Consiglio di Stato, Sentenza|14 luglio 2021| n. 5318.
In presenza provvedimento di demolizione di abusi edilizi realizzati su suolo pubblico non è illegittimo il che contenga in sé anche la diffida che, in quanto tale, deve solamente precedere l’ordinanza di demolizione, senza che l’articolo 35, I, Dpr 380/2001 indichi un lasso temporale minimo tra la prima e la seconda. Ne consegue che alla diffida può seguire immediatamente l’ordinanza di demolizione non potendo il destinatario trarre alcun beneficio dalla sua preventiva notificazione, né alcuna concreta lesione dalla sua mancanza. La disposizione dell’articolo 35 è di particolare rigore avendo ad oggetto l’abuso edilizio che, in quanto commesso ai danni del suolo pubblico, è considerato più grave rispetto all’abuso su suolo privato. Essa non permette all’ente locale alcuno spazio per valutazioni discrezionali, imponendo la demolizione degli interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire sui suoli demaniali a cura del Comune e a spese del responsabile dell’abuso.
Sentenza|14 luglio 2021| n. 5318. Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
Data udienza 8 luglio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Diffida – Indicazione del lasso temporale – Indicazione – Necessità – Insussistenza – Comma 1 dell’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001 – Risvolti applicativi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8421 del 2020, proposto da
Li. de. Pi. S.A.S di Sc. Ge., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Al. St., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Napoli, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
La Ve. S.r.l. non costituito in giudizio;
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 4281/2020, resa tra le parti, concernente per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per l’annullamento dei provvedimenti impugnati nel giudizio di primo grado e, segnatamente: a) del provvedimento dirigenziale n. 14901 del 27.2.2019 con cui è stata denegata la richiesta di condono ai sensi della L. n. 724 del 23.12.1995, conosciuto solo a valle del deposito dello stesso nel corso del giudizio di primo grado avvenuto in data 4.6.2019; b) del provvedimento prot. n. 21598 del 21.3.2019 avente ad oggetto la ordinanza di demolizione delle opere realizzate alla via (omissis) – Località (omissis), notificato in data 22.3.2019; c) del decreto del Comune di (omissis) – Direzione 7 – Demanio Marittimo reg. gen. n. 6 dell’8.4.2019, reg. set. 5 dell’8.4.2019, notificato in data 11.4.2019, avente ad oggetto la decadenza della concessione demaniale marittima n. 289/1999; d) ove e per quanto lesiva della comunicazione di avvio del procedimento di decadenza della concessione demaniale marittima prot. n. 8025 del 4.2.2019; e) sull’improcedibilità del progetto di riqualificazione urbanistica; f) di tutti gli altri atti presupposti, consequenziali e connessi, anche non conosciuti, con riserva espressa di formulare motivi aggiunti Nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da COMUNE DI (omissis) il 4\12\2020:
Annullamento in parte qua della sentenza del TAR Campania, Napoli, n. 4281/2020
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di (omissis) e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Capitaneria di Porto di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti l’avvocato Lu. To. in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania l’odierna appellante principale invocava l’annullamento: a) del provvedimento dirigenziale del Comune di (omissis) n. 14901 del 27.2.2019 con cui era stata denegata la richiesta di condono ai sensi della L. n. 724 del 23.12.1995; b) del provvedimento dirigenziale del Comune di (omissis) n. 21598 del 21.3.2019 avente ad oggetto la ordinanza di demolizione delle opere realizzate alla via (omissis) – Località (omissis), notificato in data 22.3.2019; c) del decreto del Comune di (omissis) – Direzione 7 – Demanio Marittimo reg. gen. n. 6 dell’8.4.2019, reg. set. 5 dell’8.4.2019, notificato in data 11.4.2019, avente ad oggetto la decadenza della concessione demaniale marittima n. 289/1999 e della relativa comunicazione di avvio del procedimento; d) del provvedimento prot. n. 27068 del 12.4.2019, con cui era stata comunicata l’improcedibilità del progetto di riqualificazione urbanistico ambientale del complesso “Li. de. Pi.”. In conseguenza di ciò chiedeva il risarcimento del danno.
