Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 19 giugno 2019, n. 16416.
La massima estrapolata:
La procura alle liti conferita dal lavoratore al difensore in vista dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce al procuratore il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione ex art. 6 della l. n. 604 del 1966, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stato contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo del potere di rappresentanza, dovendosi ritenere che l’anteriorità della procura rispetto all’atto di impugnazione escluda che si sia in presenza di attività compiuta da “falsus procurator” e renda dunque inapplicabile la disciplina della ratifica ex art. 1399 c.c.. Ai fini della dimostrazione della anteriorità del rilascio rispetto al deposito del ricorso, la procura ex art. 83 c.p.c. è assistita da efficacia privilegiata anche in relazione alla data di compimento dell’atto, attestata dal difensore nell’esercizio di una funzione pubblicistica.
Sentenza 19 giugno 2019, n. 16416
Data udienza 10 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17522/2018 propostoda:
(OMISSIS), domiciliato ope legis presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PANTELLERIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 379/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/04/2018 R.G.N. 1267/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2019 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Palermo ha confermato con diversa motivazione la sentenza del Tribunale di Marsala che, all’esito del giudizio di opposizione della L. n. 92 del 2012, ex articolo 1, comma 51, aveva rigettato il ricorso proposto da (OMISSIS), volto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimita’ del licenziamento disciplinare intimato dal Comune di Pantelleria il 12 ottobre 2016.
2. Il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’eccezione di decadenza, sollevata dal Comune ed accolta dal giudice della fase sommaria, ed aveva esaminato nel merito la domanda, ritenendola infondata. La pronuncia era stata reclamata dal (OMISSIS), il quale aveva censurato la sentenza impugnata per avere erroneamente escluso l’eccepita nullita’ del procedimento disciplinare e la sproporzione della sanzione irrogata rispetto ai fatti addebitati. Al reclamo aveva resistito il Comune di Pantelleria che, con impugnazione incidentale, aveva riproposto l’eccezione di decadenza, sul rilievo che la stessa erroneamente era stata respinta dal giudice dell’opposizione.
3. La Corte territoriale, seguendo l’ordine logico delle questioni, ha esaminato il ricorso incidentale e l’ha ritenuto fondato, perche’ il licenziamento era stato impugnato in via stragiudiziale con missiva inviata a mezzo PEC il 6 dicembre 2016, sottoscritta dal solo difensore. Nello stesso giorno era stato depositato il ricorso giudiziale unitamente alla procura alle liti, ma l’atto era stato notificato al Comune il 14 dicembre 2016, quando era ormai spirato il termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 604 del 1966, articolo 6.
4. Il giudice d’appello ha, in sintesi, evidenziato che non puo’ ritenersi valida l’impugnazione del licenziamento proveniente dal difensore del lavoratore privo di preventiva procura scritta ne’ e’ ammissibile una ratifica con effetto retroattivo, consentita solo se comunicata entro il termine di decadenza. Ha aggiunto che la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la procura deve essere documentata solo qualora il datore di lavoro ne faccia richiesta entro i 60 giorni concessi per l’impugnazione stragiudiziale, puo’ trovare applicazione nel solo caso in cui sia pacifico che la procura, benche’ non comunicata, sia stata rilasciata in epoca antecedente alla formazione dell’atto.
5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto difese il Comune di Pantelleria con tempestivo controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia” e si duole dell’omesso esame della documentazione prodotta dalla quale emergeva che: a) la procura era stata rilasciata il 5 dicembre 2016; b) l’impugnazione stragiudiziale conteneva l’esplicito riferimento al mandato conferito; c) il 6 dicembre 2016 il difensore non si limitava ad inoltrare l’impugnazione stragiudiziale, ma depositava anche il ricorso giudiziale con la procura a margine. Nella specie, pertanto, il difensore aveva operato in virtu’ del potere gia’ conferitogli in forma scritta e non si poteva configurare una ratifica, ipotizzabile solo nei casi in cui agisca un falsus procurator. La data certa era altresi’ desumibile dal deposito del ricorso, per cui correttamente il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’eccezione.
