Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|22 febbraio 2023| n. 5458.
Partecipazione anche di fatto di una società di capitali ad una società di persone la cd. supersocietà
La circostanza che singole società che partecipano ad una società di capitali perseguendo il medesimo interesse della stessa che, anche solo di fatto, ne detiene il controllo, è prova della inesistenza delle predette società di fatto; fornendo, di contro, prova positiva di una holding di fatto. Da ciò consegue che il curatore, accertata tale situazione, può e deve procedere con un’azione di responsabilità risarcitoria ex art. 2497 c.c.
Ordinanza|22 febbraio 2023| n. 5458. Partecipazione anche di fatto di una società di capitali ad una società di persone la cd. supersocietà
Data udienza 9 febbraio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Estensione al socio giuridico ex art. 147 l.f. – Partecipazione anche di fatto, di una società di capitali ad una società di persone – cd. supersocietà – Applicazione dell’art. 147 l.f. anche se il socio sia una società di capitali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAZZICONE Loredana – Presidente
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 42 80-2020 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. e (OMISSIS), rappresentati e difesi dapprima dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per procure in calce al ricorso e poi dall’Avvocato (OMISSIS) per procura del 21/3/2022 agli atti;
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ DI FATTO TRA (OMISSIS), (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE E (OMISSIS) S.R.L. NONCHE’ DI (OMISSIS) E DELLA (OMISSIS) S.R.L. QUALI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI DELLA SOCIETA’ DI FATTO, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) S.R.L.;
– intimato –
avverso la SENTENZA n. 2425-2019 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO, depositata il 18/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9/2/2023 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.
Partecipazione anche di fatto di una società di capitali ad una società di persone la cd. supersocietà
FATTI DI CAUSA
1.1. La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS) avverso la sentenza con la quale, in data 20/6-3/7/2019, il tribunale di Lamezia Terme, su istanza del curatore del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, ha dichiarato, in estensione di quest’ultimo, a norma dell’articolo 147 l.fall., il fallimento della societa’ di fatto tra la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, la (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) nonche’ della (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS) quali suoi soci illimitatamente responsabili.
1.2. La corte, in particolare, ha ritenuto che la sussistenza di una societa’ di fatto tra le due societa’ di capitali e (OMISSIS) era dimostrata da numerosi elementi sintomatici, e cioe’: – la partecipazione, diretta o (tramite la sorella) indiretta, di (OMISSIS) all’intero capitale sociale sia della (OMISSIS) s.r.l., che della (OMISSIS) s.r.l.; – l’esercizio in via esclusiva della gestione delle predette societa’ di capitali da parte di (OMISSIS), il quale, in particolare, dopo essere stato amministratore unico e liquidatore della (OMISSIS) s.r.l., ha continuato a gestire la societa’ anche dopo che la carica di liquidatore era stata assunta da un suo “mero prestanome”, risultato irreperibile, cosi’ come, anche in epoca successiva alla nomina di altro soggetto quale amministratore, si e’ ingerito nella gestione della (OMISSIS) s.r.l., sottoscrivendo o ricevendo atti, tanto per l’una, quanto per l’altra societa’, quale legale rappresentante delle stesse; – l’esercizio da parte delle predette societa’ della medesima attivita’, e cioe’ la vendita all’ingrosso e al dettaglio di ferramenta, di colori e vernici, di articoli igienico-sanitari e di materiale elettrico e per l’edilizia, con la stessa organizzazione commerciale, avendo le stesse utilizzato per l’esercizio dell’attivita’ d’impresa, “nello stesso arco temporale”, “i medesimi locali”, siti a (OMISSIS), aventi “un unico accesso ed un unico servizio igienico”, dove sono stati rinvenuti beni e documenti appartenenti all’una e all’altra “senza distinzione”, e “lo stesso indirizzo”, comunicato a terzi e fornitori tanto dell’una quanto dell’altra societa’, che “ivi facevano recapitare la corrispondenza”, con un’insegna, “congegnata in maniera tale da ingenerare nei terzi il convincimento di un’unica impresa”, ed avendo indifferentemente impiegato gli stessi “beni strumentali”, come il tintometro a motore elettrico, pignorato dapprima come bene della (OMISSIS) s.r.l. e poi come bene della (OMISSIS) s.r.l., e la stessa utenza telefonica, idrica ed elettrica; – il compimento di operazioni tra di loro denotanti un indirizzo imprenditoriale unitario, come la cessione di beni mobili tra l’una e l’altra, per l’importo complessivo di Euro. 19.897,00, mai pagato; – la stipula di contratti di finanziamento e il rilascio di garanzie personali da parte del (OMISSIS) per sorreggere e finanziare in modo stabile e continuativo l’attivita’ delle indicate societa’ di capitali, spendendo nell’assumere siffatti impegni il proprio nome “in modo da ingenerare anche nei terzi la sicura convinzione di un vincolo sociale tra loro”.