2. Il primo giudice accoglieva l’istanza caducatoria limitatamente alla pronuncia di decadenza della concessione demaniale marittima n. 289/1999, con conseguente annullamento del decreto del Comune di (omissis) – Direzione 7 – Demanio Marittimo reg. gen. n. 6 dell’8.4.2019, reg. set. 5 dell’8.4.2019, nonché alla declaratoria di improcedibilità del progetto di riqualificazione urbanistico ambientale del complesso “Li. de. Pi.”; mentre la rigettava per il resto.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe l’originaria ricorrente propone appello principale, lamentandone l’erroneità nella parte in cui motiva in relazione all’infondatezza della domanda caducatoria con riguardo al diniego di condono e alla correlata ordinanza di demolizione e anche nella parte in cui non motiva più ampiamente in relazione all’annullamento del decreto avente ad oggetto la decadenza della concessione demaniale marittima e del provvedimento con cui era stata comunicata l’improcedibilità del progetto di riqualificazione urbanistico ambientale.
3.1. Le doglianze contenute nell’appello principale sono le seguenti:
I) sia il provvedimento di decadenza della concessione, sia l’ordinanza di demolizione della sola pedana, sia l’improcedibilità del progetto di riqualificazione sarebbero stati emanati dal Comune sul falso presupposto dell’avvenuta notifica del provvedimento di diniego di condono la quale sarebbe invece avvenuta solo a valle della notifica e del deposito del ricorso giurisdizionale avverso i citati provvedimenti. Tanto premesso il primo giudice avrebbe errato nella parte in cui ha ritenuto quale premessa del proprio ragionamento che il richiedente avrebbe agito nella sua veste di rappresentante legale della società senza però far conseguire a siffatto presupposto le corrette conseguenze. Pertanto, non sarebbe sufficiente ai fini della efficacia e della validità del provvedimento di diniego di condono, che il provvedimento in parola fosse conosciuto aliunde dalla società . L’omessa notificazione del provvedimento avente natura recettizia di diniego di condono direttamente alla società richiedente costituirebbe oltre che una chiara violazione dell’art. 39 della l. 47/1985, anche una evidente violazione del diritto di difesa. Da ciò deriverebbe un’assoluta carenza istruttoria posta in essere dall’Amministrazione che avrebbe agito pertanto in difetto dei presupposti di legge per comminare la decadenza della concessione demaniale marittima (decadenza successivamente annullata dal TAR) ma anche il provvedimento di demolizione. In definitiva, considerato che la richiedente del condono sarebbe stata la società Li. de. Pi. e non di certo il sig. Cr. Lu. in proprio, non si comprenderebbe per quale motivo il Comune avrebbe deciso di indirizzare il citato provvedimento di diniego alla persona fisica (non facente più parte della compagine sociale) del richiedente piuttosto che alla persona giuridica. Il TAR avrebbe, inoltre, errato nel ritenere ininfluente l’omessa comunicazione del preavviso di diniego del condono alla luce del carattere asseritamente vincolato del procedimento in parola. Infatti, se all’appellante fosse stata data l’occasione di dialogare con l’amministrazione comunale avrebbe potuto segnalare l’illegittimità del suo operato sia dal punto di vista istruttorio che dal punto di vista motivazionale. Mancando il parametro dell’altezza il Comune non avrebbe potuto ritenere tout court in base ai sopra citati dati che la società appellante avesse ecceduto il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1, l. 724/1994, in quanto i dati dichiarati nella istanza di condono sarebbero di per sé insufficienti a fornire il dato della volumetria, limitandosi ad indicare il diverso valore della superficie. Ancora se è vero che nel progetto di riqualificazione l’originaria ricorrente avrebbe dato atto dello stato dei luoghi, delle grandezze e delle altezze dei fabbricati, sarebbe altrettanto vero che non avrebbe mai dettagliatamente specificato se tali grandezze fossero tout court riferibili ad opere in muratura ovvero alle opere stagionali amovibili che vengono periodicamente utilizzate per l’esercizio dell’attività di lido balneare che