicembre 2006 e per la copertura del rischio insorto nel periodo dal 4 marzo 2006 al 31 dicembre 2009;
il Tribunale di Foggia, con sentenza n. 85/2016, accoglieva parzialmente la domanda attorea solo nei confronti dell’ASL FG che veniva condannata al pagamento, a titolo risarcitorio, di Euro 274.503,398; accoglieva altresi’ le domande di manleva della ASL (OMISSIS);
la sentenza veniva impugnata dalla (OMISSIS) LTD e dalla (OMISSIS);
con il suo appello (R.g.n. 544/2016), (OMISSIS) LTD sosteneva che la polizza assicurativa conteneva una clausola claims made, da ritenere valida ed efficace e non vessatoria, che la ASL (OMISSIS) non aveva denunciato correttamente il sinistro e che era decaduta dal diritto di manleva;
i (OMISSIS) proponevano appello incidentale con cui rilevavano che la polizza conteneva una clausola claims made disattesa dall’assicurata, chiedevano la riforma della sentenza perche’ i legittimati passivi, nel rapporto contrattuale con i (OMISSIS), dovevano essere considerati tutti gli enti che si erano succeduti nel contratto di locazione e non solo L’ASL (OMISSIS), lamentavano che il danno non era stato provato, in quanto gli accertamenti peritali erano avvenuti molti anni dopo il rilascio dell’immobile e solo su riscontri documentali, ed ancora che la ASL (OMISSIS) aveva occupato solo il primo piano e cio’ nonostante era stata condannata a risarcire i danni dell’intero comprensorio;
la (OMISSIS) resisteva ai motivi di gravame della QBE e, con appello incidentale, censurava la sentenza di prime cure, chiedendo l’accoglimento integrale della propria domanda risarcitoria pari ad Euro 2.338.485,60 o ad Euro 1.987.712,76;
la Regione Puglia domandava la conferma della sentenza di prime cure;
la ASL (OMISSIS) deduceva che le eccezioni della QBE quanto alla ricorrenza della clausola claims made erano tardive, essendo state formulate solo con la comparsa conclusionale, che la clausola claims made era da considerare vessatoria, che non vi era stata alcuna decadenza dalla manleva; eccepiva di non essere legittimata passiva, non avendo mai sottoscritto alcun contratto con l’ente religioso, e contestava il quantum della condanna, stante che aveva utilizzato solo il primo piano dell’edificio, criticava, per finire, la quantificazione del danno e la CTU;

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con l’appello n. 623/2016, la (OMISSIS) chiedeva l’accoglimento integrale della sua richiesta risarcitoria pari ad Euro 2.338.485,60 ovvero alla minor somma di Euro 1.987.712,96, addebitava alla sentenza di prime cure di avere confuso le risultanze della CTU con quelle della CTP, lamentava il mancato riconoscimento dei danni per atti vandalici;
la Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, riuniti gli appelli, ha ritenuto inammissibile, perche’ tardivo, l’appello principale n. 623/2016 della (OMISSIS), ha accolto l’appello principale di (OMISSIS) Limited e quello incidentale dei (OMISSIS), ha rigettato la domanda di manleva avanzata dalla ASL (OMISSIS), ha ordinato alla (OMISSIS) la restituzione alle predette compagnie di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di prime cure; ha accolto in parte l’appello incidentale della (OMISSIS), e, per l’effetto, ha condannato la ASL (OMISSIS) al risarcimento del danno per Euro 1.052.227,52 ed ha regolato le spese di lite;
per quanto, in particolare, rileva, ai fini dello scrutinio dei motivi di ricorso, la Corte d’Appello (p. 29) ha rilevato che la difesa della ASL (OMISSIS) si era incentrata sulla inammissibilita’ dell’appello incidentale della (OMISSIS), facendo un mero rinvio alle questioni sollevate nel giudizio di primo grado e, considerato che la ASL era risultata soccombente nel giudizio di primo grado sotto il profilo dell’an debeatur, in punto di accertamento della titolarita’ del rapporto controverso e di responsabilita’ per i danni lamentati – avendo il Tribunale accertato che a dover rispondere era la ASL – essa non poteva limitarsi a riproporre l’eccezione di difetto di legittimazione e/o di titolarita’ nel rapporto controverso; secondo la sentenza impugnata avrebbe dovuto proporre appello incidentale, in difetto del quale doveva ritenersi formato sul punto il giudicato implicito; cio’ in applicazione del principio secondo cui la parte rimasta, in tutto o in parte, soccombente ha l’onere di proporre impugnazione della sentenza che la pregiudica, se non vuole che il suo comportamento processuale venga interpretato come di acquiescenza;