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1.3. La corte d’appello, quindi, ha affermato la sussistenza tra le due societa’ di capitali (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. di una societa’ di fatto finalizzata all’esercizio della stessa impresa gia’ “facente capo a (OMISSIS) S.r.l.”, e cioe’ “la gestione e messa a reddito della complesso dei beni aziendali del (OMISSIS), anch’egli socio di tale compagine di fatto”, ed, accertato il suo stato di insolvenza in ragione tanto dell’esposizione debitoria della (OMISSIS) s.r.l., e cioe’ “dell’imprenditore apparentemente individuale gia’ dichiarato fallito” ma, in realta’, “socio” illimitatamente responsabile della indicata societa’ di fatto, al quale “era inizialmente imputabile l’attivita’ economica”, quanto dell’esposizione debitoria della (OMISSIS) s.r.l., pari, alla data della sentenza dichiarativa del suo fallimento in estensione, ad oltre 150.000 Euro, che la stessa non ha dimostrato di poter fronteggiare con mezzi normali di pagamento, ha, di conseguenza, confermato la sentenza che aveva esteso il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione alla societa’ di fatto tra quest’ultima, la (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) nonche’ della (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS) quali suoi soci illimitatamente responsabili.
2.1. La (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS), con ricorso spedito per la notifica il 17/1/2020, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata il 18/12/2019.
2.2. Ha resistito, con controricorso, il Fallimento della societa’ di fatto tra (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione e (OMISSIS) s.r.l. nonche’ di (OMISSIS) e della (OMISSIS) s.r.l. quali soci illimitatamente responsabili della societa’ di fatto.
2.3. La (OMISSIS) s.r.l. e’ rimasta intimata.
2.4. Le parti hanno depositato memorie.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando
l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, nonche’ la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 147, commi 1 e 5, l.fall. e dell’articolo 2497 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, pur avendo accertato l’esistenza di societa’ organizzate verticalmente che agiscono secondo gli indirizzi di un unico amministratore, ha ritenuto che tra le stesse e (OMISSIS) sussistesse una societa’ di fatto senza, tuttavia, considerare che gli elementi sintomatici che la sentenza ha indicato, integrano, in realta’, una holding personale con eterodirezione delle diverse societa’.
3.2. La societa’ di fatto alla quale partecipano societa’ di capitali, infatti, presuppone l’accertamento rigoroso del comune interesse perseguito, che dev’essere conforme e non contrario all’interesse dei soci e deve, pertanto, escludersi nel caso del gruppo di societa’ organizzate verticalmente e gestite in via strumentale da un dominus che esercita sulle stesse l’attivita’ di direzione e coordinamento.
