Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4909.

Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

L’azione generale di arricchimento, che presuppone la locupletazione, senza giusta causa, di un soggetto a danno di un altro, non è invocabile per ottenere il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale, poiché sussiste la causa dello spostamento patrimoniale ed è possibile agire ai sensi degli artt. 1150 e 192 c.c., anche in caso di sopravvenuto decesso del coniuge arricchito, dovendosi in tal caso agire nei confronti degli eredi.

Ordinanza|16 febbraio 2023| n. 4909. Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

Data udienza 24 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Indebito arricchimento – Ristrutturazione casa coniugale – Divorzio – Rimborso spese sostenute – Legittimazione passiva – Insussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26405/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Italia Concetta;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Asero Carmelo;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1342/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 10/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/11/2022 dal Consigliere Dott. GRAZIOSI CHIARA.

Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

RILEVATO

che:
Con atto di citazione notificato il 29 marzo 2007 (OMISSIS) conveniva davanti al Tribunale di Catania (OMISSIS) e (OMISSIS), genitori della sua ex coniuge (OMISSIS) – il matrimonio, contratto nel (OMISSIS), era stato oggetto di divorzio nel (OMISSIS) -, assumendo di avere negli anni 90 realizzato a proprie spese un appartamento sovrastante un’area dei convenuti, a cio’ consenzienti, e chiedendo pertanto di accertare cio’ e di condannare i suddetti a corrispondergli la somma di Euro 51.000, o la diversa somma di giustizia, oltre accessori, per tutte le spese (acquisto dei materiali e manodopera) da lui sostenute per la costruzione o la relativa indennita’.
Si costituivano i convenuti resistendo e preliminarmente eccependo di non essere mai stati proprietari ne’ dell’area ne’ dell’immobile. L’attore veniva pertanto autorizzato a chiamare in causa (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali si costituivano eccependo difetto di legittimazione passiva essendo divenuti proprietari dell’immobile solo nel (OMISSIS), negli anni 90 essendo stati soltanto beneficiari, insieme alla defunta sorella (OMISSIS), di un’autorizzazione all’utilizzo del bene di proprieta’ regionale; l’attore e (OMISSIS), sposati in regime di comunione dei beni, avrebbero abitato l’immobile e sostenuto spese dirette a renderlo meglio utilizzabile, ciascuno attingendo dalle proprie sostanze.
Nelle more decedeva (OMISSIS) e veniva dichiarata l’interruzione; riassunto dall’attore il giudizio, si costituivano quali suoi eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eccependo difetto di legittimazione passiva per non essere stato il de cuius proprietario ne’ dell’area ne’ dell’immobile.
Con sentenza del 15 dicembre 2016 il Tribunale respingeva le domande attoree.
Il (OMISSIS) proponeva appello, cui resistevano le controparti.
La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 10 giugno 2019, accoglieva parzialmente il gravame, ritenendo priva di legittimazione passiva la (OMISSIS) e condannando in solido gli altri appellati a corrispondere all’appellante la somma di Euro 24.831,43, oltre interessi dalla domanda al saldo.
I due fratelli (OMISSIS) hanno presentato ricorso, composto di tre motivi, da cui si e’ difeso con controricorso il (OMISSIS).
La causa e’ stata chiamata nella udienza camerale del 20 aprile 2022, al cui esito e’ stata emessa il 17 maggio 2022 ordinanza interlocutoria che ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di (OMISSIS) (come era stato chiesto dal controricorrente). E’ stata poi inserita nel ruolo nella udienza camerale del 24 novembre 2022, espletata l’integrazione senza conseguente costituzione.

Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

CONSIDERATO

che:
1.1 Con il primo motivo del ricorso si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 2041, 2042, 143 e 192 c.c. nonche’ dell’articolo 1150 c.c. “per avere ritenuto sussistenti i presupposti dell’azione di arricchimento senza causa e in relazione alla legittimazione passiva”.
Rilevato che il giudice d’appello ha ritenuto che gli attuali ricorrenti siano legittimati passivi in quanto diretti beneficiari delle spese compiute dai soggetti che hanno edificato l’appartamento – “in altri termini gli stessi in quanto gli unici che si arricchiscono del fabbricato realizzato sulla loro proprieta’” -, si osserva che l’articolo 2041 c.c., relativo all’azione generale di arricchimento, diretta essenzialmente a evitare spostamenti patrimoniali privi di giustificazione, richiederebbe per l’applicazione quattro requisiti:
l’arricchimento di un determinato soggetto nei confronti di un altro in difetto di valida causa giustificativa, il nesso causale diretto e immediato tra arricchimento e depauperamento – nel senso che “il fatto deve essere unico generatore di entrambi” -, la liceita’ del fatto generatore (altrimenti si rientrerebbe nell’articolo 2043 c.c.) e la sussidiarieta’ dell’azione.
Quanto alla liceita’, nel caso in esame sussisterebbe “una chiara violazione normativa”, in quanto l’edificio sarebbe stato edificato abusivamente e il (OMISSIS) sarebbe stato consapevole che l’immobile che aveva ristrutturato insieme alla moglie per farne la casa coniugale risiedeva sul terreno demaniale, al tempo dei lavori – (OMISSIS) – e fino a (OMISSIS) non avendone la proprieta’ ne’ i coniugi ne’ gli attuali ricorrenti. L’edificazione abusiva pertanto non potrebbe “legittimare l’odierna pretesa del (OMISSIS) per ulteriori rifiniture, al pari della consapevolezza dello stesso di agire contra ius”.
La domanda del (OMISSIS), gia’ in primo grado, pur non essendo ben definita, ad avviso dei ricorrenti “appariva implicitamente rivolta ad ottenere il rimborso delle somme asserite come pagate per ristrutturare la casa coniugale in cui aveva convissuto con l’ex consorte, in costanza di matrimonio”, e quindi riconducibile alla fattispecie di cui agli articoli 1150 e 192 c.c., tant’e’ che originariamente il (OMISSIS) aveva citato gli ex suoceri e solo a seguito delle doglianze di questi chiamato in causa gli odierni ricorrenti in quanto divenuti proprietari dell’area demaniale nel (OMISSIS). Sarebbe pertanto evidente che il preteso ingiustificato arricchimento avvenne “per interposta persona”.

Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

Nel caso in esame, in effetti, mancherebbe “il requisito della unicita’ del fatto generatore”, sussistendo “un’ipotesi di arricchimento mediato”, ovvero inserito in una vicenda trilaterale in cui “l’arricchito non corrisponde alla parte nei cui confronti l’impoverito ha eseguito direttamente la prestazione”, essendo stata resa quest’ultima “in relazione ai bisogni della coppia” ex articolo 143 c.c. per rendere piu’ adeguata alle esigenze di famiglia “l’abitazione messa a disposizione da uno dei due coniugi ed impiegata come casa comune”: si dovrebbe percio’ ritenere che le spese compiute da uno dei coniugi erano dirette a soddisfare i bisogni familiari.
La consolidata giurisprudenza di legittimita’ riterrebbe inammissibile l’azione ex articolo 2041 c.c. in caso di arricchimento mediato, sia in forza del testo normativo, sia per la ratio dell’istituto, sia per l’interpretazione in senso astratto del principio di sussidiarieta’, ex articolo 2042 c.c. (in particolare S.U. 14215/2002). Infatti il concetto di correlativita’ sarebbe riferibile solo ad un nesso di causalita’ diretta, id est l’impoverimento dovrebbe essere causa dell’arricchimento o entrambi dovrebbero derivare dalla medesima causa, il che impedirebbe l’azione verso il terzo, perche’ questo “non si sarebbe arricchito a danno di un’altra persona”. Altrimenti, “in contrasto con la lettera della legge”, si verrebbe a ledere la posizione giuridica del terzo costringendolo a indennizzare un soggetto con cui non ha avuto rapporto giuridico negoziale ma al quale “neanche ha causato un danno”.
Detta interpretazione troverebbe sostegno pure nella natura sussidiaria dell’azione di arricchimento disposta dall’articolo 2042 c.c., dal momento che “il criterio della sussidiarieta’ va individuato in astratto”. L’articolo 2042 “impone all’interprete una verifica in astratto della sussistenza di altre azioni esperibili a tutela dell’istante”, in quanto cio’ basterebbe a impedire l’azione ex articolo 2041 c.c. E nel caso in esame sarebbe incontrovertibile che gli attuali ricorrenti divennero proprietari nel (OMISSIS) dell’immobile il quale, adibito a casa coniugale, era stato goduto esclusivamente dal (OMISSIS) e dalla loro sorella: i “lavori asseriti come eseguiti dal (OMISSIS)” sarebbero stati quindi diretti “a rendere piu’ confacente alle esigenze della famiglia l’abitazione messa a disposizione dalla moglie”, e compiuti con il consenso di lei e dei suoi genitori, “rimanendo estranei gli odierni ricorrenti”.
Il (OMISSIS), sciolta la comunione quando si separo’ dalla moglie, avrebbe potuto agire ex articolo 192 c.c. “per la ripetizione delle somme ritenute come impiegate in costanza di matrimonio, per fini diversi dal soddisfacimento dei bisogni familiari”, anche se “la giurisprudenza piu’ recente” escluderebbe l’esistenza di un diritto del coniuge non proprietario del bene “ad ottenere un’indennita’ per i lavori eseguiti a proprie cure e spese, nel caso in cui, durante il matrimonio, abbia apportato migliorie, addizioni e finanche ristrutturazioni alla casa familiare” per cui le spese compiute da un coniuge sarebbero state per soddisfare i bisogni familiari ex articolo 143 c.c.. Quest’ultima norma andrebbe peraltro contemperata con l’articolo 1150 c.c., fonte del diritto del possessore al rimborso per gli interventi effettuati sulla casa coniugale qualora ne incrementino il valore patrimoniale, onde il coniuge non proprietario dell’abitazione, quale compossessore che ne aveva apportato migliorie d’accordo con l’altro coniuge, potrebbe esercitare, quale azione tipica, la domanda di indennita’ corrispondente all’aumento di valore derivato dai miglioramenti (articolo 1150 c.c., comma 3) “purche’ dimostri che tali esborsi non siano avvenuti per il mero soddisfacimento di un interesse familiare”, potendo appunto ottenere una mera indennita’ e non l’integrale restituzione delle somme versate.
In conclusione, nel caso in esame l’articolo 2041 c.c. sarebbe inapplicabile, per mancanza del requisito della sussidiarieta’ di cui all’articolo 2042 c.c., che ricorrerebbe soltanto se “nessun’altra azione sussistesse ovvero se questa, pur esistente in astratto, non potesse essere esperita per carenza ab origine di taluno dei suoi requisiti”.
1.2 I ricorrenti sostengono altresi’ che, pur se si ritenesse “applicabile l’articolo 2041 c.c. al caso di arricchimento mediato come nel caso di specie” – ipotesi comunque denegata -, occorrerebbe che “l’arricchimento del terzo fosse avvenuto a titolo gratuito: valorizzando l’articolo 2038 c.c. nel caso di alienazione della cosa ricevuta indebitamente, se – e solo se – il terzo l’abbia acquistata a titolo gratuito e’ obbligato, nei limiti dell’arricchimento, verso colui che ha pagato l’indebito”. E nel caso in esame, al tempo dei lavori sull’immobile i (OMISSIS) sarebbero stati meri utilizzatori di un bene di proprieta’ statale, acquistato onerosamente soltanto nel (OMISSIS), per cui non potrebbero essere condannati verso il (OMISSIS) a corrispondere alcunche’.

Azione generale di arricchimento ed il rimborso delle spese sostenute da uno dei coniugi per il miglioramento della casa coniugale