non rientrerebbero nei limiti volumetrici rilevanti ai fini dell’esitazione del condono. Il TAR avrebbe ulteriormente errato nel non rilevare che l’amministrazione comunale avrebbe male interpretato l’art. 32, l. 47/1985. Quest’ultima norma, infatti, non prevedrebbe in alcun modo, come erroneamente argomentato dall’Amministrazione comunale, che le opere realizzate su aree demaniali siano tout court non sanabili in quanto si limiterebbe a disporre che le opere costruite su aree sottoposte a vincolo debbano essere soggette al previo parere della competente Amministrazione preposta alla tutela del vincolo e che parimenti avvenga per le opere eseguite su aree di proprietà di enti pubblici territoriali. Ma nella fattispecie l’Amministrazione non solo non avrebbe osservato il precetto normativo, ma non darebbe nemmeno atto di aver adempiuto a siffatto adempimento procedimentale consistente nell’interpello alla competente Amministrazione al fine di ottenere il necessario e presupposto parere endoprocedimentale. Il primo giudice non avrebbe rilevato l’illegittimità della motivazione adottata in sede di diniego di condono e di ordinanza di demolizione nella parte in cui si fa riferimento ai lavori di cui al progetto di riqualificazione dello stabilimento così come oggetto dell’autorizzazione comunale n. 29762 del 18.7.2008, che non sarebbero mai stati eseguiti. Il TAR avrebbe ulteriormente omesso di motivare sul fatto che a fondamento del diniego di condono sarebbe stata posta l’ordinanza dirigenziale n. 26461 del 15.04.2016, che sarebbe stata annullata dalla sentenza del TAR Campania – Napoli n. 911/2017 del 14.2.2017;
II) la sentenza impugnata sarebbe errata anche laddove non ha rilevato l’illegittimità derivata degli ulteriori provvedimenti rubricati posti in essere dal Comune proprio sulla scorta del contestato diniego di condono;
III) il primo giudice non avrebbe fatto corretta applicazione di quanto previsto dall’art. 38, l. 47/1985, non potendosi ritenere che ai fini della legittimità della sanzione demolitoria sia sufficiente che il Comune abbia esitato la richiesta di condono pendente e non che ne abbia comunicato gli effetti. Inoltre, nessuno degli argomenti utilizzati dall’amministrazione sarebbe condivisibile. Innanzitutto sarebbe inconferente il richiamo alla sentenza del TAR per la Campania n. 2929/2014, in quanto gli interventi oggetto del progetto in quell’epoca presentato dalla ricorrente non sarebbero mai stati realizzati dall’originaria ricorrente. Difetterebbero i presupposti fattuali in termini volumetrici per disporre la demolizione. Non sarebbe corretto il richiamo all’ordinanza dirigenziale n. 26461/2016, atteso che il detto provvedimento è stato annullato dalla sentenza del TAR Campania – Napoli n. 911/2017 del 14.2.2017. Né potrebbe essere un utile argomento il richiamo all’ordinanza di ingiunzione a demolire prot. n. 63049 del 3.8.2017 riguardante le “opere abusive realizzate alla via (omissis) n. 16, stabilimento balneare denominato “Salotto La Ve.” consistenti in una pedana di legno di mq. 120 circa, posta a ridosso dell’arenile e la scogliera”. Il TAR avrebbe dovuto rilevare che il Comune ha disposto la demolizione di tutte le opere nonostante non ne preveda la descrizione. Il primo giudice ancora avrebbe dovuto accertare che il provvedimento prot. n. 21598, seppur formalmente rubricato “diffida”, sarebbe un vero e proprio ordine di demolizione in quanto prevede che in caso di inottemperanza nel termine di 60 gg, sarà irrogata la sanzione pecuniaria pari a Euro 20.000 e che le opere realizzate e l’area di sedime saranno acquisite gratuitamente al patrimonio comunale con l’adozione degli ulteriori provvedimento previsti dall’art. 31 del DPR 380/01. Pertanto, la diffida non sarebbe stata adottata. Inoltre, l’ordine di ripristino sarebbe dovuto essere emesso dal Capo del compartimento e non da un Dirigente Comunale ai sensi degli artt. 54 e 55 del codice della navigazione;
IV) il provvedimento di improcedibilità del progetto di riqualificazione sarebbe dovuto essere dichiarato illegittimo per la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav., per la carenza di potere e per l’incompetenza del Comune.