in merito ai danni derivanti da atti vandalici che il Tribunale aveva ritenuto non potessero essere imputati alla conduttrice, per difetto di prova della loro derivazione dal suo comportamento omissivo, essendo stato il sopralluogo del CTU effettuato molti anni dopo il rilascio dell’immobile, la Corte territoriale ha, invece, valutato che lo stato dell’immobile accertato dal CTU a distanza di anni dalla restituzione dell’immobile era sostanzialmente coincidente con quello oggetto del sopralluogo effettuato in contraddittorio tra le parti nell’ottobre del 2006 e che la ASL aveva restituito il bene, dopo averlo lasciato in stato di abbandono per quasi due anni, rendendolo oggetto di possibili atti vandalici; concludeva, quindi, che quale conduttrice del bene, tenuta a servirsene con la diligenza del buon padre di famiglia, ex articolo 1587 c.c., la ASL era responsabile, ai sensi degli articoli 1588 e 1590 c.c., non avendone dimostrato la non imputabilita’ a se’, dei danni riscontrati all’atto della riconsegna del bene, con esclusione solo di quelli derivanti da normale deterioramento o da consumo;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di Consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;
la (OMISSIS) e gli (OMISSIS) hanno illustrato il proprio controricorso con memoria.

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CONSIDERATO

che:
1) con il primo motivo la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione degli articoli 343, 346 c.p.c. e articolo 2697 c.c. in relazione agli articoli 24 e 111 Cost. ed all’articolo 360 c.p.c., n. 3”;
la sentenza d’appello e’ censurata per avere ritenuto che l’appellato, parzialmente soccombente nel primo grado di giudizio, avrebbe dovuto cristallizzare tutte le proprie doglianze, anche quelle accolte dal giudice di prime cure, in un appello incidentale, cosi’ privandolo della facolta’ di riproporre delle mere difese, afferenti alle contestazioni della prova del danno patito, gia’ oggetto del thema decidendum e parzialmente accolte nella fase di primo grado; la Corte territoriale avrebbe violato non solo il principio secondo il quale con l’istanza di rigetto della domanda e dell’impugnazione devono intendersi implicitamente sottoposte al giudice del gravame le prospettazioni giuridiche e le questioni di diritto proposte in primo grado, tra cui le contestazioni circa l’esistenza del fatto costitutivo e del quantum debeatur, ma anche a quello per il quale le parti, onde evitare di incorrere nella presunzione di rinuncia, sono tenute a riproporre, ex articolo 346 c.p.c., le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti nel thema decidendum et probandum; stante che il Tribunale aveva escluso che dovesse esserle imputata una responsabilita’ per i danni derivanti da atti vandalici, la tesi della ricorrente e’ che, avendo la locatrice, rimasta soccombente in primo grado rispetto alla richiesta di risarcimento dei danni derivanti da atti vandalici, proposto appello incidentale per ottenere la riforma di detta statuizione, il proprio atteggiamento processuale, concretizzatosi nella richiesta di rigetto totale dell’appello incidentale e nella riproposizione ex articolo 346 c.p.c. delle mere difese gia’ esposte in primo grado, avrebbe dovuto essere considerato corretto, non potendosi pretendere da parte sua la proposizione di un appello incidentale avente ad oggetto la sentenza di prime cure anche per la parte che non aveva interesse a modificare;
il motivo non puo’ essere accolto;
in primo luogo, va rilevato che non e’ stata adeguatamente considerata la motivazione della sentenza impugnata nella parte che il motivo di ricorso dovrebbe attingere: essa e’ evocata a pag. 10 e nelle prime due righe della pag. 11 in modo del tutto frammentario, sicche’, se si confronta il motivo con la sentenza esso non risulta idoneo a criticarla gia’ in thesi per tale ragione;

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non puo’ non rilevarsi, in aggiunta, che il motivo non rispetta le prescrizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6; infatti, dopo le considerazioni evocative di precedenti giurisprudenziali, si svolgono considerazioni che fanno riferimento ad emergenze di atti processuali, quali la memoria di costituzione del primo grado, la CTU e la sentenza di primo grado, senza che di essi si fornisca la riproduzione diretta od indiretta, con precisazione della parte corrispondente dell’atto, e senza che essi si localizzino in questo giudizio di legittimita’;
inoltre, nella illustrazione del motivo non e’ dato cogliere alcuna enunciazione che tenga conto dei caratteri distintivi fra la mera riproposizione e l’appello incidentale e ci si astiene da una precisa individuazione dell’oggetto che sarebbe stato ricondotto alla seconda figura piuttosto che alla prima;
tutta l’argomentazione risulta confusa ed inidonea ad evidenziare la ragione per cui sarebbe stata possibile la riproposizione e non necessario l’appello incidentale;
