Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 30 agosto 2019, n. 6004.

La massima estrapolata:

Il procedimento disciplinare di stato nei confronti del personale militare, attivato a seguito di condanna penale, deve concludersi nel termine di complessivi duecentosettanta giorni da quando l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza riguardante il dipendente incolpato – come avvenuto nella fattispecie – mentre i termini endoprocedimentali non hanno natura perentoria.

Sentenza 30 agosto 2019, n. 6004

Data udienza 18 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3142 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Fi. Ta., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
contro
Ministero della difesa, Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 33149/2010, resa tra le parti, concernente sospensione disciplinare dall’impiego per la durata di mesi due.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito Italiano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2019 il Cons. Carla Ciuffetti e uditi per le parti gli avvocati Se. Ca. su delega dell’avv.An. Fi. Ta., avv.to dello Stato Gi. Ro.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso presentato dall’odierno appellante avverso la determinazione n. 420/3- 9/2007, in data 6 novembre 2007, con cui il Ministero della difesa, Direzione generale per il Personale militare gli aveva irrogato la sanzione della sospensione dall’impiego per due mesi, nonché avverso tutti gli atti del procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti.
Il Tar ha ritenuto infondate le censure di violazione dell’art. 120 del d.P.R n. 3/1957 e del principio del “ne bis in idem”, del vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa, dedotte in primo grado dal ricorrente sull’assunto che il procedimento disciplinare avviato con l’atto di contestazione degli addebiti notificatogli in data 29 maggio 2007 si sarebbe estinto ex art. 120 del d.P.R. n. 3/1957, non essendo stati posti in essere ulteriori atti del procedimento disciplinare e data l’impossibilità di rinnovarlo.
Secondo il primo Giudice non era applicabile alla fattispecie l’art. 120 del d.P.R n. 3/1957, bensì l’art. 65 della l. n. 599/1954, recante lo Stato dei Sottufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, che prevede che l’inchiesta formale sia disposta dall’Autorità militare da cui il sottufficiale dipende per ragioni di impiego. Alla luce di tale disposizione, per la quale l’inchiesta formale costituisce il primo atto del procedimento disciplinare, andava rilevato che essa era stata disposta con foglio in data 27 luglio 2007 dal Comandante delle Forze operative terrestri e si era correttamente conclusa con il rapporto finale dell’Ufficiale inquirente; inoltre, con foglio in data 19 settembre 2007, lo stesso Comandante aveva proposto l’irrogazione della sospensione disciplinare dall’impiego per due mesi, avendo riscontrato un comportamento disciplinarmente rilevante a carico del ricorrente.
2. Con la presente impugnazione, l’appellante deduce: l’erroneità della sentenza in epigrafe quanto basata sul richiamo all’art. 65 della l. n. 599/1954 avendo ritenuto inapplicabile alla fattispecie l’art. 120 del d.P.R. n. 3/1957; l’omissione di pronuncia in ordine al motivo di ricorso relativo alla violazione del principio del ne bis in idem ed alla contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa. In particolare egli fa presente che, con atto in data 22 marzo 2007, gli era stato comunicato l’avvio di un procedimento, con contestazione di addebiti, da parte dell’ufficiale coordinatore del Centro Addestramento Paracadutismo cui apparteneva, dopo che lo stesso Centro era venuto in possesso della sentenza n. 3686/07 della Corte di Cassazione, che aveva rigettato il suo ricorso avverso “la sentenza della Corte di Appello di Firenze nr. 3285 del 16.12.05 che aveva ridotto la pena a quattro mesi di reclusione, confermando il resto della sentenza di primo grado (pari ad anni uno di reclusione, 200 euro di multa e pagamento delle spese processuali – pena sospesa e non menzione della condanna)” di condanna per il reato di detenzione illegale di munizioni da guerra ed ordigni esplosivi e furto militare; in seguito, in data 13 agosto 2007, aveva ricevuto l’avviso di