1.2. La seconda censura addebita alla sentenza impugnata la violazione della L. n. 604 del 1966, articolo 6, nonche’ degli articoli 24 e 36 Cost.. Ribadito che il potere di rappresentanza era gia’ stato conferito con atto scritto al momento della impugnazione stragiudiziale, il ricorrente sostiene che l’interpretazione della L. n. 604 del 1966, articolo 6, deve essere condotta “alla luce dei principi costituzionali di effettivita’ della giustizia e di tutela del lavoratore”. Aggiunge che il licenziamento puo’ essere impugnato senza formalita’ alcuna e senza il necessario utilizzo di formule sacramentali, persino dalle organizzazioni sindacali prive di ius postulandi, sicche’ non puo’ trovare ingresso un’esegesi della norma che escluda il potere del difensore al quale sia gia’ stata rilasciata procura. Richiama giurisprudenza di questa Corte per sostenere che il rappresentante non e’ tenuto a fornire la prova del potere rappresentativo di cui e’ investito, essendo sufficiente che egli manifesti di agire in nome e per conto altrui e non in proprio e che, pertanto, grava sul datore di lavoro l’onere di richiedere che il soggetto che ha agito dimostri il fondamento del suo potere.
1.3. La terza critica censura il capo della sentenza relativo al regolamento delle spese di lite e denuncia la violazione dell’articolo 92 c.p.c., perche’ il giudice d’appello avrebbe dovuto tener conto dei diversi orientamenti giurisprudenziali e in ragione degli stessi compensare in tutto o in parte le spese del giudizio. Richiama la sentenza n. 77/2018 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalita’ dell’articolo 92 c.p.c. e sottolinea che costituivano “gravi ed eccezionali ragioni” l’evidente situazione di inferiorita’ economica del lavoratore licenziato nonche’ le incertezze interpretative sull’applicabilita’ all’impiego pubblico contrattualizzato del rito disciplinato dalla L. n. 92 del 2012 e delle forme di impugnazione imposte dalla L. n. 604 del 1966, articolo 6, come modificato dalla L. n. 183 del 2010.
2. E’ infondata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dalla difesa del Comune di Pantelleria.
Nello storico di lite si e’ evidenziato che la Corte territoriale, ritenuto assorbente il reclamo incidentale con il quale era stata riproposta la questione della maturata decadenza dal potere di impugnare il licenziamento, non ha esaminato i motivi dell’impugnazione principale, volti a censurare la sentenza di primo grado che aveva affermato la legittimita’, sostanziale e procedurale, della sanzione disciplinare inflitta.
Il ricorrente, pertanto, in questa sede doveva necessariamente limitarsi a contrastare l’unica ratio decidendi della pronuncia, posto che “nel giudizio di legittimita’ introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e percio’ non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtu’ dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale, con la conseguenza che, solo in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l’eventuale ricorribilita’ per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate” (Cass. n. 23558/2014 e negli stessi termini Cass. n. 4804/2007).
Dal principio di diritto discende che va esclusa la formazione del giudicato interno sulla legittimita’ del licenziamento, ritenuta dal giudice di prime cure, perche’ la decisione era stato oggetto di specifici motivi di reclamo, sui quali la Corte territoriale non ha pronunciato, motivi che non dovevano ne’ potevano essere riproposti in questa sede (Cass. n. 8817/2012).
3. I primi due motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, sono fondati.
Superato l’iniziale contrasto risolto da Cass. S.U. n. 2179/1987, si e’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui l’impugnativa della L. n. 604 del 1966, ex articolo 6, che deve essere proposta dal lavoratore a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’atto di recesso, costituisce una manifestazione di volonta’ negoziale, riconducibile allo schema proprio del negozio giuridico, in quanto “manifestazione di volonta’ diretta ad uno scopo pratico tutelato dal diritto, od anche come manifestazione di volonta’ le cui conseguenze giuridiche sono dirette ad attuare il fine pratico voluto e tutelato dalla legge” (S.U. n. 2179/1987).
Se ne e’ tratto, quale conseguenza della qualificazione giuridica dell’atto, il principio secondo cui allo stesso si applica, in forza del rinvio contenuto nell’articolo 1324 c.c., la disciplina dettata dagli articoli 1387 c.c. e segg., in tema di rappresentanza, e, pertanto, si e’ affermato che l’impugnativa puo’ provenire dal lavoratore personalmente, dall’associazione sindacale, alla quale il potere di rappresentanza e’ conferito per legge, oppure da un terzo munito di procura, che deve essere rilasciata in forma scritta, ai sensi del combinato disposto della L. n. 604 del 1966, articolo 6 e articolo 1392 c.c., in data antecedente al compimento dell’atto (cfr. fra le piu’ recenti Cass. nn. 25118/2017, 23603/2018, 1444/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata).