3.3. Il fatto che le singole societa’ avrebbero perseguito l’interesse di (OMISSIS), che ne avrebbe avuto, anche solo di fatto, il controllo, costituisce, pertanto, una prova contraria dell’esistenza della societa’ di fatto, dimostrando, piuttosto, una holding di fatto nei confronti della quale il curatore, una volta accertato l’abuso di direzione e coordinamento, avrebbe potuto e dovuto agire non gia’ chiedendo il fallimento in estensione ma solo per farne valere, a norma dell’articolo 2497 c.c., la responsabilita’ risarcitoria.
3.4. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la nullita’ della sentenza impugnata e/o del procedimento di primo grado, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso ogni pronuncia sulla richiesta di ammissione della prova testimoniale formulata nell’atto di reclamo, senza, tuttavia, considerare che la prova non ammessa o non esaminata era idonea a dimostrare circostanze, come l’avvenuto pagamento dei beni mobili oggetto delle cessioni tra la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.r.l. e il fatto che le due societa’ operavano in locali separati nell’ambito della propria autonomia organizzativa, contabile e patrimoniale, tali da invalidare con certezza l’efficacia delle risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito.
4.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili (al pari delle censure, come quella relativa al mancato accertamento dell’insolvenza della societa’ di fatto, in quanto formulata per la prima volta solo in memoria).
4.2. La riforma del diritto societario, com’e’ noto, ha espressamente consentito la partecipazione, anche di fatto, di una societa’ di capitali ad una societa’ di persone (cd. “supersocieta’”). Gli articoli 2361 c.c. e 111 duodecies disp.att. c.c., infatti, hanno inequivocamente previsto che una societa’ di capitali possa assumere la qualita’ di socio illimitatamente responsabile, tra l’altro, di una societa’ in nome collettivo, pur se irregolare (articolo 2297 c.c.) come la societa’ di fatto.
4.3. Nel medesimo senso, del resto, depone l’articolo 147, comma 1, l.fall., nel testo successivo alla riforma della legge fallimentare ed applicabile ratione temporis, il quale, in coerenza con la predetta opzione normativa, dispone che “la sentenza che dichiara il fallimento di una societa’ appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile” (e cioe’ di una societa’ in nome collettivo, di una societa’ in accomandata semplice o di una societa’ in accomandita per azioni) “produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”, in tal modo ribadendo la possibilita’ che le societa’ di persone, anche se di mero fatto (cd. “supersocieta’” di fatto), abbiano, tra i propri soci illimitatamente responsabili, altre societa’, anche di capitali, con “tutte le implicazioni, ivi compreso il possibile fallimento della societa’ di fatto, cui quella di capitali abbia partecipato, e dei suoi soci illimitatamente responsabili”.
4.4. Ne consegue che, una volta “accertata l’esistenza di una societa’ di fatto e la sua insolvenza, i soci possono essere dichiarati falliti in estensione… di quello della societa’ di fatto, che invece va accertata nei suoi elementi costitutivi e nello status di soggetto imprenditore insolvente”, tanto “ai sensi dell’articolo 147, 1 comma, l.f.” (Cass. n. 1095 del 2016, in motiv.; Cass. n. 12120 del 2016), quanto a norma dell’articolo 147, comma 5, l.fall..
4.5. In effetti, “una volta ammessa la configurabilita’ di una societa’ di fatto partecipata da societa’ di capitali e la conseguente sua fallibilita’ ai sensi del 1 comma dell’articolo 147 l.fall.”, “non v’e’ alcuna ragione che, nell’ipotesi disciplinata dal ridetto 5 comma – in cui l’esistenza della societa’ emerga in data successiva al fallimento autonomamente dichiarato di uno solo dei soci – possa giustificarne un differenziato trattamento normativo, ammettendone o escludendone la fallibilita’ a seconda che il socio gia’ fallito sia un imprenditore individuale o collettivo” (Cass. n. 10507 del 2016; Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.).
