Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4865.
Parti comuni la presunzione di comunione in relazione ad un determinato spazio
In tema di spazi condominiali, non rileva che in relazione ad un determinato spazio, nel caso di specie una chiostrina , che per sua natura e destinazione di fatto è uno spazio condominiale, non sia stato esplicitamente indicato nel regolamento di gestione. Non vi è dubbio che un cavedio rientri tra gli spazi per i quali vige la presunzione legale di comunione del bene, di cui all’art. 1117 c.c.
Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4865. Parti comuni la presunzione di comunione in relazione ad un determinato spazio
Data udienza 25 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio negli edifici – Parti comuni – Presunzione di comunione – Tutela delle parti comuni – Onere del condominio di provare rigorosamente la comproprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall’art. 1117 c.c. – Esclusione – Fondamento – Onere del condomino di provare il titolo di proprietà esclusiva – Sussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6993-2022 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 62-2022 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 13/01/2022;
25/01/2023 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
Parti comuni la presunzione di comunione in relazione ad un determinato spazio
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 30.12.2015 il Condominio di (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Foggia, per sentirla condannare al rilascio di un cortiletto dalla medesima occupato, sul presupposto che esso appartenesse al condominio attore. Con sentenza n. 1315-2019 il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che la convenuta avesse dimostrato la proprieta’ esclusiva dell’area contesa.
Con la sentenza impugnata, n. 62-2022, la Corte di Appello di Bari rigettava l’impugnazione proposta dal Condominio avverso la decisione di prime cure.
Ricorre per la cassazione della predetta decisione (OMISSIS), in qualita’ di condomina del Condominio di (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
In prossimita’ dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1117 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la presunzione di condominialita’ della corte oggetto di causa. Alla luce della funzione di quest’ultima, costituente cavedio destinato a dare aria e luce alle unita’ immobiliari che su di esso si affacciano, lo stesso avrebbe dovuto essere considerato ricompreso nell’ambito delle parti comuni del fabbricato, in difetto di titolo idoneo a dimostrarne la proprieta’ esclusiva. Nella specie, la (OMISSIS) non aveva prodotto un atto anteriore alla costituzione del condominio, al fine di provare la proprieta’ esclusiva del bene di cui si discute, e dunque non aveva assolto all’onere di prova su di lei gravante. La censura e’ fondata.
La Corte di Appello afferma che ambo le parti avevano “fatto pacificamente riferimento per fondarvi i rispettivi diritti” ad un atto del 1966, del quale ambedue avevano prodotto la nota di trascrizione (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), e ritiene in tal modo assolta, attraverso l’interpretazione del predetto strumento, la prova della proprieta’ esclusiva del cavedio. In tal modo, la Corte distrettuale non tiene conto del principio secondo cui la regola di attribuzione della proprieta’ prevista dall’articolo 1117 c.c. per i beni ivi elencati, tra cui rientrano anche i cortili, puo’ esser vinta soltanto mediante la prova certa: (1) che il bene non sia mai stato di proprieta’ comune, da fornire a cura del soggetto interessato mediante la produzione di un titolo anteriore all’insorgenza del condominio; (2) ovvero che lo stesso sia stato acquistato per usucapione. Sul punto, va inoltre considerato che i rapporti tra proprieta’ individuale e proprieta’ condominiale sono regolati dal principio secondo cui “In tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprieta’ di un bene appartenente a quelli indicati dall’articolo 1117 c.c. non e’ necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprieta’ del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo e cioe’ sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne affermi la proprieta’ esclusiva darne la prova” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20593 del 07/08/2018, Rv. 650001; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11195 del 07/05/2010, Rv. 613094). Nell’ambito del predetto rapporto, alcun rilievo assume la circostanza che un determinato spazio, comunque condominiale in funzione della sua natura e destinazione di fatto, non sia stato indicato nel regolamento dell’ente di gestione. Infatti “La presunzione legale di condominialita’ stabilita per i beni elencati nell’articolo 1117 c.c., la cui elencazione non e’ tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune, con la conseguenza che, per vincere tale presunzione, il soggetto che ne rivendichi la proprieta’ esclusiva ha l’onere di fornire la prova di tale diritto; a tal fine, e’ necessario un titolo d’acquisto dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono determinanti le risultanze del regolamento di condominio, ne’ l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprieta’ esclusiva di un singolo condomino” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5633 del 18/04/2002, Rv. 553833; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8152 del 15/06/2001, Rv. 547520, che esclude la natura decisiva dei dati catastali, dotati di mera valenza indiziaria).
Ne’ vi e’ dubbio sul fatto che il cavedio rientri nel novero dei beni comuni di cui all’articolo 1117 c.c., posto l’ulteriore principio, che pure merita di essere ribadito, secondo cui “Il cavedio -talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce- e’ un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi), e percio’ sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall’articolo 1117, n. 1 c.c. tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4350 del 07/04/2000, Rv. 535405; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17556 del 01/08/2014, Rv. 631830). Non rileva, a contrario, il fatto che al cortile, o cavedio, si possa accedere solo tramite una proprieta’ individuale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23316 del 23/10/2020, Rv. 659381), poiche’ ai fini dell’esclusione della regola attributiva della proprieta’ di cui all’articolo 1117 c.c. occorre la prova che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata al servizio esclusivo di una o piu’ unita’ immobiliari (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24189 del 08/09/2021, Rv. 662169).
Nel caso di specie, peraltro, dalla produzione allegata al ricorso risulta che il Condominio si e’ costituito con delibera del (OMISSIS), anteriore, quindi, allo strumento del 1966 indicato nella sentenza impugnata.
L’accoglimento della prima censura determina l’assorbimento delle altre, con le quali la ricorrente lamenta, rispettivamente:
a) la violazione degli articoli 342, 345 e 346 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte barese non avrebbe considerato le istanze istruttorie formulate dal Condominio in prime cure, che erano state riproposte anche in appello, e non avrebbe dunque consentito di fornire la prova della natura condominiale dell’area di cui e’ causa (secondo motivo);
b) la violazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte di merito avrebbe travisato il senso delle prove allegate agli atti, con particolare riferimento al contenuto della nota di trascrizione del 1966, indicata in sentenza, riferita ad un atto al quale era allegata planimetria descrittiva dell’immobile, la quale escludeva che la proprieta’ del cavedio fosse stata acquistata dalla (OMISSIS) (terzo motivo);
c) la ricorrente lamenta l’omesso esame dei documenti indicati in appello, ritenuti rilevanti ai fini della decisione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (quarto motivo).
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso, mentre vanno dichiarati assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, nei limiti della censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Bari, in differente composizione.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Bari, in differente composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply