In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 12 luglio 2019, n. 30634.

La massima estrapolata:

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22, commi 2 e 4, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Sentenza 12 luglio 2019, n. 30634

Data udienza 9 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI RIMINI;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) SRL;
avverso la sentenza del 14/09/2017 del TRIBUNALE di RIMINI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MAURA NARDIN;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MARINELLI Felicetta, che ha concluso chiedendo;
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio.
udito il difensore:
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di RIMINI in difesa di (OMISSIS) SRL il quale chiede il rigetto del ricorso del PM e conferma della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 settembre 2017 il Tribunale di Rimini ha dichiarato non doversi procedere nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. per intervenuta prescrizione dell’illecito di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25 septies, comma 2, in relazione al reato di cui all’articolo 590 c.p., commi 2 e 3, commesso da (OMISSIS), committente dei lavori di risanamento conservativo di un fabbricato; (OMISSIS), legale rappresentante della (OMISSIS), impresa affidataria dei lavori; (OMISSIS), Legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), preposto dell’impresa affidataria dei lavori; (OMISSIS), responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, per avere i medesimi, ciascuno nella propria qualita’, contribuito a cagionare, con violazione delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, lesioni personali gravi ad (OMISSIS).
2. La sentenza: dato atto che il termine di prescrizione di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 22, regolante la disciplina della prescrizione dell’illecito amministrativo, dipendente da reato dell’ente, e’ di cinque anni, a far data dalla commissione dell’illecito e che il comma 2, della disposizione dispone che detto termine si interrompa a seguito della contestazione dell’illecito amministrativo fatta a norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 59; richiamata la giurisprudenza di legittimita’ – secondo cui la richiesta di rinvio a giudizio, in quanto atto di contestazione dell’illecito, produce l’effetto interruttivo solo se, oltre che emessa, sia stata anche notificata entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, dovendo applicarsi, ai sensi della L. 29 settembre 2000, n. 300, articolo 11, comma 1, lettera r), le norme del codice civile sull’interruzione della prescrizione (Cass. pen. Sez. 6, n. 18257 del 12/02/2015 – dep. 30/04/2015, P.M. in proc. Buonamico e altri, Rv. 263171); rilevato che nel caso di specie il decreto di rinvio a giudizio e’ stato ritualmente notificato solo oltre detto termine, ha dichiarato l’illecito contestato estinto per prescrizione.
3. Avverso la sentenza del Tribunale ricorre il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Rimini, formulando un unico motivo.
4. Con la doglianza fa valere la violazione della legge penale in relazione alla data di prescrizione dell’illecito contestato alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., con riferimento al Decreto Legislativo n. 81 del 2001, articoli 22 e 59. Osserva che fra la data di commissione del fatto – (OMISSIS) – e la data di notifica dell’ultimo decreto di citazione in giudizio – 19 novembre 2015 – sono decorsi effettivamente piu’ di cinque anni, ma che detta ultima notificazione e’ stata preceduta dalla notifica del 27-maggio 2013, disposta a seguito della prima udienza dibattimentale, nel corso della quale era stata eccepita la nullita’ della notifica del decreto di citazione in giudizio del 14 febbraio 2013. Deduce che la notificazione del decreto di citazione del 27 maggio 2013 alla societa’ e’ intervenuta ritualmente, avendo l’ente eletto domicilio presso il difensore, ma che all’udienza del 25 novembre il medesimo difensore eccepiva l’omessa notifica al difensore d’ufficio della societa’ e che il Tribunale, accogliendo l’eccezione disponeva la separazione della posizione della societa’, rimettendo gli atti al Procuratore della Repubblica, che provvedeva all’emissione di nuovo decreto di rinvio a giudizio, ritualmente notificato il 19 novembre 2015. Sostiene che la natura civilistica dell’istituto della prescrizione dell’illecito amministrativo, impone di ritenere che la prescrizione si sia interrotta una prima volta in data 27 maggio 2013, ed una seconda volta in data 19 novembre 2015, entro il quinquennio. Invero, le notifiche regolari dell’atto di citazione, in quanto contenenti gli estremi dell’addebito, se non consentono il corretto esplicarsi del diritto di difesa nel procedimento sanzionatorio, allorquando sia omessa la notifica al difensore della persona giuridica, nondimeno, instaurano nei suoi confronti il rapporto processuale. Richiama la giurisprudenza penalistica e del lavoro, secondo cui la domanda giudiziale invalida riveste la natura di atto di costituzione in mora, avente efficacia interruttiva della prescrizione, che dimostra, ancorche’ non perfettamente in termini, che il vizio dell’omessa notifica al difensore, in quanto vizio processuale, non si ripercuote sulla natura sostanziale del decreto di citazione, idoneo ad interrompere la prescrizione.
Conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Prima di affrontare il tema proposto con il ricorso, va ricordato che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 22, le sanzioni amministrative per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione e che sono interruttive della prescrizione “la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell’illecito amministrativo a norma dell’articolo 59”. Siffatta ultima disposizione prevede che la contestazione debba essere formulata con uno degli atti di cui all’articolo 405 c.p.p., comma 1, e debba comprendere “gli elementi identificativi dell’ente, l’enunciazione in forma chiara e precisa, del fatto che puo’ comportare l’applicazione delle sanzioni amministrative, con l’indicazione del reato da cui dipende l’illecito, dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova”.
2. La questione preliminare da affrontare, in questa sede, riguarda l’individuazione del momento della produzione degli effetti interruttivi della contestazione, posto che la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, interrompe la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 59 e articolo 22, commi 2 e 4. (Sez. 5, n. 50102 del 22/09/2015 – dep. 21/12/2015, D’Errico e altro, Rv. 26558801).
3. Ora, da un lato, si e’ sostenuto che “In tema di responsabilita’ da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 59, e articolo 22, commi 2 e 4” (cfr. Sez. 2, n. 41012 del 20/06/2018, C, Rv. 27408304; Sez. 2, n. 10822 del 15/12/2011 – dep. 20/03/2012, Cerasino e altri, Rv. 256705). Dall’altro, con la pronuncia richiamata dalla sentenza gravata, rimasta per la verita’ isolata, si affermato che: “In tema di responsabilita’ da reato degli enti, la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica interrompe il corso della prescrizione, in quanto atto di contestazione dell’illecito, solo se, oltre che emessa, sia stata anche notificata entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, dovendo trovare applicazione, ai sensi della L. 29 settembre 2000, n. 300, articolo 11, comma 1, lettera r), le norme del c.c. che regolano l’operativita’ dell’interruzione della prescrizione. (Sez. 6, n. 18257 del 12/02/2015 – dep. 30/04/2015, P.M. in proc. Buonamico e altri, Rv. 263171).
4. Secondo il primo orientamento deve considerasi risolutivo il rinvio del Decreto Legislativo n. 231 del 2011, articolo 59, all’articolo 405 c.p.p., comma 1, che individua fra gli atti di contestazione dell’illecito la richiesta di rinvio al giudizio, ovverosia un atto la cui efficacia prescinde dalla notifica alle parti. Ed invero, “Il richiamo che la legge delega effettua alle norme del codice civile non consente di trasformare la richiesta di rinvio a giudizio in un atto recettizio, in assenza di ogni indicazione normativa al riguardo; del pari, non e’ consentito interpolare la norma riconducendo, come proposto dal ricorrente, l’effetto interruttivo alla notifica dell’avviso di udienza, ovvero ad un atto a cui la legge non riconosce tale effetto”. Peraltro, “in tema di interruzione della prescrizione del reato, va riconosciuta anche agli atti processualmente nulli la capacita’ di conseguire lo scopo. Gli atti interruttivi della prescrizione, infatti, hanno valore oggettivo, in quanto denotano la persistenza nello Stato dell’interesse punitivo (Cass. sez. 5, n. 1387 del 09/12/1998 – dep. 02/02/1999, M in proc. Verzelletti B ed altri, Rv. 212435)”.
5. Al contrario, la seconda linea interpretativa valorizza la lettera della Legge Delega n. 300 del 2000, articolo 11, per la disciplina della responsabilita’ amministrativa delle persone giuridiche. La disposizione alla lettera r) espressamente stabilisce di “prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle lettere a), b), c) e d) e che l’interruzione della prescrizione e’ regolata dalle norme del codice civile”.
6. Ebbene, l’esito cui giunge il primo orientamento riportato deve essere condiviso.
6.1. Anche nell’ipotesi di c.d. reato degli enti, infatti, l’interruzione della prescrizione e’ posta a presidio della tutela della pretesa punitiva dello Stato, sicche’ il regime non puo’ che essere quello previsto per l’interruzione della prescrizione nei confronti dell’imputato e coincidere con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, in modo del tutto indipendente dalla sua notificazione.
Il rinvio alla Legge Delega n. 300 del 2000, articolo 11, lettera r), alle norme del codice civile, con cui l’efficacia interruttiva della prescrizione viene ricollegata, dall’indirizzo minoritario, alla notificazione della richiesta di rinvio a giudizio (o piu’ in generale dell’atto di contestazione), che peraltro manca di esplicita attuazione, va nondimeno inteso facendo riferimento al regime previsto dall’articolo 2945 c.c., comma 2, nel senso che una volta interrotta la prescrizione, con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, essa “non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”. Il che nulla a che fare con il momento della produzione degli effetti dell’atto interruttivo, ma solo con il contenuto di quegli effetti, rispetto ai quali, diversamente da quanto previsto per la prescrizione del reato con l’articolo 160 c.p., l’interruzione impedisce la decorrenza del termine prescrizionale fino a che il giudizio non sia terminato.
7. La scelta legislativa di far riferimento alla disposizione civilistica, anziche’ alle previsioni di cui all’articolo 160 c.p., deriva dalla natura della pretesa punitiva che sanziona la violazione da parte dell’impresa di norme che implicano limiti di compatibilita’ dell’azione imprenditoriale con l’interesse generale, come espresso dall’articolo 41 Cost., il quale non puo’ declinare di fronte al vantaggio dell’attivita’ d’impresa. Siffatta prevalenza determina la necessita’ del ricorso ad una normativa -quella civilistica appunto- che renda indifferente il tempo del processo all’irrogazione della sanzione, al fine di non stravolgere priorita’ collettive, costituzionalmente garantite.
8. Il ricorso deve essere, dunque, accolto con rinvio alla Corte di appello di Bologna per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna per l’ulteriore corso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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