infatti, la Corte territoriale, dopo aver rilevato che l’odierna ricorrente era rimasta soccombente in primo grado perche’ il Tribunale l’aveva condannata per i danni riscontrati all’immobile, ha ritenuto che, data la sua parziale soccombenza – parziale perche’ aveva ottenuto una riduzione del quantum debeatur ed erano state accolte le sue domande di manleva – avrebbe dovuto proporre appello incidentale, per impedire che sulla questione della titolarita’ del rapporto di locazione si formasse un giudicato implicito;
la ricorrente, incentrando i suoi sforzi confutativi sulla dimostrazione di non essere stata totalmente soccombente rispetto alla richiesta di ristoro vantata dall’ente religioso – infatti, mette a confronto l’affermazione con cui la sentenza d’Appello l’ha ritenuta soccombente sulla questione della titolarita’ esclusiva del rapporto locatizio e, di conseguenza, sul quantum debeatur con quella con cui l’ha riconosciuta vittoriosa in ordine alla richiesta di risarcimento dei danni derivanti da atti vandalici – dimostra, innanzitutto, di non avere adeguatamente censurato la sentenza impugnata che, diversamente da quanto da essa ritenuto, non ha affatto violato il principio secondo cui le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, devono essere solo riproposte con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza; la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimita’ che ritiene che “in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo 345 c.p.c., comma 2, (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’articolo 329 c.p.c., comma 2), ne’ e’ sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresi’, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione e’ riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex articolo 345 c.p.c., comma 2”.
(Cass., Sez. Un., 12/05/2017, n. 11799; Cass. 19/10/2017, n. 24658; Cass. 28/08/2018, n. 21264; Cass. 11/05/2022, n. 14899);
la ricorrente sostiene, alle pp. 6-7 del ricorso, di avere nel merito riproposto “integralmente le questioni di diritto poste nel primo grado ovvero: il difetto di legittimazione passiva, non avendo l’ASL (OMISSIS) mai sottoscritto alcun contratto con l’ente religioso, e la contestazione del quantum richiesto. Infatti, gia’ in fase di sopralluogo tra le parti era stato precisato che l’ASL aveva fruito solo ed esclusivamente del Primo piano dell’edificio, pertanto la liquidazione proposta dal CTP dell’ente religioso era stata contestata…”;
la sentenza del Tribunale aveva ritenuto i danni causati da una gestione non appropriata da parte di chi aveva condotto l’immobile nell’ultimo periodo, ovvero la ASL (OMISSIS) che aveva adibito l’immobile a sede di poliambulatorio dal 1994 e fino alla riconsegna nel 2006, dopo avere rigettato l’eccezione di legittimazione passiva della Regione Puglia e della Gestione commissariale della USL (OMISSIS);
sull’an debeatur dunque la odierna ricorrente era stata soccombente e per impedire il formarsi di un giudicato avrebbe dovuto proporre appello incidentale, non essendo sufficiente la riproposizione delle cosiddette mere difese, che, per loro natura, si limitano alla contestazione o alla negazione dei fatti costitutivi, fatti che il giudice e’ gia’ chiamato a conoscere. In buona sostanza, l’articolo 346 c.p.c. si “occupa solo delle domande e delle eccezioni sulle quali non vi sia stata una parte praticamente soccombente, con la conseguenza che la mera riproposizione, che deve essere contenuta nella comparsa di risposta dell’appellato, e’ onere della parte che sia rimasta totalmente vittoriosa nel merito”;

Responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi

2) con il secondo motivo alla sentenza impugnata si imputa “Violazione e falsa applicazione deli articoli 1372, 1588, 2043 e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5”;
data la risoluzione consensuale del contratto di locazione avvenuta in data (OMISSIS), secondo la ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe dovuto estendere gli obblighi di custodia e di manutenzione dell’immobile fino al momento della riconsegna e comunque quand’anche avesse ipotizzato a suo carico il cumulo di responsabilita’ contrattuale, per i danni all’immobile fino allo scioglimento del contratto, ed extracontrattuale, per i danni dal momento dello scioglimento del contratto a quello di riconsegna dell’immobile, avrebbe dovuto tener conto del diverso regime probatorio collegato ai due differenti titoli di responsabilita’. Invece, la Corte territoriale, muovendo da una generalizzata responsabilita’ a titolo contrattuale e senza richiedere il soddisfacimento di alcun onere probatorio da parte della locatrice, le avrebbe imputato l’obbligo di risarcire i danni subiti dall’immobile nel periodo successivo alla risoluzione del contratto;