3.1. E’ stato precisato che l’atto compiuto dal soggetto privo del necessario potere puo’ essere ratificato dall’interessato ex articolo 1399 c.c., ma la norma deve essere applicata nelle sole parti compatibili con la funzione che l’ordinamento assegna agli atti unilaterali da compiersi entro un termine perentorio, sicche’ si e’ esclusa la retroattivita’ della ratifica prevista del richiamato articolo 1399 c.c., comma 2 e si e’ affermato che la ratifica stessa puo’ spiegare effetti solo qualora intervenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del recesso, posto che “le esigenze di certezza sottese alla fissazione dei termini di prescrizione e decadenza non sono conciliabili con l’instaurazione di una situazione di pendenza suscettibile di protrarsi in maniera indeterminata, ben oltre la loro scadenza, e la cui durata rimarrebbe nell’esclusiva disponibilita’ del dominus” (Cass. n. 8262/1997 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. n. 2374/1998, Cass. n. 15888/2012, Cass. n. 9182/2014).
3.2. Detti principi sono stati estesi anche all’attivita’ compiuta nell’interesse del lavoratore dal difensore, il quale, al pari di ogni altro terzo, deve essere munito di procura al momento del compimento dell’atto. Le Sezioni Unite hanno, pertanto, affermato che “qualora venga proposto (come impugnativa) direttamente il ricorso introduttivo del giudizio la procura relativa al difensore contiene quella a proporre l’impugnativa sostanziale, ma esso…. va direttamente notificato o comunicato al destinatario, per i suoi effetti sostanziali e negoziali. Cosi’ pure, ove la precedente impugnativa sia stata effettuata da un legale senza procura scritta, la proposizione del ricorso giudiziario puo’ contenere, con la relativa procura al difensore stesso che gia’ abbia posto in essere detto atto, la ratifica scritta del suo operato, ma anche tale atto va notificato o comunicato al datore di lavoro” (Cass. S.U. n. 2179/1987).
3.3. Dal principio si desume che la procura ex articolo 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attivita’, anche stragiudiziali, alle quali e’ condizionato il valido esercizio dell’azione, sicche’ ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente alla formazione dell’atto di impugnazione della L. n. 604 del 1966, comma 2 e quest’ultimo, sottoscritto dal solo difensore, sia comunicato al datore entro il termine di legge, non viene in discussione l’applicazione dell’articolo 1399 c.c., perche’ l’impugnativa proviene non da un falsus procurator, bensi’ da soggetto al quale il potere e’ gia’ stato attribuito dal titolare del diritto.
Non opera, pertanto, il principio secondo cui il ricorso deve essere notificato nel rispetto del termine di decadenza, perche’ quest’ultima e’ gia’ stata impedita dalla comunicazione dell’impugnativa, sottoscritta da rappresentante munito del relativo potere.
3.4. In detta ipotesi, che viene in rilievo nel presente giudizio, le questioni che si pongono sono quelle relative all’accertamento dell’anteriorita’ della procura rispetto alla formazione dell’atto stragiudiziale e alla sussistenza o meno dell’obbligo del difensore, che dichiari di agire nell’interesse del proprio assistito e ne spenda il nome, di giustificare il potere di rappresentanza, mediante comunicazione di copia dell’atto scritto dal quale il suo potere deriva.
Quanto al primo aspetto rileva il principio, affermato da questa Corte ad altri fini ma di portata generale, secondo cui per la contestazione della data della sottoscrizione apposta dalla parte ad una procura speciale rilasciata in calce o a margine degli atti di cui all’articolo 83 c.p.c., comma 3 e autenticata dal difensore e’ necessario lo speciale procedimento della querela di falso di cui all’articolo 221 c.p.c., giacche’ deve riconoscersi al difensore il potere di certificare non soltanto l’autografia della sottoscrizione ma anche la data di apposizione della stessa (Cass. n. 5620/2006 che richiama Cass. 14137/1999).
Dal richiamato principio discende che, ogniqualvolta non vi sia coincidenza fra il rilascio della procura ed il deposito del ricorso, non e’ corretto sostenere che solo quest’ultimo attribuisce data certa all’atto di conferimento del potere, perche’ il difensore al momento dell’autentica della procura compie un negozio giuridico di diritto pubblico e riveste la qualita’ di pubblico ufficiale (Cass. nn. 19785/2018 e 17473/2015) con la conseguenza che l’atto e’ assistito dall’efficacia privilegiata di cui all’articolo 2700 c.c., anche in relazione alla data in cui e’ attestato il compimento dell’attivita’ di autentica.