4.6. L’articolo 147, comma 5, l.fall., come questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. n. 7903 del 2020; Cass. n. 3867 del 2020; Cass. n. 10507 del 2016; piu’ di recente, Cass. n. 20552 del 2022, in motiv.), trova, invero, applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa e’, in realta’, riferibile ad una societa’ di fatto tra il fallito ed uno o piu’ soci occulti, ma, in virtu’ di sua interpretazione estensiva (Cass. n. 366 del 2021, in motiv.), anche nel caso in cui il socio gia’ fallito sia una societa’, anche di capitali, che partecipi, con altre societa’ o persone fisiche, ad una societa’ di persone (cd. supersocieta’ di fatto): “sia nel caso in cui dopo la dichiarazione di fallimento della societa’ risulti l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili (articolo 147, comma 4), sia in quello in cui (articolo 147, comma 5) dopo la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore individuale – o della societa’, in base alla citata esegesi estensiva – risulti che l’impresa e` riferibile a una societa’ di cui il fallito (imprenditore individuale o societa’) sia socio illimitatamente responsabile (come tipicamente accade per la supersocieta’ di fatto), si procede sempre “allo stesso modo”: vale a dire ai sensi dell’articolo 147, comma 4, in base alla specifica competenza del tribunale che ha gia’ dichiarato il fallimento” (Cass. n. 4712 del 2021, in motiv.; conf., del resto, Corte Cost. n. 255/2017, secondo la quale “un’interpretazione dell’articolo 147, comma 5, l.fall. che conducesse all’affermazione dell’applicabilita’ della norma al solo caso (di fallimento dell’imprenditore individuale) in essa espressamente considerato, risulterebbe in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 Cost.”).
4.7. Deve, tuttavia, evitarsi il rischio che l’articolo 147, comma 5, l.fall. (il cui focus, appunto, “si volge… verso l’ipotesi in cui – una volta dichiarato il fallimento di un (singolo) imprenditore – successivamente emerga che, invece, si tratta di “impresa… riferibile a una societa’”… dapprima occulta e distinta dal soggetto gia’ dichiarato fallito”: Cass. n. 366 del 2021, in motiv.) possa essere utilizzato per aggirare le disposizioni dettate dagli articoli 2476, comma 7, e 2497 c.c. ed evitare l’esercizio di un’azione di responsabilita’ dai profili assai piu’ complessi e dagli esiti incerti: “come e’ stato correttamente rilevato in dottrina, la norma non si presta,.all’estensione al dominus (societa’ o persona fisica) dell’insolvenza del gruppo di societa’ organizzate verticalmente e da questi utilizzate in via strumentale, ma piuttosto all’estensione ad un gruppo orizzontale di societa’, non soggetto ad attivita’ di direzione e coordinamento, che partecipano, eventualmente anche insieme a persone fisiche, e controllano una societa’ di persone (la c.d. supersocieta’ di fatto)” (Cass. n. 10507 del 2016 cit., in motiv.), a condizione, naturalmente, che sussista la relativa affectio.
4.8. La prova della sussistenza di tale societa’ dev’essere, infatti, fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall’esercizio in comune dell’attivita’ economica, dall’esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell’interesse, ancorche’ diversificato, (ma non contro l’interesse) dei soci (Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.).
4.9. Il fatto che le singole societa’ perseguano, invece, l’interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo (anche solo di fatto) costituisce, piuttosto, prova contraria all’esistenza della supersocieta’ di fatto (Cass. n. 10507 del 2016; Cass. n. 12120 del 2016; piu’ di recente, Cass. n. 7903 del 2020; Cass. n. 20552 del 2022, in motiv.) e, semmai, indice dell’esistenza di una holding di fatto (che puo’ anche essere una societa’ di fatto: Cass. n. 23344 del 2010; Cass. n. 3724 del 2003), nei cui confronti il curatore del fallimento della societa’ che vi e’ assoggettata puo’ eventualmente agire in responsabilita’ (articolo 2497 c.c.) e che puo’, se del caso, essere a sua volta dichiarata autonomamente fallita, ove ne sia accertata l’insolvenza, a richiesta di uno dei soggetti legittimati (Cass. n. 10507 del 2016; Cass. n. 12120 del 2016; Cass. n. 15346 del 2016; Cass. n. 5520 del 2017; Cass. n. 7903 del 2020; Cass. n. 20552 del 2022, in motiv.).