2. Con il secondo motivo si denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli articolo 112 c.p.c. e Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 57, richiamando la corrispondenza chiesto/pronunciato e la fattispecie di extra petitum.
Ricorrerebbe nel caso in esame “un’ipotesi di vizio di motivazione dal momento che il Decidente si pronuncia su di una domanda non formulata ne’ modificata e/o precisata da controparte nei concessi termini di legge in primo grado”, cosi’ pervenendo ad una decisione affetta da nullita’ e come tale impugnabile.
Sarebbe pacifico che “la domanda proposta in primo grado e tutto il successivo oggetto del contendere” avrebbero riguardato una domanda di pagamento per gli esborsi del (OMISSIS) per l’appartamento coniugale in costanza di matrimonio, appartamento del quale i gli odierni ricorrenti non sarebbero stati possessori, “come dichiarato dallo stesso (OMISSIS), unico compossessore unitamente alla moglie… dagli anni 80”; e dalla esposizione dei fatti di causa fornita dal (OMISSIS) emergerebbe che la domanda non era stata qualificata indebito arricchimento, qualificazione avvenuta solo in grado d’appello.
Proprio “in sede di appello, e solo a seguito delle eccezioni formulate dagli odierni ricorrenti gia’ in primo grado” il (OMISSIS) avrebbe “avanzato pretese fondate sull’istituto di cui all’articolo 2041 c.c. mai sfociate, pero’, in reali domande rivolte al giudice di primo grado”.
Invero, nell’atto di citazione il (OMISSIS) avrebbe chiesto la condanna degli ex suoceri a pagargli la somma di Euro 51.000 per avere egli realizzato negli anni 90, in costanza di matrimonio e a sue cure e spese, un appartamento sulla nuda area dei convenuti con il loro assenso; e, successivamente, nell’atto d’appello, a pagina 4s., il (OMISSIS) cosi’ si sarebbe espresso: “L’immobile nel (OMISSIS) passo’ in proprieta’ esclusiva ai sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), che in punto di loro legittimazione passiva non puo’ dubitarsi, giacche’ in capo agli stessi si e’ verificato un illegittimo incremento patrimoniale… in base a tale incoerente e infondata argomentazione, i convenuti prima possessori e poi proprietari dell’immobile potrebbero legittimamente beneficiare dell’arricchimento senza causa e del relativo incremento patrimoniale in danno del (OMISSIS)”.
Dunque, dagli atti emergerebbe che il (OMISSIS) a seguito delle eccezioni dei convenuti non si sarebbe avvalso del termine ex articolo 183 c.p.c. per effettuare una emendatio libelli, e che neppure in appello avrebbe formulato domanda ex articolo 2041 c.c., al contrario “rimandando alle domande avanzate in primo grado e quindi al pagamento delle spese sostenute” per l’appartamento adibito a casa coniugale. Il giudice d’appello, percio’, avrebbe “violato le norme che regolano i principi fondamentali del processo”, tra quella della corrispondenza chiesto/pronunciato, con conseguente nullita’ della sentenza.
3. Con il terzo motivo, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si denuncia violazione ed errata applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1 (sic), n. 4 “per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione”.
Richiamato l’insegnamento di S.U. 8053/2014 in ordine alla corretta conformazione della motivazione, che vieta la presenza di irriducibile contraddittorieta’ e illogicita’ manifesta, si sostiene che proprio di tale vizio la motivazione della sentenza impugnata sarebbe affetta, in quanto offrirebbe “argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato”.
Premesso che la corte territoriale afferma che “l’appellante ha diritto al rimborso della meta’ della spesa” per aver realizzato i lavori congiuntamente alla moglie, con cui aveva un regime patrimoniale di comunione, si rileva che non sarebbe pero’ “ben chiara la qualificazione data dal Giudice alla chiamata in giudizio degli odierni ricorrenti”. In particolare, non si comprenderebbe se questi siano stati considerati “convenuti in giudizio in qualita’ di successori della (OMISSIS) o di (OMISSIS) o quali terzi, divenuti proprietari dell’immobile in oggetto e che quindi si sono presuntivamente avvantaggiati indirettamente della ristrutturazione”. Cio’ tanto piu’ tenendo in conto che con l’atto di citazione vennero convenuti i genitori della defunta ex moglie e che solo in seguito il contraddittorio fu integrato nei confronti degli attuali ricorrenti, quali nuovi proprietari dell’immobile e non come presunti successori della sorella, e che altresi’ gli attuali ricorrenti furono “successivamente evocati in giudizio come eredi di (OMISSIS)”.