il motivo e’ infondato;
la caducazione del contratto per effetto della sua risoluzione consensuale aveva determinato la nascita di un obbligo restitutorio, non trovando piu’ la disponibilita’ del bene locato da parte della conduttrice causa nel contratto. La disciplina di detto obbligo si rinviene nella disposizione di cui all’articolo 1590 c.c. salvo che le parti abbiano regolato diversamente le obbligazioni restitutorie; la previsione di una disciplina specifica per il tipo contrattuale locazione rende non necessario il ricorso alla disciplina della ripetizione dell’indebito che, altrimenti, dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, cio’, in considerazione dell’indirizzo di questa Corte, secondo cui il venir meno di una causa adquirendi, quale che ne sia la specifica ragione – nullita’, annullamento, risoluzione o rescissione cosi’ come qualsiasi altra che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente – l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso e’ quella di ripetizione di indebito oggettivo (Cass., Sez. un., 04/09/2012, n. 14828);
la risoluzione del contratto non ha determinato l’automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione, quale l’obbligo del pagamento del corrispettivo e del maggior danno di cui all’articolo 1591 c.c. Sebbene questa norma si riferisca letteralmente alla “mora a restituire la cosa”, quindi all’inadempimento dell’obbligazione di “riconsegna”, essa e’ volta a sanzionare anche l’inesatto adempimento, da parte del conduttore, dell’obbligazione di restituzione, prevista dall’articolo 1590 c.c. (Cass. 4/04/2017, n. 8675);
orbene, l’obbligazione di restituzione resta inadempiuta ogniqualvolta il locatore non riacquisti la disponibilita’ del bene locato, in modo da farne uso secondo la sua destinazione. Con la conseguenza che, anche ove il locatore torni in possesso dell’immobile, ma questo risulti inutilizzabile perche’ danneggiato o ancora occupato da cose del conduttore, la norma di riferimento continua ad essere quella dell’articolo 1591 c.c. (arg. da Cass. n. 8675/2017, cit.). “Anche se il rapporto locatizio viene risolto – sia contrattualmente, sia giudizialmente – l’obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell’articolo 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e continua fino al momento dell’effettiva riconsegna, che puo’ avvenire mediante formale restituzione dell’immobile al proprietario ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile. In materia di locazione, anche se il rapporto viene risolto – sia contrattualmente, come in questo caso, sia giudizialmente – l’obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell’articolo 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene, fino al momento dell’effettiva riconsegna, che puo’ avvenire mediante formale restituzione al locatore ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile (Cass. 07/05/2018. n. 10926);
del tutto infondata e’, dunque, anche la dedotta natura extracontrattuale della responsabilita’ per i danni all’immobile cagionati da terzi, dopo la risoluzione del contratto, ma prima della riconsegna del bene, perche’ la responsabilita’ del conduttore per i danni cagionati dalla ritardata restituzione dell’immobile (articolo 1591 c.c.) e’ di natura contrattuale, con tutte le conseguenze che ne derivano riguardo alla distribuzione dell’onere della prova (Cass. 22/04/2010, n. 9549);
del resto allo stesso risultato – quello dell’applicazione della disciplina di cui all’inadempimento dell’obbligazione – si perverrebbe anche in applicazione dei principi generali in tema di obbligazioni e cioe’ considerando che, in ossequio all’articolo 1177 c.c., l’obbligo di consegna di una cosa determinata – il bene locato, per effetto della risoluzione del contratto – implica l’obbligo di sua custodia fino alla consegna, il cui contenuto consiste nel mantenimento della cosa nello stesso stato o modo di essere in cui si trovava al momento del sorgere dell’obbligazione, evitando non solo le azioni od omissioni personali, ma anche i fatti esterni che possano determinare la perdita o il deterioramento della cosa stessa;
3) il ricorso va, dunque, rigettato;
4) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
5) si da’ atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della ricorrente il pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge a favore di (OMISSIS) e della Regione Puglia e in Euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge a favore della (OMISSIS) e degli (OMISSIS).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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