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4.10. La corte d’appello si e’ senz’altro attenuta agli esposti principi.
4.11. La sentenza impugnata, infatti, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimita’ salvo che per il vizio, nel caso in esame neppure articolato con la dovuta specificita’, di omesso esame da parte del giudice di merito di fatti decisivi risultanti dagli atti del giudizio o emergenti dalle prove offerte e non ammesse (e non anche, invece, come pretendono i ricorrenti, per l’omesso esame delle prove raccolte oppure offerte quando i fatti rilevanti ai fini della decisione sono stati, come ha fatto la corte d’appello, comunque presi in considerazione dal giudice di merito: Cass. SU n. 8053 del 2014), ha (tra l’altro) accertato, in fatto, lo svolgimento da parte della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l. della stessa attivita’ e la comunanza tra le stesse dell’organizzazione aziendale a tale fine utilizzata, come i locali, l’insegna e le utenze, ed ha, in forza di tale accertamento, ritenuto, in via indiziaria, che, tra le indicate societa’ sussistesse una societa’ di fatto finalizzata all’esercizio dell’impresa gia’ “facente capo a (OMISSIS) S.r.l.” (in precedenza fallita), vale a dire “la gestione e messa a reddito della complesso dei beni aziendali del (OMISSIS), anch’egli socio di tale compagine di fatto”.
4.12. La corte d’appello, cosi’ facendo, ha senz’altro accertato i presupposti necessari per l’affermato vincolo societario, la cui sussistenza, in effetti, se non richiede, semplicemente, che le societa’ di capitali che ne fanno parte abbiano gli stessi soci e gli stessi amministratori (trattandosi di fatti compatibili anche con il mero esercizio di un’attivita’ di direzione e coordinamento sulle stesse da parte di questi ultimi), puo’ ben essere affermata se, com’e’ avvenuto nel caso in esame, le stesse societa’, al pari dei relativi soci o amministratori, abbiano conferito in un fondo comune, in termini di attribuzione del godimento di determinati beni (articoli 2254, comma 2, e 2281 c.c.) o di esecuzione della propria opera (articolo 2263, comma 2, c.c.), tutto “quanto e’ necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale” (articolo 2254, comma 1, c.c.), vale a dire l’esercizio in comune dell’impresa, gia’ “facente capo a (OMISSIS) S.r.l.”, costituita dalla “gestione e messa a reddito della complesso dei beni aziendali del (OMISSIS)”, in modo da poter presumere (in difetto di emergenze che possano deporre in senso contrario, come la ricezione di un compenso per gli apporti patrimoniali o i servizi resi agli altri) che i risultati (positivi e negativi) di ciascun atto sociale ricadono, secondo le regole dagli stessi fissate, su tutti i soci (con l’unica particolarita’ che le operazioni sono compiute da chi agisce non gia’ in nome della compagine sociale ma in nome proprio: Cass. n. 14365 del 2021) e che, in definitiva, l’attivita’ cosi’ svolta sia, dunque, conforme (e, comunque, non contraria) all’interesse delle stesse.
5. Il ricorso, per l’inammissibilita’ dei suoi motivi, e’ esso stesso inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
6. Le spese di lite, in ragione della soccombenza, sono poste a carico dei ricorrenti e liquidate in dispositivo. L’ammissione del fallimento al patrocinio a spese dello Stato comporta che, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 133, il relativo pagamento dev’essere eseguito in favore dello Stato.
7. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte cosi’ provvede: dichiara l’inammissibilita’ del ricorso; pone a carico dei ricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro. 7.200,00, di cui Euro. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, e dispone che il relativo pagamento sia eseguito in favore dello Stato; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto della l. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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