Il giudice d’appello poi “ha confermato il difetto di legittimazione passiva in capo a (OMISSIS) senza pronunciare analoga statuizione per i ricorrenti nella qualita’ di eredi di (OMISSIS)”, ma al tempo stesso riconosciuto la responsabilita’ dei ricorrenti reputandoli gli unici che avessero tratto vantaggio, sulla base pero’ di una motivazione fondata esclusivamente sul rapporto tra il (OMISSIS) e la defunta ex moglie, “sicche’, tra le tante illogicita’, si evidenzia la mancata constatazione della mancanza di qualsivoglia azione rivolta dal (OMISSIS) nei confronti dell’ex coniuge” dopo la separazione quando ella era ancora viva. Tuttavia la corte “valuta a favore del (OMISSIS) (sic) l’intimazione inviata nel 2001 ai coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) a corrispondere le somme, nonche’ la relazione tecnica del geom. (OMISSIS) redatta per conto della (OMISSIS) e trasmessa al (OMISSIS) (sic) dal suocero (OMISSIS) quando la (OMISSIS) era ancora in vita, con la chiara intenzione del riconoscimento di un diritto al rimborso della meta’ della spesa sostenuta per la casa coniugale senza che gli odierni ricorrenti fossero parte in tutte le vicende teste’ enunciate”.
Quindi il diritto riconosciuto al (OMISSIS), per quanto emergerebbe dalla motivazione della sentenza impugnata, troverebbe titolo nel rapporto coniugale senza pero’ che risulti da lui esercitata alcuna azione verso la moglie o i suoi aventi causa, bensi’, applicando l’arricchimento mediato, gravando gli attuali ricorrenti del pagamento per essere divenuti proprietari a titolo oneroso nel (OMISSIS), estranei alla vicenda coniugale, e per di piu’ dovendosi considerare che “a seguito della separazione il (OMISSIS) dopo aver posseduto e goduto l’immobile per un ventennio lasciava la casa in godimento alla moglie”.
Inoltre, anche qualora si volesse intendere che la ratio motivazionale del giudice d’appello consista “nella tesi del sorgere di un diritto di proprieta’ in capo alla defunta (OMISSIS) successivamente al divorzio e conseguentemente alla dismissione avvenuta nel (OMISSIS)” (ella era deceduta cinque mesi prima della dismissione), meriterebbero comunque contestazione il diritto alla ripetibilita’ di quanto investito per ristrutturare la casa familiare una volta cessato il rapporto di coniugio, e la conseguente condanna degli attuali ricorrenti. Cass. sez. 3, ord. 4 ottobre 2018 insegna infatti che il coniuge che sostiene le spese per ristrutturare l’immobile comune puo’ ripetere dall’altro coniuge solo quelle sborsate in un periodo successivo alla separazione.
Anche sotto questo aspetto la sentenza sarebbe dunque “irriducibilmente illogica”, dal momento che giunge a ritenere che gli attuali ricorrenti, “che hanno acquistato l’immobile per dismissione successivamente ai lavori illegittimi effettuati dal (OMISSIS) in costanza di matrimonio”, dovrebbero pagargli la meta’ delle spese di ristrutturazione benche’ tale diritto egli non l’avrebbe vantato neppure nei confronti della ex moglie, essendo stati i conferimenti spontaneamente versati in costanza di matrimonio ed essendo pertanto irripetibili.
In conclusione, ad avviso dei ricorrenti “la sentenza presenta palesemente delle argomentazioni contrastanti e contraddittorie nella motivazione tali da non permettere di comprendere” la ratio decidendi adottata, derivandone la nullita’ della sentenza stessa.
4.1 Premesso che il ricorso e’ stato formulato in modalita’ corretta, che lo dota di adeguata autosufficienza, deve osservarsi anzitutto che il (OMISSIS) aveva agito senza qualificare la propria domanda (cio’ e’ stato riconosciuto persino dal controricorso, a proposito del secondo motivo, pagina 12: “la domanda del (OMISSIS) non conteneva riferimenti ad alcuna norma specifica sicche’ la qualificazione datane dal giudice di merito non ha implicato alcuna modificazione della domanda “ab origine” proposta”).
La qualificazione ex articolo 2041 c.c. e’ stata effettuata proprio dal giudice d’appello, ed e’ per questo che nel primo motivo del ricorso si affronta ora la domanda nel suo contenuto – ed e’ in effetti la prima volta che i ricorrenti possono affrontarlo, anteriormente non essendovi stata appunto la qualificazione operata dal giudice d’appello -.
