Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 5 giugno 2019, n. 25066.
La massima estrapolata:
Un regime carcerario che prevede anche la reclusione in celle inferiori a tre metri quadrati può comunque non configurare quel regime carcerario umanamente degradante, che impedisce di dare esecuzione alla consegna della persona oggetto di un mandato di arresto europeo, qualora tale condizione sia compensata dalle ore di aria. In tal caso non sussiste la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’articolo 18 (lettera h) della legge italiana n. 69/2005 che ha dato attuazione della decisione quadro 2002/584/Gai, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.
Sentenza 5 giugno 2019, n. 25066
Data udienza 4 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GALLO D. – Presidente
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere
Dott. COSCIONI G. – Consigliere
Dott. PACILLI – rel. Consigliere
Dott. ARIOLLI G. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 25.3.2019;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nell’udienza camerale del 4.6.2019 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Pacilli Giuseppina Anna Rosaria;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Dr. Tocci Stefano, che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 novembre 2018 la Corte d’appello di Firenze aveva disposto la consegna di (OMISSIS) allo Stato della Romania, che l’aveva richiesta con mandato d’arresto Europeo del 13 settembre 2013, per l’esecuzione della condanna alla pena di anni sei di reclusione, pronunciata dal Tribunale di Dolj, per essere il menzionato (OMISSIS) stato riconosciuto responsabile del resto di possesso di attrezzature per falsificare strumenti di pagamento elettronici e di quello di costituzione o partecipazione ad un gruppo criminale, al fine di commettere reati.
Contro questa decisione (OMISSIS) aveva proposto ricorso per cassazione e con sentenza del 3 dicembre 2012 la Corte di cassazione, Sezione sesta, ha annullato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello per un nuovo esame relativamente alle condizioni di esecuzione della pena detentiva in Romania, previ gli opportuni accertamenti.
Acquisite le richieste informazioni complementari dallo Stato Romania, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 25 marzo 2019, ha disposto la consegna allo Stato della Romania di (OMISSIS), ritenendo che le condizioni carcerarie riservategli consentono, in concreto, di escludere la sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti. Ha disposto, altresi’, che la consegna sia rinviata fino alla cessazione dello stato detentivo relativo al procedimento penale che risulta pendente nei confronti dello (OMISSIS) presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Pisa per il delitto di cui all’articolo 497 bis c.p.
Avverso quest’ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), che ha censurato la mancata osservanza del principio di diritto fissata dalla Suprema Corte con la sentenza di rinvio e l’errata applicazione dell’articolo 3 CEDU e L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera h), in relazione alle condizioni di detenzione in Romania, che esporrebbero concretamente il ricorrente a trattamenti inumani o degradanti.
All’odierna udienza camerale si e’ proceduto al controllo della regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato, perche’ proposto per motivo infondato.
Questa Corte (Sez. 2, n. 11980 del 10.3/2017, Rv. 269407; Sez. 6, n. 5472 dell’1.2.2017, Rv. 269008) ha avuto modo di affermare che, ai fini dell’accertamento della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, se lo spazio delle celle e’ inferiore ai tre metri quadrati esiste una forte presunzione di violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu, vincibile solo attraverso la valutazione dell’esistenza di adeguati fattori compensativi, che si individuano nella durata della restrizione carceraria, nella misura della liberta’ di circolazione, nell’offerta di attivita’ da svolgere in spazi ampi fuori dalle celle e nel decoro complessivo delle condizioni di detenzione.
Difatti, secondo le indicazioni della Corte di Strasburgo deve ritenersi integrare una situazione di grave ed intollerabile sovraffollamento, suscettibile di integrare i presupposti dell’articolo 3 CEDU, la detenzione della persona in uno spazio inferiore a tre metri quadrati in regime chiuso (v. Ananyev ed altri c. Russia, nn. 42525/07 e 60800/08, § 148, 10 gennaio 2012; v. inoltre Olszewski c. Polonia, n. 1880/03, § 98, 2 aprile 2013).
Tuttavia, tale “forte presunzione” di disumanita’ della restrizione in caso di superficie inferiore a detta soglia puo’ essere superata in presenza di circostanze che consentano al detenuto di beneficiare di maggiore liberta’ di movimento durante il giorno, rendendogli possibile il libero accesso alla luce naturale ed all’aria, si’ da compensare l’insufficiente assegnazione di spazio.
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Firenze, acquisite le informazioni richieste allo Stato Romania, ha ordinato la consegna del ricorrente (sia pure rinviata alla cessazione dello stato detentivo in relazione al procedimento penale pendente indicato), ritenendo che le informazioni trasmesse dall’autorita’ giudiziaria rumena fossero adeguatamente individualizzate sulla posizione processuale del cittadino (OMISSIS), di cui si chiede la consegna.
Ha rimarcato, infatti, che dal rapporto emerge che il ricorrente, inizialmente, eseguira’ il periodo di quarantina (21 giorni) presso la casa di reclusione Rahova di Bucarest, che dispone di stanze con uno spazio minimo individuale di 3 mq. “In questo periodo i detenuti esercitano tutti i loro diritti e percorrono il programma di adattamento alle condizioni della privazione della liberta’”.
Dal rapporto emerge, altresi’, che, “dopo la scadenza del periodo di quarantina, tenendo conto del quantum della pena, il detenuto espiera’ la pena inizialmente in regime chiuso e, visto il domicilio del soggetto, molto probabilmente nella casa di reclusione di Craiova”. Le stanze di tale casa, aventi uno spazio individuale di mq 3, hanno bagni dotati di lavabo in porcellana, vasi wc e doccia; sono forniti di illuminazione naturale e ventilazione tramite finestre di grandi dimensioni; illuminazione artificiale, mobilio necessario per depositare gli oggetti personali e servire i pasti.
Dopo l’espiazione di un quinto della pena, la persona condannata puo’ essere riesaminata, al fine di modificare il regime di esecuzione della pena, e “l’evoluzione del regime carcerario non puo’ essere prevista, dato che dipende in principio dalla condotta adottata nel periodo di esecuzione della pena. Nell’eventualita’ in cui il detenuto sara’ assegnato al regime semiaperto di esecuzione della pena, lo stesso potrebbe essere trasferito presso la casa di reclusione Pelendava di Craiova”, dove avra’ una stanza con uno spazio minimo individuale di 2 mq e “potra’ beneficiare di passeggi in aria libera ai sensi delle disposizioni legali e dei programmi e delle attivita’ di assistenza psicosociale”. Questi ultimi sono svolti in spazi all’interno del luogo di detenzione, che rimangono aperti durante la giornata, nonche’ all’esterno. Anche le attivita’ lavorative possono essere svolte negli spazi all’interno o all’esterno della casa di reclusione; “di conseguenza, i detenuti che espiano le pene in regime semiaperto hanno la possibilita’ di trascorrere il tempo libero fuori alla stanza di detenzione, per tutto il giorno”, rientrando nella stanza solo per i pasti, per eseguire l’appello di sera, per l’igiene personale, per riposarsi e per diverse attivita’ amministrative.
Il regime aperto conferisce ai detenuti la possibilita’ di utilizzare uno spazio minimo individuale di 3 mq e di spostarsi non accompagnati nel luogo di detenzione, oltre che di svolgere un lavoro ed attivita’ educative, culturali e terapeutiche, di consulenza psicologica e di assistenza sociale, morale e religiosa fuori dal luogo di detenzione, senza sorveglianza.
Alla luce delle informazioni fornite, anche di quelle in ordine all’aerazione ed illuminazione delle stanze nonche’ alle condizioni igieniche sanitarie, la Corte d’appello ha pertanto escluso il rischio di trattamenti inumani e degradanti.
Siffatte argomentazioni non prestano il fianco a rilievi censori.
Deve rilevarsi che le informazioni acquisite consentono di delineare in concreto il trattamento al quale il ricorrente sara’ sottoposto, sia con riguardo alle case di reclusione, alle quali con molta probabilita’ sara’ destinato, sia con riferimento alle condizioni del regime applicato.
Difatti, risulta che, nel corso della sua detenzione, il ricorrente potra’ beneficiare di uno spazio minimo individuale di mq 3 e, seppure tale spazio si riduce a mq 2, in caso di regime semiaperto, deve considerarsi che, in quest’ultimo caso, e’ prevista la possibilita’ di fare passeggiate all’aria aperta e di svolgere attivita’, anche lavorativa, sia all’interno degli spazi di detenzione, che rimangono aperti durante la giornata, sia all’esterno, potendo i detenuti rientrare nella stanza solo per i pasti, per eseguire l’appello di sera, per l’igiene personale, per riposarsi e per diverse attivita’ amministrative.
Le case di reclusione, in cui il ricorrente espiera’ la pena, inoltre, sempre secondo le indicazioni fornite dall’Autorita’ rumena, consentono il permanente utilizzo dell’acqua (anche calda per determinate ore al giorno) e degli oggetti sanitari ed assicurano condizioni di illuminazione, aerazione ed igiene delle celle.
Tali condizioni, complessivamente considerate, consentono di contrastare la deduzione difensiva in ordine al rischio di un trattamento inumano o degradante e di ritenere immune da vizi la conclusione della Corte di merito, secondo cui, considerati i parametri compensativi e le assicurazioni in ordine all’illuminazione, all’aerazione e all’igiene delle celle, il trattamento, che sara’ prevedibilmente riservato al ricorrente, sara’ compatibile con le garanzie previste dall’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti umani e con la L. n. 69 del 2005, articolo 18, lettera h).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
2. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, articolo 22, comma 5.
Motivazione della sentenza letta in udienza.
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