4. L’amministrazione comunale si costituisce in giudizio, spiegando appello incidentale. Ivi, in via preliminare, eccepisce il vizio di notifica dell’appello, a causa della mancata notifica del ricorso al Ministero dell’Interno. Inoltre, il gravame sarebbe stato notificato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti presso l’indirizzo pec dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli e non, invece, presso l’indirizzo pec dell’Avvocatura Generale dello Stato, cui invece l’impugnativa si sarebbe dovuta notificare. Nel merito l’appello principale sarebbe infondato, dal momento che l’istanza di condono descriverebbe la consistenza dell’immobile per una superficie complessiva di mq 422,37 con altezza pari a m 2,80 sicché la volumetria complessiva risulterebbe, quindi, pari a mc. 1.183,64. Inoltre, il condono avrebbe riguardato “opere edilizie realizzate senza titolo edilizio e paesaggistico su area demaniale marittima non sanabile ai sensi dell’art. 32 della legge 47/85”, così come sancito dallo stesso TAR Napoli con la sentenza n. 2929 del 28/5/2014 resa tra le stesse parti e passata in cosa giudicata. Con lo stesso atto il Comune di (omissis) propone appello incidentale, censurando la sentenza impugnata. L’amministrazione, in particolare, evidenzia che in relazione alla declaratoria l’art. 19 delle norme di attuazione del Piano Spiagge, approvato con delibera del C.C. n. 48/2002 versata agli atti del giudizio di primo grado, comminerebbe la sanzione della decadenza delle concessioni demaniali già rilasciate in caso di contrasto del progetto di riqualificazione con le prescrizioni contenute nel Piano stesso. Ed una delle prescrizioni contenute nel Piano sarebbe costituita dalla legittimità dell’intervento sotto il profilo urbanistico ed ambientale, che, infatti, dovrebbe essere preventivamente verificata dall’Amministrazione comunale in sede di approvazione del progetto. Una simile situazione di conformità non sussisterebbe atteso che la Soprintendenza con decreto del 17/9/2008 avrebbe annullato detta autorizzazione comunale per presunte difformità con le NTA del PTP dei Campi Flegrei. Statuizione quest’ultima confermata con sentenza n. 2929/2014 del TAR Campania. Inoltre, la pronuncia di primo grado sarebbe viziata anche nel capo in cui è stata accolta l’impugnativa della declaratoria di improcedibilità della richiesta di esame del progetto di riqualificazione dell’11/4/2019. Il TAR, infatti, non avrebbe che il Comune non avrebbe avuto l’obbligo di esaminare il nuovo progetto di riqualificazione presentato dalla società in data 11/4/2019 dopo l’intervenuta decadenza della concessione demaniale. Inoltre, stante il precedente diniego la società non avrebbe avuto la facoltà di presentare un nuovo progetto ovvero di adeguare quello precedente per conformarsi al Piano.
5. In data 15 dicembre 2020 si costituisce in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti con memoria di stile.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
6. Nelle successive difese l’amministrazione comunale insiste nelle proprie conclusioni.
7. Con memoria depositata in data 2 aprile 2021 l’appellante principale evidenzia che l’eccezione di inammissibilità dell’appello sarebbe infondata, risultando dalla documentazione in atti le avvenute notifiche. Nel merito argomenta in ordine alla fondatezza dell’appello principale e alla infondatezza di quello incidentale.