4.2 Nel primo motivo, allora, si osserva in primo luogo che l’articolo 2041 c.c. non e’ applicabile per le attivita’ illecite e che l’immobile su cui sono stati compiuti i lavori di perfezionamento per renderlo piu’ adatto come casa coniugale era stato edificato abusivamente (ricorso, pagina 7).
Sotto quest’ultimo profilo non si puo’ allora non rilevare che realmente S.U. 10 settembre 2009 n. 19448 insegna che nella domanda ex articolo 2041 c.c. causa dello spostamento patrimoniale non deve essere antigiuridica (cosi’ afferma la relativa massima: “La domanda di indennizzo per arricchimento senza causa e quella di risarcimento danni da responsabilita’ aquiliana non sono intercambiabili, in quanto diverse per “causa petendi” e “petitum”, poiche’ nella prima la causa dello spostamento patrimoniale non deve essere qualificata come antigiuridica e l’indennizzo deve essere ragguagliato alla minor somma tra l’arricchimento e il depauperamento…).
4.3 In secondo luogo, nel primo motivo si rimarca che la domanda del (OMISSIS), pur non “ben definita”, riguarda il rimborso delle spese per il miglioramento della casa coniugale, per cui sarebbero applicabili gli articoli 1150 c.c. (che al comma 2 stabilisce che il possessore ha diritto all’indennita’ per i miglioramenti arrecati alla cosa purche’ sussistano al tempo della restituzione) e 192 c.c. (gli articoli 191 c.c. e ss. regolano infatti lo scioglimento della comunione dei beni dei coniugi, che avvenga per separazione e divorzio, tra l’altro; e in tale contesto l’articolo 192 c.c., comma 3, prevede che il coniuge puo’ chiedere la restituzione delle somme sue personali impiegate per il patrimonio comune). Qui invero si sostiene che manchi il requisito della unicita’ del fatto generatore, configurandosi un’ipotesi di arricchimento mediato. L’arricchimento sarebbe insorto tramite interposta persona, cioe’ la ex consorte; e l’arricchimento mediato rende inammissibile l’azione ex articolo 2041 c.c.
4.4 Pertinente al riguardo e’ la giurisprudenza invocata dai ricorrenti: S.U. 3 ottobre 2002 n. 14215, che insegna che l’articolo 2041 c.c. e’ azione generale e sussidiaria per cui se l’arricchimento deriva da un rapporto o da un contratto non si puo’ ritenere che la causa dell’arricchimento manchi o sia ingiusta, almeno finche’ il rapporto o il contratto mantengano la loro efficacia obbligatoria (“L’azione generale di arricchimento ha come presupposto che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, per cui, quando questa sia invece la conseguenza di un contratto o comunque di un altro rapporto, non puo’ dirsi che la causa manchi o sia ingiusta, almeno fino a quando il contratto o l’altro rapporto conservino la propria efficacia obbligatoria.” – si rammenta che a questo pienamente condivisibile insegnamento sono conformi, tra le pronunce massimate, le successive Cass. sez. 3, 20 dicembre 2004 n. 23625, Cass. sez. 3, 16 marzo (OMISSIS) n. 5689, Cass. sez. 2, 31 gennaio 2008 n. 2312, Cass. sez. 3, 2 aprile 2009 n. 8020, Cass. sez. 3, 15 maggio 2009 n. 11330, Cass. sez. 3, 24 febbraio 2010 n. 4492, Cass. sez. 1, 12 novembre 2014 n. 24165 e Cass. sez. 2, 13 aprile 2016 n. 7331 -). E su questa scia interpretativa il motivo in esame perviene ad affermare che nel caso de quo la causa dell’arricchimento sarebbe sussistente, dal momento che al (OMISSIS) sarebbe stato possibile agire ex articolo 1150 c.c., naturalmente in combinato disposto con l’articolo 192 c.c.
4.4 A ben guardare, in effetti l’attore ha citato in modo generico per non ammettere che aveva speso per le migliorie alla casa coniugale; non ha comunque negato, poi, che tale fosse l’obiettivo delle spese, e significativamente non ha proposto ricorso incidentale per ottenere anche l’altra meta’ delle spese. Quindi non si e’ dinanzi a spese senza causa, e il (OMISSIS) avrebbe dovuto semmai agire ex articoli 1150 e 192 c.c. nei confronti dell’ex coniuge; non puo’ “trasformare” il sopravvenuto decesso di questa nell’assenza di causa ai fini di avvalersi dell’articolo 2041 c.c., dovendo semmai agire per la causa sopra evidenziata nei confronti di altri soggetti quali suoi eredi.
5. L’articolo 2041 c.c. quindi nella presente fattispecie non e’ invocabile, sussistendo la causa dell’arricchimento, il che conduce all’accoglimento del primo motivo – assorbendo gli altri -, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa conseguentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *