Qualora il contribuente agisca per ottenere il rimborso di un proprio credito di imposta

Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza 7 agosto 2019, n. 21082.

Massima estrapolata:

Nel processo tributario, qualora il contribuente agisca per ottenere il rimborso di un proprio credito di imposta, l’Amministrazione finanziaria, ferma restando la facoltà di esercitare discrezionalmente i poteri autoritativi di sospensione del pagamento delle somme pretese dal creditore e di pronuncia di compensazione nel caso sia a propria volta titolare di controcrediti tributari nei confronti del contribuente, è comunque legittimata, nel corso del giudizio instaurato dal creditore, ad opporre in compensazione ai sensi dell’art. 1243 c.c., i propri crediti certi, liquidi ed esigibili, spettando conseguentemente al giudice la verifica della ricorrenza dei requisiti richiesti per la pronuncia della compensazione legale.

Ordinanza 7 agosto 2019, n. 21082

Data udienza 10 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 10202-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
BANCA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 310/2015 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 05/02/2015;
udiva la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/04/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

In sede di presentazione della dichiarazione dei redditi Modello Unico 2010, per l’anno di imposta 2009, la societa’ (OMISSIS) srl chiedeva il rimborso della somma di Euro 1.300.000 relativa ad un credito di imposta Ires risultante dalla dichiarazione Modello Unico 2003 e riportato di anno in anno, sino a quando la societa’ ne chiedeva la restituzione. Con atto pubblico del 27.11.2011 la societa’ (OMISSIS) cedeva il credito di imposta chiesto in restituzione alla Banca Antonveneta e alla (OMISSIS). In data 30.11.2012 le banche cessionarie presentavano istanza di rimborso del credito acquistato.
A seguito del silenzio – rifiuto della Agenzia delle Entrate, la Banca Antonveneta proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Padova; in corso di causa, con atto del 23.4.2013, Banca (OMISSIS) veniva fusa mediante incorporazione nella Banca (OMISSIS) che subentrava nel giudizio; la Commissione tributaria provinciale di Padova con sentenza n. 94 del 2013 accoglieva il ricorso, condannando l’Amministrazione finanziaria al rimborso della somma richiesta in restituzione.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza n. 310 del 5.2.2015.
Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone tre motivi di ricorso per cassazione.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si deduce: “Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 42 bis, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto l’applicabilita’ delle disposizioni sulla esecuzione dei rimborsi contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 42 bis, in luogo di quelle previste dalla L. n. 342 del 2000, articolo 75, integrate dal decreto ministeriale di attuazione 29.12.2000.
Il motivo e’ inammissibile perche’ introduce una questione estranea alla ratio decidendi propria nella sentenza impugnata. Il giudice di appello, che ha richiamato entrambe le disposizioni relative ai rimborsi automatizzati, ha rigettato l’appello della Agenzia delle Entrate per la ragione sostanziale che l’esistenza del credito chiesto a rimborso era certa e riconosciuta dallo stesso Ufficio, il quale invece non aveva fornito prove sufficienti dell’esistenza di un controcredito da opporre in compensazione al contribuente.
2. Con il secondo motivo si deduce: “Violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articoli 1, 11 e 12, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”, nella parte in cui la C.T.R. ha rigettato l’eccezione dell’Ufficio circa la esistenza di crediti dell’amministrazione finanziaria, da opporre in compensazione al credito vantato dalla contribuente, sul rilievo che “i ruoli evidenziati costituiscono mero atto interno non capace di paralizzare la richiesta del contribuente stesso”.
3. Con il terzo motivo si deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”, nella parte in cui la C.T.R. ha dato rilievo alla esistenza di una autorizzazione al rimborso emessa dalla stessa Agenzia delle Entrate, senza considerare che il provvedimento autorizzatorio prevedeva espressamente che, prima di effettuare il rimborso, occorreva operare la compensazione con gli importi che risultavano iscritti a ruolo a titolo definitivo a carico del contribuente, ovvero disporre la sospensione del rimborso in ragione di eventuali future iscrizioni a ruolo a seguito della definizione di controversie in corso con Banca (OMISSIS) in senso favorevole alla Amministrazione finanziaria.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei seguenti termini.
3.1. Non e’ contestato dalle parti, e risulta dal testo della sentenza impugnata, che l’Amministrazione finanziaria vantava crediti erariali, iscritti a ruolo a titolo definitivo, sia nei confronti delle banche incorporate Cassa di Risparmio (Euro 9.980) e Banca (OMISSIS) (Euro 6.782) che nei confronti della incorporante Banca del (OMISSIS) (Euro 618.779), oltre a crediti non ancora definitivi relativi a controversie in corso. La motivazione del giudice di primo grado, che rigetta l’eccezione di compensazione dei crediti formulata dalla Agenzia delle Entrate sull’assunto che “i ruoli evidenziati costituiscono mero atto interno non capace di paralizzare la richiesta del contribuente stesso” non e’ giuridicamente corretta. A norma del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articoli 1, 12 e 49, l’iscrizione a ruolo definitivo attesta la titolarita’ da parte dell’Amministrazione finanziaria di un credito liquido ed esigibile nei confronti del contribuente e costituisce titolo esecutivo legittimante la riscossione della somma iscritta ruolo anche mediante esecuzione forzata.