8. Preliminarmente occorre respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto della notifica spiegata dall’amministrazione comunale. Dall’esame della documentazione in atti emerge che la notifica a favore del Ministero dell’Interno è stata effettuata correttamente. Quanto, invece, alla notifica a favore del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, risulta la costituzione in seconde cure della detta amministrazione con ciò che ne consegue in termini di effetto sanante.
9. Prima di affrontare funditus le doglianze contenute nell’appello principale e in quello incidentale è opportuno chiarire le circostanze di fatto inerenti l’odierno contenzioso.
L’odierna appellante esercita un’attività di attività di stabilimento balneare e di ristorazione in forza di una concessione rilasciata nel 1999. L’amministrazione comunale di (omissis) con provvedimento prot. n. 33853 del 12.8.2013 dichiarava una prima volta la decadenza della richiamata concessione. All’indomani della sentenza del TAR per Campania, n. n. 4514/2013, che annullava quest’ultimo provvedimento, l’amministrazione comunale disponeva con atto prot. 26461/2016 del 15.4.2016 nuovamente la decadenza. Anche quest’ultimo provvedimento veniva caducato con sentenza del TAR per la Campania n. 911/2017. In seguito, quindi, venivano adottati i provvedimenti oggetto dell’odierno contenzioso: I) il provvedimento di diniego di condono n. 14901 del 27.2.2019, con il quale l’amministrazione comunale la richiesta di concessione edilizia in sanatoria presentata dal Sig. Cr. Lu. ai sensi dell’art. 39, l. 724/1994, relative a opere abusive pari a mq. 422,37 a servizio del complesso balneare denominato Li. de. Pi.. L’amministrazione comunale motivava il detto diniego in ragione della posizione delle opere su area demaniale marittima, della volumetria realizzata superiore al limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dal citato art. 39 e della reiezione del ricorso proposto dalla società concessionaria per l’annullamento dell’autorizzazione comunale n. 29672 del 2008 avente ad oggetto opere di riqualificazione dello stabilimento balneare da parte della Soprintendenza; II) l’ordinanza di demolizione n. 21598 del 21.3.2019; III) la decadenza della concessione demaniale marittima n. 289/199 (n. 6 dell’8.4.2019) motivata sulla scorta del fatto che in contrasto con quanto disposto dall’art 19 NTA del Piano di utilizzazione delle spiagge del demanio marittimo il detto progetto di riqualificazione non risultava approvato e di contro erano stati adottati i provvedimenti di cui sub I e II, con i quali era stata accertata la non conformità urbanistica e ambientale delle opere realizzate; IV) il provvedimento prot. n. 27068 del 12.4.2019 con cui veniva dichiarato improcedibile il progetto di riqualificazione in forza degli abusi edilizi realizzati.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