avvio di procedimento di inchiesta formale da parte del Comandante delle forze operative terrestri. Secondo l’appellante quest’ultimo atto avrebbe costituito un illegittimo rinnovo dell’atto di avvio di procedimento disciplinare nei suoi confronti, posto in essere dopo il decorso del termine di novanta giorni previsto dal citato art. 120 del d.P.R. n. 3/1957, sostanziando violazione del principio del ne bis in idem, essendo identico l’oggetto dei due procedimenti avviati con gli atti citati, nonché perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa. Con la memoria di replica, in data 24 maggio 2019, l’appellante fa presente che, anche a ritenere inapplicabile il citato articolo 120, risulterebbero però violati i termini massimi previsti dall’art. 1392 del d.P.R. n. 66/2010, di 90 giorni per l’avvio del procedimento disciplinare di stato dal momento dell’acquisizione della sentenza e di 60 giorni tra gli atti endoprocedimentali del procedimento disciplinare.
3. Il Ministero della difesa, costituito in giudizio con atto in data 3 maggio 2011, con memoria in data 14 maggio 2019 ha chiesto il rigetto dell’appello. L’Amministrazione fa presente che la nota inviata al ricorrente in data 22 marzo 2007 non costituiva atto di avvio del procedimento disciplinare di corpo, ma atto di apertura dell’istruttoria preliminare, finalizzata ad acquisire elementi di valutazione ulteriori da parte del Comandante di Corpo, anche secondo l’ottica dell’inquisito, oltre quelli derivanti dagli atti del procedimento penale. Tale istruttoria preliminare si era conclusa tempestivamente nel termine di 60 giorni, in conformità agli artt. 57, primo comma e 59, n. 6, del R.d.M., con l’invio degli atti all’Alto Comando per l’inchiesta formale, ai sensi dell’art. 58, primo comma, del citato d.P.R n. 545/1986. Pertanto non vi sarebbe stata alcuna violazione del principio del ne bis in idem.
4. L’appello è infondato.
Dalle difese dell’Amministrazione emerge che l’atto in data 22 marzo 2007 non costituiva atto di avvio di procedimento disciplinare, in quanto adottato ai sensi dell’art. 58, primo comma, del d.lgs. n. 545/1986. Tale comma stabiliva che “Ogni superiore che rilevi l’infrazione disciplinare, per la quale non sia egli stesso competente ad infliggere la sanzione, deve far constatare la mancanza al trasgressore, procedere alla sua identificazione e fare rapporto senza ritardo allo scopo di consentire una tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare”. La chiara formulazione di tale disposizione, vigente fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 66/2010, porta ad escludere che l’atto in questione rientrasse nel procedimento disciplinare e ne segnasse l’inizio, essendo invece strumentale al suo avvio, avvenuto poi con l’atto in data 7 agosto 2007. Dalla sussistenza di due diversi procedimenti aventi diverso oggetto conseguono l’irrilevanza della questione dell’applicabilità dell’art. 120 del d.P.R. n. 3/1957, l’insussistenza di una violazione del principio del ne bis in idem, nonché la non ravvisabilità di perplessità o contraddittorietà nell’operato dell’Amministrazione.
Il motivo di doglianza della violazione dell’art. 1392 del d.P.R. n. 90/2010, entrato in vigore successivamente all’epoca dei fatti, dedotto solo in sede di memoria di replica, non è invocabile ed è infondato, secondo l’indirizzo di questo Consiglio, per cui il procedimento disciplinare di stato nei confronti del personale militare, attivato a seguito di condanna penale, deve concludersi nel termine di complessivi duecentosettanta giorni da quando l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza riguardante il dipendente incolpato – come avvenuto nella fattispecie – mentre i termini endoprocedimentali non hanno natura perentoria (Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2013, n. 1031).
Per quanto sopra esposto, l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata. Il regolamento delle spese processuali del grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre le maggiorazioni di legge se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 196/2003, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Francesco Frigida – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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