3.5. Infine si deve escludere che il difensore, munito di procura rilasciata in data antecedente al compimento dell’atto, debba comunicare, entro il termine di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, articolo 6, al datore di lavoro anche la fonte del potere rappresentativo.
Il Collegio, pur nella consapevolezza dei difformi orientamenti espressi da questa Corte in merito all’applicabilita’ dell’articolo 1393 c.c. (esclusa fra le piu’ recenti da Cass. 23603/2018 ed affermata, invece, da Cass. n. 1444/2019 in continuita’ con Cass. n. 3634/2017 e Cass. n. 7866/2012), ritiene di dovere aderire alla tesi secondo cui, ferma la necessaria anteriorita’ della procura, e’ sufficiente che il difensore manifesti di agire in nome e per conto del proprio assistito e dichiari di avere ricevuto apposito mandato.
Va detto, infatti, che, una volta ritenuta applicabile all’impugnazione del licenziamento la disciplina dettata dagli articoli 1387 e seguenti c.c., in forza del rinvio di cui all’articolo 1324 c.c., solo l’incompatibilita’ fra normativa dettata per i contratti e natura dell’atto unilaterale puo’ giustificare la sottrazione di quest’ultimo a specifiche disposizioni che valgono per i primi. Al riguardo si osserva che le ragioni per le quali si e’ ritenuta inapplicabile la disposizione dettata dall’articolo 1399 c.c., comma 2, sull’efficacia retroattiva della ratifica, non possono essere invocate per configurare in capo al rappresentante un obbligo, non previsto dalla legge, di comunicazione della fonte costitutiva del potere, perche’ l’esigenza di certezza sottesa alla fissazione di un termine di decadenza e’ gia’ assicurata dalla dichiarazione del difensore di agire in nome e per conto del proprio assistito ed in forza di procura dallo stesso conferita, sicche’ in tal caso sara’ onere del datore, qualora intenda contestare la dichiarazione stessa, avvalersi della facolta’ di cui all’articolo 1393 c.c..
In altri termini “ove non si versi in tema di ratifica viene meno qualsiasi aggancio normativo, teleologico o sistematico, per gravare il procuratore del lavoratore (e si noti soltanto costui rispetto alla generalita’ delle possibili ipotesi di rappresentanza nel diritto privato) dell’onere di dare esplicita contezza, senza che alcuno gliene abbia fatto richiesta, della fonte del potere conferitogli” (Cass. n. 3634/2017).
D’altro canto, poiche’ l’articolo 1393 c.c., non pone a carico del terzo un obbligo ma gli conferisce solo una facolta’, il mancato immediato esercizio del potere non impedisce che successivamente il datore possa contestare l’efficacia dell’impugnazione stragiudiziale ed in tal caso sara’ onere del lavoratore dimostrare la validita’ dell’atto compiuto dal difensore, offrendo la prova dell’anteriorita’ della procura scritta, che andra’ fornita tenendo conto del principio di diritto richiamato al punto 3.4..
4. La sentenza impugnata ha attribuito rilievo alla sola data di notifica del ricorso giudiziale, senza compiere alcun accertamento sulla data del rilascio della procura ex articolo 83 c.p.c. e sull’anteriorita’ della stessa rispetto all’impugnativa, e, pertanto, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procedera’ ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto di seguito enunciati: “la procura ex articolo 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attivita’, anche stragiudiziali, alle quali e’ condizionato il valido esercizio dell’azione, sicche’ ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione della L. n. 604 del 1966, ex articolo 6, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stata contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo del potere di rappresentanza. L’anteriorita’ della procura rispetto all’atto di impugnazione stragiudiziale esclude che si sia in presenza di attivita’ compiuta da falsus procurator e rende inapplicabili i principi affermati in tema di ratifica. La procura rilasciata ex articolo 83 c.p.c., e’ assistita da efficacia privilegiata anche in relazione alla data di compimento dell’atto, attestata dal difensore nell’esercizio di una funzione pubblicistica”.
Alla Corte territoriale e’ demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
La fondatezza dei primi due motivi di ricorso, assorbe il terzo motivo e rende inapplicabile del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte accoglimento il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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