10. L’appello principale è infondato e non merita di essere accolto.
10.1. Quanto alla notifica del diniego di condono deve osservarsi che la stessa è stata effettuata a favore del Sig. Cr. Lu., ossia del richiedente. La disciplina in tema di sanatoria, nello stabilire che il diniego di sanatoria va notificato al richiedente, non impone all’Amministrazione di operare ulteriori verifiche, prevedendo la comunicazione del provvedimento negativo nei soli confronti del richiedente e, dunque, della parte che, attraverso la propria iniziativa, ha avviato il procedimento di sanatoria. Sotto il profilo teleologico, una simile stringente applicazione del dato normativo trova ragionevole rispondenza in evidenti esigenze di certezza e celerità che devono assistere procedimenti e provvedimenti riguardanti beni ed interessi di rilevanza generale, come la tutela del territorio, soprattutto ove con la stessa venga ad interferire un regime derogatorio, quale quello introdotto da norme di sanatoria di interventi realizzati in assenza di titolo edilizio o in difformità dalla disciplina urbanistica vigente. Ne discende che, del tutto ragionevolmente, il legislatore ha indicato il solo richiedente come soggetto interlocutore del procedimento di condono, nonché quale formale destinatario del provvedimento finale. Del resto dall’esame della stessa istanza di condono si evince chiaramente come il richiedente fosse il Sig. Cr. Lu., restando assolutamente non chiarita la relazione tra quest’ultimo e la s.a.s. Li. de. Pi., la cui denominazione risulta interpolata all’interno della stessa richiesta senza alcun ulteriore riferimento. Sicché l’amministrazione non poteva che ritenere che lo stesso agisse in veste di legale rappresentante della stessa. Pertanto, da un lato, resta affidata alla tutela predisposta dal diritto civile ogni questione che possa sorgere da eventuali mutamenti dei ruoli societari; dall’altro, in omaggio al principio dell’autoresponsabilità incombeva sul richiedente in veste di legale rappresentante della società e sulla società stessa notiziare l’amministrazione delle vicende societarie sia originarie che sopravvenute utili a consentire la corretta notificazione del provvedimento conclusivo del procedimento sull’istanza di condono. Da ciò deriva l’assenza dei vizi di legittimità evocati dall’odierno appellante a carico dei successivi provvedimenti presupponenti il diniego di condono. Merita conferma la pronuncia del primo giudice anche nella parte in cui ha escluso in omaggio alla disciplina ratione temporis vigente che possa desumersi l’illegittimità del diniego di condono dalla mancata adozione del preavviso di diniego, avendo l’amministrazione proceduto a valutare l’istanza in base agli elementi fattuali indicati dal richiedente che ha indicato la superficie totale delle opere da condonare in 422,73 mq, rispetto alla quale l’amministrazione non poteva che ritenere sussistente l’altezza minima di 2,80 metri per le opere in questione, senza operare alcuna ulteriore distinzione tra le opere oggetto di condono.
Pertanto, corretto risulta il calcolo operato dall’amministrazione comunale e del tutto pretestuosi gli argomenti difensivi contenuti nell’odierno gravame in ordine al mancato superamento del limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1, l. 724/1994. Né va dimenticato quanto alla paventata diversità di opere oggetto dell’unica istanza di condono che l’art. 39 della legge n. 724/94 subordina l’ammissibilità della sanatoria ad un limite quantitativo espresso in termini volumetrici (non più di 750 mc) posto in relazione a qualsiasi tipo di costruzione, senza alcuna distinzione a seconda della destinazione, sia che trattasi di ampliamento che di nuova costruzione. La previsione massima di cubatura di 750 mc, contemplata dal citato art. 39, si presenta quale norma di “chiusura” e costituisce un limite assoluto ed inderogabile riguardante la singola richiesta di condono.
Del pari, non risulta sussistente alcuna violazione dell’art. 32, l. 47/1985, dal momento che l’appellante principale trascura come sul punto sia intercorso tra le parti il giudicato rappresentato dalla sentenza n. 2929/2014 del TAR per la Campania, che ha attestato la legittimità del decreto in data 17/9/2008, recante l’annullamento dell’autorizzazione comunale n. 29762 del 18/7/2008 per la realizzazione di interventi di riqualificazione dello stabilimento balneare in località (omissis) di (omissis); nonché degli atti connessi ivi compresa la nota comunale di trasmissione prot. n. 42534 del 21/10/2008.
Nel provvedimento in questione la Soprintendenza evidenziava che il progetto contemplava la demolizione e ricostruzione ad un livello inferiore delle attuali volumetrie edilizie, di cui non era attestata la legittimità sotto il profilo paesaggistico, per cui l’intervento avrebbe comportato la costruzione di nuovi volumi edilizi non consentiti dal P.T.P. dei Campi Flegrei in zona di “protezione integrale” ex art. 11 delle norme di attuazione. Nel contempo la Soprintendenza rappresentava la necessità di procedere comunque alla prevista demolizione del ristorante, fortemente contrastante con le libere visuali panoramiche, fatta salva l’opportunità di valutare un progetto di riqualificazione del contesto paesaggistico conforme al P.T.P., il quale avrebbe consentito tutt’al più l’installazione di pedane ed attrezzature balneari smontabili che in ogni caso non costituiscano nuove volumetrie edilizie ex art. 8 della norme di attuazione.