3.2. Non e’ fondata la tesi esposta dalla controricorrente secondo cui l’Amministrazione finanziaria, al fine di poter opporre in compensazione il proprio credito nel corso del giudizio per il rimborso del credito di imposta promosso dal contribuente, doveva emettere un autonomo provvedimento di sospensione a norma del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 23. Tale norma – come evidenziato dalla sedes materiae riguardava originariamente la facolta’ della Amministrazione di disporre la sospensione del pagamento o la compensazione dei crediti vantati dal contribuente nei confronti della Amministrazione finanziaria qualora essa a propria volta vantasse ragioni creditorie derivanti specificamente dalla irrogazione di sanzioni tributarie, le quali, se prive del carattere della definitivita’, legittimavano la sospensione provvisoria del pagamento del credito del contribuente; se contenute in provvedimenti divenuti definitivi, legittimavano l’Ufficio alla pronuncia della compensazione.
A seguito delle modifiche al Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 23, comma 1, introdotte dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 16, comma 1, lettera h), (aventi efficacia a decorrere dal 1 gennaio 2016), la facolta’ della Amministrazione finanziaria di disporre con appositi provvedimenti la sospensione o la compensazione dei crediti vantati dal contribuente in presenza di propri controcrediti derivanti dall’obbligo di pagamento delle sanzioni, e’ stato esteso negli stessi termini all’ipotesi in cui la Amministrazione finanziaria sia titolare di controcrediti derivanti da maggiori tributi dovuti (in via non definitiva o definitiva) dal contribuente che fa valere il credito di imposta.
In riferimento all’istituto del “fermo di pagamento” previsto dal Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, articolo 69, u.c., che consente ad un’Amministrazione dello Stato, che abbia ragioni di credito verso soggetti aventi diritto a somme di denaro dovute da altre Amministrazioni, di richiedere ed ottenere la sospensione del pagamento spettante al creditore della pubblica Amministrazione, questa Corte ha precisato che “si tratta di uno strumento eccezionalmente attribuito all’amministrazione obbligata, atto a differire in via provvisoria il soddisfacimento di un credito liquido ed esigibile, comportante l’affievolimento sia pure temporaneo del diritto di credito del privato. Da tali caratteristiche dell’istituto discende che il “fermo”, cioe’ la sospensione del pagamento delle somme dovute dall’Amministrazione non puo’ prescindere dalla adozione di un provvedimento formale, emesso nell’esercizio di un potere discrezionale dall’autorita’ competente e dotato dei requisiti prescritti dalla legge” (pag. 4 Sez. 5 n. 23601 del 2011).
Allo stesso modo i poteri di sospensione del pagamento e di compensazione del credito, previsti dal Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 23, sono finalizzati ad una tutela rafforzata del credito erariale, consentendo alla Amministrazione finanziaria di adottare discrezionalmente provvedimenti autoritativi (comunque soggetti ad impugnazione e controllo giurisdizionale) con i quali l’ente impositore dispone unilateralmente la sospensione del pagamento o pronuncia la compensazione nei confronti del contribuente titolare del credito principale, provvedimenti che normalmente non sono di spettanza delle parti ma competono alla autorita’ giudiziaria.
L’istituto della compensazione legale e giudiziale disciplinato dall’articolo 1243 c.c. opera al di fuori di ogni potere eccezionale di autotutela riconosciuto alla pubblica Amministrazione, poiche’ consente a qualunque soggetto (non esclusa l’Amministrazione finanziaria) chiamato in giudizio per il pagamento di un credito, di opporre a propria volta in compensazione l’esistenza di un proprio controcredito anch’esso certo, liquido ed esigibile, con la conseguenza che il giudice, verificata la sussistenza dei requisiti del controcredito opposto, dichiara l’estinzione (totale o parziale) del credito principale per compensazione legale (in tal senso Sez. U. n. 23225 del 2016). D’altra parte risulterebbe palesemente contrario alla ratio della norma ritenere che l’attribuzione alla Amministrazione finanziaria di poteri autoritativi di sospensione del pagamento del credito e di pronuncia unilaterale della compensazione, debba comportare, per l’Amministrazione finanziaria che intenda agire solo sul piano privatistico, la privazione della facolta’, riconosciuta in via generale dall’articolo 1243 c.c., di opporre in compensazione, al contribuente che agisce in giudizio per il pagamento di un credito, l’esistenza di un proprio controcredito altrettanto certo, liquido ed esigibile.
Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: qualora il contribuente agisca in giudizio per ottenere il rimborso di un proprio credito di imposta, l’Amministrazione finanziaria, ferma restando la facolta’ di esercitare discrezionalmente i poteri autoritativi di sospensione del pagamento delle somme pretese dal creditore e di pronuncia di compensazione nel caso sia a propria volta titolare di controcrediti tributari nei confronti del contribuente, e’ comunque legittimata, nel corso del giudizio instaurato dal contribuente creditore, ad opporre in compensazione ai sensi dell’articolo 1243 c.c., i propri crediti certi, liquidi ed esigibili, spettando conseguentemente al giudice la verifica della ricorrenza dei requisiti richiesti per la pronuncia della compensazione legale.
In accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso la sentenza deve essere annullata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione perche’ proceda a nuovo giudizio conformandosi al principio di diritto enunciato. Alla stessa C.T.R. e’ demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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