Infine, inidonea a fondare l’illegittimità del diniego di condono e dell’ordinanza di demolizione è il riferimento ai lavori non realizzati relativi al progetto di riqualificazione, atteso che gli stessi secondo la disciplina prevista dall’art. 19 N.T.A. sono obbligatori. Mentre, ininfluente risulta il richiamo all’ordinanza dirigenziale n. 26461 del 15.04.2016, annullata dalla sentenza del TAR Campania – Napoli n. 911/2017 del 14.2.2017, essendo in presenza di atti plurimotivati.
10.2. Quanto alla seconda censura dell’appello principale l’assenza di vizi di legittimità in capo al diniego di condono esclude la sussistenza di una invalidità derivata a carico degli atti presupponenti.
10.3. Quanto alla terza articolata doglianza, la stessa ripropone alcune censure già esaminate sub 10.1, che sono già state disattese: a) il richiamo alla sentenza del TAR per la Campania n. 2929/2014, in quanto gli interventi oggetto del progetto in quell’epoca presentato dalla ricorrente non sarebbero mai stati realizzati dall’originaria ricorrente, poiché si trascura che i detti interventi sono obbligatori; b) la sussistenza dei presupposti fattuali in termini volumetrici, adeguatamente accertata dall’amministrazione; c) il richiamo all’ordinanza dirigenziale n. 26461/2016, del tutto ininfluente.
Ulteriormente deve rilevarsi l’infondatezza delle altre censure. In particolare, non si ravvisa alcuna violazione dell’art. 38, l. 47/1985, dal momento che gli atti intervenuti a valle del diniego di condono poggiano su una valutazione di infondatezza dell’istanza di sanatoria, che risulta esitata e rispetto alla quale come sopra chiarito sub 10.1 non si è registrato alcun difetto di notificazione imputabile all’amministrazione comunale. Quanto alla mancata descrizione delle opere da parte dell’ordinanza di demolizione, deve rilevarsi come le stesse siano facilmente individuabili per relationem in forza del richiamo operato al diniego di condono.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
Del pari, insussistente è la lamentata violazione dell’art. 35 del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto, come correttamente rilevato dal primo giudice, il provvedimento prot. n. 21598, seppur formalmente rubricato “diffida”, è un vero e proprio ordine di demolizione in quanto prevede che in caso di inottemperanza nel termine di 60 gg, sarà irrogata la sanzione pecuniaria pari a Euro 20.000 e che le opere realizzate e l’area di sedime saranno acquisite gratuitamente al patrimonio comunale con l’adozione degli ulteriori provvedimento previsti dall’art. 31 del DPR 380/01. La giurisprudenza di questo Consiglio ha, infatti, chiarito che non è illegittimo il provvedimento di demolizione che contenga in sé anche la diffida, mentre la diffida deve solamente precedere l’ordinanza di demolizione, senza che il comma 1 dell’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001 indichi un lasso temporale minimo tra la prima e la seconda. Ne consegue che alla diffida può seguire immediatamente l’ordinanza di demolizione senza che il destinatario possa trarre alcun beneficio dalla sua preventiva notificazione né alcuna concreta lesione dalla sua mancanza (ex plurimis, Cons. St., Sez. II, 5 luglio 2019, n. 4662).
Infine, non può predicarsi alcuna incompetenza in relazione all’ordine di demolizione giacché, da un lato, gli artt. 27, 31 e 35 del D.P.R. n. 380/2001 hanno attribuito al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale la competenza in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e sugli interventi sanzionatori. Pertanto, rientra nella competenza di tali organi amministrativi e non del Sindaco l’adozione delle ordinanze di demolizione di opere edilizie abusive, ovvero di diniego di condono edilizio. Dall’altro, dopo la delega alle Regioni in materia di demanio marittimo ed il trasferimento ai Comuni delle competenze per il rilascio di concessioni demaniali, spetta a quest’ultimi la vigilanza sul governo e sullo sviluppo del territorio in materia di edilizia relativamente alla concessione ad edificare.
10.4. Infondata è anche l’ultima doglianza con la quale l’appellante lamenta che il provvedimento di improcedibilità in ordine al progetto di riqualificazione dell’appellante sarebbe illegittimo anche per la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 1161 cod. nav., per la carenza di potere e per l’incompetenza del Comune, in ordine al difetto di competenza vengono in rilievo le motivazioni già esposte supra sub 10.3., mentre per il resto non coglie nel segno le ragioni sulle quali fonda il provvedimento di improcedibilità, atteso che non può predicarsi l’illegittimità per le ragioni sopra esposte dei presupposti provvedimenti di diniego di condono e di ordine di demolizione.
L’appello principale deve, quindi, essere respinto.
11. Deve a questo punto esaminarsi l’appello incidentale, che risulta fondato.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
L’amministrazione comunale ha fatto corretta applicazione dell’art. 19 delle norme di attuazione del Piano Spiagge, approvato con delibera del C.C. n. 48/2002, atteso che il progetto presentato dalla società nel 2008 è risultato non conforme alle prescrizioni urbanistiche ed a quelle del Piano Territoriale Paesistico, come accertato dalla sentenza n. 2929/2014 dello stesso TAR Campania. Ivi, si motiva che “… lo stesso “Piano Spiagge” espressamente stabilisce all’art. 19 delle norme di attuazione l’onere dei titolari delle concessioni demaniali di documentare la legittimità sotto il profilo urbanistico ed ambientale delle strutture esistenti da sottoporre a verifica e riqualificazione.” Inoltre si precisa che “… la determinazione impugnata risulta immune dai vizi dedotti in quanto: – prende in considerazione doverosamente la legittimità della struttura preesistente posta al livello stradale sopra la scogliera; – considera correttamente l’intervento come nuova volumetria, in difetto di idonea dimostrazione della legittimità della struttura sotto il profilo paesaggistico; – evidenzia, sul piano della legittimità e senza esprimere apprezzamenti di merito, che l’intervento è in contrasto con le norme regolanti la zona di Protezione Integrale del PTP ex art. 11, all’uopo richiamando gli interventi ammessi nella fascia costiera ex art. 8; – rappresenta l’esigenza che il progetto di riqualificazione presupponga la demolizione delle attuali volumetrie e la realizzazione di opere compatibili con i vincoli vigenti.”.
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
Né rileva in alcun modo il progetto di riqualificazione presentato in data 11 aprile 2019, giacché trattasi di istanza presentata all’indomani del diniego di condono edilizio, dell’ordinanza di demolizione, del provvedimento di decadenza della concessione. Pertanto, risulta legittimo anche il provvedimento di improcedibilità adottato dall’amministrazione comunale, giacché risultava già comminato a carico dell’appellante il provvedimento di decadenza, quindi, quest’ultima non aveva più titolo per presentare la detta istanza.
12. L’appello incidentale merita, quindi, di essere accolto, mentre deve essere respinto l’appello principale. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo a carico dell’appellante principale e favore dell’appellante incidentale, mentre possono essere compensate tra le altre parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge l’appello principale, accoglie l’appello incidentale e per l’effetto in riforma dell’impugnata sentenza respinge il ricorso di primo grado integrato da motivi aggiunti.
Condanna l’appellante principale al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in 5.000,00 euro (cinquemilacinquecento/00) in favore dell’appellante incidentale. Compensa le spese tra le altre parti del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Hadrian Simonetti – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Provvedimento di demolizione di abusi edilizi
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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